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lunedì 7 febbraio 2011

Ricordare stanca?


Stavo per scordarmi. La classe ariana per un giorno è on line sull'Unita.it e si commenta qui.

(È un racconto di invenzione, non esiste nessuna terza zeta, qualsiasi riferimento alle scuole dell'obbligo dei vostri figli è assolutamente casuale).

“Collega, devo chiederti un favore. Tu insegni nel corso Z, vero?”
“Certo”.
“Senti, devi darmi una mano per la Giornata della memoria, perché non ne posso più. Tu quest'anno cos'hai fatto?”
“Il 27 gennaio? Mah, di solito cerco di proiettare un film, sai, una lettura di Primo Levi, le solite cose...
“Ecco, appunto, io dopo dieci anni di La vita è bella non ne posso più, mi esce dalle occhi”.
“Vabbe', ma scusa, è come se la prof di matematica si stancasse del teorema di Pitagora”.
“Guarda, non so come funzioni con Pitagora, ma Auschwitz dopo un po'... non hai letto De Bortoli sul Corriere? Ricordare stanca”.
“Va bene, e quindi? Cosa vorresti fare?”
“Ecco, io stavo pensando di fare qualcosa di coinvolgerli di più, i miei ragazzi... per esempio, so che in una scuola da qualche parte hanno osservato per un giorno le leggi razziali”.
“Le leggi razziali?”
“Ma sì, funziona più o meno così: la prof entra in classe e legge una circolare che impone di separare gli alunni ariani dai semiti, e poi si osserva come reagiscono. Che ne pensi?”
“Guarda, non è una brutta idea”.
“Ecco, però per realizzarla mi servi tu”.
“Io?”
“Ma sì, perché io di alunni semiti nel corso A non ne ho proprio, capisci”.
“Perché invece io?”
“Ma figurati se non ne hai, scusa... tutti i marocchini e i tunisini, sono semiti anche loro”.
“Ah sì?”
“Per la Bibbia sì. Per non parlare dei camiti, le leggi razziali parlavano anche di loro...”
“Perché i camiti chi sarebbero, scusa?”
“I neri”.
“Ah, allora sì, ho due senegalesi un ghanese e una nigeriana. Invece di semiti ho tre marocchini, un'egiziana e... gli albanesi contano?”
“Non saprei".
"Altrimenti ho due rom".
"Gli zingari sono perfetti. Vedi? Ne hai fin troppi, prestamene un po'”.
“Per la giornata della memoria?”
“No, facciamo per una settimana... così prima si ambientano in classe, e poi il ventisette arrivo, leggo la circolare e li metto nell'ultima fila... una cosa così”.
“Senti, però, scusa, io capisco il realismo e tutto quanto, ma non ce l'hai nella tua classe un altro studente di una minoranza? Anche se non è africano, voglio dire, è il pensiero che conta...”
“Ho il figlio di un dentista ungherese, è biondo con le lentiggini, dai, non è la stessa cosa. E poi se suo padre non la prende bene finisce che ci denuncia”.
“Ma scusa, e il cinese? Io l'avevo pur visto un cinese nella vostra classe...”
“Ah, sì, poverino... l'avevano messo da noi perché si era iscritto all'ultimo momento... ma non spiccicava una parola e stava sempre nell'ultimo banco...”
“E che fine ha fatto?”
“Ecco, non si sa bene. È scomparso”.
“Come scomparso”.
“Ma infatti in segreteria stanno telefonando, solo che non trovano nessuno che parli italiano... del resto si sa come sono i cinesi”.
“Ma non è vero, io ne ho due, vengono sempre, in bicicletta, con la pioggia e col sereno”.
“Ma sì, ma che c'entra... la tua è una classe multietnica, si trovano meglio... invece in A, sai com'è, tutti bianchi...”
“Ecco, ma infatti, appunto, com'è questa storia? Che io ho quindici stranieri in classe e tu solo uno? La Gelmini non aveva promesso che...”
“Ma sì, la storia della quota. Non se ne sente più molto parlare, ma avrebbe dovuto cominciare lo scorso settembre con le prime elementari... e comunque riguarderebbe soltanto i bambini non nati in Italia, invece scommetto che molti dei tuoi risultano nati qui”.
“Sì, ma che vuol dire, molti di loro fan fatica lo stesso”.
“Però dai, è un ambiente molto stimolante”.
“È faticoso, e siamo sempre indietro col programma... Ma scusa, non potevano dividerli in parti uguali quando hanno fatto le prime? Se ne potevano mettere quattro o cinque in ogni classe, avremmo lavorato tutti meglio e tu avresti i tuoi studenti semiti”.
“Ma lo sai che il corso A è quello di tedesco, no?”
“E che c'entra tedesco, scusa, è la seconda lingua, cosa cambia se fanno due ore di tedesco alla settimana?”
“Cambia tutto, perché i genitori fanno la fila per iscrivere i figli”.
“E i figli degli stranieri vengono esclusi?”
“Ma no, non capisci? Non c'è nessun bisogno di escluderli – infatti per esempio il dentista ungherese ha iscritto suo figlio a tedesco. Ma i genitori degli africani semplicemente non sono informati. Oppure pensano che sarà una classe più difficile e preferiscono iscrivere il figlio al corso Z. È una specie di selezione naturale, capisci”.
“Così nella mia classe ci sono quindici alunni semiti o camiti”.
“Sì”.
“E nella tua neanche uno. Mi ricorda qualcosa”.
“Adesso però non fare il polemico, eh. Se non facessimo così molti genitori iscriverebbero i figli altrove. E se perdessimo delle cattedre, indovina qual è la prima che cade”.
“La Z”.
“Bravo. Allora, mi aiuti o no? Potremmo fare così... tu mi presti quattro studenti semiti e io...”
“E tu mi presti cinque studenti biondi e ariani che parlano tedesco! Ci sto. Sarà una grandissima giornata della memoria. Oppure... senti, ho un'altra idea. Perché non andiamo a vedere il campo di concentramento?”
“Ma è un viaggio lungo, e poi quando arrivi non è che ci sia molto da vedere...”
“Sì, però senti questa: ci andiamo con un treno speciale, chiudiamo la mia classe in un vagone merci e i tuoi ragazzi ogni tanto li sciacquano con la pompa dell'acqua! Urlando in tedesco!Achtung Juden! O qualcosa del genere. Sanno dire Achtung Juden?”
“Sei sempre il solito”.
“Secondo me stanno imparando”.
“È impossibile lavorare con te, non sei mai serio”.
“No, ma scusa eh, passiamo il tempo a ricordare una legge che ha funzionato soltanto per una manciata di anni dopo il '38, e nel frattempo quanti anni sono che discriminiamo i ragazzi nelle nostre classi? Ho una teoria. Secondo me...”
“Uff, le tue teorie”.