Io l'ultima sentenza di Strasburgo, se devo essere sincero, non l'ho molto capita. Il problema del crocefisso non mi sembra così complesso, e trovo molto strano che in due anni si riescano a scrivere sentenze così diverse. Comunque ne approfitto per ripubblicare l'unico pezzo di questo blog che piacque anche a Giuliano Ferrara, a proposito buongiorno Giuliano Ferrara, l'ho rivista in tv, una volta non era così noioso.
Il Calvario quotidiano
Io un crocefisso l'ho già tolto.
Due settimane fa, nell'intervallo. Stavo dando un'occhiata ai traffici loschi in zona distributore di merendine, quando vengono in due a dirmi che in Seconda è caduto Gesù. Mi reco immediatamente sul luogo del misfatto e interrogo i testimoni oculari. Chi è stato? Silenzio. Proiettili, elastici, palline di carta? Negano tutti, del resto non mi pare l'abbiano mai considerato un bersaglio; hanno una certa soggezione. Forse una vibrazione del pavimento, qualcuno che saltella o che va a sbattere contro la parete, una porta chiusa di scatto: sia come sia, sembra caduto da solo. Ne traggo auspici non buoni.
Ma in quanto insegnante ostento razionalità e pragmatismo. Do un'occhiata al Cristo in questione: è caduto per l'ultima volta. Frattura completa del polso sinistro, il destro era già partito mesi fa. O anni fa. Anche il chiodino sotto i piedi è sparito da molto. A questo punto mi spiace, ma finché qualcuno (chi?) non stanzia nuovi fondi, il crocefisso se ne resta nel cassetto in fondo.
Oggi l'ho rivisto in corridoio, però a grandezza naturale. Sanguinava copioso. Subito ho pensato a una rissa in IIC, poi mi sono accorto della corona di spine e della croce che portava in spalla, quindi, insomma, era Lui.
“Domine, quo vadis?”
“E non parlare latino, che tu sappia io ho mai saputo il latino?”
“No, che io sappia no”.
“Mi dà anche un po' ai nervi”.
“In effetti è comprensibile. Ma insomma, Signore, dove vai?”
“Dove vado, dove vuoi che vada. A farmi crocifiggere un'altra volta, vado”.
“Ma no, dai, Maestro...”
“...visto che la prima non è bastata”.
“Non te la prendere, ti prego. A scuola succede, le cose cadono, si rompono... ho dovuto metterti nel cassetto, ma ti giuro che...”
“Ma non ce l'ho con te, cosa c'entri te. Sei anche tu un povero cristo”.
“Grazie, Maestro”.
“Ce l'ho con i farisei, per prima cosa”.
“Aaah, i farisei”.
“Hai capito, no?”
“Beh, magari un aiutino...”
“Quelli che mi hanno preso per un simbolo della cultura, della tradizione. Una bandierina, praticamente. Aho', ma stiamo a scherzare?”
“Però anche la tradizione ha la sua importanza...”
“Cioè secondo voi io mi sono fatto inchiodare mani e piedi per rappresentare una tradizione? Cioè, siamo a questo? Babbo Natale, la Befana e Cristo in Croce? Magari vi aspettate che vi porti anche i regali?”
“Ma no, non dico questo, però...”
“Però niente. Li vedi questi chiodi qua? Li vedi?”
“Ehm, sì”.
“Sono autentici, va bene? Non sono un simbolo, sono una rappresentazione realistica. Duemila anni fa i ribelli li uccidevano così. Li esponevano su un trespolo finché non morivano soffocati. Perché fossero da esempio. Tutto molto razionale, ma anche molto teatrale, ma anche violentissimo, Dio Me! Io rappresento questo, va bene? Rappresento un supplizio capitale! Rappresento la crudeltà dell'uomo e la ribellione dell'uomo! Rappresento la Morte! Rappresento il...”
“Ehm, Maestro... forse sarebbe meglio abbassare un po' la voce”.
“Il Martirio!”
“Ssssssssssssh!”
“Cos'è, hai paura?”
“Maestro, in effetti sì. Siamo nel 2009, è pieno di bambini musulmani qui, e quella parola...”
“Quella parola è italiana, ha radici nel latino che ti piace tanto, è il fondamento della tua cosiddetta tradizione, sepolcro imbiancato che non sei altro”.
“Sì, sì, Maestro, è vero... d'altronde...”
“D'altronde?”
“Non puoi negare che suoni po', come dire... scandalosa”.
“E che m'interessa a me? Guarda che io non sono mica un santone indiano peace and love! Io non sono venuto a portare la pace, ma la spada”.
“Matteo Dieci Trentaquattro”.
“Appunto. Io sono lo Scandalo! Sono pornografia, non so se è chiaro! Un uomo trafitto da chiodi che grida dai vostri muri, che chiama al combattimento per la salvezza! Io sono questo, mica l'albero di Natale”.
“Ecco, Maestro, in effetti, se mi ci fai pensare, sì. Tu sei molto scandaloso. Molto più di quanto io quotidianamente possa sopportare”.
“Tuo problema, non mio”.
“Però succede un po' come con tutti gli spettacoli disgustosi... all'inizio non riesci a guardarli, ma se ti abitui a darci un'occhiata tutti i giorni, dopo un po' non ci fai più caso... diventi parte di uno sfondo familiare”.
“Ah, dici che è così? Va bene, allora toglietemi immediatamente”.
“Ma poi i Vescovi...”
“Tiratemi fuori solo ogni tanto, quando i fedeli meno se lo aspettano. Io non voglio passare sullo sfondo, io voglio spaventarvi”.
“Se la metti così...”
“E aggiungo una cosa. È proprio sulla mia consistenza di carne e sangue e ossa e chiodi che è fondato il realismo europeo, è chiaro? Se avete avuto Giotto Caravaggio e Mapplethorpe lo dovete solo a me! Esclusivamente a me!”
“Adesso, Mapplethorpe...”
“Adesso niente. Rileggiti Auerbach. Che se era per gli ebrei o per Maometto, con le loro menate filosofiche sulla non rappresentabilità del divino, a quest'ora eravate ancora lì a eccitarvi sui triangoli e gli ottagoni. Dario Argento deve tutto a me. Che dico. Tinto Brass...”
“Piano, Gesù, piano!”
“E adesso salta fuori che sono solo una tradizione. Il mandolino è una tradizione. La pizza è una tradizione. Appendete i mandolini e non rompete, io sono Gesù Cristo morto in croce, non ci credi?, vuoi toccare?”
“No, no, no, mi fido”.
“No, ma guarda, tocca”.
“Maestro, sul serio, io...”
“No, tu adesso tocchi. Il cristianesimo si tocca, va bene? Non è una menata filosofica: è carne e sangue, pane e vino. E i farisei lo sai che fine fanno. Finiscono in vomito”.
“Apocalisse Tre Quindici”.
“Precisamente. E poi ce l'ho anche coi Sadducei”.
“I sadducei”.
“Hai capito, no?”
“Ehm”.
“Ma perché perdo tempo con te. Matteo Ventidue Ventitré”.
“Quelli che non credono nella resurrezione”.
“Ecco. Non ci vogliono credere? Va bene. Che problema c'è? Nessun problema. Voi non ci credete, io non vi risorgo. Non esisto nemmeno, per voi. Facciamo che sono un pezzo di legno”.
“Quindi?”
“Quindi cos'è questa storia che mi denunciate a Strasburgo? Cosa posso aver fatto, se sono un pezzo di legno?”
“Dunque, se ho ben capito la sentenza, la tua presenza sul muro, in quanto pezzo di legno... impedirebbe ai loro figli di crescere secondo i principi dei genitori”.
“Vabbè, siamo alle comiche. Ma che principi hanno questi genitori, si può sapere?”
“Beh, presumo che si tratti dell'illuminismo, del razionalismo...”
“Non conosco, ma dev'essere un pensiero molto debole, se si cancella appena fissi un pezzo di legno. Cos'è, sono un totem, adesso? Se mi fissi ti faccio dimenticare la lezione? Mi volto un attimo e mi tornate all'età della pietra?”
“Maestro, ci vuole tolleranza...”
“Ma tolleranza di che. È come quelli che si sbattezzano. In teoria non credono nel battesimo. In pratica però hanno paura di restare segnati per sempre da uno schizzo d'acqua. Va bene, allora a questo punto chiamiamo Wanna Marchi che vi fa le carte e vi vende i numeri del lotto, a proposito, di che segno sei?”
“Maestro, ci vuole rispetto...”.
“Che poi, spiegami. Il genitore ha il diritto che il figlio sia educato secondo i suoi principi? Non suona un po' totalitario? E quindi ti cresci un piccolo a tua immagine e somiglianza, che creda solamente nelle cose in cui credi in te, e poi la prima volta che lo lasci libero nel mondo, lui vede due legnetti appesi al muro che non corrispondono al suo sistema di credenze e va in confusione? Corte dei diritti dell'uomo, intervieni immediatamente! Il pezzetto di legno sta fissando il mio bambino! Ma come li tirate su questi ragazzi?”
“Facciamo quel che possiamo”.
“Il mondo è pieno di cose. Per dire, ci sono i semafori e non sempre segnano verde. I bambini lo devono sapere. Ci sono persone nel parco che offrono caramelle e non sono tutti buoni. Poi ci sono i pezzetti di legno e non tutti corrispondono alle cose a cui crede mamma o papà. Vogliamo abolirli a scuola? E quando li incontreranno nella vita, come si comporteranno?”
“Quindi Maestro, in conclusione, dobbiamo riappenderti o no?”
“Ma fate quel che vi pare, tanto comunque sia non avete capito. Mi sembra tutto così poco serio. Il fariseo che mi pianta come una bandierina, il sadduceo che vede la bandierina e si sente leso nei suoi diritti umani, è l'umanità? Sembra un pollaio. Non ci sono cose più serie? A scuola, poi. Che io nelle scuole ci vado, lo so quali sono i veri problemi”.
“Eh, immagino”.
“No, non puoi neanche immaginare, fidati. Sai quante non sono a norma? Sai quante non rispettano la 626? Sai quanto costerebbe metterle tutte in sicurezza?”
“Ecco, Maestro, questi sono effettivamente problemi seri...”
“Sai che mancano i sostegni? I corsi di recupero? Sai che la scuola assomiglia sempre meno un luogo educativo e sempre più a una casa di detenzione? Parliamo di questo!”
“No, Maestro, appunto. Proprio perché sono problemi seri, è meglio non parlarne”.
“E perché?”
“Perché, perché... perché a parlarne non si risolvono, e allora ci si deprime soltanto. Siamo in crisi, tutti vorrebbero scuole più belle, ma votano il primo che gli promette una tassa in meno, quindi...”
“Vi consolate chiacchierando di bandierine”.
“Sì. I problemi veri sono deprimenti. I problemi identitari invece, come dire, sono sexy. Tutti possono dire la loro senza impegno... ieri le bandierine, domani i dialetti...”
“Oggi i Cristi in croce...”
“Maestro, sì. Ma non devi prendertela”.
“No, no, non me la prendo. Adesso però vado. Mi aspettano in sala mensa”.
Ma come ha fatto entrare questo Maestro? Forse perché non c'è più Ghaddaffi che li trattiene in Libia! Tutti questi stranieri arabi-palestinesi, bisogna cacciarli da dove vengono! Se il Maestro vorrà tornare in Italia, non sarà facile per lui avere il permesso di soggiorno.
RispondiEliminaper capire bene la questione del crocifisso in Italia è appena uscito un libro davvero interessante e ben scritto: Sergio Luzzatto, Il crocifisso di Stato, Einaudi.
RispondiEliminahttp://www.einaudi.it/libri/libro/sergio-luzzatto/il-crocifisso-di-stato/978880620727
http://www.anobii.com/books/Il_crocifisso_di_Stato/9788806207274/013bc0ec7e3df653ac/
E' passato tanto di quel tempo da quando sono uscito per l'ultima volta da un'aula scolastica che non mi ricordo nemmeno se accanto al crocifisso c'era il ritratto del presidente della Repubblica. Ricordo però che il crocifisso era come la lavagna, il cassino e il termosifone sotto la finestra: un particolare indistinguibile dal resto sino quando la sua funzione non lo rendesse improvvisamente individuabile. La lavagna quando il prof ci scarabocchiava sopra, il cassino quando ce lo tirava addosso, il termosifone quando funzionava. Il crocifisso invece stava sempre lì abbastanza ignorato da tutti. Magari l'avrà chiamato in causa qualche volta l'insegnante di religione. Magari qualcuno di noi avrà rivolto anche delle preghiere, ma credo che per lo più ci si rivolgesse alla Madonna, o a Dio direttamente, o al Culo semplicemente.
RispondiEliminaInsomma, non è che gli dessi molto peso all'epoca, ma ero anche credente e quindi, che ci fosse o non ci fosse il crocifisso per me era lo stesso: Gesù era nella mia visione del mondo, si può dire. Non avevo bisogno di sentirmi rassicurato in un posto qualsiasi andando a cercare una sua immagine in qualche angolo.
Lasciata la scuola e cambiata radicalmente visione del mondo (lasciamo perdere il perché e il percome), il fatto che il crocifisso fosse presente o meno in un luogo ha cominciato ad avere per me una certa importanza. Insomma, non è che mi dia fastidio l'oggetto in sé: apprezzo anche la devozione, quando è accompagnata da sincera pietas per i propri simili. Non è neanche lo stesso fastidio che provo quando in certe zone di Roma vedo i "nasoni" dipinti di giallorosso o i gagliardetti della Roma sugli autobus (cioè il fastidio per la simbolica appropriazione di qualcosa di comune da parte di una tribù, per quanto numerosa). Quello che mi urta profondamente è che se ne faccia un punto di principio: che quel crocifisso "debba" stare lì. Anche se non esiste più una religione di Stato. Anche se paghiamo con le nostre tasse le scuole cattoliche. Anche se i professori di religione sono a carico nostro e sono meno precari degli altri. Anche se paradossalmente in una classe ci fossero cinque atei, dieci musulmani, due ebrei, cinque confuciani, sette buddisti, due bahai, un rastafari e nemmeno un cristiano. Così come deve esserci un panciuto cardinale ad ogni taglio di nastro, in ogni ricevimento ufficiale, a lato di ogni valutazione di un governo, nei pensieri più nascosti delle opposizioni. Insomma, per me quel crocifisso imposto dalla legge sta lì solo per ricordare che accanto al potere ufficiale, rappresentato dal ritratto del presidente della Repubblica (ma c'è o non c'è, in classe?), ce n'è un altro superiore, e non nei cieli, ma sulla terra. Un simbolo che da quel muro scrostato rimanda ad una scuola ricca e prestigiosa, ad ospedali puliti che funzionano, a carriere che filano lisce come l'olio, insomma ad uno Stato parallelo che campa a spese dello Stato reale e che lo irride pur essendo una delle principali cause del suo dissesto economico (e non solo). Una roba poco carina, in definitiva.
io non ho capito perchè un "razionalista" deve scagliarsi contro un simbolo che proprio in ragione del suo non crederci non dovrebbe fargli ne caldo ne freddo. Io non so se sia giusto o meno tenere il crocifisso in aula, so solo che non mi appellerei alla Corte dei pincopallini se dovessi trovare una statuetta del Buddha appesa da qualche parte. Da persona "irrazionale" spero mi sia lasciata la libertà di essere "ignorante e credulone".
RispondiEliminaMa seriamente: cosa implica per un credente il fatto che il simbolo della sua religione sia apposto e imposto in un luogo non riservato al culto? Perché non nei ristoranti o sui treni o nelle bische o sui semafori o su ogni pagina internet?
RispondiEliminaSe lo si vuole in luoghi come scuole e tribunali è per affiancare i simboli dello Stato e in qualche modo limitarne l'influenza, o no?
"Se lo si vuole in luoghi come scuole e tribunali è per affiancare i simboli dello Stato e in qualche modo limitarne l'influenza, o no? "
RispondiEliminaO potenziarla?
Che tristezza. Il crocifisso svilito nel suo valore originale, è qualcosa che dovrebbe scandalizzare prima di tutto noi credenti, non gli atei.
RispondiEliminaSecondo me, chi promuove questa strumentalizzazione del crocifisso denuncia di considerare il cristianesimo come una dottrina politica, non un credo religioso, di essere cioè un cristianista, affine agli islamisti che tanto ci spaventano.
D'accordo, appellarsi al diritto dei genitori di inculcare i propri principi era un errore. Ma rimane il fatto che lo Stato non si identifica con alcuna delle tribù che accidentalmente si trova ad amministrare, e non si vede perchè debba manifestare la propria complicità con una di queste a scapito di altre. Il fatto che dia fastidio a qualcuno è irrilevante, i diritti non si votano a maggioranza. Se invece del crocifisso fosse appeso per legge il sole delle alpi, la questione cambierebbe?
RispondiEliminaLa cosa, naturalmente, è ben diversa dall'impedire a qualcuno di manifestare le proprie convinzioni; il problema non è il simbolo, è il fatto che il simbolo sia istituzionalizzato.
Dopodiche: esistono problemi più urgenti? Ti sembra poco saggio sollevare la questione quando i rapporti di forza sono sfavorevoli? Legittimo, ma visto la questione è già stata sollevata potremmo anche discuterne.
Leonardo, io ti apprezzo molto e ti seguo spesso, stavolta non sono d'accordo con te. Per due motivi. Ti spiego:
RispondiEliminaPrimo:
La sentenza non ha senso. Il crocifisso è un simbolo passivo che non fa indottrinamento. Ok, ma allora cos'è un simbolo attivo? Un fascio littorio, per esempio, è anch'esso un simbolo passivo. Da solo non fa indottrinamento, o no? Perché non rimetterlo a fianco del crocifisso? Non possiamo certo negare che il fascismo non faccia parte della "tradizione" italiana (se vogliamo metterla sulla "tradizione"). Faccio altri esempi di simboli "passivi"?
- Il faccione di Mao con una classica falce e martello? Simbolo passivo.
- Un caprone satanico con annessa stella a cinque punte? Simbolo passivo.
- Una bella svastica? Simbolo passivo.
Potrei continuare...
Secondo:
Ci dobbiamo rendere conto che, mentre un crocifisso in una chiesa è effettivamente un simbolo religioso, un crocifisso in una scuola non lo è.
Un crocifisso in una scuola è un simbolo identitario. Stabilisce un appartenenza ad una certa identità, necessariamente in opposizione ad altre identità. Vista da questo punto di vista la questione non è tanto più di lana caprina. È per questo che tanti (non propriamente bigotti) si sono battuti con sorprendente veemenza per lasciarlo dov'è. Anche se magari non lo notano nemmeno più, hanno bisogno di sapere che c'è per una questione di identità. Consideriamo anche che, se per noi (europei di nascita, diciamo) è diventato pressocchè indistinguibile dalla tappezzeria (come hai fatto giustamente notare tu), per altri potrebbe non esserlo. Ai figli di immigrati di prima generazione per esempio potrebbe risaltare all'occhio questa loro "esclusione dall'identità della classe"...
Quello che voglio dire è che se oggi questo cambiamento non è passato "con le buone", un domani potrebbe passare lo stesso, e magari in maniera più traumatica, dato che a incazzarsi potrebbe essere qualcuno che prende la questione molto più sul serio.
ROB: "
RispondiEliminaMa seriamente: cosa implica per un credente il fatto che il simbolo della sua religione sia apposto e imposto in un luogo non riservato al culto? Perché non nei ristoranti o sui treni o nelle bische o sui semafori o su ogni pagina internet?[...]"
Grazie
Io sono ateo perché proprio non riesco a credere in nessuna divinità (e non penso che sia necessariamente un bene o un male) quindi concordo con Leonardo, un crocifisso in più o in meno non mi scuce un baffo.
RispondiEliminaSaluti
Mauro
Tanto per portare la questione ideale a un dato pratico: nella mia scuola non ho idea se il crocifisso ci sia o meno, non c'ho mai fatto caso, e credo gli alunni meno di me. Chi è credente mi auguro lo sia indipendentemente dalla presenza di un simbolo religioso attaccato al muro, chi non lo è non dovrebbe essere infastidito dalla sua presenza.
RispondiEliminaA me dà molto più fastidio il fatto che nel mio paese c'è una scuola media che non ha soldi per far sostituire un vetro rotto.
Leggere Auerbach fa sempre bene.
RispondiEliminaRibadisco: il crocifisso nella scuola NON è un simbolo religioso: è un simbolo identitario.
RispondiElimina"È come quelli che si sbattezzano. In teoria non credono nel battesimo. In pratica però hanno paura di restare segnati per sempre da uno schizzo d'acqua" . Trovo sia appropriato l'accostamento dello sbattezzo alla questione del crocifisso. Io mi sono sbattezzato qualche anno fa consapevole ancor prima di sbattezzarmi che non mi avrebbe cambiato la vita. Ovvio, il gesto è esclusivamente politico, tanto quanto il battezzo. Se Cristo era ( ? ) un anarchico rivoluzionario la Chiesa è un partito politico conservatore con finalità tutt'altro che ultraterreni. Se per Cristo il battezzo era la soglia di una "presa di coscienza" basata su alcuni presupposti, primo fra tutti la capacità d'intendere e di volere, per la Chiesa è una tessera di partito imposta, almeno tradizionalmente ( si parlava di tradizione? ), a chi non conosce ancora il proprio nome, altro che intendere e volere. Se si vuole godere dei benefici che si potrebbero ricavare dalle scelte di un paese libero e laico quale la nostra costituzione ci ricorda, bisogna prendere le distanze da una certa tradizione e rimuovere tutti i simboli che la rappresentano dai luoghi pubblici è pur sempre un passo avanti verso un libero Stato da una libera Chiesa.
RispondiEliminaToglierlo, tenerlo ... quoto la filosofia del post. Ci sono problemi diversi. La fede, per quel che mi riguarda, é una cosa personale, non vedo come la presenza o l'assenza di un simbolo possa turbarla. Mi concentrerei di più sull'insegnamento della religione, che potrebbe essere utile rivedere per renderlo ciò che dovrebbe realmente, a parere mio, essere in un contesto scolastico: occasione di confronto e di riflessione, arricchimento culturale. Non replica dell'ora di catechismo.
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