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domenica 24 agosto 2014

Il giorno che Hitler si disse: ho esagerato

L'unico ordine scritto di Hitler
riguardo l'Aktion T4: Al capo della 
Cancelleria del Reich Bouhler e al dottor 
Brandt viene affidata la responsabilità 
di espandere l'autorità dei medici, che 
devono essere designati per nome, perché 
ai pazienti considerati incurabili secondo 
il miglior giudizio umano disponibile 
del loro stato di salute possa essere 
concessa una morte pietosa.
24 agosto 1941 - Adolf Hitler ordina (forse) di interrompere l'Aktion T4, il programma di soppressione delle persone affette da malformazioni e malattie incurabili più o meno genetiche. Si stimano tra le sessanta e le centomila vittime in quattro anni. Ma la cosa più incredibile non è nemmeno questa. 

La cosa incredibile è che si interruppe. Hitler si fermò. Forse. Non ne siamo sicuri. Non esistono ordini scritti, un documento in cui si possa leggere "sospendete l'Aktion fino a nuovo ordine". Peraltro la strage continuò, in cliniche e ambulatori dove la cigolante catena di comando tedesca lasciava evidentemente a medici e funzionari un ampio margini di discrezionalità; alla fine della guerra le vittime erano intorno alle duecentomila unità, e crebbero ancora per un po'. Il fuehrer non amava lasciare tracce troppo evidenti che collegassero il governo a un programma che pure era stato preso per sua diretta iniziativa, e affidato a collaboratori fidati che scavalcarono il ministero della sanità. Non firmò neppure una delle bozze di legge che gli proposero sulla cosiddetta eutanasia di Stato. Eppure era una sua idea; l'aveva messa nera su bianco nel Mein Kampf; non aveva esitato a metterla in pratica appena le circostanze gli erano sembrate favorevoli; ma sapeva di non poterne andare fiero, almeno per una generazione.

La purificazione della razza ariana necessitava di una buona dose di lavoro sporco che si poteva svolgere soltanto durante una guerra: i dettagli più repellenti sarebbero stati occultati dopo la vittoria. Hitler era probabilmente pronto a sterminare milioni di connazionali imperfetti, ma non intendeva passare alla Storia per averlo fatto. Persino la "Soluzione finale della questione ebraica" (stabilita nei dettagli a quanto pare solo a Wannsee, qualche mese dopo l'archiviazione dell'Aktion T4) sarebbe stata, per quanto possibile, occultata agli storici. I tedeschi del futuro di Adolf Hitler avrebbero vissuto in una grande e purificata Germania, e non avrebbero mai saputo quali crimini erano stati necessari per forgiarla. Poi le cose hanno preso una piega diversa, lo stato di guerra totale necessario alla realizzazione di questi e altri progetti si è dimostrato un po' difficile da proseguire nel lungo periodo; Hitler si è sparato e col suo cognome oggi si spacciano le obiezioni più banali nei dibattiti sulla bioetica: ah, tu vorresti che qualcuno avesse il diritto di decidere fino a che punto è ammissibile soffrire; vorresti che nascessero meno persone affette da malattie genetiche? Sai chi la pensava come te? Adolf Hitler. E magari ti piacciono pure le verdure.

C'è naturalmente, in questo tipo di scambi, un equivoco immenso.
Chi oggi lotta per legalizzare l'eutanasia, sta chiedendo più diritti per l'individuo. La cosiddetta eutanasia nazista partiva da premesse molto diverse; l'individuo non è che la cellula imperfetta, incosciente, di un grande organismo statale a cui non può sfuggire nulla. Sarà lo Stato a decidere quali cellule siano meritorie di vivere e quali no; quali abbiano il diritto di trasmettere i propri geni e quali no. Lo Stato poi si troverà spesso in situazioni di emergenza, durante le quali è necessario tagliare di netto senza troppa pietà. È stato ipotizzato che l'eugenetica nazista si sia imposta nella mentalità di migliaia di tedeschi (medici compresi) durante l'orrore della prima guerra mondiale, che la Germania combatté con tutte le sue forze giovani - mentre nelle retrovie i deboli e i malati si ritrovavano, paradossalmente, protetti dalla loro stessa infermità. Non rischiava la guerra di invertire l'ordine darwiniano delle cose? Di complicare la sopravvivenza e la riproduzione dei più forti, e di peggiorare il pool genetico della nazione? Quando Hitler si mette a scrivere di queste cose, trova subito un terreno fertile: migliaia di connazionali di ogni ceto e cultura, persuasi che certe vite non fossero "degne di essere vissute" (lebensunwertes Leben).

Si cominciò con la sterilizzazione coatta - molto presto, già nel '33. La Germania non era nemmeno all'avanguardia, analoghi programmi erano operativi in Svezia, Svizzera, USA. Non erano degni di riprodursi gli affetti da malattie genetiche, il che poneva al tribunale specifico il problema non semplice di stabilire quale malattia si possa definire genetica e quale no. Il margine era molto elastico: furono sterilizzati anche alcolisti, prostitute, oppositori del regime. Il passo successivo è la soppressione dei bambini affetti da gravi malformazioni. Una celebre lettera inviata da una famiglia che non riusciva più a sopportare la sofferenza del figlio toglie l'ultima sicura a un meccanismo burocratico che porterà all'uccisione non sollecitata di moltissimi altri bambini. Questo è più o meno lo scenario di molti pro-life di oggi, in buona o (più spesso) cattiva fede: hanno paura che se ti conquisti il diritto a morire, poi lo userai per ammazzare anche i loro figli. Non distinguono un malato terminale da uno Stato totalitario. Spesso avversano anche i matrimoni gay, poiché temono che un gay si introduca in casa loro e li sposi contro la loro volontà.

L'operazione incontra delle difficoltà forse impreviste: tanto per cominciare, è impossibile condurla in quel regime di riservatezza auspicato. Se chiudi un ospizio cattolico, suore e preti cominceranno a farsi delle domande; se l'ospizio nazionalizzato vede subito un aumento della mortalità del 30%, è statisticamente impossibile che nessuno si metta a mormorare. Se nel certificato di morte c'è scritto sempre "polmonite", qualcuno penserà che il Terzo Reich non può permettersi di scaldare i malati (ed è proprio così); se nei centri predisposti fai entrare i malati in corriera, e dopo un po' nessuno li vede più, ma il forno crematorio comincia a disperdere polvere mista a capelli, perfino i bambini della zona cominceranno a parlare di camere a gas. E sì che la gassazione col monossido di carbonio era ancora a livello sperimentale. Ma insomma, tutti chiacchierano e il risultato è che un sacco di gente comincia a ritirare i propri famigliari da ospizi e case di cura. I primi a farlo ovviamente sono quelli che se lo possono permettere: è ancora un po' presto per chiudere d'ufficio anche le cliniche di lusso. I ricchi credono in Darwin solo finché non li riguarda.

Nel frattempo tra i soldati al fronte circolano battutacce che non fanno bene al morale della truppa, ma esorcizzano una paura reale: anche i valorosi difensori del Reich rischiano ogni giorno di tornare a casa invalidi. Nessuno dei collaboratori di Hitler pensò mai a estendere l'Aktion ai reduci, e tuttavia le leggende metropolitane le puoi contrastare fino a un certo punto. Nel frattempo al cinema arrivavano film struggenti in cui malati orribili o devastati dal dolore implorano una dolce morte da un protagonista che deve trionfare sui suoi dubbi borghesi.

La nostra idea della società tedesca durante il Reich è in fondo quella che Hitler voleva darci: in questo almeno i filmati delle adunate di Norimberga hanno funzionato. Ein Volk, Ein Reich, Ein Fuehrer: Hitler comanda e tutti dietro col passo dell'oca. Sorprende perciò scoprire che, nel 1941, ci fossero manifestazioni di protesta davanti agli ospizi; e membri dello stesso partito nazionalsocialista scrivessero alla Cancelleria del Reich, per protestare. Un giudice scrisse al guardiasigilli che l'Aktion era illegale, e peraltro come abbiamo visto aveva ragione: nessuna legge scritta e firmata dal fuehrer l'autorizzava. Il guardiasigilli lo sollevò dall'incarico, con la motivazione che non aveva saputo riconoscere "la volontà del fuehrer come origine di legge". Eppure lo stesso Hitler evitava per quanto possibile di apparire coinvolto con l'Aktion, nel tentativo di non perdere l'appoggio di molti tedeschi - tra cui, non secondari, i sacerdoti. L'Aktion fu severamente criticata da diversi pastori protestanti, ma l'opposizione più forte arrivò naturalmente dal clero cattolico, che dopo l'annessione all'Austria era numericamente il più rilevante, e che si permise di mettere nero su bianco la propria contrarietà in una lettera pastorale. Levare gli infermi ai cattolici è come togliere i pesci ai marinai: non è che sia la loro sola ragione di vita, ma senz'altro è un core business. Il 3 agosto il cardinale von Galen scrisse un'omelia in cui chiedeva allo stesso fuehrer di intervenire contro gli eccessi dei suoi subordinati: gli accenti erano così duri che i bombardieri della RAF ci fecero i volantini e li lanciavano sulle città tedesche. Per von Galen gli stessi bombardamenti inglesi erano un segno della collera divina. Hitler non lo fece nemmeno arrestare.

Qualche giorno dopo sarebbe avvenuto un episodio leggendario: Hitler sarebbe di ritorno a Berlino da un viaggio in Baviera. Quando il suo treno si ferma inaspettatamente nella città di Hof, il fuehrer mette il naso fuori dal finestrino. Nessuno si aspetta di trovarlo lì: nessun gerarca del paese si è preoccupato di organizzare un comitato di benvenuto. Sotto la pensilina invece c'è un po' di gente che sta salutando i propri malati mentre salgono su un treno per il nulla. Qualcuno a un certo punto alza la testa e vede il fuehrer. E comincia a insultarlo. Prende forma qualcosa di inaudito, inimmaginabile: una manifestazione spontanea di protesta contro Adolf Hitler, il conquistatore di Parigi e Varsavia, trionfatore per terra, per cielo, per mare, ma messo in difficoltà in una stazioncina ferroviaria nella sua Baviera.

Pochi giorni dopo l'Aktion viene (forse) formalmente sospesa. Hitler ha fatto un passo indietro. Siamo abituati a immaginarci i tedeschi del 1941 come un popolo di volenterosi esecutori degli ordini del loro fuehrer, ma le cose forse non stanno esattamente così. C'è un limite a quello che il popolo poteva eseguire. Un limite a quello che il fuehrer poteva loro ordinare. È un pensiero consolante? No. L'esatto contrario.

Sei mesi dopo viene messa ufficialmente in cantiere l'Endlösung der Judenfrage, la "soluzione finale alla questione ebraica". Maestranze e procedure sperimentate con l'Aktion verranno impiegate in un progetto molto più massiccio: la cancellazione di milioni di persone. Alcuni tedeschi seppero dire di no. Ma non ci fu nessun movimento spontaneo di protesta simile a quello stimolato dall'Aktion. I cardinali mantennero un profilo più basso.

Non si dovrebbe mai accusare il prossimo di pensarla come Hitler. Oltre a essere una mossa scontata e banale, si corre il rischio di addomesticare lo stesso Hitler, di trasformarlo in un argomento come un altro, declinabile a piacere. Non ridurrò mai nessuno a Hitler, lo prometto. Però, se guardo un po' più in basso ai tedeschi che lo votarono; che combatterono per lui; che ebbero qualche obiezione quando cominciò a gasare gli infermi e gli handicappati, e le accantonarono quando smise di prendersela con loro e si rivolse agli ebrei, ecco.

Questo tipo di tedeschi io li riconosco in giro, e in Germania non ci vado praticamente mai. Mi basta dare un'occhiata a un giornale, prestare orecchio a una conversazione in tv; percepire lo sconfinato amore che hanno per chi è malato, per chi soffre, per chi addirittura è congelato in uno stadio embrionale e attende inutilmente una provetta. Purché sia bianco il malato, bianco l'embrione. Chi bianco non è può benissimo marcire in mezzo al mare, o sui campi che avevamo appaltato a Gheddafi nel deserto, e che probabilmente qualcuno avrà rilevato - non lo so, anch'io ormai preferisco pensare ad altro, a guerra finita avrò qualche imbarazzo. Ma non siamo più in quel tipo di guerra che dopo un po' finisce.

8 commenti:

  1. Leonardo, posso dire che questa nuova versione del tuo blog stile "almanacco del giorno dopo" mi piace assai? Non manca molto a fine agosto, poi facci sapere quanto costa dopo il mese di prova aggratis.

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  2. cardinale della Vestfalia

    da quando esiste un titolo cardinalizio della Vestfalia?

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    1. Von Galen era vescovo di Münster e pare che pronunciò la sua famosa condanna nella Lambertikirche (quella chiesa resa famosa dalle gabbie dove furono esposti per una cinquantina d'anni i cadaveri degli anabattisti, ma questa è un'altra storia)

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    2. Von Galen era vescovo di Münster

      e cosa c'entra con quello che ho domandato io?

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    3. Era un piccolo approfondimento, non una critica negativa ;)

      Circa i titoli cardinalizi non metto becco perché me ne intedo poco.

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    4. "Della Vestfalia", complemento di provenienza. Sottinteso "originario".
      Non come "sindaco di Roma"

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  3. Sull'argomento è molto interessante l'orazione di Marco Paolini dal titolo "Ausmerzen - Vite indegne di essere vissute" del 2011.

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  4. Qual'è la celebre lettera della famiglia esasperata? Ho tentato una ricerca su Google senza troppo successo.

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