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venerdì 27 febbraio 2015

O con Matteo, o con Matteo

E così, insomma, io che considero il referendum abrogativo di Landini un'opzione suicida, non ho niente di meglio da suggerire che attendere un altro referendum (quello confermativo sulle riforme costituzionali) e in quel momento ammucchiarmi con Berlusconi, Grillo e chiunque altro nell'occasione darà una mano ad affondare la nave di Renzi. A medio termine, cosa avrò ottenuto?

Andrà del tutto sprecato il tempo trascorso a discutere e votare le riforme (d'altro canto non sono davvero un granché, queste riforme: per evitare pasticci ci sarebbe bisogno di correggerle subito con ulteriori riforme, tanto vale ripartire da capo). Avrò umiliato Renzi, senza che sia ancora comparsa all'orizzonte un'alternativa credibile. Probabilmente la legislatura finirà subito dopo, e Renzi sarà ancora il candidato del PD. Tutto quello che spero di ottenere è lo spostamento del baricentro del PD più a sinistra. Non è un po' poco? Ma soprattutto:

Non è la stessa cosa che propongo da dieci, vent'anni?

Sempre con questo baricentro da spostare, possibile che non mi venga mai in mente altro? La cosa angustia anche me, anche se qualcuno la chiamerebbe coerenza e magari ne andrebbe fiero: probabilmente sono un riformista, uno che ha come obiettivo la realizzazione di un grande partito socialdemocratico all'europea che punti all'egemonia nel Paese, e dunque da quando c'è il PD (ma anche prima) non faccio altro che spingere il PD come una formichina spinge un pachiderma. Nel frattempo i grandi partiti socialdemocratici europei non se la stanno passando un granché bene: forse siamo alla fine di una certa dialettica novecentesca tra socialdemocrazia e conservatorismo liberale, ma io continuo a spingere imperterrito. Le altre opzioni le trovo ancora meno ragionevoli.

O meglio: le altre opzioni secondo me si riducono a una sola. Siamo a un bivio, come sempre. Non si tratta di scegliere tra sinistra e destra, né tra Renzi e anti-Renzi. Credo che alla prossima consultazione la scelta sarà tra Euro e non Euro: e che tutto il resto, Renzi incluso, sarà subordinato a questo: vogliamo l'Euro? Dovremo tenerci Renzi, ancora per un po'. Non vogliamo più l'Euro? È una prospettiva meno folle di quanto non fosse uno o due anni fa.

Due anni fa la vittoria di Hollande ci aveva fatto sperare nell'inizio di una nuova fase. La Francia socialista avrebbe potuto coalizzarsi con gli Stati indebitati del sud e rimettere in discussione la politica tedesca e nordica del rigore. Avrebbe potuto andare così, ma non è successo.

Persino Renzi prometteva che ne avrebbe discusso con la Merkel. È andata com'è andata. A chi avesse ancora dei dubbi, l'esito della trattativa Tsipras-UE dovrebbe esaurirli. Il rigore non si discute. A questo punto l'uscita dall'Euro diventa un'opzione. Dolorosa quanto si vuole, autolesionistica indubbiamente: ma è l'autolesionismo della disperazione. L'ultimo spazio a disposizione del condannato per negare agli altri il diritto di disporre di lui. Oggi, alla luce di quel che è successo negli ultimi anni, è giusto ricordare che l'uscita dall'euro sarebbe un'opzione catastrofica, ma non necessariamente la più catastrofica. È lecito discuterne, non solo tra i fulminati dei blog di pseudoeconomia: vogliamo andarcene o restare?

Io ovviamente voglio restare, però gli antieuristi li capisco molto più oggi che in passato. Soprattutto non credo che nei tempi brevi la situazione politica ci concederà il lusso di una terza posizione: o saremo con l'euro (e con Renzi) o saremo contro. E con Salvini.

Mi dispiace metterla giù così brutale, ma in coscienza non credo che sia molto più complicata. Se si vuole perseguire una politica economica davvero alternativa a quella imposta da Berlino e Francoforte, occorre uscire. Purtroppo non esistono uscite a sinistra e uscite a destra: ce n'è una sola. Ritenete di meritare un partito più a sinistra del PD, un partito non compromesso col renzismo? Pensate che l'unità monetaria, così com'è stata realizzata, sia stata una cessione imperdonabile di sovranità? Salvini e Grillo saranno i vostri alleati naturali. Ma anche la Meloni, e molti berlusconiani tra i quali magari Berlusconi stesso.

Un'alleanza trasversale anti-euro al momento è l'unica che può mettere Renzi in difficoltà. È uno dei motivi per cui il ballottaggio è pericoloso: mentre è al momento impensabile una coalizione Grillo-Berlusconi-Salvini (anche se la pensano allo stesso modo quasi su tutto), al secondo turno sarebbero gli elettori dei rispettivi partiti a superare le diffidenze dei vertici e concentrarsi sull'unico candidato anti-euro rimasto in lizza. Grillo non voterebbe mai per Salvini, ma l'elettore di Grillo non avrà le stesse pregiudiziali. E anche l'elettore di sinistra anti-euro non dovrebbe averne. A nessun eventuale partito di sinistra - ammesso che si riesca a riorganizzarne uno - sarà concessa l'ambiguità con cui Syriza vinse le elezioni: dentro l'euro ma contro l'austerità. Dentro l'euro ma forse fuori. Tsipras bluffava anche per noi: Bruxelles ha visto le carte, fine dei giochi. Ora siete liberi di pensare che l'Italia possa risolvere i suoi problemi rimettendosi a coniare moneta. Ma non siete più liberi di cercarvi un candidato: quel posto se l'è preso il ragazzone arrogante con le felpe.

Mi dispiace, forse non doveva finire così, ma qui le nostre strade si separano. Ci vediamo dall'altra parte.

30 commenti:

  1. Tsipras doveva arrivare nel 2011, prima di Basilea 3 e prima della ricapitalizzazione delle banche. Li avrebbe potuto trattare seriamente.
    Nel 2015 può fare bella figura, strappare qualcosa, ma di certo non fa più paura a nessuno.
    Quindi sono d'accordo con te, la prossima volta sarebbe dentro o fuori, di negoziazioni non ce ne saranno.
    Alla fine il nodo sarà tutto, come sempre, legato all'economia. Se gireranno più soldi, Renzi vince facile, l'italiano se ha il portafoglio abbastanza pieno vuole solo stabilità.
    se la "mitic" ripresa non ci sarà, neanche con i miliardi del QE, l'Euro alla pari col dollaro e il Franco e quant'altro, credo a quel punto sia il caso di pensarci seriamente a questo Euro
    Credo cmq che a parte le durezze di facciata, i cordoni della borsa si allargheranno, per mantenere la stabilità e combattere i vari partiti anti Euro. Il QE è li a dimostrarlo, se manco quello serve, forse l'Euro non funziona, tutto qua

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  2. E quindi dopo l'onda d'urto che faceva fischiare le orecchie citata nel post precedente, eccola l'enorme obiezione: Renzi = dentro l'Euro; no Renzi = fuori dall'Euro.
    Sono d'accordo sino ad un certo punto.

    Se infatti in fase di elezioni politiche sono d'accordo, in fase di referendum confermativo dell'Italicum no.
    Una bocciatura dell'Italicum non sarebbe la vittoria di Salvini in quanto tutti i malpancisti di sinistra voterebbero NO all'Italicum, ma alle elezioni immediatamente successive dovendo scegliere fra Renzi e l'uscita dall'Euro tornerebbero ad allinearsi su Renzi. Solo che forse (forse!!!) a quel punto il Granduca Renzi sarà costretto a trattare con la sinistra... o almeno così spero.

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  3. Davvero pensi che la "sinistra anti-euro" potrebbe votare Salvini?

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    1. Non credo che lo farà mai consapevolmente, ma se l'obiettivo primario in questo momento fosse davvero una fuoriuscita dall'euro, non c'è proprio altra cosa che dovrebbe fare.

      (A meno che la fuoriuscita dall'euro non sia un obiettivo secondario, e il primario sia rimarcare la propria diversità, identità, ecc.)

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  4. Non sarà che la dialettica tra socialdemocrazia e conservatorismo liberale si è trasformata in (o forse si è rivelata un) espediente?

    Il PdR non è migliorabile. E non lo era neanche il PD, a quanto pare, visto che si è trasformato in PdR.

    In effetti, purtroppo, “il rigore non si discute”. Sembrerebbe sempre più evidente che la scelta di collocarsi al di fuori dell'area euro sia solo uno spauracchio utile a fini tattici interni. Perfino la Grecia, per quanto il suo peso economico sia poco significativo, e nonostante sia arrivata sull'orlo del baratro, non sembra in grado di fare passi che non siano concordati con chi determina la strategia dell'unione. E sembrerebbe che quella strategia non possa contemplare altre opzioni rispetto all'attuale rapporto di forze. Cosa che, d'altra parte, è naturale.
    Se le cose stanno in questo modo, liberarsi di Renzi (e quindi, necessariamente, temo, di tutto il PdR) non avrebbe conseguenze a livello europeo. Dunque votare contro Renzi/PdR sarebbe possibile anche per chi trema di sincera paura di fronte allo spauracchio del rifiuto dell'euro.
    D'altra parte, se diventasse evidente che la corrente antieuropea si basa su propositi irrealizzabili, sia i campioni dell'antieuropeismo che quelli dell'europeismo smetterebbero di avere attrattiva elettorale e si rivelerebbero per quello che sono: opportunisti senza idee e senza qualità. In questo modo i professionisti della politica potrebbero smettere di ammucchiarsi intorno alla tematica europea e i due Mattei potrebbero essere mandati a curare l'orto (insieme agli altri soloni) dal primo che mostri una faccia e delle idee un po' meno da pirla.

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    1. Prima di gettarmi a pesce su una discussione riguardante le differenze fra socialdemocratici e conservatori-liberali che a me appaiono evidenti e ben marcate, vorrei sapere cosa indica la sigla PdR in modo da poter comprendere appieno il messaggio.

      A istinto avrei detto "Presidente della Repubblica", ma non c'entra nulla col contesto.
      Quindi che bestia è il PdR, di grazia? ;)

      http://it.wikipedia.org/wiki/PDR

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    2. Il PdR è il Partito di Renzi.
      Per quanto l'altra questione, non nego che esistano differenze tra la socialdemocrazia e il conservatorismo liberale, dico solo che probabilmente producono lo stesso risultato. Nel migliore dei casi dobbiamo supporre che i socialdemocratici abbiano perso la loro battaglia già molto tempo fa.

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    3. Ok, con PdR = Partito di Renzi il commento appare più comprensibile, grazie.

      Circa l'inevitabilità del flusso degli eventi, in questo caso la trasformazione del PD nel PdR, sono sempre molto scettico: presentare un certo evento storico come inevitabile è sempre stato un trucco di chi deteneva il potere per giustificare le proprie scelte a posteriori e mettere a tacere chi le contestava.

      Un esempio classico, trattato da Vittorio Foa in "Questo Novecento", è lo scoppio della prima guerra mondiale: i fatti del luglio '14 sono stati una concatenazione di eventi dove ad ogni gradino delle persone si son trovate davanti alla scelta di tentare il compromesso oppure alzare la posta e tutte hanno scelto liberamente di alzare la posta, per poi giustificarsi a posteriori dicendo di non avere scelta, dando per scontanto che una volta iniziata l'escalation non vi sia altra uscita che il conflitto.
      Se così fosse, allora la crisi dei missili di Cuba del '62 avrebbe portato alla terza guerra mondiale, e oggi qualcuno teorizzerebbe l'inevitabilità di tale conflitto e di come la guerra fredda non potesse non preludere ad una guerra atomica mondiale.

      Altro esempio classico furono gli otto anni di presidenza Bush, iniziati per un pelo (il voto in bilico della Florida), ma poi presentati come ineluttabili: poche decine di voti in più in quel conteggio e la storia sarebbe stata profondamente diversa. Non so se migliore o peggiore, ma diversa.
      Se Napoleone non avesse tentato la campagna di Russia, l'impero francese sarebbe durato molto più a lungo: una precisa scelta strategica di fronte ad un bivio, non un evento ineluttabile.
      Nella storia il flusso degli eventi non avviene in base ad un disegno superiore, ma è spinto da una somma di piccole o grandi scelte individuali. Poi chi detiene il potere cerca sempre di dimostrarci che le cose non potevano andare altrimenti, che non erano possibili alternative, ma è solo un modo per avere legittimità ex-post.

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    4. Non intendevo dire che la trasformazione del PD in PdR fosse inevitabile ma che il PD mi appariva, già molto tempo prima della sua ultima trasformazione, sostanzialmente non migliorabile. Il fatto che poi sia effettivamente diventato il PdR non dimostra alcunché ma è certamente un fatto. Questo fatto, ossia il sostanziale disfacimento del principale partito laburista italiano (dal mio punto di vista), non era certo scritto nel libro del destino ma appariva a molti, già da lungo tempo, altamente probabile.
      Prendendo spunto da questa riflessione, potrei azzardare l'ipotesi che la socialdemocrazia abbia portato più acqua al mulino conservatore che all'ideale socialista o a quello democratico.
      In tutto questo non vedo disegni superiori ma solo umanissimi disegni politici. Sia grandi che piccoli, basati sia su scelte individuali che collettive. Alcuni alcuni di questi piani hanno avuto o stanno avendo successo mentre altri sono falliti o stanno fallendo.
      Il potere lo deteniamo tutti insieme, in modi diversi, con fini e risultati molto vari.

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  5. Analisi con cui sono in enorme disaccordo.
    1) Il referendum di Landini non è un'opzione suicida, ma un terreno di lotta, sulla base del quale si può ricostruire una forza di lotta. L'esperienza felice dei referendum del 2001 insegna. Le condizioni sono diverse, e il bipolarismo rigido e il berlusconismo sono un ricordo di una politica in cui era meno impegnativo discernere la propria posizione, ma questo non è un buon motivo per non sostenere le buone battaglie.
    2) Al contrario, il referendum costituzionale, è un terreno di nulla. La riforma costituzionale non è di fatto una riforma autoritaria, è una riforma migliorabile ma di buon senso. La campagna referendaria sul NO si dovrebbe basare su menzogne o esagerazioni che negano che il vero vulnus democratico è l'Italicum e non certo la riforma del Senato o quella del Titolo V.
    3) Il partito socialdemocratico all'europea è attualmente un disastro politico. La SPD regge il moccolo alla Merkel ed è tra le prime responsabile del disastro europeo cui assistiamo. E' il referente politico di un sindacato corrotto e assertivo e degli interessi privati, spesso direttamente dei loro leader. E' una delle cause della tragedia greca per cui quel paese e i suoi cittadini sono stati portati alla miseria
    4) Causa fondamentale di ciò è l'euro. L'euro crea squilibri commerciali e politici tra le nazioni di Europa. L'euro determina l'impossibilità dell'attuazione delle politiche di sinistra, come è facilmente comprensibile a chiunque conosca qualcosa di economia ma oramai anche a quelli che pur non sapendo cos'è una bilancia commerciale o una banca centrale dominante e indipendente, guardino alla situazione di oggi e al puntuale indirizzamento verso la svalutazione del lavoro e la continua compressione di ciò che resta della democrazia.
    5) Non solo neghi questo, ma poi vorresti follemente spingere verso i partiti populisti, xenofobi e di estrema destra chi ha compreso questo e si è tolto il prosciutto dagli occhi, oppure ha deciso finalmente di inforcare gli occhiali. Per fortuna esistono Stefano Fassina e Alfredo D'Attorre che condurranno e continueranno a condurre la battaglia dove è giusto che sia condotta. A sinistra. Non con i fan di Putin, con chi vorrebbe far naufragare i migranti, con chi conquista il consenso politico con la violenza verbale e la volgarità, con il rincoglionimento delle coscienze, con la ricerca del consenso basata sull'opposizione all'altro, che torna a mettere in pericolo ogni minoranza in Europa, comprese le minoranze etniche. Prima, con l'euro, si creano le condizioni per l'ascesa del populismo e dell'estrema destra, poi si vuole anche spingere chi dice la verità da quella parte. Ciò fa veramente gridare alla vergogna. E alla bancarotta intellettuale. Al "Muoia Sansone con tutti i filistei".

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    1. Ma credo che anche il referendum 2001 non fosse quello a cui stavi pensando. ("Esperienza felice?")

      Poi, per carità, capisco che il populismo possa creare fastidio, ma se pensi che l'euro sia la causa fondamentale di tutto, ti alleerai con la gente che la pensa allo stesso modo. Che tu lo voglia o no.

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    2. Sì, chiaramente intendevo quelli del 2011.
      Il programma politico della Lega è delirante, non basta che dica di uscire dall'euro per essere votata. L'unica strada è la diffusione della consapevolezza o quantomeno di un pensiero critico sull'euro a sinistra.

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    3. Forse sarà evidente a tutti, però io sono un po' duro e non capisco in che modo l'Euro renda impossibile qualsiasi politica di sinistra. Forse Altiero Spinelli era di destra?
      Personalmente, ritengo il contrario: soltando passando dall'attuale forma associativa (dove i paesi forti dettano la linea) a quella di stato unitario europeo ad ordinamento federale (dove il governo e il parlamento sono veramente sovrani) si potranno fare vere politiche di sinistra... vincendo le elezioni, naturalmente, perché se si perdono non si va da nessuna parte.

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    4. Claudio io credo, sia detto senza astio, che Lei non sappia di cosa stia parlando. L'euro è causa di squilibri commerciali enormi all'interno dell'Europa. La crisi da indebitamento privato dei paesi del Sud Europa è dovuta agli squilibri commerciali, la Germania ha applicato una politica mercantilistica e come è evidente la moneta unica impone la stessa politica agli altri. Su ciò si fonda l'austerità, per impedire il ricorso forzato all'indebitamento privato dei paesi del Sud Europa. Con l'euro non esiste alternativa alla svalutazione del lavoro che è l'unico modo per aumentare le esportazioni in assenza della sovranità monetaria. Il mercato è divenuto più potente della democrazia per l'impossibilità di monetizzare il debito, quando necessario. Queste sono cose ovvie, che non conoscere comincia ad essere sempre meno scusabili. Certo è più comodo agitare il santino di Altiero Spinelli, i cui testi e il cui pensiero magari nemmeno si conoscono.

      E' veramente desolante questo vuoto di analisi.

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    5. Mi dispiace, ma io trovo altrettanto desolante chi non è in grado di vedere le vere potenzialità dell'Euro.

      Farò un paragone: il malgoverno sabaudo dell'Italia post-unitaria fece dire a molti che si stava meglio sotto il Re Borbone. Per costoro lo stato italiano unitario non era riformabile e andava semplicemente abbattuto.

      E lei vede l'Euro allo stesso modo: siccome in questo momento è stata creata un'unione monetaria senza la necessaria unione politica, lei ritiene che gli squilibri causati dall'essere a metà del guado si risolvano tornando indietro e non completando il naturale processo di unificazione politica lasciato incompiuto.
      In quello che lei ha scritto c'è già la risposta "la Germania ha attuato una politica mercantilistica" e perché ha potuto farlo? Siccome non esiste un governo federale, gli stati più forti possono imporre le proprie politiche.
      Perché la stessa frase applicata ad una sezione di uno stato non avrebbe senso? "L'Abruzzo ha applicato una politica mercantilistica" oppure "La Carinzia ha applicato una politica mercantilistica"... come è possibile che lei, che professa che tutto sia ovvio e senza bisogno di spiegazioni, non si renda conto dell'ovvia risposta?
      Così come in Italia non esistono più regioni forti e deboli ed il Lazio non può imporre politiche di austerità al Molise, quando avremo costruito lo stato unitario in Europa non avremo più le banche tedesche che si ingrassano sui debiti pubblici greci in quanto esisterà un unico debito pubblico federale.

      Certo, è molto più comodo rifugiarsi in soluzioni ottocentesche tipo chiedere l'indipendenza, senza rendersi conto che anche se tornassimo alla Lira saremmo ancora più dipendenti dagli stati più forti di noi. Non si rende conto che una volta usciti dall'Euro saremo ancora più deboli e quindi due volte più succubi degli stati forti?

      E' veramente desolante l'incapacità di vedere come Merkel & Schäuble possano fare i propri comodi proprio perché manca un governo europeo unitario e sovrano, diretta espressione del parlamento.

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    6. Claudio, su questo punto la penso come te. Anche a me piacerebbe vedere un'Europa che ha passato il guado. Ci credo veramente che sarebbe una buona cosa. Anche perché sono convinto, come te, che non sarà possibile tornare indietro.
      Ma a molti sembra di intravedere un problema grosso: non pare che i singoli governi, o gli apparati statali che questi rappresentano, o i grandi operatori economici abbiano molta voglia di passarlo, questo guado. Ma è solo una sensazione, per carità, spero di sbagliarmi.
      Una seconda riflessione. La storia va presa con mille pinze e la questione che vorrei porre è sicuramente molto controversa, ma se ragionassimo per analogie e proiettassimo il futuro di una possibile (per quanto improbabile) Europa finalmente federale usando come termine di confronto, con molta accortezza e per quanto possibile, la lezione dell'unificazione italiana (un fenomeno molto diverso per mille ragioni ma non completamente diverso), mi chiedo se vedremmo un'accettabile soluzione dell'attuale problema o invece l'istituzionalizzazione, la cristallizzazione e l'approfondimento dello stesso problema. È molto suggestiva l'idea che se non si salta nella padella di Cavour si rimane inevitabilmente nella brace borbonica, ma siamo veramente sicuri che all'attuale disastro del Mezzogiorno italiano (un disastro, alla fin fine, anche unitario, sebbene il Mezzogiorno abbia rimediato un ruolo ben più scomodo) non ci fosse un'alternativa migliore? Certo, il sistema finanziario è un'arma potente, che se anche non manovrata con consapevolezza e precisione da misteriose entità complottarde comunque, alla fine, distrugge i muri, crea le brecce, e (guarda tu il caso) fa molto male ai deboli e piuttosto bene ai forti, ma non è pensabile che certe armi si possano manovrare in maniera un po' più saggia in modo che, dopo averle usate per minacciare, perlomeno si eviti di farle esplodere in faccia a qualcuno per "errore"?
      Magari se si cominciasse a provarci ci si potrebbe anche riuscire. Certo che prima bisognerebbe comunque provare a venir fuori da un eventuale effetto tunnel.

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    7. @Hop Frog
      Purtroppo all'oggi il più grande nemico della repubblica federale europea non si chiama Matteo Salvini, ma Angela Merkel (e i suoi governi, beninteso). Le azioni di ritardo e strenua difesa della situazione attuale hanno ottenuto un risultato politico enorme: sono riusciti a trasformare l'Europa da un progetto democratico a un conglomerato di oligarchie.
      Questo risultato politico è anche un risultato mediatico, tanto che esistono persone che non riescono a immaginare progetti europei disgiunti dall'oligarchia pro-austerity: si sono appropriati di un progetto politico della sinistra per trasformarlo in uno strumento di oppressione.

      Ormai avrete capito che mi piacciono i paragoni storici. Così come nel 1935 si poteva difendere la cultura italiana senza necessariamente essere fascisti, anzi, occorreva sottolineare che i fascisti si erano appropriati di una cultura non loro, allo stesso modo nel 2015 occorre difendere la cultura europeista contro l'austerity, anzi sottolineando come l'austerity sia un tradimento delle idee di Europa unita.

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    8. @Claudio VdA
      Tendo a concordare sulla questione del tradimento, ma oramai si potrebbe anche ragionevolmente supporre che i traditori fossero in larga maggioranza fin dall'inizio e che avessero idee molto più chiare dei traditi.
      Inoltre credo che l'austerity sia un sintomo della malattia piuttosto che una delle sue cause.
      E comunque il punto rimane sempre lo stesso: tenuto conto delle reali forze (sociali e politiche) in campo e della tetragona struttura finanziaria globale, quanto si può sperare in un europeismo progressista e “dal volto umano”? Quanto si può credere a una correzione i cui strumenti e i cui potenziali artefici non si scorgono all'orizzonte nemmeno usando la fantasia? Mi piacerebbe sinceramente che qualcuno trovasse una buona risposta a questa domanda.
      Ho la sensazione che alla soluzione del problema non contribuiranno in maniera significativa né Salvini, né Renzi, né un PD leggermente meno renziano (se mai ci sarà), né i referendum italiani. Spero di sbagliare.
      Ma per fortuna, se non altro, le future generazioni verranno consolate con la storia delle inevitabili magnifiche sorti e progressive del prodotto ottenuto. Qualunque esso sia.

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    9. C'è anche un'altra possibilità.
      I gruppi politici che teorizzano il ritorno alla valuta nazionale come panacea di tutti i mali sono ubiquitari. In uno stato potrebbero andare al governo e quel paese uscire dall'Euro con le famose conseguenze che ben conosciamo: inflazione a due cifre nel giro di una settimana, fuga di capitali, crack bancari, materie prime alle stelle perché da pagare con la nuova valuta e conseguenti fallimenti a catena di aziende.
      Però sarebbe un magnifico esempio per tutti gli altri, che si renderebbero conto dei vantaggi dell'Euro e forse sull'onda emotiva spingerebbero finalmente per una maggiore integrazione.
      Detto in altri termini: non c'è niente di meglio di un bel disastro nucleare per convincere la gente a votare no al nucleare.

      Avanti, chi si sacrifica per il bene dell'Europa? ;)

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    10. L'elettore medio (quindi maggioritario) è notoriamente dominato dalla paura. È per questo motivo che, pur offrendo al mercato politico prodotti apparentemente diversi, la gente come Matteo 1 o Matteo 2 ha successo (Matteo 1 offre il confortevole tepore democristiano arraffatutto in salsa finto-decisionista 2.0, mentre Matteo 2 offre l'antico miraggio protettivo della della vallata alpina). E siccome non c'è niente di più terrificante di una via nuova da affrontare dopo aver abbandonato la via vecchia, qualsiasi uscita dall'Euro ci sarà solo se e quando questo farà comodo a quelli che veramente possono forzarla, cioè ai più forti. Ma essendo i più forti quelli che più hanno da guadagnare nell'attuale situazione (e troverebbero certamente il modo per guadagnarci perfino in un'Europa federale), probabilmente di uscite singole dall'area Euro non ne vedremo mai neanche una. Sono convinto che nemmeno un monocolore bulgaro di Salvini provocherebbe un'uscita dell'Italia dall'Euro.

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  6. La soluzione del più Europa è insostenibile per svariatissimi motivi:
    1) Dire che non esiste un'"Europa politica" è un falso. Esistono le istituzioni europee che sono politiche. Esiste anche un bilancio europeo,
    2) Si dice allora che questa Europa politica è insufficiente. Probabilmente si auspica maggiori poteri al Parlamento Europeo. Ma è una soluzione piuttosto illusoria. Ogni Commissione non è stata frutto di altro che del Parlamento Europeo.
    3) Il fatto che l'Europa sia, per definizione, un continente, con tante lingue quante nazioni, non è marginale, ma ha conseguenze evidentemente assai pregnanti sulla sostenibilità di un'unione politica con partiti unificati che facciano gli interessi collettivi e non quelli della loro porzione territoriale. Il Sud e il Nord Italia sono stati unificati dai partiti nazionali di massa.
    4) Quando si è proceduto alla creazione dell'euro si è pensato che mettere in comune la moneta togliesse potere alla Bundesbank e costringesse la Germania a condividere la sua sovranità monetaria con gli altri paesi europei. Si è visto che l'effetto scaturito è stato l'opposto. Qualcosa mi dice che potrebbe succedere la stessa cosa con l'unione fiscale.
    Il padronato tedesco non è disponibile a cambiare una politica che gli permette di massimizzare i profitti tenendo bassi i salari e concentrandosi sulle esportazioni. Il destino degli altri paesi "integrati" è quello di essere annessi alla Germania e al suo modello di sviluppo, come è avvenuto con l'Aschluss della DDR alla Germania Ovest, che ha ridotto la Germania Orientale alla disindustrializzazione, alla povertà e all'assistenzialismo. Questo è il destino che potrebbe attendere tutta l'Europa annessa, con in più l'indisponibilità tedesca di concedere le stesse politiche assistenzialistiche e redistributive concesse alla Germania Est (malgrado le quali comunque buona parte della popolazione dell'Est rimpiange il socialismo)
    5) Perché la Germania cessi di attuare politiche mercantilistiche, c'è bisogno che la sua moneta si rivaluti. Allora le stesse forze sindacali tedesche potranno recuperare quella forza contrattuale che la loro completa prostituzione gli ha completamente tolto. L'enorme surplus della bilancia commerciale tedesca è dovuto interamente ai commerci europei. A livello extraeuropeo la bilancia commerciale tedesca è in equilibrio
    6) Mantenere l'euro e abolire l'austerità significa aumentare ulteriormente gli squilibri commerciali interni all'eurozona, con un nuovo aumento del debito privato dei cittadini del Sud Europa, debito privato con crediti di banche dei paesi centrali per comprare prodotti tedeschi, meccanismo che ha già portato alla tragedia attuale.

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  7. 7) Pensare ad aumentare la necessità dei paesi più ricchi di finanziare quelli più poveri è destinato a far emergere i partiti di destra e i nazionalismi, producendo l'effetto opposto a quello degli ingenui che non hanno capito nulla e che pensano che l'euro sia un argine e non anzi il propellente dei nazionalismi e delle rivalità intraeuropee. Sulla stampa tedesca il razzismo nei confronti dei paesi del Sud e ora in particolare dei greci, che pure ha basi economiche assolutamente infondate e si fonda sulla propagazione di luoghi comuni squallidi diffusi da commentatori indegni anche in Italia, è ormai sdoganato.
    8) Dare ancora più potere alle istituzioni colpevoli tende a non essere una genialata.
    9) Il ruolo della banca centrale e della politica monetaria è centrale. Il sistema europeo è intrinsecamente segnato dai principi ordoliberali e dalla supremazia della banca centrale che impedisce ogni possibilità di politiche per la piena occupazione, come invece imporrebbe la nostra Costituzione. I mercati rimarranno sempre i veri sovrani con un tale assetto monetario.
    10) L'argomento della necessità di un'unità europea per fronteggiare la grandezza del mondo (c'è la Cina! Si informa che la Cina esiste da diversi millenni) è abbastanza demenziale. La Corea del Sud non si fonde con le Filippine e il Cile non appalta la sua sovranità al Brasile perché c'è la Cina. Anzi, si tengono a maggior ragione ben strette le loro sovranità nazionali. L'altro argomento è che bisogna unirsi per "contare" di più. Una specie di ultranazionalismo europeo e di volontà di potenza continentale insomma e poi i nazionalisti sarebbero quelli che vorrebbero tornare all'Italia fondata sul Risorgimento, la Resistenza, Foscolo, Leopardi e Manzoni. Quelli sono i patrioti e sono gli uomini di cultura, che sanno che perdere la dimensione nazionale e specifica della cultura significa perdere la possibilità di una conoscenza più approfondita della cultura stessa a vantaggio di un banale sincretismo europeo, i nazionalisti sono quelli che vogliono un Moloch europeo di modo da contare più della Cina, tra i quali nazionalisti europei c'è stato anche un certo Hitler. Follia pura, chiaramente.
    11) L'unità politica e la soppressione degli stati nazionali significa che la Costituzione italiana come testo fondamentale e la Resistenza come atto fondativo (con le conseguenze politiche e sociali che questo ha, e con i principi costituzionali che tutti, si spera, conosciamo) verrebbero SOPPIANTATI, perché di questo si parla, da Maastricht e da questa inetta classe dirigente europea, dai principi ordoliberali e da quello di sussidiarietà. Personalmente preferisco di no

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  8. @Sarfierre
    Vabbé io ci rinuncio. Per sostenere che il Parlamento Europeo di oggi sia uno strumento sovrano ci vuole del coraggio, dimenticandosi che le principali decisioni in campo economico, militare, sanitario, energetico, ecc sono ancora gelosamente custodite dai piccoli staterelli.
    Il resto è tutto conseguente a questo madornale errore di partenza. Spiegare che un parlamento è sovrano solo quando può imporre tasse, decidere politiche militari e simili ad una persona che pochi post fa aveva scritto "come è facilmente comprensibile a chiunque conosca qualcosa di economia" è... come dire... degradante?
    Dire "ogni Commissione non è stata frutto di altro che del Parlamento Europeo" dimenticandosi del diritto di veto esercitato dagli stati, dimenticandosi che i membri della Commissione non hanno alcun potere effettivo visto che tutto è subordinato all'apporvazione da parte dei vari staterelli membri e poi rinfacciare agli altri che non sanno di cosa parlano è altrettanto abbrutente.
    Sostenere poi che la Resistenza sia esistita solo in Italia e che i valori da essa incarnati esistano solo a Sud delle Alpi è un argomento che si commenta da solo. Inviterei il mio cortese interlocutore ad andare in piazza a Berlino sostenendo che siccome il lavoro rende liberi, allora ognuno di noi può aspirare al proprio spazio vitale: le reazioni dalle gente intorno saranno sicuramente molto interessanti...

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  9. Se Lei ci rinuncia mi pare è perché non ha argomenti, se gli argomenti sono questi...
    La soluzione a tutti gli undici punti che Le ho esposto, agli squilibri che sono congeniti non all'austerità ma all'unità monetaria, sarebbe dare più potere a Juncker e a Borghezio e toglierlo a Tsipras. Geniale veramente.
    Evidentemente questa non è la soluzione proprio per nulla.
    Quanto alla Resistenza, Lei fraintende il mio discorso in modo ridicolo. Non ho detto che al di là delle Alpi vige il fascismo. Ho detto che una comunità statale è definita innanzitutto dalla sua Costituzione e che questa ha radici in un momento storico, e per l'Italia si tratta della Resistenza. Dunque si tratterebbe di vivere in uno Stato la cui Carta Costituzionale non sarebbe più la nostra nazionale, ancora oggi l'unica resistenza possibile allo strapotere del denaro e dei mercati, ma quella egemonizzata dai principi dell'ordoliberalismo tedesco.
    La prossima risposta mi auguro sia un pochino più profonda ed adeguata. Visto che ha preteso di rispondere a 11 punti, tutti indipendenti l'uno dall'altro, dicendo che si risolvevano aumentando i poteri di Bruxelles. L'unica spiegazione è che non li abbia nemmeno letti.

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  10. E mi pare che tra i componenti della troika che hanno commissariato la Grecia distruggendone il sistema sanitario ci fosse anche il Parlamento Europeo. Quindi la sua soluzione di consegnare il sistema sanitario nazionale al Parlamento Europeo stesso mi pare, come dire, siamo gentili, un po' azzardata.

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  11. La mia rinuncia non derivava dalla mancanza di argomenti, ma dal fatto che i nostri ragionamenti poggiano su basi totalmente aliene e quelli che per lei sono pilastri incrollabili per me sono fuffa e vice-versa.

    Se mettessimo ad uno stesso tavolo un miliziano dell'ISIS che ha distrutto le statue di Ninive e l'impiegato di un museo europeo per discutere del futuro di alcuni lamassù, non arriverebbero ad intendersi e non perché non abbiano argomenti, al contrario, li hanno entrambi molto fortie profondi.
    Solo che il punto "Bisogna distruggere tutti gli idoli" del miliziano è considerato un non-punto dal museale e "Bisogna salvaguardare la memoria del passato" del museale è considerato fuffa spinta dal miliziano.

    Molti dei suoi 11 punti a me appaiono vuota fuffa, mentre altri mi sembrano corrotti da vizio di forma. Vi sono poi dei punti per me chiave (ad esempio la fondamentale unità della cultura europea) e che lei ignora totalmente, probabilmente perché per lei sono dei non-punti.
    Quindi le risponderò, ma ci vorrà un bel po' di tempo, quindi si armi di pazienza e attenda; sempre nella speranza che il proprietario del blog tolleri la nostra discussione... si, perché qui siamo ospiti di Leonardo, occorre tenerlo a mente.

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    1. Approfittando del fatto che L.T. ancora tollera questi fiumi di parole -chissà cosa ne direbbe Broono ;) - provo a rispondere, ma avrò bisogno di due sezioni.

      1) Quasi tutte le decisioni delle istituzioni europee sono subordinate all'approvazione dei singoli paesi, che detengono comunque potere su quasi tutti gli argomenti chiave. Il bilancio europeo, poi, è soggetto all'approvazione di tutti i paesi e il parlamento non ha alcun potere fiscale. Sarebbe come se la finaziaria italiana dovesse ricevere l'approvazione di tutti e venti i governi regionali, e che questi fossero gli unici muniti di potere fiscale. Su queste basi, il ruolo politico delle istituzioni europee è dunque praticamente nullo.
      2) Idem come (1). Se la Commissione avesse un vero ruolo di governo, avrebbe poteri in numerosi campi. Parliamo ad esempio di difesa: il fatto che Hollande abbia deciso di spedire i militari francesi in Mali suona ad un federalista europeo come se la Puglia avesse mandato soldati pugliesi in Libia. Se la Commissione fosse un vero governo, sarebbe il ministro della difesa europeo a decidere gli interventi militari dell'esercito europeo, il fatto che non abbia questo potere significa che conta come il due di briscola.
      3) La cultura europea è fondamentalmente unica. Già nel periodo del '500-'700 i vari scienziati/filosofi tipo Galileo, Cartesio, Leibniz, Keplero, Newton, ecc pensavano e interloquivano con colleghi di tutta Europa e non erano confinabili entro i vari steccati nazionali. Quasi tutti i successivi movimenti culturali hanno avuto diffusione continentale. Sorprende poi vedere come località anche lontane abbiano avuto storie molto simili, ad esempio Venezia e Lubecca, proprio perché i meccanismi erano gli stessi e dettati da una profonda interconnessione intereuropea. L'esperienza comunale in Italia centrale appare molto simile a quella belga. La spoliazione dei poteri secolari della Chiesa nel XIX secolo è avvenuta secondo meccanismi analoghi in Italia e Germania. Anche le interinfluenze fra Italia e Spagna o fra Italia e Francia sono tantissime. Eccetera... A questo dobbiamo aggiungere il fondamentale multilinguismo europeo: se nei secoli passati esso era perlopiù appannaggio di nobili, mercanti e alta borghesia, al giorno d'oggi tutti noi parliamo almeno due lingue e chi non lo fa si trova a dovere accettare lavori locali senza grandi possibilità di carriera.
      4) Quando si è proceduto alla creazione dell'Euro NON è stato assegnato alcun trattamento di favore alla Bundersbank, anzi: gli unici ad avere avuto un trattamento particolare son stati i britannici. Siccome però alla creazione dell'unione monetaria non è corrisposta un'analoga unione politica, è successo che i paesi più forti hanno potuto dettare condizioni a scapito dei più deboli. Chi tiene i cordoni della borsa detta le regole e in una situazione in cui le istituzioni sono finanziate dai singoli paesi, ecco che la Germania può permettersi politiche nazionalistiche. Perché questo non avviene negli stati unitari? Semplicemente perché le varie componenti sono subordinate all'unità nazionale: l'Ile de France non può imporre politiche economiche perché è il parlamento francese che decide dove prendere i soldi e non deve aspettare il finanziamento da parte del parlamento dell'Ile de France.
      5) Perché la Germania cessi di attuare politiche mercantilistiche, deve cessare di esistere come stato indipendente, al pari di Austria, Italia, Estonia, Finlandia, Spagna, eccetera, eccetera. Finché è sovrana, può far quello che le pare perché è la più forte.
      (continua...)

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    2. (...segue)
      6) Mantenere l'Euro e abolire l'austerità implica un radicale cambiamento del pensiero politico, ossia dobbiamo eleggere persone con idee different: l'austerità è figlia dell'idea liberista che le spese sociali e di investimento siano soldi buttati e che il ruolo dello stato deve essere ridotto al minimo. Curiosamente, gli unici che applicano tali politiche da vari anni anche a casa propria sono gli inglesi.
      7) In effetti questo è un problema tipico di tutte le aree ricche: la Lega Nord ha fatto della lotta contro il Sud sprecone un proprio cavallo di battaglia, così come il Vlaams Belang teorizza che i walloni siano dei parassiti, ecc. L'esperienza storica, però, è contro questi partiti "delle piccole patrie". Si tratta di battaglie culturali per le quali non esiste una ricetta precisa, ma bloccare l'unificazione europea perché poi potrebbero rinforzarsi i partiti anti-Europa significa dar loro ragione senza neanche combattere: siccome X crede fermamente in una cosa che Y vorrà distruggere, allora ci rinuncia, così Y ha vinto in partenza.
      8) Quindi siccome il governo dell'Ancien Régime in Francia funzionava male, Danton disse "Io non andrò al governo, perché se andassi al governo darei più potere ad un'istitutione che funziona male"? Ci vuole l'Algebra per capire che le attuali istituzioni europee NON sono sovrane e che non funzionano perché sono subordinate ai poteri nazionali?
      9) E quindi presentiamo proposte di riforma, ma per farlo si torna sempre allo stesso punto: occorre levare potere ai governi locali.
      (continua...)

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    3. (...segue)
      10) L'argomento è invece corretto, solo che è stato ridicolizzato con esempi campati in aria. Al momento esitono grandi compagnie multinazionali in grado di condizionare le scelte politiche degli stati più deboli (il movimento altermondista degli anni '90-'00 è stato già dimenticato?); oppure credete che il Belgio abbia grande margine di manovra di fronte a chi potrebbe far crollare la sua economia spostando i centri di ricerca presenti alla periferia di Bruxelles altrove? Solo che l'esempio di Corea del Sud e Filippine è mal posto: sarebbe come chiedersi come mai Serbia e Marocco non si uniscano. Il cosiddetto Estremo Oriente ha una situazione geopolitica completamente diversa dall'Europa, con pochissimi stati e solo due di essi a regime democratico (Giappone e SudCorea): un'unione a due non avrebbe molto senso perché sarebbe de facto un'annessione, tipo riunificazione tedesca. Le vere unioni funzionano se sono fra diversi soggetti.
      Un'area che potrebbe costruire una propria comunità è l'Indocina, ma occorre risolvere il problemuccio da nulla delle dittature in Birmania e Thailandia. Altra area con una propria unità è il Sahel, dove infatti esistono già istituzioni monetarie comuni, ma l'estrema povertà della zona la rende non confrontabile con l'Europa. Negli ultimi tempi è emerso un movimento federalista in America Meridionale e in effetti un'unione federale di quei paesi sarebbe di grande aiuto all'economia locale.
      11) In Europa esiste una comune eredità di diritti civili attraverso un percorso che ha avuto i propri alti e bassi (e alcune degenerazioni) e che si fonda su tre pilastri fondamentali: illuminismo (XVIII sec), liberalismo borghese (XIX sec) e lotte di ispirazione socialista (tardo XIX-XX sec). A questi si sono aggiunte le rivendicazioni femministe (XX sec) e i movimenti degli ultimi anni (energia e sviluppo sostenibile, diritti gay). Il fenomeno della Resistenza è stato da un lato a diffusione continentale, tanto è vero che numerose costituzioni europee presentano la sua influenza, e dall'altro molto sfaccettato localmente: ad esempio, in Piemonte ha avuto i caratteri di lotta unitaria contro il nazi-fascismo (le varie parti seppero mettere da parte quello che le divideva e far fronte comune), in Romagna di guerra civile (le varie parti si spararono l'un l'altra), in Molise è stato praticamente assente.
      L'idea di Europa unita nacque proprio dall'idea di mettere insieme il patrimonio di valori democratici che univa i vari popoli europei, un patrimonio costato anni e anni di lunghe lotte. Qualcuno ritiene tali valori vuoti santini da agitare, ma per me non sono solo vuoti santini, bensì obiettivo della vita. Per questo, forse, le nostre visioni sono così aliene.
      Il percorso non sarà facile, ma la costruzione della Repubblica Federale Europea è per me un obiettivo concreto: sono consapevole delle enormi difficoltà del percorso (die Bild Zeiting è il mio peggior nemico!), ma è proprio per questo che cerco disperatamente di contrastare ogni passo indietro e la dissoluzione dell'Eurozona sarebbe per me un enorme passo indietro.

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