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domenica 17 aprile 2016

Io voto sì (ma stare a casa è lecito)

Oggi andrò a votare. Voterò sì (con l'accento) perché, se proprio interessa il mio parere, credo che le compagnie petrolifere si possono permettere di pagare qualche soldo in più di royalty, e che dovrebbe spettare a loro smantellare le piattaforme. Se questo penalizzerà l'estrazione di idrocarburi in Italia, ebbene, non mi pare che si tratti di un settore così strategico: anzi, ogni occasione è buona per cominciare a pensare ad altre fonti, ad altre soluzioni. Questo è il mio modesto parere, e confesso che non mi sarei preoccupato troppo di formarmelo, se il governo Renzi - che poteva benissimo snobbare la questione - non si fosse messo nelle ultime settimane a far propaganda per l'astensione, con uno zelo un po' sospetto. Non è che mi scandalizzi un presidente del consiglio che chiede ai cittadini di stare a casa: ne ho già visti. Però negare l'election day e poi lamentarsi che i referendum costano, ecco, mi sembra un po' grossa.

Questo mi ha fatto pensare che dietro la questione ambientale se ne nasconda un'altra più pratica, l'ennesima battaglia tra Stato e regioni. Il primo nell'ultima legge di stabilità ha avocato a sé la facoltà di concedere nuove licenze e di incassare le royalty che ne deriveranno; le seconde non ci stanno e promuovono o appoggiano il referendum. Non sono certo un fanatico dell'istituzione regionale (che in Italia è statisticamente la più corrotta), anzi: secondo me andrebbe trasformata in un ente di secondo livello, potenziando invece la provincia. Renzi ha deciso di fare esattamente il contrario, rafforzando la posizione dei presidenti e dei consigli regionali: trovo giusto che adesso se la veda con loro. Insomma io la penso così e per carità, non sono un esperto: sono una persona qualsiasi che s'informa un po' e crede di aver capito per sommi capi la natura della questione.

Per andare a votare, devo ritrovare in un qualche cassetto il mio certificato elettorale, e vincere la lieve ripugnanza che covo nei confronti dei referendum abrogativi. Stavolta ci vado, ma altre volte ho trovato giusto non andarci e non ci sono andato. La manfrina del dovere di votare, o del dovere di non fare propaganda per il non-voto, onestamente non la capisco. Se un indomani passasse una legge, poniamo, sulla stepchild adoption o sulla gravidanza assistita, e un comitato di cattolici integralisti e/o femministe integraliste riuscisse a raccogliere le firme necessarie per indire un referendum, io mi asterrei molto volentieri, e farei campagna per l'astensione. Se vogliono abrogare una legge dello Stato, si facciano il loro partito e se lo votino. Il potere legislativo lo esercitano le camere: i referendum abrogativi nascono da un compromesso (i cattolici volevano avere l'ultima parola sul divorzio) e hanno creato, per lo più, pasticci e frustrazioni: nonché dato il la a quel mito della democrazia diretta che prima superiamo meglio è. L'astensione è sempre stata parte del gioco, specie se il gioco consiste nel dare occasionalmente una specie di potere legislativo a un comitato che riesce a mettere assieme mezzo milione di firme. Le regole, poi, mi sembrano chiare da parecchio tempo. Posso capire i ventenni che hanno il diritto di vedere le cose come se apparissero al mondo per la prima volta: ma i coetanei che ancora discutono sul senso dell'astensione e del quorum mi sgomentano. Sul serio ne stiamo ancora a parlare? No, non ne stiamo parlando sul serio.

7 commenti:

  1. Si, ne stiamo parlando. Se scoprissi che i tuoi cattolici integralisti si avvicinano molto pericolosamente a raggiungere il quorum, ecco che magicamente la tua posizione dovrebbe cambiare radicalmente di segno, e a buon diritto: Tutti a votare! Nessun problema, anche quello fa parte del gioco, ma "gioco" significabtattica contingente, infilarsi nelle pieghe di regolamenti e tecnicismi. Legittino, ma non una posizione politica. Ed è cio che invece hanno cercato di venderci, con gli inconsulti attacchi al presidente della Corte Costituzionale, che si limitava, poveretto, a ribadire l'ovvio.

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  2. Mi sembra più (o piu'?) equilibrato questo post, e non perché voterai sï, sia chiaro.

    Ciò detto non ti sei già risposto alla domanda conclusiva? Il governo, il presidente "emerito", i "petrolieri", gli "ambientalisti" à la Testa (e credo anche Godzilla e i rettiliani) hanno iniziato una campagna per l'astensione che come tu stesso dici sembra un po' (pò?) pelosetta.

    Il motivo per cui se ne discute mi pare questo. Sulla qualità delle risposte probabilmente hai ragione, ci sarebbe da discuterne (ups, paradosso...).

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  3. io non sono andato a votare per dare un dispiacere a brunetta. ha detto che bisogna votare per darlo in culo a renzi (mi scuso per il francesismo, credo abbia usato altre parole, ma il senso credo di averlo reso), lasciando intendere che lui ci godrebbe tantissimo e allora... be', non voglio essere minimamente responsabile dei godimenti di brunetta...

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  4. Io dico solo una cosa: nelle competizioni sportive, se una squadra non si presenta a giocare, perde a tavolino. Nei referendum abrogativi, invece, vince. Sinceramente la trovo un'indegnità, e trovo indegna la gente che è contenta di vincere con questi mezzucci: "se non annullate il gol allora mi porto via il pallone perchè è mio così non gioca più nessuno". Se si crede in qualcosa, bisognerebbe voler vincere nel merito, non con le regole truccate, ritengo. E' legale, è legittimo, è ammesso, però non è giusto.

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    1. I risultati delle competizioni sportive non hanno valore di legge.
      Le leggi le scrive e le approva un parlamento eletto dai cittadini. Non possono essere emendate che da una maggioranza di cittadini.

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    2. I risultati delle competizioni sportive non hanno valore di legge.
      Le leggi le scrive e le approva un parlamento eletto dai cittadini. Non possono essere emendate che da una maggioranza di cittadini.

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    3. Avevo capito la prima volta :)
      E non sono d'accordo nemmeno la seconda :)
      Il Parlamento poi (bono quello!) lo elegge la maggioranza dei VOTANTI. E forse sarebbe meglio averlo per le politiche, il quorum. E allora com'è?

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