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venerdì 17 marzo 2023

Giuliano Ferrara invoca l'apocalisse di fuoco, digital art

Bisogna che un’apocalisse sacrosanta di fuoco costringa le ributtanti milizie dello stupro e dell’eccidio a fare retromarcia... (Giuliano Ferrara, il Foglio, 15/3/2023) 

Giuliano Ferrara è stato tante cose nella sua vita – di biografie n'è piena la rete – e forse i più giovani non sospettano quanto sia stata ingombrante la sua figura per vent'anni e più, il berlusconiano con pretese culturali che proprio per questo andava irriso più degli altri, l'agente provocatore da cui ci si faceva provocare più volentieri perché almeno si aveva la sensazione di giocarsela su un piano elevato. Anche se poi per quanto elevato fosse il piano si finiva lo stesso a torte in faccia. Giuliano Ferrara è stato anche un neocon, un appassionato sostenitore degli interventi militari dell'era Bush Jr, nel breve periodo in cui questa cosa tirava, e per coincidenza si trattava anche del periodo in cui Berlusconi finalmente aveva trionfato sugli avversari, stava al potere e non sapeva che farsene. Bisognava trovare nuove battaglie e l'11 settembre /fu una manna dal cielo/ /cascò proprio a fagiolo/ fu provvidenziale per il suo personaggio. Tutte guerre inutili, mal combattute e deleterie, ma nel frattempo Giuliano Ferrara era altrove (a far cosa? Ah già, a salvare i feti dal genocidio).


Giuliano Ferrara è obeso, il che ha reso sempre un po' più difficile criticarlo senza indulgere nel fatshaming – lui stesso è stato abbastanza astuto da mantenere la sua stazza in primo piano, da farsene scudo. L'obesità lo espone a seri rischi di salute, per cui a un certo punto della sua vita Ferrara ha dovuto cominciare a prendersela un po' più calma, a costruirsi un personaggio più riflessivo, di intellettuale sardonico e molti ci sono cascati, molti hanno trovato comodo cascarci. Non è vero quasi nulla, l'intellettualismo di Ferrara è una posa, le sue basi culturali malferme, il suo gaddismo finto come l'ottone e basta ancora un qualsiasi picco glicemico per tirargli fuori l'animale. Ferrara, come tutti, è stanco di questa guerra che non è breve e risolutiva come tutti speravamo che fosse; del resto non succede così a qualsiasi guerra? ogni volta deve essere breve e risolutiva, magari l'ultima. I russi le prendono, e poi le prendono, e poi le prendono ancora, insomma continuano a prenderle eppure restano lì: è snervante, non dite di no. Un giorno qualsiasi Ferrara si stanca e decide di invocare gli "angeli sterminatori", che poi sarebbero – par di capire – l'aviazione Nato. Insomma è ora di superare certe ipocrisie, dichiarare guerra alla Russia o anche no, bombardare subito senza perder tempo in formalità. Dopo un anno di battaglie, con un numero di vittime che già rivaleggia con quello di alcuni dei più grandi eventi bellici dell'era contemporanea, si tratterebbe di ratificare che la terza guerra mondiale è già scoppiata, e quale sarebbe il casus belli? Hanno sparato a un arciduca, defenestrato i messi imperiali? Beh, quasi. Hanno dato del cazzaro a Crosetto. Accidenti, queste cose non si fanno. Non che Crosetto non stia facendo il cazzaro – Ferrara non ci prova nemmeno a difenderlo – ma è il nostro ministro della Difesa, "right or wrong", e quindi basta, adesso bisogna bruciare tutto, più precisamente l'Ucraina, quell'eroica nazione che senz'altro preferisce essere bruciata che ceduta al nemico. Il russo deve capire che anche a noi piace Wagner, nel senso del compositore: Ferrara scrive proprio così (no, in effetti lo scrive peggio). Qualcuno deve pure il falco, qualcuno deve pure invocare morte e distruzione in modo che risulti più moderato questo nostro temporeggiare, questo nostro tollerare un po' di morte, accontentarci di un po' di distruzione. 

Giuliano Ferrara, sono già passati nove anni, un mattino si svegliò dichiarando una "guerra di religione" contro l'Isis: altro che polizia internazionale, ci spiegava, contro la violenza dei jihadisti serviva una "violenza incomparabilmente superiore". Anche quella volta, cos'era successo di intollerabile? Avevano decapitato un giornalista americano. Come rappresaglia a un bombardamento. Per cui, insomma, una violenza circoscritta (l'esecuzione di un ostaggio) era stata usata per rispondere a una violenza già molto superiore (un bombardamento), ma sono finezze che la glicemia non sempre consente di apprezzare. Si intravede comunque un pattern, l'uomo reagisce allo stesso impulso: hanno offeso un uomo bianco che mi rappresenta; ha la mia stazza (Crosetto) o fa la mia professione (il reporter James Foley). E reagisce sempre allo stesso modo: invocando l'escalation militare di una Potenza Superiore che Ferrara nella vita ha sempre cercato e ha contorni ambigui – tanto tempo fa era Berlusconi, più di recente la Nato, più spesso il Pentagono, ma insomma è qualcuno potentissimo che vince tutte le battaglie per definizione, e se non le vince non è per debolezza ma perché non le vuole combattere davvero, Giuliano Ferrara ha 71 anni e ancora quando lo minacciano pesta i piedi e chiama papà. 

Giuliano Ferrara, come tutti noi, è convinto di avere ragione. Non solo per gli argomenti, che di volta in volta hanno a che fare con la democrazia, la libertà, sissì vabbe' non è che ci creda così tanto neanche lui: Ferrara è convinto di avere ragione perché sta dalla parte del più forte. È sempre stato dalla parte del più forte, che quando era ragazzo era il movimentismo, poi il Partito (incidentalmente, il partito dove lavorava suo padre e dove ha lavorato anche lui), poi la Rai finché non lo ha pagato meglio Berlusconi, poi Berlusconi, poi Washington, tutti fari di cultura e democrazia e libertà e insomma cosa aspettano questi fari ad accendersi sul serio al massimo voltaggio e incenerire i nemici di Giuliano Ferrara. Non varrebbe la pena di parlarne se la sua sindrome non fosse la nostra: siamo talmente abituati a guerre asimmetriche che non capiamo che questa non lo è. Ciò malgrado anche le guerre asimmetriche non è che siano esattamente andate come ritenevamo necessario che andassero: ce lo ricordiamo l'Afganistan? No, è acqua troppo passata. Ma insomma il nostro fastidio per un nemico che non si ritira è lo stesso che proviamo per un insetto che continua a ronzarci attorno: l'idea che una guerra contro la Russia sia una guerra totale non ci passa nemmeno per la testa, cos'è poi una guerra totale? Un anno fa temevamo di passare l'inverno al freddo (agli ucraini è successo), oggi ci si lamenta perché le auto elettriche non sono competitive – non tra dieci anni: adesso. Vogliamo vincere la guerra ma risparmiarci anche dei soldi, perché siamo fatti così? 

È possibile che settant'anni di responsabilità limitata in politica estera ci abbiano un po' viziato? Siamo convinti che da qualche parte si trovi un esercito potentissimo, soprattutto un'aviazione potentissima, che sconfiggerà sempre i nostri nemici, così come ha sconfitto noi. E ogni guerra ci sembra un gioco delle parti in attesa che questa Violenza Incomparabilmente Superiore non si manifesti in tutta la sua gloria. Avevamo il duce e la sua arma segreta; quando sono stati spazzati via abbiamo accolto gli americani come il nuovo duce e abbiamo dato per scontato che l'arma segreta l'avessero loro. Dopodiché scriviamo più o meno gli stessi corsivi del 1941, magari un po' peggio perché almeno la scuola gentiliana un po' di retorica te la lasciava; laddove Ferrara si barcamena tra un anglismo e l'altro come un menager brianzolo. Se davvero il Pentagono gli desse retta, sarebbe il primo a stupirsi di essere stato decifrato e compreso: quello tra falchi e colombe è sempre un gioco delle parti, anche in Russia c'è chi propone di spianare Polonia e Lituania. Nel frattempo il calendario va avanti, e ogni giorno di guerra in più cresce la possibilità di un incidente nucleare.

L'incidente nucleare non dev'essere per forza una bomba che distrugga qualche città. Più facilmente sarà una fuga radioattiva da qualche reattore, qualcosa che i posteri registreranno senza troppo sgomento – volevate l'energia nucleare e volevate la guerra di posizione, nello stesso continente? nella stessa nazione? A loro sembrerà la conclusione inevitabile. Non causerà necessariamente migliaia di morti, o magari lo farà col tempo, si sa che le radiazioni hanno tutto il tempo del mondo per danneggiare noi e nostri figli. I nostri figli, già. Ferrara non ne ha. E in fondo è un peccato: così tanti padri, così niente figli. 

11 commenti:

  1. Qualche anno fa Malvino ha scritto un bel ritratto di Ferrara. Siccome il blog non è più accessibile, lo riposto qui sotto:

    malvino il blog di Luigi Castaldi
    Diario
    3 ottobre 2004
    Io non capisco donde possa trarre tanta spocchia, quell’omone. Ha sangue
    bl`u? Non ci risulta che sia quello, il colore del colesterolo. Ha titoli? Neppure
    uno straccetto di laurea. E’ ricco? Non pi`u del proprietario della rosticceria
    che ho sotto casa, un tipo in verit`a assai pi`u dritto e oleoso del Ferrara. Ha
    scritto libri? No, qualche prefazioncella sbrigativa e rozza a libri altrui. Si
    dir`a: ma anche Socrate non ha mai scritto un libro. Be’, fatta eccezione per
    quell’amoroso liceo di matti che dirige e per una fattispecie di Santippe, Ferrara
    pu`o paragonarsi a Socrate? Per cosa? Per la barba? Per la tentata corruttela
    della giovent`u? Per qualche causa persa in tribunale? L’avete mai sentito dire
    che sa di non sapere? Definireste maieutico il suo procedere per corcamenti?
    Via, via, il paragone non tiene. E allora, `e bello? Cosa assai opinabile. Forte?
    Ma quella `e bile, con l’angostura della boria. La forza `e un’altra cosa, la forza `e
    generosa. Ferrara `e generoso? Si portino le prove, se scevre di ricevuta o cedola
    d’accredito. Si dir`a: ma `e colto. Fermi un momento, fermi su questo punto.
    E’ colto? Da quando tempo lo conoscete? Quanto lo conoscete? Ah, ecco! E
    allora, su questo punto - intendo dire: Ferrara, il colto - veniamoci incontro: `e
    colto su due o tre cosette, e pure su quelle non senza lacune. Non v’`e parso?
    Vi siete fatti sviare dal contesto. Bene - si potr`a obiettare - sa incastonarsi nel
    contesto almeno. S`ı, `e vero, questo sa farlo. Ma `e una virt`u, l’opportunismo?
    Condurre il margine del proprio sapere sulla vertigine del millantare, del farsi
    aggiornare, del compulsare all’ultimo minuto e per l’occasione, del semplificare
    per categorie ruffiane, del presupporsi connettivo e rabberciare a nodini - tutto
    questo - `e un merito? Come dite? ”Almeno `e segno d’intelligenza”? E allora
    parliamone, di questa intelligenza di Ferrara. A mio modesto avviso, `e un
    gioco di specchi. L’allodola, si sa, ama la pompa e il paradosso, l’accenno di
    purismo e il pazzo neologismo, il sillogismo sbieco e il molto forte paradigma, la
    paroletta en fran ̧coise e l’accenno di latinorum, la frase di Leo Strauss scritta col
    pennarello rosso sulla porta del cesso e la scioltezza slang da eterno bamboccione
    der Testaccio. L’allodola, bont`a sua, ci casca. Prego, come dite? Oh, s`ı, sono
    stato molto volatile. Ma procediamo. L’intelligenza, se nel frattempo non siamo
    rimasti indietro con gli aggiornamenti, dovrebbe essere - cos`ı ci spieg`o mamma
    - duttilit`a che informa, apertura impermeabile agli spifferi, tolleranza senza
    acquiescenza comodosa, curiosit`a che non si snerva nel pissi-pissi del pensiero.
    E’ duttile, Ferrara? Se conviene. E’ aperto? Se conviene. E’ tollerante? Se c’`e
    da tollerare.

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    1. E’ curioso? Ah, s`ı, questo s`ı: `e curioso assai. Sicch ́e potrebbe dirsi
      che almeno una virt`u, da ci`o, gliene venga. Ferrara `e uomo di mondo, `e uomo
      da pissi-pissi. In massima misura egli sa come si tratta il mondo o, meglio, come
      il mondo vuole essere trattato. Sa dov’`e il capezzolo e come vi si debba ficcare il
      canino; sa dov’`e il culo e conosce la sua ambigua natura di luogo delle delizie e di
      terribile eiettore; sa dov’`e l’ascella, sa che Mos`e regge le tavole della legge sotto
      quella e dunque `e tra l’ascella e la legge che c’`e il calduccio, lo sa. Quindi: forte
      coi deboli, ch ́e quelli son disposti a perdonarti tutto, dopo, per un nonnulla di
      cortesia o per una complice strizzatina d’occhio; e debole con i forti, ch ́e quelli
      non perdonano mai niente, nemmeno quando diventano deboli, palpata come
      alla vacca la chance de revanche. La fortuna mondana, quella s`ı. Golosit`a non
      di potere, perch ́e si sa che quello `e un piatto avvelenato, ma del contorno, delle
      guarnizioni. Intima conoscenza del piatto, che al cambiare della pietanza, dopo
      radipo risciacquo, `e sempre quello, il piatto. E sopra tutto, giusto garbo nel
      trattare la posata, senza mai dimenticare che `e un micidiale arnese, fosse anche
      argenteria di principi. Il potere `e violenza. Se se ne accetta la legittimazione, la
      morale si svela per bazzeccola, perch ́e non c’`e modo di difendersi da una violenza
      se non affiliandosi a una violenza legittimata da una morale. Il potere `e morale,
      `e l’unica morale possibile, nello statuto psicologico dell’eterno figlio. Ferrara
      non ha mai tradito, chi lo dice `e un indegno coglione. Non faceva cavalluccio
      sulle ginocchia di Togliatti, non erano di Togliatti quelle ginocchia, erano state
      date in prestito a Togliatti. Togliatti ci cammin`o sopra finch ́e pot ́e, poi le pass`o
      ad Amendola, che le pass`o a Craxi, che le pass`o a Berlusconi, che le pass`o -
      a chi poteva mai passarle Berlusconi? - al Papa. Natica grossa vuol possente
      ginocchio. Opl`a e amen.

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  2. La storia è piena di simboli che so trasformano.
    Il saluto romano, gesto di pace che significava "La mia mano non è armata": la dittatura fascista l'ha fatto suo e adesso in Italia è simbolo di oppressione.
    Una corona di dodici stelle dorate su un mantello blu lapislazzuli: è la corona della Madonna... o meglio, lo era. Adesso tale drappo viene sventolato in Georgia, Moldavia o Ucraina come simbolo dei valori democratici.
    Wagner: astruso compositore postromantico tedesco del XIX secolo, contribuì a distruggere la tonalità aprendo la strada al suo superamento. Oggi sono un gruppo di mercenari violenti e responsabili di crimini di guerra.

    I simboli mutano col tempo, così come il linguaggio.

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    1. Chissà se col tempo muterà pure il livello dei tuoi commenti, dei forsenontuttisannoche in cui il ruolo dell'erudizione è giocato dai copincolla uichi.

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    2. Sono cose che si insegnano nelle scuole, non vi è bisogno alcuno di scomodare Wikipedia.

      O forse Wikipedia è stata scritta da gente che è stata a scuola?

      Comunque sia, Ferrara deve aver frequentato scuole ben bizzarre, visto che queste cose che tutti noi sappiamo, lui... le ignora.

      O forse fa finta di ignorarle?

      Non so quale delle due sia peggio.

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    3. Leonardo, perdona, censuri me perché scrivo che ballerina fa rima con maestrina, e hai lasciato messaggio in cui la suddetta mi insultava. Censuri in base a chi ti è più o meno simpatico?

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    4. Wagner è un nome, non un simbolo però.
      (... I Romani, popolo amante dei gesti di pace?)

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    5. Cioè scrivi una cosa scema e la rivendichi pure?

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  3. Tanti anni fa leggevo il Foglio, con grande soddisfazione, perché mi piaceva il suo piglio polemico e titillava un certo mio lato conservatore.
    Certo, a posteriori, mi accorgo che hai ragione tu: in molto confronto politico aveva la brutta tendenza a stare sempre dalla parte del più forte.
    Ho smesso di seguire Ferrara per davvero quando ha cominciato a proporsi come "ateo devoto"... ho capito che l'ossimoro accomodante era solo una copertina per il suo leccaculismo e mi sono ritirato con le mani nei capelli: cosa ho fatto? Cosa ho letto finora? Come ho fatto a non accorgermene prima???

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  4. Parli di Ferrara ma per dire poi sempre la stessa cosa: che bisogna trattare coi russi, che Putin non si può battere. Almeno non hai citato Israele, è già un passo avanti (poi ne farai due indietro, chiaro).

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