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giovedì 2 novembre 2023

Gaza sarebbe bellissima


Di solito quando scoppia una guerra ci accorgiamo di saperne poco; fa eccezione il conflitto israelopalestinese, del quale possediamo anche troppe chiavi di lettura. È una guerra per i luoghi santi, no è una guerra di civiltà, no è il colpo di coda del colonialismo (dove il problema sta nella coda: agli israeliani rimproveriamo di fare cose che i nostri bisnonni hanno fatto per lo più impunemente su scala assai più vasta), è una guerra asimmetrica, è la legalità contro il terrorismo ecc ecc. 

Tutte queste letture non si negano a vicenda: se potessimo conoscerle tutte, forse capiremmo davvero ogni aspetto del conflitto, come una mappa 1:1 conoscerebbe ogni aspetto del territorio: ma così come una mappa del genere sarebbe problematica da leggere quanto il territorio stesso, così più cose impariamo meno riusciamo a immaginare una via d'uscita (avrete notato che chi ha idee chiare e risolute sull'argomento di solito semplicemente non lo conosce).

Viene la tentazione, di fronte a tanta complessità, di riscoprire la chiave più semplice e stupida, la mappa più piccola e monocroma: questa è una guerra tra ricchi e poveri. A scandalizzare non è tanto che una milizia abbia assassinato più di mille persone – cose altrettanto terribili capitano in teatri di guerra non più lontani – ma che i miliziani venissero da una città di poveri, e che abbiano assassinato liberi cittadini di una nazione ricca. Questo è scandaloso; richiede la solidarietà di tutti noi (ricchi), nonché l'incondizionato appoggio di un esercito il quale, rappresentando una nazione ricca, non potrà che comportarsi in modo intrinsecamente morale anche quando conduce una rappresaglia su luoghi densamente popolati.

Anche il rapporto tra vittime delle due parti, se davvero si assestasse intorno a una vittima israeliana ogni 10 palestinesi, non ci scandalizzerebbe più di tanto perché le vittime non si contano, ma se ne pesa il reddito e questa pesa ci dice che Israele è ancora abbondantemente in credito. I ricchi hanno leggi scritte e tribunali, un alto senso della moralità che non può non irradiarsi sul loro esercito; i poveri si vestono male, si comportano in modo sconsiderato e irrazionale, portando avanti uno stile di vita patriarcale che ci risulta molto comodo stigmatizzare – e soprattutto, malgrado ogni nostro tentativo di dissuaderli, figliano troppo, ormai è un'emergenza ambientale, bisognerebbe fare qualcosa, Israele sta facendo qualcosa, con che faccia ipocrita possiamo biasimarli. 

Gaza potrebbe essere un luogo bellissimo, una stazione balneare con aeroporti e casino che farebbero fallire Ibiza in venti minuti, ma i poveri ci stanno abbarbicati e tutto quello che hanno saputo farci è quell'inferno di cemento e polvere. Che male veramente c'è se ora li strizziamo tutti fuori da quel tubetto – se solo l'Egitto volesse aprire il tappo, e prima o poi lo farà, o sarà ritenuto il colpevole. Se è una guerra tra ricchi e poveri, le squadre anche tra noi sono fatte: chi vorrebbe essere ricco più facilmente tiferà Israele, chi ha in antipatia la categoria (anche quando ne fa parte) più spesso manterrà una simpatia per la Palestina, poi certo per la maggior parte del tempo parleremo di argomenti più complessi, di guerre di civiltà, di terrorismo e religione e di tutte le altre sovrastrutture che ci siamo inventati più o meno da quando Caino ha capito che il suo stile di vita non era paragonabile a quello di Abele.

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