Pages - Menu

mercoledì 8 novembre 2023

Io gli israeliani però li capisco


Lo voglio dire a un punto qualsiasi di questo massacro: io capisco gli israeliani. Vorrei dire: li compatisco, se la parola italiana non si portasse con sé una sfumatura negativa, là dove vorrei semplicemente intendere: soffro con loro. Ho la sensazione di soffrire più con loro che coi palestinesi, per tutta una serie di motivi. E non li giudico, per lo stesso motivo per cui non giudico i palestinesi: perché giudicare non spetta a me. Per quanto i social, e in generale la mediasfera, possano avervi convinto di trovarvi in una corte internazionale permanente dove con la pressione di un tasto potete condannare Hamas, i coloni, Netanyahu, la Jihad, il Likud, ebbene no: questa cosa è un'illusione. Nessuno ci ha veramente convocato, nessuno saprà veramente che farsene del nostro giudizio – al massimo qualche profilazione per cercare di venderci un libro, o un costume da bagno, e soprattutto per metterci in contatto con gente che non la pensa come noi, così possiamo litigare a lungo e nella foga cliccare per sbaglio su altre inserzioni. Non siamo giudici internazionali, non siamo proprio giudici in generale; siamo banali osservatori e la cosa migliore che possiamo fare è cercare di capire cosa sta succedendo: una missione a cui la maggior parte dei giornalisti italiani mi pare abbia rinunciato. 

Qui accade qualcosa di non dissimile a quanto è successo con l'Ucraina, ovvero che dopo un'iniziale sorpresa ci tocca constatare che gli avvenimenti tanto imprevisti erano in realtà inevitabili, la conseguenza di decisioni prese anni fa, con troppa leggerezza; tanto che chi li ha prese spesso è già fuori dai giochi. Allo stesso modo, quel famoso 7 ottobre in cui "comincia tutto", secondo una retorica che trasuda di malafede, è un giorno che effettivamente ci ha preso alla sprovvista, ma che ora ci sembra inevitabile. Se la scommessa di Netanyahu – e in generale della classe dirigente israeliana – era mantenere la Striscia in uno stato di ebollizione permanente, evitando con ciclici interventi mirati che saltasse il coperchio, ebbene, il piano richiedeva il mantenimento di un'attenzione costante e capillare che nemmeno con tutti i droni del mondo Israele poteva permettersi; tanto più che prima o poi i droni avrebbe cominciato a usarli anche Hamas. Il 7 ottobre avrebbe potuto succedere qualche anno fa o tra qualche anno, ma prima o poi sarebbe successo, e questo è un motivo per cui capisco gli israeliani: da anni dormono, come noi, di fianco a una o più bombe a orologeria. 

In arancione i caduti palestinesi, in viola gli israeliani. CNN.

Israele è una nazione giovane (28 anni l'età media) che si trova in una situazione senza uscita a causa di scelte fatte ormai due generazioni fa. Le colpe dei bisnonni non dovrebbero ricadere sui figli, ma nei fatti è così. A chi è tanto lesto a condannare questo e quello, continuo a chiedere: ma se tu fossi nato in un quartiere di Gaza devastato dalle granate, credi che oggi non approveresti Hamas, che non ne faresti parte? E se invece io fossi nato in una colonia nel Negev o in un quartiere di Haifa, non chiederei anch'io di asfaltare la Striscia? Probabilmente sì – o magari affetterei un vago senso di colpa, come quando leggo che i miei ministri stanno allestendo altri campi di concentramento per i migranti all'estero. Vent'anni fa, Israele ha tentato di fermare la demografia recintando Gaza: fu una scelta scellerata, ma al tempo era difficile rendersene conto. Persino io per un attimo credo di aver pensato che potesse trattarsi di un passo avanti: finalmente la Palestina avrebbe avuto un pezzo di territorio senza coloni. Ma avrei già avuto tutti gli elementi per capire che quel pezzo di territorio sarebbe caduto in balia di Hamas. Anche il ruolo dell'Iran in tutta la vicenda si è chiarito abbastanza presto e adesso bisognerebbe dirlo: è inutile pretendere che israeliani facciano la pace coi palestinesi, finché gli USA mantengono un embargo con l'Iran. Israele e Palestina sono solo due o tre caselle della scacchiera – le caselle che da sempre ci attraggono di più, per motivi storici e culturali – ma il gioco è molto più vasto ed è ipocrita, è sempre stato ipocrita pensare che israeliani e palestinesi possano risolvere i loro problemi da soli. Alla fine sono solo due piccoli popoli schiacciati in due striscioline di terra, e questo è un altro motivo per cui li capisco: per quanto mi possa percepire al centro del mondo, anch'io alla fine abito in provincia. 

Israele fa quello che può – e quel che può fare è terribile – ma a questo punto non potrebbe fare diversamente. È uno Stato che si è dato per scopo la sicurezza del suo popolo, e che si è trovato incastrato in un territorio aspro tra popoli nemici. Per sopravvivere ha dovuto combattere molte guerre e concludere molte paci, e ancora non basta. Qualcuno da fuori potrebbe astrattamente concludere che si è trattato di un errore: forse non bisognava andare là, forse bisognava fare le cose in un modo diverso, forse, forse, forse. Può darsi che essere israeliani significhi ogni giorno svegliarsi e dire di no a tutti questi forse: perché a questo che qualcuno chiama errore, la tua famiglia ha dedicato vite intere, dissodando il deserto, morendo in guerra. Non posso dire di capire veramente gli israeliani in questo: per me, e credo per la maggior parte degli italiani, la nazionalità è qualcosa che si dà ormai per scontata, e dalla quale anzi amiamo chiamarci fuori appena possiamo. Però la fatica di credere ogni giorno in un ideale anche quando l'ideale assomiglia sempre più a una trappola, ecco: quella la conosco, l'ho sentita sulle mie spalle, anche solo per una giovinezze: non posso che compatire chi ci convive da sempre e sa di doverla passare ai propri figli.  

Ecco, ho scritto i motivi per cui credo di capire gli israeliani. Ora mi resta da spiegare perché non posso capire allo stesso modo chi in Italia, o altrove, tifa per loro: proprio come se fosse una squadra di calcio, e non un popolo intrappolato in una tragedia. La prossima volta.

35 commenti:

  1. "...e sa di doverla passare ai propri figli."

    in giorni più tranquilli (dunque mai, sospetto) magari parliamo un po' di questo "dovere". io suggerirei a tutti costoro di scappare il più lontano possibile, se necessario in un barcone. oh, se non lo fanno avranno i loro buoni motivi. e se uno di essi è "dio" - come a me sembrerebbe, sia da una parte che dall'altra, corro a nascondermi dietro al grande filantropo teologo e filosofo (pseudo) a. amaury: "si ammazzino pure tutti, dio riconoscerà i suoi".

    RispondiElimina
  2. Facciamo fatica ad andare via noi perché il cappuccino è buono, figurati i nipoti di gente che ha sacrificato la vita per mettersi lì. (Quanto ai gazawi, non possono scappare da nessuna parte, finché l'Egitto non spalanca il cancello).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. già i figli m'avevano fatto barcollare: i nonni mi mettono fuori combattimento. meno male che il cappuccino è buono. faccino, faccino...

      Elimina
  3. Ecco, questo mi piace. Perché è proprio così. Alla fine il titolo perfetto è quello di Benny Morris: Vittime.

    RispondiElimina
  4. io invece non ci riesco a capirlo, nemmeno quelli di Hamas riesco e nemmeno gli italiani che costruiscono lager in terre fuori dal loro territorio. Non riesco a capire che la propaganda del proprio governo o del proprio dio possa trasformati in bestia sanguinosa.
    Non ci riesco, si vede proprio che son tonto, ma non riesco.
    O solo non voglio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il possibile problema con questo ragionamento è che gran parte dei privilegi che abbiamo, gran parte delle cose su cui facciamo abitualmente leva per vivere nella maniera in cui "abbiamo scelto di vivere", sono il frutto di cose non troppo dissimili da quelle che Israele sta facendo ad Hamas (o, se si vuole, viceversa; personalmente questa reciprocità non riesco proprio a vederla, ma per fortuna è un altro discorso).

      Un conto è non capire (inclusa la scelta di non volerlo fare), un altro conto è non averci proprio a che fare: ammesso sia possibile, ciò richiederebbe sacrifici non banali, che verosimilmente risulterebbero in una specie di autoesilio, una marginalizzazione pressocchè totale. Chiedendo scusa in anticipo se il santo non è quello giusto, personalmente non vedo molti san francesco in giro, manco nel reparto san francesco.

      Elimina
    2. Per esempio? Vorrei che mi spiegasse perché ritiene che «i nostri privilegi» - Lei li chiama così, e a me vengono in mente l'istruzione, la sicurezza, il tempo libero - siano fondati su eccidi; mi sembra che invece si fondino su cose come il progresso, il commercio, la pace.

      Ahimè, ci vorrebbe un nuovo Zweig...

      Elimina
    3. Be', non so, consideri tutte le ricchezze sottratte al "terzo mondo". Non credo che l'Olanda sia ricca per i tulipani, o il Belgio per le patatine.

      Elimina
    4. Mi sembra che l'importanza di quella «sottrazione di ricchezze» sia molto sopravvalutata in sede di analisi storica; quando si guarda al mondo di oggi è del tutto assente.

      Lei scrive che se io posso accendere il riscaldamento o comprare un libro, ricevere assistenza quando sto male o passeggiare in montagna senza paura dei banditi, questo lo devo, in qualche modo, al compiersi di stragi; stragi che devo tacitamente approvare, oppure ridurmi a vivere come un anacoreta. Non capisco sulla base di cosa Lei lo affermi, mi pare che sia un'idea balzana.

      Elimina
    5. La Solvay e la Janssen: famose aziende belghe produttrici di patatine fritte.
      Scusate, ma mo' che è stato scatenato Atlantropa non voglio perdermi il seguito della discussione 😀

      Elimina
    6. Per cominciare, le sue affermazioni suonano un po' vaghe: non potrebbe provare ad essere più preciso? Ad esempio, che vuol dire quel suo "in sede di analisi storica"?, quale storico avrebbe stabilito (in che modo, in che sede, quando, etc.) questa presunta sopravvalutazione dello sfruttamento del "terzo mondo"? Di cosa sta parlando, esattamente? Se non siamo chiari, non sapremo mai se stiamo davvero partendo da premesse condivise. Per conto mio, provo a mettergliela giù così: è per lo meno d'accordo che, nel mondo di oggi (Italia, 2023), la maglietta a maniche corte costa cinque euro solo perchè chi la fa è ridotto in schiavitù?

      Dopo di che, no, non ho mai detto che lei debba tacitamente approvare alcunchè. Al contrario: il bello è che normalmente non deve neppure pensarci.

      Infine, da quel che dice tendo a pensare che lei stia affermando che l'attuale ricchezza dell'occidente dipenderebbe poco o per nulla da colonialismo, tratta degli schiavi, annessi e connessi. Mi corregga se sbaglio; se non sbaglio, ammettiamolo pure. Siamo, però, d'accordo che, in epoca recente (per dire: dopo la seconda guerra mondiale, dopo Norimberga, dopo l'olocausto, e dopo chissà quante solenni proclamazioni di diritti universali), dal Congo alle "Indie Orientali", sono continuati ad avvenire episodi simili, in efferatezza e (s)proporzioni, all'attuale scenario di Gaza?, se sì, sta per caso dicendo che quelle mattanze non procuravano alcun beneficio alle potenze coloniali?, e se sì: come tiene insieme progresso, pace e altri paroloni, con l'aver massacrato per abitudine?

      Elimina
    7. Caro Atlantropa,

      il Terzo mondo ha visto, negli ultimi decenni, una crescita economica senza precedenti, centinaia di milioni di persone sono uscite dalla povertà. Il processo di arricchimento comincia sempre con le magliette da cinque euro (è stato così dappertutto, anche in Italia). Comprandole, noi abbiamo fatto i nostri interessi, loro vendendole hanno fatto i loro, e alla fine tutti ne hanno beneficiato. Questa magia si chiama commercio e porta pace e benessere. Naturalmente ci vuole tempo e bisogna avere pazienza.

      Non so quanto la ricchezza dell’Occidente di oggi dipenda dal colonialismo: la Corea del Sud è prospera quanto la Spagna, la Svizzera e l’Austria non sono più povere del Portogallo, Olanda e Belgio erano paesi ricchi già nel Medioevo (e la Grande Proletaria, cosa ci ha guadagnato quando finalmente si è mossa?)… Mi sembra una questione molto tecnica, da specialisti, su cui è comunque impossibile dare giudizi netti. Ho usato il termine «sopravvalutato» perché su questi temi nelle università è stato imbastito un auto da fé permanente, e non certo per amore della conoscenza.

      Non vedo come i massacri degli ultimi settant’anni (di cui, in ogni caso, quelli dovuti ad azioni militari di paesi occidentali sono una minima parte) abbiano contribuito ad aumentare il nostro tenore di vita. Mi sembra che invece siano stati errori, sprechi, anche finanziari. Gli Stati Uniti sarebbero forse più poveri se non avessero combattuto in Vietnam e in Medio Oriente? E se la Francia si fosse ritirata subito dall’Algeria e dall’Indocina, i Trenta sarebbero stati meno Gloriosi? Non credo: non mi sembra che il benessere nel mondo contemporaneo venga da guerre, razzie, controllo di materie prime ecc. ma dal progresso scientifico, dalla tecnologia… e altri paroloni simili.

      Io credo che il pacifismo sia sensato, razionale, che sia una buona politica; dal mio ragionamento questo consegue, dal Suo purtroppo no.

      Elimina
    8. Caro Davide, per prima cosa grazie per ciò che dice e per come lo dice. Io sono ben più rozzo di lei, quindi mi concentrerò su ciò su cui non andiamo d'accordo; ma sappia che apprezzo il confronto.

      Per cominciare, lo spicchio più significativo di mondo che è uscito dalla povertà, ad ora, è il miliardo e mezzo di cinesi. Provare a dedurne una morale del tipo che "il nostro modello" starebbe funzionando mi pare piuttosto ardito. Premetto che se non erro Chomsky ha sottolineato come argomentazioni simili, l'aumento del "benessere", siano state portate a sostegno della schiavitù. Premetto pure che certe domande sono inevitabilmente problematiche: la tale dinamica è in atto a causa della tale cosa?, indipendentemente da essa?, o nonostante essa? Una questione rilevante è che la Cina passa dal disastro ad economia più potente del pianeta in maniera particolarissima, irripetibile. Magari le 14 ore in fabbrica a tre dollari al giorno saranno caratteristica universale della fase iniziale di qualsiasi processo di industrializzazione. Però non c'è alcun automatismo, tempo e pazienza non bastano mica, e non sarei affatto sorpreso se tra dieci anni scopriremo che non solo Haiti non sarà diventata la nuova Corea del Sud, ma sarà rimasta ferma a dieci anni fa.

      Concordo con l'idea che aver fatto fuori quei centomila indonesiani ben difficilmente potrà essere servito a migliorare le cose in Olanda, e che discorsi analoghi potranno proporsi per il Vietnam o l'Algeria. Ma la schiavitù, le colonie, la sottrazione di terre e ricchezze ai popoli "sottosviluppati", e, in misura forse minore, l'aver "aperto" tizio e caio al tale commercio (un modo curioso di presentare le guerre dell'oppio), sono faccende ben diverse, su cui l'occidente ha costruito una parte fondamentale della sua fortuna. Alla domanda su quale frazione del nostro attuale ricchezza derivi da quegli abusi, posso solo rispondere che la mia idea è che sia considerevole, importante, una grossa parte; ovviamente non potrò mai essere più preciso di così.

      Anch'io credo che il pacifismo sia sensato, ma continuo a non capire cosa esso abbia a che fare con l'occidente. Prima ho cercato di osservare come, persino a valle della Shoah, l'occidente è stato in grado di metter giù massacri (che, se stiamo all'uso disinvolto che l'occidente stesso fa del termine, dovremmo chiamare genocidi) per pura stupidità, o routine. Ora lei rilancia sostenendo che, dei massacri degli ultimi settant'anni, quelli dovuti ad azioni militari di paesi occidentali sarebbero una minima parte. Per me questa affermazione è spiazzante: cosa ha in mente?, perchè con tutta la buona volontà non vedo proprio chi avrebbe potuto invadere più nazioni e uccidere più civili dell'occidente stesso…

      Elimina
    9. Una forma di sfruttamento da parte dell'Occidente nei confronti di altri paesi è esistita ed ha avuto conseguenze anche gravi. Giusto per fare un esempio, il colpo di stato in Cile del 1973 (e la feroce dittatura che ne seguì) ebbe come risultato concreto che grandi compagnie USA poterono continuare a saccheggiare a basso prezzo le risorse minerarie cilene.

      Non c'è dubbio che viviamo con l'eredità di secoli di colonialismo prima politico e poi economico, ma adesso la domanda che scatta è: cosa possiamo fare per cercare di invertire la spirale? Qui giace la principale differenza fra me e Atlantropa.

      Atlantropa ritiene che l'unica cosa seria da fare è contestare il sistema alla radice, ponendosi radicalmente fuori da esso.
      Io ho un approccio più gradualistico, fatto di tanti piccoli gesti che vanno da una determinata scelta nei prodotti alimentari e (quando possibile) tessili ad un tentativo di vita più sostenibile. In passato Atlantropa aveva definito queste scelte di vita insufficienti.

      Io cerco di indirizzare i miei consumi in maniera sostenibile, sperando che tanti piccoli cambiamenti portati avanti da sempre più persone riescano col tempo a spostare la bilancia (*), Atlantropa invece si limita alla lamentatio, cioè in pratica non fa nulla poiché secondo lui il sistema semplicemente non è riformabile.
      Questo è il nostro principale punto di disaccordo: meglio piccoli passi, oppure denunciare lo schifo e non fare nulla?

      (*) per fare un altro esempio, è in discussione al parlamento tedesco una proposta di legge che obblighi i produttori tessili tedeschi a certificare l'intera filiera onde evitare lavoro minorile; naturalmente i liberali sono scettici in quanto ritengono che in tal modo le imprese tedesche saranno svantaggiate, però i verdi stanno spingendo molto... sarebbe un passettino in più.

      Elimina
    10. Per curiosità: ma a chi stai rispondendo?, a chi ti rivolgi?

      Elimina
    11. Una discussione non è necessariamente fatta di parti contrapposte.
      Mi rendo conto che in alcune realtà il dibattito politico tenda a sfociare in un sordo bipolarismo del "noi" e del "loro", ma è anche possibile condividere certe cose e altre no 😉

      Nello specifico, io ritengo che parte della ricchezza occidentale si fondi su passate ruberie, ma non tutta: è nostro compito dunque affrancarci da esse per costruire un nuovo modello di sviluppo, ma qui ci imbattiamo di nuovo nell'antica contesa fra massimalisti e minimalisti.

      Io sono minimalista, mi nuovo per piccoli passi poiché ho visto le generazioni precedenti alla mia cercare di fare la rivoluzione e perdersi nei commi, nei distinguo, nell'essere duri, puri e rimanere ininfluenti.

      Elimina
    12. Molto bene. Tuttavia mi resta una domanda: a chi stai rispondendo?, o, se preferisci, con chi stai discutendo?, per dire: i vari "io sono così e colà per questo, questo e quest'altro motivo" a chi sono inviati?, chi dovrebbe annotarseli?

      Elimina
    13. Non pensavo di essere stata così criptica 😀
      Alberto Bertow Marabello ha iniziato la discussione circa il fatto che la propaganda di un Dio o di un Governo possa/ non possa trasformare la gente in bestie sanguinose.
      Atlantropa ha risposto che (riassumo molto) il modo di vivere all'occidentale implica necessariamente scelte sanguinose; Davide Buttazzoni ha obiettato che così non è e che il benessere occidentale deriva da democrazia e progresso.
      Ne è nato un interessante dibattito (migliore, debbo dire, di quello sul congiuntivo 😉 ) nel quale sono intervenuta anche io esprimendo il mio punto di vista ed una volta tanto non mi sento di dare tutti i torti ad Atlantropa... ma nemmeno tutte le ragioni in quanto già in passato Atlantropa ha partecipato a discussioni su questo blog, caratterizzandosi per affossare le altrui soluzioni senza però offrirne di proprie.

      A questo punto sarebbe interessante andare avanti nel dibattito nel caso le idee dovessero evolvere, oppure fermarla qui nel caso non avessimo altro da aggiungere.

      Elimina
    14. "Il processo di arricchimento comincia sempre con le magliette da cinque euro (è stato così dappertutto, anche in Italia). Comprandole, noi abbiamo fatto i nostri interessi, loro vendendole hanno fatto i loro, e alla fine tutti ne hanno beneficiato. Questa magia si chiama commercio e porta pace e benessere. Naturalmente ci vuole tempo e bisogna avere pazienza."

      Non ricordo di avere mai letto così tante idiozie in così poche righe. Ma forse il signor Buttazzoni stava a scherzà-

      Elimina
  5. Risposte
    1. Dai, almeno una cosa in comune ce l'abbiamo, facciamo pasticci al momento di postare — io molto più di te; l'ho fatto così tante volte che ho persino smesso di scusarmi.

      Facciamo che se vuoi discutere con Atlantropa gli scrivi qui, e non su?, anche perchè questo compito di presentatrice dei commenti ti sta stretto, meriteresti ben altre ribalte.

      Mi interessa una cosa di quanto dici: da come parli sembri pensare sinceramente che viviamo in un regime democratico. Ora, quello che sto vedendo io da un mese a questa parte sono manifestazioni importanti (oceaniche, per un'era di scrollatori compulsivi di puntini luminosi) a favore della Palestina, e nessuna manifestazione a favore di Israele. L'impressione è che una stragrande maggioranza della popolazione si senta più vicina alla causa palestinese, e una minoranza, anche piuttosto esigua, a quella israeliana. Questo fatto, diversamente declinato, sembra essere vero non solo in Italia, ma anche in posti dove non me lo aspetterei affatto, come (per lo meno se stiamo ai sondaggi) USA o UK. A livello politico il panorama ha una polarizzazione pressappoco inversa: qualche saltuaria e titubante dichiarazione di compassione per le vittime palestinesi, ma non c'è dubbio che Israele, proprio come il dio di fiducia, abbia diritto a punire i suoi nemici fino alla terza o alla quarta generazione. Nel migliore dei casi, il fatto che la bomba sia sganciata da Tsahal non trae in inganno l'occhio esperto dell'esperto, e i palestinesi finiscono per essere annoverati come vittime (un po' secondarie) di Hamas. C'è paura persino a dire "cessate il fuoco" al posto di questo nuovo ritornello, la "pausa umanitaria". Questa diversa polarizzazione sembra sussistere in maniera abbastanza uniforme in tutto il mondo sedicente democratico, dunque non può essere imputata al caso. Spero possiamo convenire che, in una reale democrazia, le decisioni politiche dovrebbero essere prese da una maggioranza parlamentare che rappresenti gli interessi di una maggioranza popolare. Se condividi queste mille premesse, la mia domanda è la solita, non chè ovvia: che spiegazione ti dai?

      Elimina
    2. La spiegazione che mi dò è che la democrazia, sebbene sia al momento la migliore forma di governo ch'io conosca, è tutto tranne che perfetta.

      Sulla questione israelo-palestinese esiste uno scollamento fra rappresentati e rappresentanti, ma non è la sola; giusto per fare un altro esempio, sono sicura che la maggioranza degli italiani non sia né omofoba né bigotta, solo che vota politici che lo sono.

      Esiste poi un aspetto che si tende a sottovalutare: i temi su cui si registra scollamento non sono temi di dibattito elettorale.
      Gli elettori tendono a votare Tizio o Caio in base a ragionamenti economici (magari compati in aria, ma non importa), a sensazioni a pelle, ma non chiedendo ai candidati "Nel caso ci fosse un nuovo attentato di Hamas e la risposta israeliana fosse spropositata, tu quale linea porteresti avanti? E se il governo israeliano sostenesse che Hamas usa gli ospedali come luogo da cui far partire i tunnel e dunque si sentisse legittimato a bombardarli, quali prove chiederesti?"
      La verità è che nessuna campagna elettorale occidentale coinvolge il conflitto israelo-palestinese poiché... è un argomento talmente scivoloso che per un candidato è meglio evitarlo come la peste.

      Questa la spiegazione che mi dò io, poi però non ho certezze in merito.

      Elimina
    3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

      Elimina
    4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

      Elimina
    5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

      Elimina
    6. Per quel che vale, anche per me la democrazia è importante. E penso sia corretto osservare che Gaza (ma forse pure l'Ucraina) non sono "tipici temi da campagna elettorale". Però, quel che mi pare stia accadendo a questo giro è che tra rappresentati e rappresentanti di quasi ogni singolo paese occidentale si registra lo stesso tipo di scollamento. Mentre questa cosa che non so fino a che punto sia vera per l'omofobia: non troverei affatto strano che la classe dirigente del paese X sia più omofoba dell'elettorato, e quella del paese Y lo sia meno. Per cui, o la mia impressione è campata in aria, o questa cosa non è affatto casuale. Voglio dire, assumi pure che il numero dei paesi in questione sia 10, e che le opinioni pubbliche siano spaccate esattamente a metà: che probabilità c'è che lanciando dieci monete ti escano 10 teste?

      Elimina
    7. Direi che no, non è una coincidenza il fatto che la politica dei paesi NATO - UE sia spostata verso Israele. Non perché vi sia un complotto, ma per semplici fattori storici.
      L'indentificazione di tali fattori è però una domanda da 1 000 000 di Złotych e costituisce un terreno delicato nel quale mi avventuro in punta di piedi poiché sto andando un po' a tentoni.

      Partiamo dal fatto che Israele è da sempre alleato di USA e UK (lo stato nasce su un ex mandato britannico); questi due paesi si sono storicamente tirati dietro gli altri paesi NATO, cui post crollo del muro si sono aggiunti tutti i vari paesi UE.
      Desidererei però porre l'attenzione su come nella seconda metà del XX secolo vi fossero due paesi NATO più sensibili alla causa palestinese: Francia e Italia. La Francia poiché zeppa di arabi e l'Italia poiché da quegli arabi comprava il gas.
      Forse potremmo abbozzare un tentativo di risposta ad una domanda fatta giorni addietro dal proprietario del blog: gli italiani non riescono ad odiare i palestinesi anche per un'imprevista eredità culturale della politica energetica di Andreotti.

      Occorre però allargare la visuale a cosa c'è fuori dalla NATO - UE.
      I paesi arabi sono tanti e variegati, ma direi che essi sono il simmetrico di NATO - UE, con una dirigenza assai spostata verso la causa palestinese, sebbene con varie sfumature e in alcuni casi molto a parole (ad esempio la politica egiziana potrebbe riassumersi in "grande solidarietà purché non vengano da noi").

      L'URSS poi Russia è invece ambivalente: amica di Israele per il semplice fatto che molti israeliani erano di origine russa, ha però mantenuto un atteggiamento aperto verso i palestinesi. Per fare un esempio stupido, molti dei pochi gazaiti che in qualche modo sono riusciti a studiare, lo hanno fatto in un'università russa.
      I recenti fatti della guerra in Ucraina hanno però spinto Putin verso Hamas, ma direi che è un'evoluzione degli ultimi anni anche dovuta al fatto che a Israele non piace per niente che gli iraniani testino i propri droni usando gli ucraini come cavie: un domani potrebbero usarli in Terrasanta.

      Dal mio excursus resta fuori un bel pezzo di mondo: America Latina, Africa, le varie e molteplici parti dell'Asia... non è che io sia ferratissima circa i sentimenti del popolo laotiano in merito al conflitto israelo-palestinese e come ciò sia interpretato dal governo del Laos, quindi mi astengo.

      No, mi rendo conto che non ho una risposta alla tua domanda da 1 000 000 di Złotych, o Atlantropa, solo riflessioni sparse.

      Elimina
    8. Ma infatti non c'è alcun complotto, c'è un'istanza imperiale, che i vassalli (con qualche interessante eccezione) stanno compiacendo, per ora fiatando pochino.
      Dopo di che, però, la tua ricostruzione è piena di inesattezze. Non è affatto vero che storicamente l'Europa è vicina a Israele: l'Olanda è storicamente vicina a Israele (l'ambasciata a Gerusalemme, rimossa solo dopo negli anni 80), e l'Italia ai palestinesi (il rapporto "teso" della chiesa con Israele, le trattative coi terroristi, Sigonella, volendo fino a D'Alema). Dopo di che, sbrigare la vicinanza alla causa palestinese come emanazione delle politiche dell'ENI è una mezza verità: va bene il materialismo storico, ma "con juicio". Neppure gli USA sono sempre stati storicamente vicini a Israele; nella ricostruzione di Finkelstein lo spatiacque è il 67 (guerra in cui, incidentalmente, Israele va molto vicina ad affondare una nave americana, uccidendo diverse decine di marinai sceriffi): dopo il trionfo militare, le varie associazioni ebraiche americane si legano a doppio filo a Israele (e, punto che interessa a Finkelstein, il tema dell'Olocausto acquisisce centralità), e gli USA finiscono per appiattirsi, diventando negropontianamente monodimensionali (la parziale eccezione è Bush padre). Su UK non so; sicuramente ci sono varie dichiarazioni di "grandi" leader britannici sugli arabi di Palestina, che sono tanto celebri quanto "grossolane"; però il piano di partizione del 47 il Regno Unito (che lascia la Palestina in anticipo anche, se non soprattutto, perchè gli attentati terroristici ebrei erano punizioni molto severe) non lo vota. Sull'URSS, onestamente non conoscevo questa storia dell'università a Gaza; in compenso avrei troppe cose da dire, rinuncio in partenza. Parlare di "spinta di Putin verso Hamas" non so che senso potrà mai avere; innanzitutto fisicamente: il centro di massa è sostanzialmente la massa grande; ma soprattutto storicamente: Putin in Siria ha combattuto (insieme ad Iran e Hizbullah) contro un minestrone che andava dai tagliagole moderati amici della nato, ad "Al Qaida", passando Hamas — che, certo, poi ha poi fatto un passo indietro — e, sempre in Siria, deve tutt'ora mettersi d'accordo con Israele che bombarda a piacimento gli sciiti. Inoltre, stando all'autorevolissimo parere dei putinologi, uno degli scenari che Putin ha sempre voluto a tutti i costi evitare è proprio Israele che manda armi in Ucraina — scenario ormai inattuale: i missili di Israele stanno finendo (e non nel senso in cui i missili russi continuano a finire ininterrottamente da marzo 2022). Sulla questione delle cavie ucraine dei droni iraniani mi hai perso completamente, verosimilmente merita un not even wrong.

      Elimina
    9. Guarda, circa la profonda sfaccettatura storica europea non entro nel merito: i miei erano discorsi generali.
      Faccio solo tre precisazioni.

      1) Circa i gazaiti e le università russe, temo di essermi espressa male: non c'è nessuna università russa a Gaza. Quello che volevo dire è che per i palestinesi in generale ed i gazaiti in particolare è abbastanza facile accedere alle università russe (visti, costi, ecc) molto più che a quelle di altri paesi è, chi be aveva la possibilità, ha sfruttato take finestra.

      2) Circa il riavvicinamento fra Israele e Ucraina post guerra, vi sono numerose evidenze. Primo fra tutti l'enorme lavoro del Rabbino Moshe Reuven Azman, che in questi due anni ha messo su una macchina organizzativa impressionante.
      Rabbi Azman è attivo nel campo umanitario, ma non è il solo attore in gioco.

      3) Non riesco a capire il tuo scetticismo circa i droni iraniani. La Russia ne ha acquistati a carrettate e usati in Ucraina. Più li usi, più è possibile vederne pregi e difetti, migliorandoli. Quindi l'Iran oltre a incassare, migliora i propri droni. Che all'Iran non piaccia Israele, direi che è cosa nota.
      Su tali basi, non capisco il tuo bollare come fantascienza il fatto che Israele vorrebbe contrastare tale perfezionamento dei droni iraniani. Scusa, ma proprio mi sfugge.

      Elimina
    10. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

      Elimina
    11. Ok, allora (1) ti avevo completamente frainteso, mea culpa (e non so, magari la russia continua a portare avanti qualche rimasuglio di quei programmi "internazionalisti" sovietici di scambio di studenti e docenti con le nazioni povere del pianeta?); (2) tizio mai sentito nominare, l'argomento mi sfugge completamente (se pensi sia importante, e se ti va, ovviamente, spiegami di che si tratta); (3) quel chi mi ha messo KO non è certo l'idea che israele e iran possano detestari, sono state le parole che hai usato, quei test iraniani su cavie ucraine. Ora, per quel che posso capirne (molto poco, quindi quanto segue è ancora meno affidabile del solito), gli shahed non sarebbero nulla di sofisticato: proprio il contrario, e questo sarebbe il loro punto di forza. Volano alla velocità di una v1, sono robusti e facili da lanciare, li trasporti impilati su un camion, il sistema di guida, almeno del modello iniziale, è ridotto all'osso, insomma quel che c'era da testare era stato testato, si trattava di stabilire quanto potessero essere efficaci contro un sistema di difesa moderno. L'interesse russo nasce proprio dal fatto che sono ideali per l'ucraina: le uniche infrastrutture esistenti sono le millanta tonnellate di materialismo dialettico e calcestruzzo di era sovietica; e i sistemi di difesa che potranno rimanere in funzione sono occidentali, quindi in partenza pochi missili, ciascuno costosissimo (ordini di grandezza più di quegli affari), e che vanno in imbarazzo già con uno sciame minimo (infatti credo che, dopo aver perso un MiG-29, l'idea attuale sia di contrastarli con la "contraerea", da cui i gepard crucchi). I russi usano quei droni per tutti i bersagli grossi (da nodi di distribuzione della rete elettrica al porto di odessa) a distanze superiori al tiro dell'artiglieria, e in questo modo conservano i loro missili (e i loro droni) per il confronto con l'occidente (che attualmente è in prima, o al più in seconda, ma poi chissà). Attenzione al fatto che i russi, almeno da un certo punto in poi, non possono più aver comprato gli shahed, li han fabbricati loro stessi (i geran), nelle quantità di cui hanno bisogno (ingenti, almeno fino a qualche mese fa; l'Iran non avrebbe potuto far fronte a quel tipo di domanda), quindi sono intervenute un sacco di modifiche, nei materiali, nell'elettronica, ed anche nel progetto (guida, e forse propulsione). L'iran ha avuto in cambio dei caccia moderni, di cui aveva disperatamente bisogno, visto che, di relativamente moderno, rimanevan loro solo gli f-14 di quel simpaticone dello scià (peraltro senza pezzi di ricambio) mentre il fiore all'occhiello di israele è proprio l'aviazione (che durante la guerra di attrito pare si sia confrontata, e su un piano di sostanziale parità, con quella sovietica travestita da egiziana); ma abbiamo reimparato che nuovi modi di far guerra possono scompaginare le gerarchie, far invecchiare precocemente le armi, e rendere obsolete le dottrine.

      Elimina
    12. M.R. Azman è un importante rabbino ucraino.
      Non entrerò nel dettaglio delle gerarchie in quanto alcuni contestano la sua elezione a Rabbino Capo, al momento ci basti dunque dire che è uno dei più importanti rabbini dell'Ucraina.

      Allo scoppio del conflitto ha iniziato ad occuparsi di distribuzione di aiuti, racimolando fondi e poi andando personalmente a distribuire i beni; Rabbi Azman ha una buona parlantina, tanti contatti e molta motivazione, così la sua organizzazione è cresciuta sempre di più, coinvolgendo donatori in Europa, Nordamerica e naturalmente Israele.
      Un anno fa, subito dopo la riconquista di Kherson, era proprio a Kherson che Rabbi Azman si trovava, venendo anche bombardato dai russi mentre si trovava in diretta Twitter e salvandosi per il rotto della cuffia.
      Con la distruzione della diga di Nova Kakhovka, Rabbi Azman ha iniziato anche ad occuparsi di potabilizzazione dell'acqua, importando da Israele dei marchingegni per ricavare circa mezzo metro cubo di acqua al giorno da condensazione atmosferica, allargando progressivamente il proprio raggio d'azione ad importare qualunque tecnologia utile; in teoria si tratta sempre di tecnologia civile, ma in una guerra dove vengono bombardate centrali elettriche, acquedotti e silos di grano anche le tecnologie civili hanno valore militare.
      Nel proprio percorso, Rabbi Azman ha incontrato numerosi ministri e capi di stato, anche se per chiari motivi di affinità culturale il grosso della roba arrivava sempre da Israele... almeno sino al 7 di ottobre quando il flusso si è bruscamente interrotto, dovendo gli israeliani preoccuparsi della propria, di guerra.

      Ecco perché era circolata la teoria complottista secondo cui Putin avesse dato una spintarella a Hamas onde tenere impegnati gli israeliani sui propri problemi e distoglierli dagli aiuti all'Ucraina, ma ne abbiamo già discusso.
      Hamas non aveva bisogno dell'aiuto di Putin per scatenare il proprio attacco ed io mi sentirei di propendere per una versione estesa del rasoio di Occam secondo cui se per giustificare un dato evento abbiamo numerose spiegazioni di cui almeno una che non richiede un complotto, allora è assai probabile che non vi sia alcun complotto dietro l'evento in oggetto.

      Elimina
    13. Due cose. (1) Onestamente non vedo perchè la potabilità dell'acqua in ucraina dovrebbe essere un problema per i russi. Il problema sono gli aiuti in ambito militare al nemico (a rigore, stando alle cifre ufficiali, è l'ucraina che sta ajutando lo sforzo bellico occidentale; chissà se una cosa del genere, per lo meno con proporzioni simili, ha dei precedenti), o le sanzioni economiche a proprio danno. Di qui a preoccuparsi del livello di purezza delle essenze ucraine ce ne passa. (2) Posto che non mi pare che occam abbia prescritto di "evitare i complotti", e che la sua ricetta è una regoletta del pollice, non il principio di conservazione dell'energia, fare di tutto per avere una spiegazione senza complotti mi sembra insensato, anzi stupido. Pensa a chi sostiene l'impossibilità della tale cosa perchè altrimenti lo si saprebbe: in realtà, se sappiamo qualcosa dei vari "complotti" in atto per spiare e sorvegliare le masse, è solo perchè volta per volta a un certo punto un singolo povero cristo si è rovinato la vita per farlo venir fuori, cosa affatto necessaria e inevitabile. Così come la storia del capitalismo industriale è piena di esempi documentati di "complotti", spesso con tanto di sentenze e sanzioni, con effetti tangibili sulla vita quotidiana dei plebei, dalle lampadine a filamento all'elettronica di consumo, dall'industria meccanica a quella farmaceutica.

      Elimina
    14. "allargando progressivamente il proprio raggio d'azione ad importare qualunque tecnologia utile"
      +
      "una versione estesa del rasoio"

      Questo ho scritto, quindi farmi dire che Putin è preoccupato dell'acqua potabile e che Occam parlava di complotti è palesemente un modo per spostare il discorso.
      Quella che uno dice rosso e gli si fa dire arancione è una tecnica per fare innervosire l'interlocutore, che si vede costretto a difendersi ricapitolando in eterno.
      Però è una tecnica vecchia ed avrebbe anche un po' stufato.

      Tu, Atlantropa, su questo blog la pratichi da anni e non per niente avevo smesso di risponderti.
      Nella nostra attuale discussione sembravi esser tornato una persona civile ed infatti eravamo riusciti a confrontarci nel merito, ma adesso hai ricominciato.

      Volevi sapere chi fosse Moshe Reuven Azman ed io te l'ho detto, adesso però il giochino dello spostamento di significato lo vai a fare con gli amici tuoi; io considero concluso il nostro colloquio.

      Elimina
    15. Non volevo farti dire cose che non hai detto, nè farti innervosire. Volevo solo dire che, imho, dal punto di vista dei russi, o all'ucraina dai armi di qualche rilievo, o tanto piacere; e che qualunque versione di qualunque rasoio che scarti la possibilità del "complotto" è stupida, perchè il "complotto" non è mica l'unicorno.

      Elimina

Puoi scrivere qualsiasi sciocchezza, ma io posso cancellarla.