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Collaborazioni

martedì 9 settembre 2025

Lo schiavo degli schiavi

9 settembre: San Pedro Claver, schiavo degli schiavi (1581-1654)

Quando arrivavano a Cartagena, il primo mercato degli schiavi della Colombia, i prigionieri stivati nelle navi credevano spesso che sarebbero stati uccisi e mangiati dagli uomini bianchi. Incontravano invece questo signore vestito di nero che gesticolando cercava di capire da dove venissero, finché non riusciva a metterli in contatto con degli interpreti. Portava con sé un mantello che regalava al primo che ne avesse bisogno, il che se volete è ridicolo: un mantello solo da offrire a migliaia di persone sopravvissute a traversate disumane. Portava cibo e medicine, con cui tentava di medicare le ferite; a volte veniva cacciato dai padroni della nave o degli schiavi, perché aveva il vizio di considerare questi ultimi come esseri umani. Si chiamava Pedro Claver, era nato in una cittadina della Catalogna, e mentre frequentava l'università gesuitica a Maiorca era stato convinto dal portinaio, Alfonso Rodriguez, di essere chiamato ad assistere e convertire gli schiavi – purtroppo non a liberarli, ma se ci avesse provato la sua missione sulla terra si sarebbe conclusa molto più rapidamente. Per quanto svolgesse le mansioni più umili, Alfonso era considerato dai suoi confratelli una specie di profeta, e almeno il destino di Pedro lo azzeccò. 

Pedro Claver non è una figura universalmente amata e non è difficile capire perché: in una società schiavista non c'è spazio per le anime belle. Chiunque accetti di viverci, anche per migliorare le condizioni di vita dei più umili, non può che compromettersi con lo schiavismo. Claver si proclamava "schiavo perpetuo degli africani"(æthiopum semper servus"), ma alcuni suoi collaboratori erano di fatto suoi schiavi e non sarebbe potuto essere diversamente: non doveva essere facile per un africano ottenere la libertà a Cartagena. Non disdegnava nemmeno le punizioni corporali, come un qualsiasi gesuita del XVI secolo. Non fu il pioniere dell'evangelizzazione degli schiavi, anzi deve molto al maestro che lo accolse a Cartagena, Alonso de Sandoval. Non ha lottato contro la schiavitù, ma ha fatto quel che poteva per migliorare le condizioni di migliaia di schiavi; non poteva liberarli, ma battezzandoli poneva le premesse perché fossero riconosciuti come esseri umani, e si calcola che ne abbia battezzati circa trecentomila. Rodriguez morì a Cartagena nel 1864: negli ultimi anni dovette patire gli abusi di uno schiavo che gli era stato affidato dai gesuiti come badante e che a quanto pare lo trattava malissimo, né Pedro se ne lamentava: in fondo il suo dolore non era che una frazione di quello che gli africani subivano per mano dei suoi connazionali. Fu canonizzato da Leone XIII nel 1888, quando la schiavitù era ormai stata abolita in tutte le Americhe, assieme al portinaio che lo aveva ispirato, San Alfonso Rodriguez.


10 settembre: San Nicola da Tolentino (1245-1305)

Per vivacizzare un po' la vita del santo marchigiano, senz'altro santa ma non esattamente avventurosa, (entrò negli eremitani di Sant'Agostino a 14 anni, pregò e donò ai poveri ogni giorno finché non morì, sessantenne a Tolentino) gli vengono attribuiti diversi miracoli per così dire standard, quel tipo di miracoli che ritorna nella vita di tantissimi altri santi, ad esempio quando Nicola regalava pane o farina ai poveri (innervosendo i confratelli, che pure loro dovevano mangiare), questo o pane o questa farina gli ricrescevano nel sacco, oppure se lo beccavano letteralmente col sacco in mano mentre cercava di passarlo a un povero, lui "No, macché son fiori" e nel sacco spuntavano i fiori. Poi una volta era in ritardo e ha fermato il sole, e che altro? Ha fregato un diavolo che aveva costruito un ponte, indovinate, in cambio della prima anima che ci sarebbe passata sopra; ha fatto portare un cane da un lato del ponte e ha fatto rotolare una forma di formaggio dall'altro lato. Il cane è stato il primo essere vivente a passare dal Ponte del diavolo di Tolentino; il diavolo, stizzito, avrebbe lasciato il segno di un suo corno sul fianco del ponte. La sua frustrazione è comprensibile, se si pensa che era già probabilmente la centesima volta che un santo lo fregava, e sempre nello stesso modo, ovvero quella dei "ponti del diavolo" è una vera e propria categoria, sia dal punto di vista architettonico che folkloristico, soltanto in Francia ce n'è una cinquantina e anche in Italia almeno uno per regione. Questo fa sospettare che dietro la leggenda ci sia qualcosa di più antico, anche perché parliamo perlopiù di ponti medievali con arcate molto alte che probabilmente ai tempi della costruzione venivano percepiti dalla popolazione locale come qualcosa di straordinario, che non poteva essere spiegato semplicemente con l'arrivo di maestranze molto esperte, no: doveva averci messo lo zampino almeno un demonio, il che richiedeva anche l'evocazione di un santo per consentire alle persone normali di transitare senza perdere l'anima. Può darsi che questa cosa di far passare prima un animale fosse un rito apotropaico, quel che resta di un sacrificio pagano a eventuali dei dell'ingegneria? magari le maestranze avevano le loro tradizioni, non del tutto cristianizzate. Oppure era un modo per collaudare il ponte, di fronte a un pubblico di pastori un po' impauriti: si prendeva un animale, lo si faceva passare e si diceva: vedete, non sta crollando, funziona.


11 settembre: san Jean-Gabriel Perboyre (1802-1840), martire in Cina

Jean-Gabriel Perboyre, non il primo martire cristiano in Cina, ma il primo a essere canonizzato (nel 1996), ha le carte in regola per diventare il protettore dei malati di covid. La proposta è stata avanzata da un sinologo, Anthony Clark, e si basa su due argomenti: non solo Perboyre è stato torturato e martirizzato a Wuhan, che del Covid è il "ground zero", ma sperimentò, prima della cattura e della morte, mesi di angoscioso isolamento, testimoniati nelle sue lettere; e  per quanto nelle immagini venga raffigurato legato a un palo di tortura a forma di piccola croce, l'effettiva causa della sua morte sarebbe stata lo strangolamento. Anche lui, come i malati di covid, si sarebbe trovato nell'impossibilità di respirare. Missionario vincenziano, nato in Francia, Jean-Gabriel era arrivato in Cina prima che iniziassero le persecuzioni anticristiane, ma sapeva che il rischio era alto: del resto, scriveva, cosa possiamo aspettarci da una religione che adora il crocefisso. E la croce fu il suo destino, durante la guerra dei boxer. I suoi resti, recuperati dai missionari, furono traslati in Francia, ma i cristiani clandestini di Wuhan continuarono a conservare la sua pietra tombale, nascondendola nel periodo della Rivoluzione Culturale. 

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