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mercoledì 21 novembre 2012

Il Paese più strano del mondo

Ieri pomeriggio, mentre leggevo qualche pezzo sui bombardamenti tra Gaza e Israele, ho fatto una cosa che di solito preferisco evitare. Ho controllato quanta gente stesse morendo, in quelle stesse ore, qualche centinaio di chilometri più a nord, in Siria. Mi sono bastati pochi secondi per scoprirlo: 101 vittime nella giornata di ieri, tra cui sei bambini. Non so se qualche telegiornale ne abbia parlato. Non credo che nessuno vi abbia sottoposto via facebook le eventuali immagini delle vittime straziate dai bombardamenti. E tuttavia anche quelli sono bombardamenti, anche quelle sono vittime, e la Siria non è in nessun modo più lontana a noi della Striscia di Gaza. In realtà non avevamo bisogno dei fatti tragici di questi giorni per renderci conto che Israele e Palestina ci interessano di più, ci hanno sempre interessato di più di qualsiasi conflitto regionale. Resta comunque lo stupore, che forse vale la pena di coltivare: Damasco e Gerusalemme distano quanto Milano e Bologna. In poco più di duecento chilometri si combattono due guerre: una richiama fotografi e giornalisti da tutto il mondo, l'altra non se la fila nessuno. Perché?

Ci sono tanti motivi. Alcuni perfino comprensibili. L'inerzia, tanto per cominciare: le guerre vanno e vengono, ma i bombardamenti tra Gaza e Israele sono da troppo tempo, ormai, un appuntamento fisso. È una storia che conosciamo già, o almeno crediamo di conoscere; gli attori in campo sono vecchie conoscenze, Hamas e Likud parole entrate nel nostro vocabolario dieci o vent'anni fa che ormai non abbiamo più paura a usare, anche a sproposito; viceversa quel che accade in Siria è il classico esempio di matassa geopolitica che diventerà chiara solo quando si sbroglierà in un senso o nell'altro, e nel frattempo non vogliamo farci fregare. Magari ci scotta un po' la fiducia che abbiamo riposto nelle primavere arabe di un anno fa. In fondo siamo occidentali, tendiamo a identificarci e a empatizzare con una classe media che in queste dittature medio-orientali non necessariamente c'è, e anche quando c'è (in Egitto o in Tunisia) e tenta di contribuire alla rivoluzione, si ritrova presto o tardi a fare il vaso di coccio tra esercito e fondamentalismo islamico. Israele è diverso (continua sull'Unita.it, H1t#154).

Israele sembra davvero più vicino, per cultura più che per geografia. È una democrazia, come i suoi difensori non si stancano di ripetere; una potenza industriale; la sua storia è intrecciata con quella europea, dalla quale del resto le nostre discussioni faticano a districarsi, per cui si può prevedere con precisione quasi statistica che qualcuno tirerà fuori nazismo e shoah a sproposito (stavolta Odifreddi, ma poteva essere chiunque, è un riflesso automatico). Eppure anni di infiniti battibecchi mediatici dovrebbero averci insegnato, se non altro, che paragonare israeliani e nazisti è sempre un suicidio retorico: oltre a essere una chiave di lettura piuttosto banale e brutale (i nipoti degli oppressi che diventano oppressori, ecc.) è soprattutto fuorviante, visto che Israele non sta sterminando i palestinesi. Il che non toglie che quello che sta facendo non possa essere considerato profondamente ingiusto, ma appunto: cosa sta facendo? Lo stillicidio con cui si porta avanti il conflitto è in realtà qualcosa di profondamente nuovo, che non ha precedenti nel Novecento. Non lo capiremo finché continueremo a discutere di ghetti o lager, più per mancanza di fantasia (e necessità, forse, di rifarci a un assoluto morale).
Potrà sembrare strano ai cacciatori di antisemitismo in servizio permanente, ma uno dei motivi per cui Israele ci interessa di più, è che in Israele in qualche modo abbiamo creduto di poterci identificare, proiettando sugli israeliani sensi di colpa che poi non si capisce davvero perché avrebbero dovuto condividere. Ma siamo occidentali, è più forte di noi: in quel piccolo Paese c’è una classe media, che dai film e dai romanzi non sembrava troppo diversa dalla nostra. Israele ci sembrava percorso e minacciato da ideologie e sentimenti che riteniamo familiari: nazionalismo, antisemitismo, fondamentalismo religioso, islamofobia. Tutte queste cose crediamo di riconoscerle, e ci danno una sensazione di familiarità che forse è semplicemente sbagliata. Forse dovremmo semplicemente accettare, dopo più di un mezzo secolo di conflitti e occupazione militare, che gli israeliani non sono come noi. Hanno vissuto guerre molto diverse dalle nostre, in condizioni veramente peculiari. Una potenza nucleare grande quanto una regione italiana, una sottile striscia di terra minacciata da altre strisce altrettanto sottili (e dall’Iran), forse è qualcosa di ancora più alieno della Siria. Questo non significa che non debba interessarci, ma non c’è motivo per considerarlo più vicino di altri conflitti, che ci sembrano lontani e non lo sono.
Forse ci servirebbero occhi nuovi, per smettere di guardare al conflitto israelo-palestinese come all’ultima guerra coloniale (o addirittura all’ultima delle crociate). Basterebbe poco, magari constatare che l’unico vero sconfitto in questi anni è stato qualsiasi progetto alternativo allo status quo: come se occorresse bombardare un po’ tutto, ogni quattro anni, affinché nulla cambi davvero. Potrebbe anche essere l’esempio di un nuovo tipo di guerra di bassa intensità, tra società economicamente progredite e sacche di sottosviluppo, funzionali alla conservazione del potere da una parte e dall’altra della barricata. Un modello di guerra radicalmente nuovo, radicalmente diverso da quelle che siamo soliti descrivere (anche quando descriviamo la Palestina) ma che, via via che la distanza tra ricchi e poveri della terra si accorcia, si potrebbe persino esportare. http://leonardo.blogspot.com


30 commenti:

  1. La spiegazione è molto semplice sul perchè le bombe di Israele ci fanno indignare molto più di quelle siriane. La Siria sappiamo che è una dittatura nemica dell'occidente e magari con un po' di inerzia e poca convinzione sappiamo che un dittatore sanguinario soffoca le rivolte di popolo nel sangue.
    Israele invece ci viene sempre propinata come una grande e matura democrazia aggredita dai cattivoni arabi e, in questo stato emergenziale di guerra, deve difendersi come può (e questo come può comprende bombardare una delle zone più densamente popolate del pianeta).
    E' lo stesso identico motivo per cui i condannati a morte in USA ci fanno incazzare 10 volte tanto quelli in Cina o in Iran. Se Israele venisse considerato per quel che è: una teocrazia autoritaria e una nazione di guerrafondai magari non ostile, ma certamente non amica dell'occidente, probabilmente torneremmo a considerare ebrei ed arabi che si scannano con la stessa indifferenza con cui lo abbiamo fatto per hutu e tutsi o per iraqueni e curdi, turchi e armeni ecc ecc ecc

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  2. (preciso, a scanso di equivoci, che non considero certo i palestinesi dei santi e delle vittime, sono solo i più deboli di un conflitto senza esclusione di colpi, se fossero loro i più forti probabilmente gli israeliani starebbero assai peggio di quanto stanno loro).

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  3. un post sul conflitto israelo-palestinese che non lo banalizza con stronzate retoriche e che non propone soluzioni magiche (che nessuno ascolterebbe, tra l'altro)
    perché, se anche israele fosse come dice layos (una teocrazia autoritaria e una nazione di guerrafondai) non cambierebbe la natura del conflitto: il conflitto è quel che è, indipendentemente dagli occhi che lo guardano.
    i bambini (palestinesi, siriani, ma anche italiani) tendono a morire se li si bombarda, quindi secondo me si tratta solo di vedere quanti ne moriranno ancora prima di una vera trattativa.
    tanto gli israeliani non potranno sterminare i palestinesi e i palestinesi non potranno sterminare gli israeliani, quindi?
    uno dei problemi è: davvero hamas pensa di aver dato una lezione a israele? perché se il governo israeliano pensa di aver dato una lezione ai palestinesi... forse non ci sarà mai una tregua, voglio dire: a che pro? ognuno pensa di dare una lezione all'altro...
    ah, a proposito: è una fola che l'iran stesse rifornendo hamas di razzi, giusto?

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    1. ah, a proposito: è una fola che gli americani stessero rifornendo gli israeliani di razzi, giusto?

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  4. Potrà sembrare strano ai cacciatori di antisemitismo in servizio permanente, ma uno dei motivi per cui Israele ci interessa di più, è che in Israele in qualche modo abbiamo creduto di poterci identificare,
    ---
    insomma, da Israele ti aspetti che si comporti secondo certi standard (i "nostri"). Standard che ti guardi bene dall'applicare altrove, perche' altrove (Siria, Cina...) non sono altrettanto progrediti.
    Si chiama paternalismo. E' l'altra faccia del colonialismo.

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    1. con la piccola differenza che il colonialismo sionista uccide i bambini, il paternalismo di Leonardo non ha mai ammazzato nessuno.

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  5. In epoca medioevale c'era gente che si rifiutava di esplorare l'Atlantico per paura dei mostri marini: tutti si comportavano come se il mondo finisse lì e anche se oggi sappiamo che non c'era nessun mostro marino a bloccare la via, di fatto l'Europa si è comportata come se ci fossero.
    Per Israele accade qualcosa di analogo; gli Europei se lo raffigurano come qualcosa di simile a loro, il fatto che ciò sia vero oppure no non ha importanza (il discorso sarebbe lungo) : noi lo "percepiamo" simile e questo ci basta.
    Nel XIX secolo, parallelamente al dibattito sulle questioni nazionali italiane e tedesche, si sviluppò un certo dibattito analogo presso agli Slavi del Sud: i Croati discutevano circa le proprie radici e trovavano naturale considerare i Bosniaci come "Croati covertiti all'Islam". Anche i Serbi discutevano circa le proprie radici e trovavano naturale considerare i Bosniaci come "Serbi convertiti all'Islam". La cosa curiosa è come nessuno avesse chiesto l'opinione ai Bosniaci, diretti interessati.
    Qualche anno fa vi furono degli Italiani che proponevano l'ingresso di Israele nell'UE... magari prima sarebbe stato il caso di chiedere ai diretti interessati un'opinione in merito.

    Insomma, abbiamo deciso che Israele sia "Europeo" e questo ci basta. Il meccanismo poi si è auto-alimentato: siccome i nostri tiggì parlano in continuazione del conflitto Israeleo-palestinese, esso ci è familiare e ci interessa, ma più ci interessa e più i tiggì ne parleranno, e così di seguito.

    E poi c'è il senso di colpa, il "peccato originale" della nostra modernità, ossia il terribile olocausto della Shoah. Primo Levi ci parla del senso di vergogna che il giusto prova dinnanzi alla colpa altrui: la stragrande maggioranza di noi ripudia e condanna fermanente i crimini nazisti, ma il fatto stesso che siano esistiti ci adombra l'animo, ci fa sentire in colpa. Questa vergogna ci pesa e cerchiamo di liberarcene in mille modi: affibbiando etichette di antisemitismo a caso, interessandoci alle vicende di Israele, alle volte addirittura criticando Israele per dimostrare a noi stessi di aver lavato via la vergogna. E' molto difficile dare un giudizio che non sia influenzato dalla storia personale e collettiva, forse ci riusciremo solo fra 500 anni, quando i conflitti del XX secolo appariranno ai nostri occhi come adesso ci appaiono le Guerre di Religione del secolo XVI. Mi domando se sia possibile avere oggettività senza distacco...

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    1. La storiella dell'importantissimo ruolo giocato dalla Shoah nell'atto della fondazione dello stato di Israele è fondamentalmente una balla, raccontata da chi non conosce la storia o peggio da chi vuol mistificare.

      Al contrario, la natura del sionismo, fino a che punto fosse qualcosa di omogeneo ai nazionalismi europei, se proponesse davvero una sintesi nuova tra socialismo/egualitarismo e società borghese/liberalismo, è un tema molto importante e molto studiato - ad esempio è l'oggetto del più famoso libro di Sternhell.

      PS: abbiamo deciso chi?

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    2. Rispondo prima al PS. Quell' "abbiamo deciso" è un collettivo generico riferito a tutte le persone (da Giuliano Ferrara a Marco Pannella) che considerano Israele uno stato europeo al pari di Francia o Finlandia. La mia posizione é più complessa, ma mi riferivo a tali persone.

      Rispondo poi al resto. Sebbene le idee del "focolare ebraico" risalgano alla Belle Epoque, lo stato di Israele è effettivamente nato negli anni '40 del XX secolo. Credo che tu sia l'unica europea alla quale quando gli viene detto "anni '40 del XX secolo + qualcosa di ebraico" non venga in mente automaticamente la Shoah: un po' come dire "risorgimento" e non pensare automaticamente a Garibaldi, Mazzini eccetera... forse la tua mente non ha queste associazioni automatiche e tiene tutto rigidamente separato, ma credo che tu sia in ristretta minoranza ;)

      Comunque visto che ti piace fare domande secche potrei domandarti in maniera altrettanto secca: quanti spettatori del TG4 quando sentono "Israele" pensano automaticamente a Sternhell? Secondo me meno del 5%, ma forse mi sbaglio.

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    3. Claudio, piacere, Rocco (maschio).

      Per quanto Ferrara sia grosso, non è ancora maggioranza nel paese.
      In ogni caso, che molti qui da noi siano convinti che la Shoah sia stato un/il tassello fondamentale per l'esistenza di Israele è una cosa che concedo volentieri; su questo blog, per esempio, nei commenti si leggeva addirittura che lo Stato di Israele sarebbe un risarcimento della Shoah (messo in conto a terzi; non so se questo veniva detto esplicitamente; ma, diciamo così, risuonava); ma variazioni sul tema di quell'assunto sono ribadite anche da diversi ""studiosi"" ed ""intellettuali"".
      Che sia andata effettivamente così è un altro conto (falso).

      Certamente la Shoah accelerava un po' il processo, rendendo più necessario, almeno agli occhi di un ebereo, l'esistenza di uno stato per gli ebrei; certamente lo stato ebraico previsto dal piano criminale dell'UNSCOP era più grosso del necessario perchè si prevedeva avrebbe dovuto assorbire ebrei provenienti dall'Europa; e certamente il respingimento della Exodus fu significativo - o almeno questa è la vulgata - nell'orientare le simpatie dell'opinione pubblica internazionale; dubito, però, che potrai produrre tracce molto più significative circa l'influenza della Shoah sulla nascita dello stato di Israele.

      Per cui massima libertà di fare qualunque associazione; ma, come per la storia di Maria Antonietta che avrebbe invitato la popolazione priva del pane a nutrirsi di brioches, ciò che si dice non sempre coincide con ciò che è realmente accaduto.

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    4. "lo stato ebraico previsto dal piano criminale dell'UNSCOP era più grosso del necessario"
      e quali sarebbero le dimensioni necessarie?

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    5. Era più grosso di quanto sarebbe stato necessario in quel momento (1947), perchè era previsto che di lì a poco avrebbe dovuto assorbire altra gente; ma penso che il senso fosse chiaro.

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    6. Caro Rocco piacere :)
      Innanzi tutto faccio una premessa che se fossimo l'uno dinnanzi all'altro sarebbe inutile visto che il tono della voce lo renderebbe ovvio: mi piacerebbe discutere della cosa civilmente e senza insultarci e credo che con te sia possibile. Fine premessa.

      Rileggendo il mio primo commento mi rendo conto di essere stato un po' ambiguo e me ne scuso; stavo rispondendo a Leonardo e ragionando non su quello che Israele sia veramente ma su come esso venga percepito.
      Sono perfettamente d'acordo con te che la genesi dello stato di Israele sia una faccenda complessa e non appiattibile sulla Shoah, ma a livello percettivo credo che così non sia. Un po' come il governo Berlusconi che ha aumentato la pressione fiscale, ma che a causa del potere mediatico che deteneva è stato da molti percepito come "il governo che non mette le mani nelle tasche degli italiani".

      Nel mio commento facevo il paragone coi mostri marini che hanno bloccato la navigazione verso occidente degli europei: tali mostri non sono mai esistiti e spesso quello che bloccava gli europei erano problemi tecnici (mica è facile metter su una nave in grado di attraversare l'Oceano), però quando Colombo ha veleggiato verso Ovest i suoi marinai avevano paura dei mostri e il timone della Pinta fu fatto saltare proprio per impedire un viaggio in bocca a tali esseri spaventosi.
      Moltissimi europei ricollegano la nascita di Israele alla Shoah, anche se ciò non è corretto, e il dibattito sulla questione israelo-palestinese è falsato dal senso di vergogna che l'Europa prova per la Shoah; ho citato Primo Levi perché la sua analisi mi sembra efficace: il senso di vergogna che il giusto prova dinnanzi alla colpa altrui per il semplice fatto che essa esista.
      Durante l'ultimo conflitto israelo-libanese fu deciso l'invio di un contingente ONU composto principalmente da italiani e francesi. Non tedeschi, perché la sola idea che potesse esserci un contatto armato fra un tedesco del secolo XXI ed un israeliano suscitò il ribrezzo generale, nonostante la Bundesrepublik odierna sia un modello di democrazia e tolleranza.

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    7. Boh, su quanto dici non ho nulla da eccepire, per cui, un po' come mi pare abbia fatto tu, cerco di aggiungere - spero civilmente - qualche elemento ulteriore.

      L'idea che ho contestato è quella - abbastanza diffusa da e tra ignoranti e mistificatori; alcuni dei quali orgogliosamente negazionisti, ma altri filo-israeliani o addirittura israeliani - che Israele non sarebbe mai nato senza la Shoah.

      Ovviamente ciò che contesto non è l'esistenza di un qualsivoglia tipo di legame, ma l'idea rozza di una causa-effetto.
      Dei legami ci sono, necessariamente (del resto un paradigma della modernità è che tutto interagisce con tutto); tuttavia su questi argomenti c'è una letteratura sterminata, e basta sfogliare qualche pagina (magari non tutte dello stesso libro) per rendersi conto del garbuglio.
      Ad esempio, si può leggere di come tra i vertici sionisti la Shoah facesse temere [oltre ad una riduzione del serbatoio di uomini e soldi cui attingere] che il nuovo stato ebraico, cui l'Yishuv avrebbe dato luogo, stato che si sarebbe voluto edificare a partire da un nuovo tipo di ebreo (un ebreo sionista, che combatte e non si fa mettere i piedi in testa da nessuno), sarebbe invece diventato un ricettacolo di ebrei deboli e passivi; questo anche perchè, per quindici o vent'anni, la Shoah passò largamente sotto silenzio - Finkelstein in particolare lo attesta con dovizia di particolari ne l'industria dell'olocausto - inizialmente tra gli ebrei il reduce dei campi era spesso una figura gravata da vergogna e stigma, e la sua memoria era silente.
      Per contro si può scoprire di come tra i religiosi l'antisemitismo nazista sia stato visto addirittura come una sorta di punizione divina per il sionismo, la cui colpa consisteva nella pianificazione di un ritorno prematuro in Palestina.

      In ogni caso, se uno prende un qualunque libro di storia del '900 potrà constatare di persona come Israele sia nato al termine di una guerra; guerra che, contrariamente a quello che si crede, non fu vinta per puro caso, nè rovesciando un immenso squilibrio di forze: gli ebrei quella guerra l'avevano preparata per anni, e quando scoppiò erano pronti a combatterla - forse anche troppo, visto che talvolta i loro metodi furono brutali.
      Se anche si volesse sostenere che il piano di partizione fosse - anche solo in parte - una compensazione per la Shoah, poi comunque quella guerra finiva per rimettere in gioco ogni singolo cmq di Palestina; e non mi pare che, mossi dal senso di colpa o dalla solidarietà, gli occidentali si siano riversati in massa in Palestina per combattere al fianco degli ebrei...

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    8. Non ero a conoscenza del fatto che alcuni avessero interpretato l'antisemitismo nazista come punizione divina della colpa di essere voluti tornare in Palestina prima del tempo: si impara sempre qualcosa.
      Ti ringrazio per la risposta; di solito è difficile avere un confronto tranquillo quando si ragiona di un conflitto che tocca sentimenti intimi e almeno per me il conflitto Israelo-palestinese rappresenta una profonda ferita del mio animo: culturalmente ed emotivamente mi sento vicino a entrambe le parti e sono intimamente lacerato nel vedere le ragioni e i torti delle due sponde.

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  6. Interessante il paragone con le crociate. Non posso fare a meno di pensare che i crociati veri avevano con gli Ebrei un atteggiamento decisamente meno tenero di quelli moderni.

    Almeno l'Islam era un nemico armato e rispettabile, almeno militarmente... Sembra buffo questo cambio di paradigma in cui le vittime diventano i carnefici (e qualcun ha appena scritto che l'esempio antonomastico di questa cosa è costato a Oddifreddi la partecipazione a Repubblica).

    Gli unici che potrebbe davvero dire qualcosa di nuovo sarebbero probabilmente, davvero gli ebrei (Woody Allen, Sarah Sivlverman... non quelli farlocchi di Israele)

    Kimboz

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  7. Caro Tondelli, perché ammuchchiare dati per sviare la situazione dalla vera realtà di Gaza? Nel tuo pezzo sull'Unità ridicolizzi chi parla di ghetto o lager. Ma come definire diversamente questa Striscia dove sono sigillati (né uscire né entrare) 1.700.000 palestinesi? Il dato da cui partire, la matrice da evidenziare, non può non essere l'assedio unilaterale di Israele a Gaza. Passa la versione sharonnesca che Gaza è libera. Perché accettarla, come in piccolo accettare che Rubi è la nipote non di suo zio ma di un qualsiasi capo di stato? E passa la versione che è Hamas a non riconoscere, a voler distruggere, lo stato di Israele. Ma quale controparte non riconosciuta, dichiarata organizzazione terroristica, sebbene abbia vinto elezioni democratiche svoltesi (sono gli osservatori internazionali che l'hanno certificato) regolarmente, può accettare Israele, se Israele boicotta, crea situazioni de facto, perché non si crei uno stato Palestinese? Non capisco le contorsioni intellettuali di chi nega questa realtà. Israele ha espropriato e espropria i palestinesi - la terra in Visgiordania è a macchia di leopardo, e dovunque Israele impera. Per qanto si possa crdere che i palestinei sono infami, ma come si può giudicare Israele desideroso di una pace giusta e duratura se l'unico linguaggio che conosce e usa è quello della violenza? Probabilmente è troppo sperare in una tua risposta, e tuttavia mi sforzo... e spero. Dino

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    1. c'è anche la controprova della buona fede sionista: la Cisgiordania. Lì nessuno spara razzi, e questo ha forse portato alla cessazione della colonizzazione sionista supportata dal governo israeliano? Manco per niente. Ergo dire che Israele spara solo per difendersi dai perfidi terroristi, quando in realtà non fosse circondata da gentaglia come quelli di Hamasfarebbe la pace anche domani è semplicemente una balla.

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  8. è veramente straniante 'sta cosa di sentire te leonardo come difensore d'israele... sei stato accusato millanta volte (anche da me) d'essere il contrario (cioè un sostenitore acritico dei palestinesi)
    è proprio vero che a casua del conflitto israelo-palestinese saltano schieramenti e posizioni e ci si basa tutti più su suggestioni personali che dati di fatto
    per dire: a me i razzi lanciati a cazzo da hamas mi ricordano molto i v1 e v2 tedeschi lanciati sulla gran bretagna, invece i bombardamenti israeliani mi ricordano quelli americani su dresda o in vietnam;
    le bombe sugli autobus o in discoteca mi ricordano quelle dell'eta o dell'ira, i rastrellamenti nei territori occupati mi ricordano sì quelli tedeschi nelle zone occupate dell'europa, ma certi comunicati di hamas mi ricorda quelli mussoliniani (sulle reni da spezzare)...
    lo ripeto: io speravo tanto che un governo di destra in israele e uno estremista dall'altra raggiungessero un accordo di pace che nessuno avrebbe contestato, invece no
    però certo leggere 'sta frase "...E passa la versione che è Hamas a non riconoscere, a voler distruggere, lo stato di Israele" (la versione? e quale sarebbe la versione vera?) fa un po' ridere, anche se non cambia di una virgola la guerra in corso: si può riscrivere la frase in mille modi diversi, ma non cambierebbe comunque la guerra in corso
    l'unica cosa risolutiva sarebbe un accordo tra le parti

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    1. Così come c'è gente che cerca col lanternino l'antisemitismo e urla "al lupo" a ogni canto di via, esiste anche il comportamento speculare di chi cerca i negazionisti della tragedia di Gaza in ogni pertugio.
      Credo che Leonardo non sia né antisemita né negazionista.
      Ma la cosa che mi fa più ridere è di tali accuse è che sto immaginando la faccia di un noto troll residente in UK nel leggere il commento di Bouvard Pécuchet.

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    2. "io speravo tanto che un governo di destra in israele e uno estremista dall'altra raggiungessero un accordo di pace"
      e perchè mai? La destra senza la guerra e tutti gli pseudovalori collegati alla guerra (patriottismo e fuffa assortita) non dura molto, per cui non può vivere senza di essa.

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    3. anche se ormai siamo passati ad altro ti rispondo per chairezza:
      con la mia farse intendevo dire che speravo in un compromesso tra un governo di destra istraeliano e gli estremisti/terroristi di hamas perché un tale accordo NON sarebbe stato certo criticabile da sinistra in israele o dai "moderati" di fatah, mentre un accordo stipulato dai laburisti e da mahmud abbas sarebbe stato messo in crisi alla prima occasione dai rispettivi avversari politici, come è successo per gli accordi di oslo
      che poi questo possa effettivamente avvenire è un altro conto, ma le speranze si chiamano appunto speranze non preveggenze

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  9. Nel senso che i PIGS diventeranno la striscia di Gaza d'Europa?

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