They say that Summer won't last too long,
but what if it never comes?
Addio Napster, quindi…
Adesso che ci penso, erano mesi che non entravo. Ma è uno choc lo stesso. Eri veramente un gran bel programma. È stato veramente un bel periodo.
(Ho provato ad avviarlo, per curiosità. Sono riuscito appena a intravedere i pulsanti, la tua grafica non proprio smagliante… ho avuto un brusco attacco di nostalgia. È vero, adesso c'è Bearshare, c'è Imesh, tutti questi programmini coloratini, però…la sensazione che si prova quando scarichi Summer di Anna Domino e la riascolti per la prima volta dopo dieci anni… non tornerà più).
È brutale quello che hanno fatto a Napster. Comprato e rottamato. È qualcosa che va al di là della semplice ritorsione commerciale. Napster è stato il capro espiatorio, il caso esemplare. Colpirne uno per educarli tutti. Abbiamo imparato la lezione? Ceerto! E infatti le vendite di CD sono calate, i programmi di condivisione si sono moltiplicati, i nuovi napster a pagamento si preannunciano da lontano come smagliantissimi flop.
È un'altra battaglia nella grande guerra sulla proprietà intellettuale. Ieri parlavamo di geni brevettati. Certo, tra un gene è una canzone c'è una notevole differenza. Il gene esiste già in natura: l'idea di concederne il brevetto al primo che ci punta sopra il microscopio e dice: "quello è mio" non può che suonare assurda al senso comune. Ma una canzone (o un libro, o un film, o un altro) è una creazione umana, e l'autore ha diritto di chiedere qualcosa in cambio.
Nell'Ottocento i pionieri del diritto d'autore, come Balzac, venivano tacciati di avidità. Stessa cosa più o meno è successa agli artisti che sfidando i loro stessi fan hanno messo Napster sotto accusa. Certo, Shawn Fanning è molto più simpatico del cantante dei Metallica. Ma il problema rimane. Nella brevissima epoca d'oro di Napster c'è stato qualcuno che ha trovato il tempo di teorizzare e proclamare l'avvento di un nuovo "comunismo dei beni immateriali". È un discorso che non mi ha mai del tutto persuaso. Certo, i fatti hanno dimostrato che la libera circolazione di mp3 era un incentivo all'acquisto di CD. Ma credo che si tratti di un fattore inerziale. Siamo volenti o nolenti una generazione di consumatori, cresciuta col naso contro le vetrine. Se qualcosa ci piace la compriamo. È un modo di celebrare il nostro gradimento. Ma in futuro non sarà sempre così. Dopo di noi viene una generazione che tra banda larga e masterizzatore avrà sempre meno motivi per entrare in un negozio.
Già da ora, comunque, comprare l'originale di un CD in un negozio (quando col prezzo di 15 CD puoi procurarti un masterizzatore) ha un vago sapore di feticismo. Nella civiltà digitale l'originale non esiste. Certo, se un artista mi è particolarmente simpatico posso decidere di dargli un obolo per portarmi a casa quello che potrei avere ugualmente gratis… peccato che la maggior parte dell'obolo se la succhi la grande distribuzione… e poi, sarà un caso? Gli artisti simpatici diventano sempre più rari.
No, forse non è un caso. Forse è l'avverarsi del seguente teorema:
1. Semplificando al massimo: alle persone intelligenti piace la musica intelligente, alle persone stupide la musica stupida (non è sempre così, ma semplificando al massimo…)
2. Vengono messi in commercio tecnologie che consentono la riproduzione di brani musicali (masterizzatori per CD, mp3…)
3. Per utilizzare queste tecnologie bisogna essere informati, e un minimo intelligenti.
4. Le persone intelligenti utilizzeranno queste tecnologie molto più che le persone stupide.
5. La musica intelligente comincerà a vendere meno; la musica stupida invece continuerà a vendere più o meno allo stesso livello.
6. Diventerà sempre meno conveniente produrre musica intelligente.
7. La grande distribuzione comincerà a investire tutto nella produzione di musica stupida.
È un teorema un po' razzista, lo so, che mi è venuto in mente guardando MTV. Secondo me ci siamo dentro da almeno cinque anni. Qualcuno obietterà che confondo l'intelligenza con la taccagneria. È probabile. Ma se il panorama musicale d'oggigiorno è avvilente la colpa sarà bene di qualcuno. Forse del ragazzino che dopo essere stato bersagliato per un mese ala radio dalle basi di Eminem (senza capirci una parola) va a comprarselo (e si spera che almeno dia un'occhiata ai testi). O forse di chi come me in un negozio non ci va più neanche per cercare gli Stereolab, che comunque in un modo o nell'altro prima o poi riesco a procurarmeli. Alla fine dell'anno senz'altro Eminem fattura più degli Stereolab. Ma a rimetterci siamo un po' tutti. Il comunismo dei beni immateriali, mah.
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venerdì 29 giugno 2001
giovedì 28 giugno 2001
Anche tu, brevetto registrato!
C'era una bella confusione alla conferenza di Attac (in senso positivo…). Tante associazioni, tanti argomenti, tante iniziative. La più buffa quella del circolo Kontroverso, che distribuiva moduli per auto-brevettarsi, e invitava a una manifestazione davanti all'ufficio brevetti di Bologna, per protestare contro il TRIPS. Il Trips è un delirante (lo dice il nome…) protocollo inserito nell'Accordo Generale sul Commercio (GATT) del 1994, che consente alle imprese di chiedere ed ottenere i brevetti sugli organismi viventi. Si possono anche brevettare i geni. E allora forse vale davvero la pena di brevettarci, prima che ci pensi qualcun altro.
(Casomai qualcuno sentisse ancora la mancanza di un motivo per andare a... il 21 di... eh?)
Sulla corsa sempre più sfrenata alla proprietà intellettuale di qualsiasi cosa, materiale e non, c'è un altro aneddoto interessante. Questo sito, com'è noto, si chiama Leonardo: non è un nome registrato, ma credo di avere comunque qualche diritto a chiamarlo così. Dopo aver passato quasi trent'anni della mia vita a sentirmi chiamare prima "Da Vinci" e poi "Di Caprio" da qualsiasi imbecille, è una bella soddisfazione, no?
E tuttavia parlando di siti chiamati "Leonardo" c'è un precedente un po' inquietante. Sì, sì, parlo d'un precedente legale: una causa intentata da un'agenzia finanziaria, la "Leonardo Finance", al sito culturale della International Society for the Arts, che porta lo stesso titolo della rivista della Società (pubblicata sin dal 1967): Leonardo.
Qual è la materia del contendere? La Leonardo finance lamentava che i suoi clienti – o potenziali tali – digitando "Leonardo" su un motore di ricerca, si sarebbero più facilmente imbattuti in una delle innumerevoli pagine del sito culturale. Perciò chiedevano sei milioni di franchi di danni (meno di un miliardo e ottocento milioni di lire). Una bella pretesa, no? E infatti un mese fa i giudici hanno dato ragione all'International Society. Ma Leonardo Finance potrebbe ricorrere in appello…
La vittoria è stata vinta anche sul web, grazie anche a una ben riuscita campagna di solidarietà tra gli internauti francesi: oggi, digitando "Leonardo" su un qualunque motore di ricerca, trovate non soltanto il sito della Society, ma anche numerose pagine di sostenitori che gettano fango sulla Leonardo Finance. E di quest'ultima neanche l'ombra. Almeno, io non l'ho trovata.
(Non ho trovato neanche il mio sito – forse dovrei fare causa a qualcuno).
Tirato un sospiro di sollievo, rimane lo stupore per l'arroganza con la quale gli aspiranti proprietari del mondo partecipano a questa corsa alla proprietà intellettuale di qualsiasi cosa --– un nome, un logo, un segno grafico qualsiasi… Sono anche un po' ingenui. Chi è che al giorno d'oggi si mette a cercare una consulenza finanziaria su un motore di ricerca?
Questi di Leonardo Finance, poi, mi ricordano qualcosa da vicino. Quando produci qualcosa e la chiami "Leonardo", è perché la vorresti unica, geniale, inimitabile… perlomeno, con mia madre è andata così. Poi, al momento di andare all'asilo, si è scoperto che c'erano due Leonardo in classe. E così già a tre anni ho cominciato a farmi chiamare col cognome. Mia madre si arrabbiava molto: "Il suo nome è Leonardo!" Mamma, che ci vuoi fare. Anche tu, avresti dovuto brevettarmi…
C'era una bella confusione alla conferenza di Attac (in senso positivo…). Tante associazioni, tanti argomenti, tante iniziative. La più buffa quella del circolo Kontroverso, che distribuiva moduli per auto-brevettarsi, e invitava a una manifestazione davanti all'ufficio brevetti di Bologna, per protestare contro il TRIPS. Il Trips è un delirante (lo dice il nome…) protocollo inserito nell'Accordo Generale sul Commercio (GATT) del 1994, che consente alle imprese di chiedere ed ottenere i brevetti sugli organismi viventi. Si possono anche brevettare i geni. E allora forse vale davvero la pena di brevettarci, prima che ci pensi qualcun altro.
(Casomai qualcuno sentisse ancora la mancanza di un motivo per andare a... il 21 di... eh?)
Sulla corsa sempre più sfrenata alla proprietà intellettuale di qualsiasi cosa, materiale e non, c'è un altro aneddoto interessante. Questo sito, com'è noto, si chiama Leonardo: non è un nome registrato, ma credo di avere comunque qualche diritto a chiamarlo così. Dopo aver passato quasi trent'anni della mia vita a sentirmi chiamare prima "Da Vinci" e poi "Di Caprio" da qualsiasi imbecille, è una bella soddisfazione, no?
E tuttavia parlando di siti chiamati "Leonardo" c'è un precedente un po' inquietante. Sì, sì, parlo d'un precedente legale: una causa intentata da un'agenzia finanziaria, la "Leonardo Finance", al sito culturale della International Society for the Arts, che porta lo stesso titolo della rivista della Società (pubblicata sin dal 1967): Leonardo.
Qual è la materia del contendere? La Leonardo finance lamentava che i suoi clienti – o potenziali tali – digitando "Leonardo" su un motore di ricerca, si sarebbero più facilmente imbattuti in una delle innumerevoli pagine del sito culturale. Perciò chiedevano sei milioni di franchi di danni (meno di un miliardo e ottocento milioni di lire). Una bella pretesa, no? E infatti un mese fa i giudici hanno dato ragione all'International Society. Ma Leonardo Finance potrebbe ricorrere in appello…
La vittoria è stata vinta anche sul web, grazie anche a una ben riuscita campagna di solidarietà tra gli internauti francesi: oggi, digitando "Leonardo" su un qualunque motore di ricerca, trovate non soltanto il sito della Society, ma anche numerose pagine di sostenitori che gettano fango sulla Leonardo Finance. E di quest'ultima neanche l'ombra. Almeno, io non l'ho trovata.
(Non ho trovato neanche il mio sito – forse dovrei fare causa a qualcuno).
Tirato un sospiro di sollievo, rimane lo stupore per l'arroganza con la quale gli aspiranti proprietari del mondo partecipano a questa corsa alla proprietà intellettuale di qualsiasi cosa --– un nome, un logo, un segno grafico qualsiasi… Sono anche un po' ingenui. Chi è che al giorno d'oggi si mette a cercare una consulenza finanziaria su un motore di ricerca?
Questi di Leonardo Finance, poi, mi ricordano qualcosa da vicino. Quando produci qualcosa e la chiami "Leonardo", è perché la vorresti unica, geniale, inimitabile… perlomeno, con mia madre è andata così. Poi, al momento di andare all'asilo, si è scoperto che c'erano due Leonardo in classe. E così già a tre anni ho cominciato a farmi chiamare col cognome. Mia madre si arrabbiava molto: "Il suo nome è Leonardo!" Mamma, che ci vuoi fare. Anche tu, avresti dovuto brevettarmi…
martedì 26 giugno 2001
Anche tu, bersaglio mobile!
Cocaine
Hackers
Jihad
Nike
George Soros
hand bombs
White House
porno privacy
you're engaged in order to kill USA president
Sono queste le magiche parole che, secondo il (Daily?) Mirror, e anche secondo Fabrizio (formerly known as Ragno) hanno il potere di rendere la vostra casella di posta elettronica un bersaglio della CIA, tramite il famigerato Echelon.
Il Ragno ovviamente non ci ha pensato due volte a invischiare tutti i suoi e-corrispondenti con una mail di questo tenore:
cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike hand bombs White House porno privacyhand bombs White House porno privacy hand bombs White House porno privacyhand bombs White House porno privacy hand bombs
A questo punto la CIA starà già sguinzagliando il suo agente nella circoscrizione S. Faustino. Ma il Ragno ha i suoi motivi per farci rischiare, e vale la pena trascriverli:
Forse eravate convinti di essere persone banali e un po' anonime, pensavate che la vostra esistenza sarebbe passata inosservata. Credevate che chi tutti i giorni fa il suo tranquillo mestiere non avesse niente da dire a James Bond e soci. Nella vita quotidiana pare che nessuno vi noti. Il vostro capoufficio vi sopporta a malapena, vostra moglie sembra non sentire nemmeno i vostri discorsi e agli occhi dei vostri figli siete solo un povero pirla. E invece no! Gioite e rallegratevi: i potenti della terra vi ascoltano. Chissà quante volte avete sognato atmosfere noir. O vi siete impersonati nel Cary Grant di “Intrigo Internazionale”. Bene. Eccovi catapultati dentro la più democratica delle spy story che abbiate mai letto. Dico democratica perché aperta a chiunque voglia parteciparvi o ne venga introdotto a sua insaputa, come nel vostro caso. Nessuno è troppo poco importante. Pare che le nuove tecnologie consentano ai potenti di archiviare informazioni pressoché su ognuno di noi, informazioni che possono restare dormienti (nella stragrande maggioranza dei casi) all’interno degli sterminati archivi che le ospitano o essere tirate fuori al momento opportuno, magari nel caso in cui la persona in questione cominci a dare fastidio.
Attenzione però. Io non so se sia vero e quindi non posso garantirvelo.
[…]
Ma se per caso avesse ragione il Mirror?
Bè, allora potrebbero aver ragione anche quelli che affermano che inviando migliaia o decine di migliaia o centinaia di migliaia di mail come questa, si può contribuire a mandare in tilt il sistema. E allora cosa vi costa provare? Volete mettere la gioia di portare con le vostre mani un granello di sabbia che contribuisca a danneggiare il gigantesco apparato di controllo costruito dai sapienti prezzolati per i potenti senza scrupoli? La possibilità di dire che ci siete anche voi? Lo squisito gioco dei piccoli di rovinare i giochi dei grandi? La voglia di contribuire a danneggiare con le vostre mani chi lede quotidianamente qualsiasi vostro presunto diritto, teoricamente garantitovi dalle costituzioni e del quale vi trovate invece sistematicamente spogliati ogniqualvolta sia possibile invocare il grande alibi della sicurezza collettiva? Tirate pure il vostro sasso virtuale dunque, fate circolare questa mail o altre con le parole incriminate. Non è detto che andiate a segno, ma potete perlomeno tentare. E forse quando verranno a chiedervi altri soldi (e verranno, o se verranno…) per accrescere la sicurezza nazionale la vostra mira potrebbe essersi perfezionata.
Se fossi in vena, potrei mettermi ad analizzare le nove formule magiche, e cercare di carpire qualche informazione sulla paranoia dei servizi americani (per esempio: perché George Soros e non Bin Laden? Perché Nike e non Nestlè? Cocaine e non Crack?). Però bisogna dire che il Daily Mirror è un fogliaccio di fronte al quale anche il Resto del Carlino ci fa la figura del quotidiano affidabile. I suoi lettori si bevono qualsiasi cosa. Scusate, come si fa a riconoscere un attentatore a George W. Bush? Facile: il suo mandante gli scrive: Hey! you're engaged in order to kill USA president! Enjoy! Thank you very much, sir! Forti, aho! 'sti americani.
Io comunque sono stufo dei miei venticinque cliccatori assidui. Voglio un salto di qualità. D'ora in poi voglio che il mio sito sia frequentato dai servizi di tutto il mondo. Sì: cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike. Hackers di tutto il mondo, toglietevi le Nike e unitevi alla Jihad contro la White House e la sua Porno privacy! George Soros è vivo e lotta con noi (è lui che ci paga le hand bombs e la Cocaine). You're engaged in order to kill USA president!
E siccome i servizi si servono a vicenda, già che ci sono vorrei ricordare agli anarco-insurrezionalisti che domani arrivano quelle tre cisterne di sangue infetto che chiedevano per Genova (lo lanciano con gli appositi aeroplanini). Stamattina ho sentito Bin Laden al telefono e mi ha confermato che l'ordine è già partito. Adesso però vorrei sapere se posso bloccare quella cantina in Via del Campo (un milione e mezzo al mese, un affare) dove dovremmo seviziare il poliziotto rapito da usare poi come scudo umano. Sennò ci tocca portarlo giù nelle fogne, in mezzo ai ratti addestrati da Greenpeace per invadere Palazzo Ducale… un bello schifo.
Cocaine
Hackers
Jihad
Nike
George Soros
hand bombs
White House
porno privacy
you're engaged in order to kill USA president
Sono queste le magiche parole che, secondo il (Daily?) Mirror, e anche secondo Fabrizio (formerly known as Ragno) hanno il potere di rendere la vostra casella di posta elettronica un bersaglio della CIA, tramite il famigerato Echelon.
Il Ragno ovviamente non ci ha pensato due volte a invischiare tutti i suoi e-corrispondenti con una mail di questo tenore:
cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike hand bombs White House porno privacyhand bombs White House porno privacy hand bombs White House porno privacyhand bombs White House porno privacy hand bombs
A questo punto la CIA starà già sguinzagliando il suo agente nella circoscrizione S. Faustino. Ma il Ragno ha i suoi motivi per farci rischiare, e vale la pena trascriverli:
Forse eravate convinti di essere persone banali e un po' anonime, pensavate che la vostra esistenza sarebbe passata inosservata. Credevate che chi tutti i giorni fa il suo tranquillo mestiere non avesse niente da dire a James Bond e soci. Nella vita quotidiana pare che nessuno vi noti. Il vostro capoufficio vi sopporta a malapena, vostra moglie sembra non sentire nemmeno i vostri discorsi e agli occhi dei vostri figli siete solo un povero pirla. E invece no! Gioite e rallegratevi: i potenti della terra vi ascoltano. Chissà quante volte avete sognato atmosfere noir. O vi siete impersonati nel Cary Grant di “Intrigo Internazionale”. Bene. Eccovi catapultati dentro la più democratica delle spy story che abbiate mai letto. Dico democratica perché aperta a chiunque voglia parteciparvi o ne venga introdotto a sua insaputa, come nel vostro caso. Nessuno è troppo poco importante. Pare che le nuove tecnologie consentano ai potenti di archiviare informazioni pressoché su ognuno di noi, informazioni che possono restare dormienti (nella stragrande maggioranza dei casi) all’interno degli sterminati archivi che le ospitano o essere tirate fuori al momento opportuno, magari nel caso in cui la persona in questione cominci a dare fastidio.
Attenzione però. Io non so se sia vero e quindi non posso garantirvelo.
[…]
Ma se per caso avesse ragione il Mirror?
Bè, allora potrebbero aver ragione anche quelli che affermano che inviando migliaia o decine di migliaia o centinaia di migliaia di mail come questa, si può contribuire a mandare in tilt il sistema. E allora cosa vi costa provare? Volete mettere la gioia di portare con le vostre mani un granello di sabbia che contribuisca a danneggiare il gigantesco apparato di controllo costruito dai sapienti prezzolati per i potenti senza scrupoli? La possibilità di dire che ci siete anche voi? Lo squisito gioco dei piccoli di rovinare i giochi dei grandi? La voglia di contribuire a danneggiare con le vostre mani chi lede quotidianamente qualsiasi vostro presunto diritto, teoricamente garantitovi dalle costituzioni e del quale vi trovate invece sistematicamente spogliati ogniqualvolta sia possibile invocare il grande alibi della sicurezza collettiva? Tirate pure il vostro sasso virtuale dunque, fate circolare questa mail o altre con le parole incriminate. Non è detto che andiate a segno, ma potete perlomeno tentare. E forse quando verranno a chiedervi altri soldi (e verranno, o se verranno…) per accrescere la sicurezza nazionale la vostra mira potrebbe essersi perfezionata.
Se fossi in vena, potrei mettermi ad analizzare le nove formule magiche, e cercare di carpire qualche informazione sulla paranoia dei servizi americani (per esempio: perché George Soros e non Bin Laden? Perché Nike e non Nestlè? Cocaine e non Crack?). Però bisogna dire che il Daily Mirror è un fogliaccio di fronte al quale anche il Resto del Carlino ci fa la figura del quotidiano affidabile. I suoi lettori si bevono qualsiasi cosa. Scusate, come si fa a riconoscere un attentatore a George W. Bush? Facile: il suo mandante gli scrive: Hey! you're engaged in order to kill USA president! Enjoy! Thank you very much, sir! Forti, aho! 'sti americani.
Io comunque sono stufo dei miei venticinque cliccatori assidui. Voglio un salto di qualità. D'ora in poi voglio che il mio sito sia frequentato dai servizi di tutto il mondo. Sì: cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike cocaine hackers jihad Nike. Hackers di tutto il mondo, toglietevi le Nike e unitevi alla Jihad contro la White House e la sua Porno privacy! George Soros è vivo e lotta con noi (è lui che ci paga le hand bombs e la Cocaine). You're engaged in order to kill USA president!
E siccome i servizi si servono a vicenda, già che ci sono vorrei ricordare agli anarco-insurrezionalisti che domani arrivano quelle tre cisterne di sangue infetto che chiedevano per Genova (lo lanciano con gli appositi aeroplanini). Stamattina ho sentito Bin Laden al telefono e mi ha confermato che l'ordine è già partito. Adesso però vorrei sapere se posso bloccare quella cantina in Via del Campo (un milione e mezzo al mese, un affare) dove dovremmo seviziare il poliziotto rapito da usare poi come scudo umano. Sennò ci tocca portarlo giù nelle fogne, in mezzo ai ratti addestrati da Greenpeace per invadere Palazzo Ducale… un bello schifo.
lunedì 25 giugno 2001
Questa è una sinusoide: y = sin x
Questa, invece è una parabola: y = a(x)(x) + bx + c
Questa, infine, è una vecchia canzone, dei tempi in cui si penava sui libri di matematica:
Il tuo amore è sinusoide:
Se va su poi torna giù
Ieri hai detto che volevi
ora non lo credi più...
quello che accadrà domani
io lo immagino di già:
il tuo amore è sinusoide
– però questo non mi va.
Il mio amore è una parabola
che non raccontò Gesù:
fui io stesso a raccontarla
ma oggi non ci credo più.
Lei è qui che parla e parla
senza dirmi ormai più niente:
il mio amore è una parabola
(ed è in fase discendente).
Forse io ho pensato sempre
a un amor meno ridicolo,
come quello di due rette
disegnate a perpendicolo:
esse incrociano le rotte
una volta sola, e poi
si allontanano per sempre,
ognuna verso i fatti suoi.
Tu invece hai un vecchio sogno
(chiamalo incubo se vuoi)
di due rette parallele
che non s'incontrano mai:
dritte van, vicine e sole
senza sapere il perché
stan tendendo senza fine
verso un punto che non c'è.
Punto.
Questa, invece è una parabola: y = a(x)(x) + bx + c
Questa, infine, è una vecchia canzone, dei tempi in cui si penava sui libri di matematica:
Il tuo amore è sinusoide:
Se va su poi torna giù
Ieri hai detto che volevi
ora non lo credi più...
quello che accadrà domani
io lo immagino di già:
il tuo amore è sinusoide
– però questo non mi va.
Il mio amore è una parabola
che non raccontò Gesù:
fui io stesso a raccontarla
ma oggi non ci credo più.
Lei è qui che parla e parla
senza dirmi ormai più niente:
il mio amore è una parabola
(ed è in fase discendente).
Forse io ho pensato sempre
a un amor meno ridicolo,
come quello di due rette
disegnate a perpendicolo:
esse incrociano le rotte
una volta sola, e poi
si allontanano per sempre,
ognuna verso i fatti suoi.
Tu invece hai un vecchio sogno
(chiamalo incubo se vuoi)
di due rette parallele
che non s'incontrano mai:
dritte van, vicine e sole
senza sapere il perché
stan tendendo senza fine
verso un punto che non c'è.
Punto.
venerdì 22 giugno 2001
È stato un fallimento, diciamolo, il "blackout volontario" previsto per ieri 21 giugno, solstizio d'estate (vedi mercoledì 6 giugno). In Italia non se n'è parlato (ho trovato giusto un cenno su www.carta.org).
Quanto a me, dalle 17 alle 22 in casa proprio non ci sono stato. Giusto per una doccia (fredda? No, mi è passato di mente).
Proviamo con un'altra iniziativa, un po' più radicata (non radicale).
Qualche giorno ho buttato lì, un po' alla leggera, che c'erano mille buoni motivi e cento buone associazioni per andare a Genova. Lasciando stare l'approssimazione per difetto o per eccesso (il Genoa Social Forum conta più di 600 associazioni, non tutte per forza 'buone'), forse è meglio indicare almeno un buon motivo e una buona associazione.
All'attacco!
Domani a Bologna, Viale Berti Pichat 6, avrà luogo la prima assemblea o convegno di Attac Italia.
Attac in francese sta per Association pour une Taxation des Transactions financières pour l'Aide aux Citoyens. L'associazione è nata in Francia nel '98, grazie a un'iniziativa dei redattori di "Le Monde diplomatique". Nel giro di un paio d'anni, con la collaborazione di ONG, sindacati e altre associazioni, è diventata una rete internazionale, che oggi tocca più di una ventina di Paesi. Tra questi l'Italia arriva un po' in ritardo, pare su iniziativa dei delegati italiani al forum sociale di Porto Alegre in gennaio.
È facile tradurre Attac in italiano: Associazione per una Tassazione delle Transazioni finanziarie per l'Aiuto ai Cittadini. Si punta al concreto già dal nome.
Fateci caso: di solito i nomi delle associazioni si mantengono sul vago. Associazione per la Pace. Movimento per i diritti umani. Eccetera. Siamo tutti d'accordo a chiedere più pace, più rispetto per i diritti umani: ma a chi dobbiamo chiedere? E con che strumenti? Attac entra subito nello specifico delle proposte concrete, con una parola assai poco 'cool' o 'friendly': "tassazione".
Al giorno d'oggi, quando non c'è politico in campagna elettorale che non sia ansioso di ridurci le tasse, l'idea che si possa risolvere qualche problema mondiale introducendo un'imposta è veramente un'idea originale.
Bisogna dire però che non è venuta a qualche sognatore o intellettualoide di sinistra, bensì a un premio Nobel per l'economia, James Tobin, che sin dalla fine degli anni '70 cominciava a preoccuparsi per la piega che stava prendendo l'economia mondiale. Gli speculatori avevano già invaso i principali mercati finanziari, secondo una tendenza arrivata fino ai nostri giorni (pare che oggi le attività meramente speculative rappresentino più del 90% delle contrattazioni effettuate a livello internazionale).
Tutti, dal nostro amato Presidente del consiglio in giù, diamo ormai per scontato il vecchio assunto che più denaro gira, più lavoro e ricchezza c'è per tutti. In realtà il denaro gira ormai troppo rapidamente, e il 90% degli affari li fanno gli speculatori, comprando e vendendo azioni a una velocità che non ha più niente a che fare con i tempi dell'economia reale.
Un caso eclatante è la speculazione sulle transazioni valutarie, che sono esentasse. Sì: se compro una mela devo pagare le tasse, se compro un dollaro no. Che male c'è? Ma se ho, poniamo, una ventina di miliardi da parte e ci compro dei dollari, e il giorno dopo li rivendo e ci compro degli yen, e il giorno dopo degli euro, e così via per un anno, alla fine dell'anno io avrò sempre più o meno una ventina di miliardi, ma non avrò pagato le tasse a nessuno: né a Bush, né a Berlusconi. Che, bontà loro, mi hanno promesso di abbassarcele. Ma più basse di così, scusate…
La proposta di Tobin andava proprio a toccare questo meccanismo. Si trattava di introdurre (a livello internazionale) una tassa sulle transazioni valutarie. Un'imposta non elevata (Tobin proponeva lo 0,05-0,01%), ma sufficiente per non scoraggiare gli investimenti a media e lunga durata (quelli che hanno ancora a vedere con l'economia reale) e rendere invece sconveniente gli investimenti-flash, vale a dire le speculazioni. E comunque un'aliquota così bassa sarebbe sufficiente per raccogliere tra i 90 e i 100 miliardi di dollari l'anno: il doppio di quanto oggi viene speso nel mondo per progetti di cooperazione e sviluppo…
La Tobin tax è diventata il cavallo di battaglia di Attac. Col tempo si sono affiancate altre proposte, tutte interessanti e, quel che conta, concrete. Ma oggi volevo parlare di un solo argomento, ed eccolo qui. Se interessa, lascio qualche link, e magari ci vediamo a Bologna domani.
La campagna per la Tobin tax di Mani Tese (da cui ho tratto i miei dati).
Il documento di Attac al vertice alternativo di Ginevra (2000); parla di Tobin tax e tanto altro.
Il programma dell'Assemblea di Bologna su www.carta.org.
Quanto a me, dalle 17 alle 22 in casa proprio non ci sono stato. Giusto per una doccia (fredda? No, mi è passato di mente).
Proviamo con un'altra iniziativa, un po' più radicata (non radicale).
Qualche giorno ho buttato lì, un po' alla leggera, che c'erano mille buoni motivi e cento buone associazioni per andare a Genova. Lasciando stare l'approssimazione per difetto o per eccesso (il Genoa Social Forum conta più di 600 associazioni, non tutte per forza 'buone'), forse è meglio indicare almeno un buon motivo e una buona associazione.
All'attacco!
Domani a Bologna, Viale Berti Pichat 6, avrà luogo la prima assemblea o convegno di Attac Italia.
Attac in francese sta per Association pour une Taxation des Transactions financières pour l'Aide aux Citoyens. L'associazione è nata in Francia nel '98, grazie a un'iniziativa dei redattori di "Le Monde diplomatique". Nel giro di un paio d'anni, con la collaborazione di ONG, sindacati e altre associazioni, è diventata una rete internazionale, che oggi tocca più di una ventina di Paesi. Tra questi l'Italia arriva un po' in ritardo, pare su iniziativa dei delegati italiani al forum sociale di Porto Alegre in gennaio.
È facile tradurre Attac in italiano: Associazione per una Tassazione delle Transazioni finanziarie per l'Aiuto ai Cittadini. Si punta al concreto già dal nome.
Fateci caso: di solito i nomi delle associazioni si mantengono sul vago. Associazione per la Pace. Movimento per i diritti umani. Eccetera. Siamo tutti d'accordo a chiedere più pace, più rispetto per i diritti umani: ma a chi dobbiamo chiedere? E con che strumenti? Attac entra subito nello specifico delle proposte concrete, con una parola assai poco 'cool' o 'friendly': "tassazione".
Al giorno d'oggi, quando non c'è politico in campagna elettorale che non sia ansioso di ridurci le tasse, l'idea che si possa risolvere qualche problema mondiale introducendo un'imposta è veramente un'idea originale.
Bisogna dire però che non è venuta a qualche sognatore o intellettualoide di sinistra, bensì a un premio Nobel per l'economia, James Tobin, che sin dalla fine degli anni '70 cominciava a preoccuparsi per la piega che stava prendendo l'economia mondiale. Gli speculatori avevano già invaso i principali mercati finanziari, secondo una tendenza arrivata fino ai nostri giorni (pare che oggi le attività meramente speculative rappresentino più del 90% delle contrattazioni effettuate a livello internazionale).
Tutti, dal nostro amato Presidente del consiglio in giù, diamo ormai per scontato il vecchio assunto che più denaro gira, più lavoro e ricchezza c'è per tutti. In realtà il denaro gira ormai troppo rapidamente, e il 90% degli affari li fanno gli speculatori, comprando e vendendo azioni a una velocità che non ha più niente a che fare con i tempi dell'economia reale.
Un caso eclatante è la speculazione sulle transazioni valutarie, che sono esentasse. Sì: se compro una mela devo pagare le tasse, se compro un dollaro no. Che male c'è? Ma se ho, poniamo, una ventina di miliardi da parte e ci compro dei dollari, e il giorno dopo li rivendo e ci compro degli yen, e il giorno dopo degli euro, e così via per un anno, alla fine dell'anno io avrò sempre più o meno una ventina di miliardi, ma non avrò pagato le tasse a nessuno: né a Bush, né a Berlusconi. Che, bontà loro, mi hanno promesso di abbassarcele. Ma più basse di così, scusate…
La proposta di Tobin andava proprio a toccare questo meccanismo. Si trattava di introdurre (a livello internazionale) una tassa sulle transazioni valutarie. Un'imposta non elevata (Tobin proponeva lo 0,05-0,01%), ma sufficiente per non scoraggiare gli investimenti a media e lunga durata (quelli che hanno ancora a vedere con l'economia reale) e rendere invece sconveniente gli investimenti-flash, vale a dire le speculazioni. E comunque un'aliquota così bassa sarebbe sufficiente per raccogliere tra i 90 e i 100 miliardi di dollari l'anno: il doppio di quanto oggi viene speso nel mondo per progetti di cooperazione e sviluppo…
La Tobin tax è diventata il cavallo di battaglia di Attac. Col tempo si sono affiancate altre proposte, tutte interessanti e, quel che conta, concrete. Ma oggi volevo parlare di un solo argomento, ed eccolo qui. Se interessa, lascio qualche link, e magari ci vediamo a Bologna domani.
La campagna per la Tobin tax di Mani Tese (da cui ho tratto i miei dati).
Il documento di Attac al vertice alternativo di Ginevra (2000); parla di Tobin tax e tanto altro.
Il programma dell'Assemblea di Bologna su www.carta.org.
mercoledì 20 giugno 2001
Stress is the answer
Lo ha capito anche il mio dentista.
Il medico generico lo sapeva già da un pezzo. Il cardiologo lo dava per scontato. L'allergologo ammetteva la possibilità. Ma il dentista, non me l'immaginavo proprio. E se fosse una congiura?
Il mio nuovo dentista è piuttosto bravo, anche se temo sia più giovane di me. Ha un taglio di capelli da fighetto, ma quando mi anestetizza non me ne accorgo neanche. Mi distrae raccontandomi di malattie mai sentite, come il bruxismo, "che è poi una malattia tra virgolette". Ah, meno male. Ha a che vedere con la carie che mi assedia? No, non c'entra niente, è un optional.
Si tratta, in sostanza, dell'abitudine a digrignare i denti, o a stringerli forte, in situazioni di tensione o durante il sonno. Giorno dopo giorno, notte dopo notte, lentamente ma inesorabilmente, il dente si usura… "Potrai avere problemi tra dieci o vent'anni, o potrai anche non averli mai". È una malattia che fa tendenza, "ormai interessa un terzo della popolazione, me compreso. Quando studiavo serravo i denti senza neanche accorgermene, sono stati i miei a farmelo notare".
"Sì, ma io…"
"Prova a stringere le mascelle, senti qui" (mi stringe le mascelle tra le mani).
"Beh?"
"Questi muscoli sono ipetrofici".
"Che cosa? Non è possibile!"
"Sono cresciuti con l'esercizio, come se tu andassi in palestra tutti i giorni". Solo che io non sollevo i pesi, né faccio flessioni. Mi limito a digrignare.
Resto sbalordito. Un muscolo ipertrofico, a me, non l'aveva ancora trovato nessuno.
"Ma… la causa?"
"Ci sono due teorie".
La prima riguarda soprattutto il bruxismo notturno, ed è interessante. Durante la notte i denti cercherebbero di raggiungere una posizione primigenia, di chiusura perfetta, ermetica, una simmetria che non troveranno mai perché non c'è mai stata. Una specie di nostalgia dell'utero, che però riguarda i denti soltanto. (Ah, giorni divini della prima infanzia, senza carie, senza placca, quando ogni cosa combaciava e non si soffriva il freddo, né il caldo, né il dolce, e si beveva il té con lo zucchero, e si masticavano i cubetti di ghiaccio, tra le smorfie di disapprovazione dei genitori che sapevano che la beata infanzia dentale non dura.
La mia veramente è durata parecchio, ma il tracollo è stato fragoroso, e verticale. Da tre anni ho bandito lo zucchero, il caffè è razionato, il filo interdentale va via a gomitoli. Persino le unghie non le mangio più. Niente da fare. Una semplice cocacola mi dà la sensazione dell'acido che mi penetra nella dentina e me la squaglia. Uno staff di dentisti rivede periodicamente le mie otturazioni con un'ostinazione che è ormai accanimento terapeutico. Prima dei vent'anni non ero mai stato sulla poltroncina. Ora mi ci trovo a casa, un mese fa mi ci sono addormentato.
"Ehi! Tieni aperta quella bocca!"
"Hhhhh?")
"E la seconda teoria?"
"Eh, la seconda spiega soprattutto il bruxismo diurno, In pratica…"
(Oddio sta a vedere che anche lui mi tira fuori che…)
"…si tratta dello Stress!"
Anche il mio dentista. Dovevo aspettarmelo? È lo Stress che induce il cuore a ballare in controtempo. È lo Stress che produce periodicamente le fastidiose piccole ulcere del cavo orale. Se mi coglie un improvviso prurito, arrossisco e svengo, sarà forse l'alimentazione, o l'esposizione al sole, ma è molto più probabile che sia lo Stress. E la testa, e lo stomaco? L'intestino? Lo Stress spiega tutto. Lo Stress è in te, anche se non te ne accorgi. Puoi avere una vita tranquilla, un lavoro passabile, amici simpatici, una partner comprensiva, un c/c in attivo. Puoi crederti moderatamente soddisfatto, ah! Illuso! In realtà sei in preda allo Stress. Sei teso, sei preoccupato. Tu dormi il sonno del giusto e intanto lui, subdolo, inesorabile, ti penetra dentro, ti muove contro le tue stesse viscere, i tuoi stessi denti, e li consuma.
Il mio dentista è proprio bravino: non ho sentito niente, e intanto pensavo al bruxismo. Dopo la seduta, ancora inquieto (e tuttavia orgoglioso di avere anch'io il mio bravo muscolo ipertrofico) sono passato a salutare mio fratello, che festeggiava in solitudine il compimento della maggiore età e la promozione.
"Contento?"
"Mah, quella *#§§* della prof d'inglese, mi mancava solo lei per la media del…"
"Non prendertela… anzi… vieni un attimo qui. Stringi un po' i denti".
Mio fratello. Un torello. Dieci anni in meno di me. Ma già molto più ipertrofico. Misteri dello Stress.
Lo ha capito anche il mio dentista.
Il medico generico lo sapeva già da un pezzo. Il cardiologo lo dava per scontato. L'allergologo ammetteva la possibilità. Ma il dentista, non me l'immaginavo proprio. E se fosse una congiura?
Il mio nuovo dentista è piuttosto bravo, anche se temo sia più giovane di me. Ha un taglio di capelli da fighetto, ma quando mi anestetizza non me ne accorgo neanche. Mi distrae raccontandomi di malattie mai sentite, come il bruxismo, "che è poi una malattia tra virgolette". Ah, meno male. Ha a che vedere con la carie che mi assedia? No, non c'entra niente, è un optional.
Si tratta, in sostanza, dell'abitudine a digrignare i denti, o a stringerli forte, in situazioni di tensione o durante il sonno. Giorno dopo giorno, notte dopo notte, lentamente ma inesorabilmente, il dente si usura… "Potrai avere problemi tra dieci o vent'anni, o potrai anche non averli mai". È una malattia che fa tendenza, "ormai interessa un terzo della popolazione, me compreso. Quando studiavo serravo i denti senza neanche accorgermene, sono stati i miei a farmelo notare".
"Sì, ma io…"
"Prova a stringere le mascelle, senti qui" (mi stringe le mascelle tra le mani).
"Beh?"
"Questi muscoli sono ipetrofici".
"Che cosa? Non è possibile!"
"Sono cresciuti con l'esercizio, come se tu andassi in palestra tutti i giorni". Solo che io non sollevo i pesi, né faccio flessioni. Mi limito a digrignare.
Resto sbalordito. Un muscolo ipertrofico, a me, non l'aveva ancora trovato nessuno.
"Ma… la causa?"
"Ci sono due teorie".
La prima riguarda soprattutto il bruxismo notturno, ed è interessante. Durante la notte i denti cercherebbero di raggiungere una posizione primigenia, di chiusura perfetta, ermetica, una simmetria che non troveranno mai perché non c'è mai stata. Una specie di nostalgia dell'utero, che però riguarda i denti soltanto. (Ah, giorni divini della prima infanzia, senza carie, senza placca, quando ogni cosa combaciava e non si soffriva il freddo, né il caldo, né il dolce, e si beveva il té con lo zucchero, e si masticavano i cubetti di ghiaccio, tra le smorfie di disapprovazione dei genitori che sapevano che la beata infanzia dentale non dura.
La mia veramente è durata parecchio, ma il tracollo è stato fragoroso, e verticale. Da tre anni ho bandito lo zucchero, il caffè è razionato, il filo interdentale va via a gomitoli. Persino le unghie non le mangio più. Niente da fare. Una semplice cocacola mi dà la sensazione dell'acido che mi penetra nella dentina e me la squaglia. Uno staff di dentisti rivede periodicamente le mie otturazioni con un'ostinazione che è ormai accanimento terapeutico. Prima dei vent'anni non ero mai stato sulla poltroncina. Ora mi ci trovo a casa, un mese fa mi ci sono addormentato.
"Ehi! Tieni aperta quella bocca!"
"Hhhhh?")
"E la seconda teoria?"
"Eh, la seconda spiega soprattutto il bruxismo diurno, In pratica…"
(Oddio sta a vedere che anche lui mi tira fuori che…)
"…si tratta dello Stress!"
Anche il mio dentista. Dovevo aspettarmelo? È lo Stress che induce il cuore a ballare in controtempo. È lo Stress che produce periodicamente le fastidiose piccole ulcere del cavo orale. Se mi coglie un improvviso prurito, arrossisco e svengo, sarà forse l'alimentazione, o l'esposizione al sole, ma è molto più probabile che sia lo Stress. E la testa, e lo stomaco? L'intestino? Lo Stress spiega tutto. Lo Stress è in te, anche se non te ne accorgi. Puoi avere una vita tranquilla, un lavoro passabile, amici simpatici, una partner comprensiva, un c/c in attivo. Puoi crederti moderatamente soddisfatto, ah! Illuso! In realtà sei in preda allo Stress. Sei teso, sei preoccupato. Tu dormi il sonno del giusto e intanto lui, subdolo, inesorabile, ti penetra dentro, ti muove contro le tue stesse viscere, i tuoi stessi denti, e li consuma.
Il mio dentista è proprio bravino: non ho sentito niente, e intanto pensavo al bruxismo. Dopo la seduta, ancora inquieto (e tuttavia orgoglioso di avere anch'io il mio bravo muscolo ipertrofico) sono passato a salutare mio fratello, che festeggiava in solitudine il compimento della maggiore età e la promozione.
"Contento?"
"Mah, quella *#§§* della prof d'inglese, mi mancava solo lei per la media del…"
"Non prendertela… anzi… vieni un attimo qui. Stringi un po' i denti".
Mio fratello. Un torello. Dieci anni in meno di me. Ma già molto più ipertrofico. Misteri dello Stress.
martedì 19 giugno 2001
Sembra che ci siano dei fortunati signori che detengono il potere, che in una torre d'avorio, protetti dalle forze dell'ordine, discutono dei loro problemi mentre fuori c'è una moltitudine che protesta e che le forze dell'ordine contrastano con i mezzi del potere
Silvio Berlusconi ("La Repubblica", 16/6)
A Goteborg il morto c'è scappato, o forse no, non si è capito ancora. In ogni caso c'è stato un poliziotto che ha sparato per uccidere – perché non si spara un proiettile di piombo alle spalle per motivi di ordine pubblico.
In tv sono passati in rotazione i filmati dei 'neri' che spaccavano le vetrine: quanti siano i 'neri' nessuno può dirlo, ma senz'altro sono numerosissime le telecamere che li filmavano.
Per altro tra i due episodi (il vandalismo dei 'neri' e la sparatoria della polizia) non sono collegati fra loro, come forse il telespettatore è portato a pensare. Sono cose successe in momenti diversi e in luoghi diversi. Le pallottole se le sono beccate dei giovani a un concerto: nessuno ha sparato contro i 'neri' del black block (che in seguito li ha sconfessati).
(Viene il sospetto che la cosa più prudente da fare in una manifestazione del genere sia… rompere le vetrine! Nessuno ti disturba, se sei fortunato ti inquadrano anche in tv. Viceversa, a star buoni e a voltare le spalle quando ti caricano rischi di beccarti una pallottola).
Questo è successo a Goteborg, Svezia. La polizia svedese si prenderà le sue responsabilità.
Quanto alla polizia italiana, le notizie di questi giorni sono inquietanti. Non accade tutti i giorni che una manifestazione di operai si concluda con dei contusi, com'è successo a Genova la settimana scorsa. Anche il caso di Buffon (pestato a un controllo della polizia senza un preciso motivo) è un pessimo segno. Si tratterà anche di teste calde isolate: ma i fatti di Napoli (Global Forum) ci hanno dimostrato che anche le teste calde della polizia si danno ritrovo a questo tipo di vertici.
Tanto peggio, perché a Genova bisogna andarci.
Ci sono mille buoni motivi, e cento buone organizzazioni, per manifestare contro il vertice del G8. Per quanto mi riguarda – e per quanto possa interessare – resto scettico sulla pratica dello 'sconfinamento' nella zona rossa, che all'atto pratico si traduce nell'andare a cercarsi le manganellate là dove c'è chi è ansioso di darle. Ma appunto, questa è la mia posizione, e conta veramente poco quando a Genova sono attese decine di migliaia di persone da decine di Paesi. È chiaro che non tutti hanno intenzioni pacifiche, e allora? Bisogna lasciare loro la piazza? Nominarli nostri rappresentanti al vertice anti-G8? No, bisogna andare là ed essere più di loro. Veramente molti di più.
Personalmente non amo andare in battaglia, a meno che la supremazia non sia schiacciante e la vittoria sicura. Questo è appunto il caso. Sul piano mediatico la vittoria è già stata ottenuta, senza colpo ferire. Da una parte il Genoa Social Forum, con la sua Dichiarazione di Pace si è presentato come interlocutore credibile, e da settimane ha chiesto al governo garanzie per i cittadini e i dimostranti. Dall'altra il governo è inciampato in una serie di cattive figure (per esempio scaricare la responsabilità sul governo Amato, quando gli stessi parlamentari della CdL votarono per ospitare il G8 a Genova), ma intanto ha accusato il colpo. Berlusconi sul protocollo di Kyoto ha già fatto marcia indietro, e rilascia dichiarazioni sorprendenti, come quella qui sopra. E vediamo individui insospettabili come Casini o Ruggiero cercare il dialogo, neanche loro sanno bene con chi.
Questo non significa che a Genova non si correranno rischi. Ci saranno manganelli, pistole, idranti. Ci saranno tentativi di strumentalizzazione da una parte e dall'altra. Ci sarà Bertinotti. E allora? Sono rischi che vale la pena di correre. Credo.
Il sito delle Tute Bianche. Non si può condividere tutto, nella vita (il referendum, ad esempio): ma i Wu Ming stanno diventando i più grandi agit-prop della storia. Vederli all'opera è uno spettacolo avvincente (non mancate il progetto Garibaldi).
Silvio Berlusconi ("La Repubblica", 16/6)
A Goteborg il morto c'è scappato, o forse no, non si è capito ancora. In ogni caso c'è stato un poliziotto che ha sparato per uccidere – perché non si spara un proiettile di piombo alle spalle per motivi di ordine pubblico.
In tv sono passati in rotazione i filmati dei 'neri' che spaccavano le vetrine: quanti siano i 'neri' nessuno può dirlo, ma senz'altro sono numerosissime le telecamere che li filmavano.
Per altro tra i due episodi (il vandalismo dei 'neri' e la sparatoria della polizia) non sono collegati fra loro, come forse il telespettatore è portato a pensare. Sono cose successe in momenti diversi e in luoghi diversi. Le pallottole se le sono beccate dei giovani a un concerto: nessuno ha sparato contro i 'neri' del black block (che in seguito li ha sconfessati).
(Viene il sospetto che la cosa più prudente da fare in una manifestazione del genere sia… rompere le vetrine! Nessuno ti disturba, se sei fortunato ti inquadrano anche in tv. Viceversa, a star buoni e a voltare le spalle quando ti caricano rischi di beccarti una pallottola).
Questo è successo a Goteborg, Svezia. La polizia svedese si prenderà le sue responsabilità.
Quanto alla polizia italiana, le notizie di questi giorni sono inquietanti. Non accade tutti i giorni che una manifestazione di operai si concluda con dei contusi, com'è successo a Genova la settimana scorsa. Anche il caso di Buffon (pestato a un controllo della polizia senza un preciso motivo) è un pessimo segno. Si tratterà anche di teste calde isolate: ma i fatti di Napoli (Global Forum) ci hanno dimostrato che anche le teste calde della polizia si danno ritrovo a questo tipo di vertici.
Tanto peggio, perché a Genova bisogna andarci.
Ci sono mille buoni motivi, e cento buone organizzazioni, per manifestare contro il vertice del G8. Per quanto mi riguarda – e per quanto possa interessare – resto scettico sulla pratica dello 'sconfinamento' nella zona rossa, che all'atto pratico si traduce nell'andare a cercarsi le manganellate là dove c'è chi è ansioso di darle. Ma appunto, questa è la mia posizione, e conta veramente poco quando a Genova sono attese decine di migliaia di persone da decine di Paesi. È chiaro che non tutti hanno intenzioni pacifiche, e allora? Bisogna lasciare loro la piazza? Nominarli nostri rappresentanti al vertice anti-G8? No, bisogna andare là ed essere più di loro. Veramente molti di più.
Personalmente non amo andare in battaglia, a meno che la supremazia non sia schiacciante e la vittoria sicura. Questo è appunto il caso. Sul piano mediatico la vittoria è già stata ottenuta, senza colpo ferire. Da una parte il Genoa Social Forum, con la sua Dichiarazione di Pace si è presentato come interlocutore credibile, e da settimane ha chiesto al governo garanzie per i cittadini e i dimostranti. Dall'altra il governo è inciampato in una serie di cattive figure (per esempio scaricare la responsabilità sul governo Amato, quando gli stessi parlamentari della CdL votarono per ospitare il G8 a Genova), ma intanto ha accusato il colpo. Berlusconi sul protocollo di Kyoto ha già fatto marcia indietro, e rilascia dichiarazioni sorprendenti, come quella qui sopra. E vediamo individui insospettabili come Casini o Ruggiero cercare il dialogo, neanche loro sanno bene con chi.
Questo non significa che a Genova non si correranno rischi. Ci saranno manganelli, pistole, idranti. Ci saranno tentativi di strumentalizzazione da una parte e dall'altra. Ci sarà Bertinotti. E allora? Sono rischi che vale la pena di correre. Credo.
Il sito delle Tute Bianche. Non si può condividere tutto, nella vita (il referendum, ad esempio): ma i Wu Ming stanno diventando i più grandi agit-prop della storia. Vederli all'opera è uno spettacolo avvincente (non mancate il progetto Garibaldi).
venerdì 15 giugno 2001
Lo devo ammettere, ahimé! è proprio vero: l'opposizione mette il buonumore.
My intentions are good, and honest, and true
È da un paio di giorni che marpioneggio con chi mi capita a tiro. "Un milione al mese, capisci? Soldi facili. Io ci metto il consenso, tu stai a casa un po', e una volta nato puoi abbandonarlo quando vuoi. Dai, dai… facciamo un bambino!
Ma loro nicchiano, hanno sempre qualche scusa, tipo che poi mentre è in grembo ti ci affezioni, e dopo certo non lo sganci per un milione, che ammetto, di questi tempi è una miseria.
Ma io rilancio: "E chi ti dice di abbandonarlo! Teniamolo! Buttiglione sgancia un milione e duecento per trentasei mesi: fanno più di quaranta milioni!" Ci si può comprare una macchina, compresa di seggiolino per lui.
Niente da fare. 'Ste donne moderne non sanno cogliere l'occasione, guardano sempre troppo avanti. Quando per esempio toccherà mandarlo a scuola e la scuola sarà una merda, perché mancano i soldi. Perché c'è un buco di millanta miliardi, non lo sapete? Lo ha trovato Tremonti, poveretto. Al ministero. Sotto un poster della Ferilli, dicono. Voleva staccarlo per appendere la foto dei suoi bambini. L'avesse mai fatto!
My intentions are good, and honest, and true
È da un paio di giorni che marpioneggio con chi mi capita a tiro. "Un milione al mese, capisci? Soldi facili. Io ci metto il consenso, tu stai a casa un po', e una volta nato puoi abbandonarlo quando vuoi. Dai, dai… facciamo un bambino!
Ma loro nicchiano, hanno sempre qualche scusa, tipo che poi mentre è in grembo ti ci affezioni, e dopo certo non lo sganci per un milione, che ammetto, di questi tempi è una miseria.
Ma io rilancio: "E chi ti dice di abbandonarlo! Teniamolo! Buttiglione sgancia un milione e duecento per trentasei mesi: fanno più di quaranta milioni!" Ci si può comprare una macchina, compresa di seggiolino per lui.
Niente da fare. 'Ste donne moderne non sanno cogliere l'occasione, guardano sempre troppo avanti. Quando per esempio toccherà mandarlo a scuola e la scuola sarà una merda, perché mancano i soldi. Perché c'è un buco di millanta miliardi, non lo sapete? Lo ha trovato Tremonti, poveretto. Al ministero. Sotto un poster della Ferilli, dicono. Voleva staccarlo per appendere la foto dei suoi bambini. L'avesse mai fatto!
giovedì 14 giugno 2001
Quanti anni hai (perso)?
I compleanni, pfui.
Cosa volete che m'importi se la ragazza se ne dimentica, le conquiline non ci fanno caso, la mia socia casca dalle nuvole?
Fino a sera ho temuto una congiura contro di me: una maledetta festa a sorpresa. A mezzanotte ho tirato un sospiro di sollievo: aaah. Entro nel nuovo anno in sublime solitudine.
Qualcuno me l'avrà già sentito dire: la lingua italiana (come altre) in materia di età cela un interessante paradosso. In realtà quando dico: "ho" 28 anni (ecco, l'ho detto), affermo di possedere proprio gli anni che ho già speso, che non "ho" più.
Alla domanda: "Quanti anni hai" vorrei più opportunatamente rispondere: "Non ho più 28 anni".
Certo, più sensato ancora sarebbe dichiarare quanti anni abbiamo davvero: quanti cioè ci restano da vivere. Purtroppo la vita non è sensata e non ci è dato di sapere quanti anni abbiamo veramente. Io me ne do una settantina, voi? (Sempre meglio darsene qualcuno in più).
Apparentemente non c'entra nulla.
Proprio ieri sentivo al telegiornale di un altro "ragazzo" che aveva ucciso la madre. Ci risiamo, pensavo. Dopo cinque minuti di servizio si scopre che il "ragazzo" ha 33 anni. Per carità, la tragedia rimane tale. Ma… ragazzo? A 33 anni?
Ecco cosa chiedo in occasione del mio 28esimo anno. Smettete di chiamarmi ragazzo. E già che ci siamo, smettiamola anche col giovane. Alla mia età c'è chi ha già una florida carriera alle spalle e davanti. Se loro non sono più ragazzi, non ho intenzione di esserlo io.
(Non chiedo molto. Altri hanno pretese peggiori. Jonathan, giovane speranza dell'italianistica, minaccia di "smettere di giocare al cuoco" da "ultratrentenne". Mi appello a chi abbia ricevuto il suo invito: mobilitiamoci affinché questo non avvenga mai. Jonathan, le tue cene ringiovaniscono. Io l'anno scorso rischiai di restare per sempre a 27, perché inseguendo Pier nel parcheggio ("Pier! Non puoi guidare! Hai bevuto trop…") inciampai nei miei stessi calzoni e scivolai sul duro asfalto lasciando centimetri e centimetri di pelle.
Bei tempi.
Ah, la gioventù. Avessi ancora… i miei 28 anni).
I compleanni, pfui.
Cosa volete che m'importi se la ragazza se ne dimentica, le conquiline non ci fanno caso, la mia socia casca dalle nuvole?
Fino a sera ho temuto una congiura contro di me: una maledetta festa a sorpresa. A mezzanotte ho tirato un sospiro di sollievo: aaah. Entro nel nuovo anno in sublime solitudine.
Qualcuno me l'avrà già sentito dire: la lingua italiana (come altre) in materia di età cela un interessante paradosso. In realtà quando dico: "ho" 28 anni (ecco, l'ho detto), affermo di possedere proprio gli anni che ho già speso, che non "ho" più.
Alla domanda: "Quanti anni hai" vorrei più opportunatamente rispondere: "Non ho più 28 anni".
Certo, più sensato ancora sarebbe dichiarare quanti anni abbiamo davvero: quanti cioè ci restano da vivere. Purtroppo la vita non è sensata e non ci è dato di sapere quanti anni abbiamo veramente. Io me ne do una settantina, voi? (Sempre meglio darsene qualcuno in più).
Apparentemente non c'entra nulla.
Proprio ieri sentivo al telegiornale di un altro "ragazzo" che aveva ucciso la madre. Ci risiamo, pensavo. Dopo cinque minuti di servizio si scopre che il "ragazzo" ha 33 anni. Per carità, la tragedia rimane tale. Ma… ragazzo? A 33 anni?
Ecco cosa chiedo in occasione del mio 28esimo anno. Smettete di chiamarmi ragazzo. E già che ci siamo, smettiamola anche col giovane. Alla mia età c'è chi ha già una florida carriera alle spalle e davanti. Se loro non sono più ragazzi, non ho intenzione di esserlo io.
(Non chiedo molto. Altri hanno pretese peggiori. Jonathan, giovane speranza dell'italianistica, minaccia di "smettere di giocare al cuoco" da "ultratrentenne". Mi appello a chi abbia ricevuto il suo invito: mobilitiamoci affinché questo non avvenga mai. Jonathan, le tue cene ringiovaniscono. Io l'anno scorso rischiai di restare per sempre a 27, perché inseguendo Pier nel parcheggio ("Pier! Non puoi guidare! Hai bevuto trop…") inciampai nei miei stessi calzoni e scivolai sul duro asfalto lasciando centimetri e centimetri di pelle.
Bei tempi.
Ah, la gioventù. Avessi ancora… i miei 28 anni).
martedì 12 giugno 2001
Ma che ci rappresenta Letizia Moratti?
Qualcuno per favore me lo spieghi. Credevo che i ministri, di solito, si potessero dividere in politici e tecnici.
I 'politici' sono esponenti della maggioranza democraticamente eletta; non sono necessariamente esperti nel settore di cosa pubblica che gli è stato affidato, ma si ritengono interpreti della volontà popolare. Si spera che abbiano a loro disposizione fior fiore di esperti tecnici.
I 'tecnici' invece sono professionisti che non hanno partecipato alla lotta politica, ma la cui competenza su di un determinato settore di cosa pubblica è totalmente fuori discussione. Si spera che tengano conto dell'indirizzo politico del governo nel quale sono stati nominati.
Tutto chiaro, no? Ruggiero può piacere o non piacere, ma non c'è dubbio che di mestiere faccia il diplomatico. Per contro Scajola probabilmente fino a pochi mesi fa sapeva ben poco di pubblica sicurezza, ma è stato eletto per occuparsene, e (ci auguriamo) si terrà aggiornato. Certo, il massimo sarebbe avere politici con buone competenze tecniche, ma non sempre si può avere tutto. Così va il mondo, nella democrazia.
Ma Letizia Moratti?
È una politica o una tecnica?
Vediamo.
Politica no, semplicemente perché non milita in nessun partito, e non ha mai chiesto a nessun corpo elettorale di esprimere un parere su di lei. Io poi coi nomi e le facce sono una frana, so che Berlusconi l'ha già nominata altrove, ma mi pare che anche durante questi anni di centrosinistra fosse capitata in qualche totoministri. Insomma, è accreditata come personaggio al di sopra delle parti. Buon per lei. Ma è chiaro che non si tratta di un ministro politico.
E allora è un tecnico?
Come no. Basta sfogliare un suo curriculum. Uno qualunque.
A 25 anni fonda la Gpa, società che diventa leader nel mercato italiano del brokeraggio assicurativo. Nel '90 entra nel consiglio di amministrazione della Comit, da cui esce nel '94. Nello stesso anno la Gpa acquisisce il gruppo Nichols e forma un'alleanza internazionale con il gruppo Segdwick.
Nel '94, con il governo Berlusconi, viene nominata presidente della Rai, carica che mantiene fino al '96. Alla fine del '98, e per un anno circa, Letizia Moratti diventa presidente e amministratore delegato di News Corp Europe, società del gruppo Murdoch presente in Stream. Oggi guida GoldenEgg, società che finanzia aziende attive nel settore delle tlc e della multimedialità.
Giù il cappello. Per dire: io a 25 anni mi mettevo ancora le dita nel naso…
Però, scusate un attimo. Sarà senz'altro un'ottima manager, e probabilmente il brokeraggio, qualunque cosa sia, non ha segreti per lei.
Ma è stata nominata alla Pubblica Istruzione. Che tipo di competenze può vantare in materia di pubblica istruzione?
Questo non è chiaro. Che sappia amministrare le aziende pubbliche e private è fuori discussione. Ma magari nei week-end liberi è un'appassionata studiosa di pedagogia e didattica. Forse ha scritto saggi su Piaget. Forse invece è un'esperta di Lombardo Radice. Il curriculum non lo dice. Ma non credo che sia il caso di schermirsi. Se si può vantare una competenza tecnica in questa materia, forse è il caso di farlo sapere agli italiani.
Certo, se ragioniamo così, nemmeno Berlinguer era un esperto. Infatti: era un ministro 'politico': rappresentava una parte dell'elettorato. Ma Letizia Moratti, che ci rappresenta?
Senz'altro rappresenta un aspetto interessante del Berlusconi politico, che sì vuole andare d'accordo con tutti, ma fa poi quel che gli pare. Non è necessariamente il male peggiore. È da anni che Buttiglione grida in giro che quel ministero dev'essere suo: a un certo punto si era alleato persino con D'Alema per prenderselo. Se si pensa che i cattolici si son tenuti stretti quel ministero per 50 anni, è quasi stupefacente che non ci siamo trovati qualche bigotto di area comunione e liberazione. Almeno questa tristezza ci è stata risparmiata.
Ma Buttiglione rappresenta pur sempre qualcuno, magari un 1%, ma qualcuno. E Letizia Moratti?
Forse rappresenta Murdoch, rappresenta la dinastia Moratti, insomma, qualche non meglio identificato 'potere forte'?
Mah, queste sono insinuazioni che poi non significano nulla. Agnelli avrà avuto la sua convenienza a sponsorizzare Ruggiero. Ma Murdoch e compagnia bella che interessi avranno mai, scusate, per la pubblica istruzione in Italia?
Altre teorie:
1. Nella memoria collettiva giornalistico-popolare Letizia Moratti è associata a una frase del '94 che suonava più o meno così "in televisione il servizio pubblico deve considerarsi complementare al servizio privato".
A molti non piacque quella frase, ma a Berlusconi magari sì. Forse per lui i problemi della scuola si possono risolvere con una medesima strategia: nella scuola il servizio pubblico deve considerarsi complementare al privato. Negli States funziona così, no? Chi se lo può permettere in una scuola privata di qualità, gli altri nei ghetti gestiti coi (pochi) soldi pubblici. E poi: i bianchi nelle scuole bianche, i cattolici nelle scuole cattoliche. Lui i suoi figli li ha mandati alla scuola steineriana, e si vede che è contento.
2. Si dice sempre: più donne in politica, ma poi quando sei lì che devi eleggere i ministri le donne che ti vengono in mente sono proprio poche. Sempre solo attrici e conduttrici, credete davvero che a Berlusconi non piacerebbe farsi ogni tanto qualche chiacchiera con una manager, una professionista seria e stimata? Ma sì, chiamiamo la Moratti, un posto per lei si trova. Vediamo. Al lavoro ci deve andare Maroni, ha piantato una grana… alle comunicazioni Gasparri, che se non gli dai finalmente qualcosa da fare continua a combinare stronzate… Cosa resta? La pubblica istruzione? Vada. E Buttiglione? Buttiglione si arrangia con quel che c'è, uè son mica Babbo Natale.
3. Resta pur sempre il beneficio del dubbio. E cioè: magari Letizia Moratti è davvero una grande esperta di pedagogia e scolarizzazione, all'insaputa di tutti. Altrimenti perché avrebbero nominato proprio lei erede di un grande tecnico come Tullio De Mauro? Visto che poi tutti danno scontato che la Moratti straccerà la riforma De Mauro e ne farà una assai più bella e adatta all'Italia e ai suoi problemi. Una persona seria e capace come la signora Moratti non avrebbe mai accettato un incarico in un settore che non le compete. Vogliamo scherzare? È gente seria, quella lì. E si tratta di riscrivere i cicli scolastici, mettere finalmente d'accordo alunni e professori, in assoluto forse i cittadini con una più spiccata attitudine protestataria. Figuriamoci se s'improvvisa. Uè, son manager quelli lì, mica pirla. O no?
Qualcuno per favore me lo spieghi. Credevo che i ministri, di solito, si potessero dividere in politici e tecnici.
I 'politici' sono esponenti della maggioranza democraticamente eletta; non sono necessariamente esperti nel settore di cosa pubblica che gli è stato affidato, ma si ritengono interpreti della volontà popolare. Si spera che abbiano a loro disposizione fior fiore di esperti tecnici.
I 'tecnici' invece sono professionisti che non hanno partecipato alla lotta politica, ma la cui competenza su di un determinato settore di cosa pubblica è totalmente fuori discussione. Si spera che tengano conto dell'indirizzo politico del governo nel quale sono stati nominati.
Tutto chiaro, no? Ruggiero può piacere o non piacere, ma non c'è dubbio che di mestiere faccia il diplomatico. Per contro Scajola probabilmente fino a pochi mesi fa sapeva ben poco di pubblica sicurezza, ma è stato eletto per occuparsene, e (ci auguriamo) si terrà aggiornato. Certo, il massimo sarebbe avere politici con buone competenze tecniche, ma non sempre si può avere tutto. Così va il mondo, nella democrazia.
Ma Letizia Moratti?
È una politica o una tecnica?
Vediamo.
Politica no, semplicemente perché non milita in nessun partito, e non ha mai chiesto a nessun corpo elettorale di esprimere un parere su di lei. Io poi coi nomi e le facce sono una frana, so che Berlusconi l'ha già nominata altrove, ma mi pare che anche durante questi anni di centrosinistra fosse capitata in qualche totoministri. Insomma, è accreditata come personaggio al di sopra delle parti. Buon per lei. Ma è chiaro che non si tratta di un ministro politico.
E allora è un tecnico?
Come no. Basta sfogliare un suo curriculum. Uno qualunque.
A 25 anni fonda la Gpa, società che diventa leader nel mercato italiano del brokeraggio assicurativo. Nel '90 entra nel consiglio di amministrazione della Comit, da cui esce nel '94. Nello stesso anno la Gpa acquisisce il gruppo Nichols e forma un'alleanza internazionale con il gruppo Segdwick.
Nel '94, con il governo Berlusconi, viene nominata presidente della Rai, carica che mantiene fino al '96. Alla fine del '98, e per un anno circa, Letizia Moratti diventa presidente e amministratore delegato di News Corp Europe, società del gruppo Murdoch presente in Stream. Oggi guida GoldenEgg, società che finanzia aziende attive nel settore delle tlc e della multimedialità.
Giù il cappello. Per dire: io a 25 anni mi mettevo ancora le dita nel naso…
Però, scusate un attimo. Sarà senz'altro un'ottima manager, e probabilmente il brokeraggio, qualunque cosa sia, non ha segreti per lei.
Ma è stata nominata alla Pubblica Istruzione. Che tipo di competenze può vantare in materia di pubblica istruzione?
Questo non è chiaro. Che sappia amministrare le aziende pubbliche e private è fuori discussione. Ma magari nei week-end liberi è un'appassionata studiosa di pedagogia e didattica. Forse ha scritto saggi su Piaget. Forse invece è un'esperta di Lombardo Radice. Il curriculum non lo dice. Ma non credo che sia il caso di schermirsi. Se si può vantare una competenza tecnica in questa materia, forse è il caso di farlo sapere agli italiani.
Certo, se ragioniamo così, nemmeno Berlinguer era un esperto. Infatti: era un ministro 'politico': rappresentava una parte dell'elettorato. Ma Letizia Moratti, che ci rappresenta?
Senz'altro rappresenta un aspetto interessante del Berlusconi politico, che sì vuole andare d'accordo con tutti, ma fa poi quel che gli pare. Non è necessariamente il male peggiore. È da anni che Buttiglione grida in giro che quel ministero dev'essere suo: a un certo punto si era alleato persino con D'Alema per prenderselo. Se si pensa che i cattolici si son tenuti stretti quel ministero per 50 anni, è quasi stupefacente che non ci siamo trovati qualche bigotto di area comunione e liberazione. Almeno questa tristezza ci è stata risparmiata.
Ma Buttiglione rappresenta pur sempre qualcuno, magari un 1%, ma qualcuno. E Letizia Moratti?
Forse rappresenta Murdoch, rappresenta la dinastia Moratti, insomma, qualche non meglio identificato 'potere forte'?
Mah, queste sono insinuazioni che poi non significano nulla. Agnelli avrà avuto la sua convenienza a sponsorizzare Ruggiero. Ma Murdoch e compagnia bella che interessi avranno mai, scusate, per la pubblica istruzione in Italia?
Altre teorie:
1. Nella memoria collettiva giornalistico-popolare Letizia Moratti è associata a una frase del '94 che suonava più o meno così "in televisione il servizio pubblico deve considerarsi complementare al servizio privato".
A molti non piacque quella frase, ma a Berlusconi magari sì. Forse per lui i problemi della scuola si possono risolvere con una medesima strategia: nella scuola il servizio pubblico deve considerarsi complementare al privato. Negli States funziona così, no? Chi se lo può permettere in una scuola privata di qualità, gli altri nei ghetti gestiti coi (pochi) soldi pubblici. E poi: i bianchi nelle scuole bianche, i cattolici nelle scuole cattoliche. Lui i suoi figli li ha mandati alla scuola steineriana, e si vede che è contento.
2. Si dice sempre: più donne in politica, ma poi quando sei lì che devi eleggere i ministri le donne che ti vengono in mente sono proprio poche. Sempre solo attrici e conduttrici, credete davvero che a Berlusconi non piacerebbe farsi ogni tanto qualche chiacchiera con una manager, una professionista seria e stimata? Ma sì, chiamiamo la Moratti, un posto per lei si trova. Vediamo. Al lavoro ci deve andare Maroni, ha piantato una grana… alle comunicazioni Gasparri, che se non gli dai finalmente qualcosa da fare continua a combinare stronzate… Cosa resta? La pubblica istruzione? Vada. E Buttiglione? Buttiglione si arrangia con quel che c'è, uè son mica Babbo Natale.
3. Resta pur sempre il beneficio del dubbio. E cioè: magari Letizia Moratti è davvero una grande esperta di pedagogia e scolarizzazione, all'insaputa di tutti. Altrimenti perché avrebbero nominato proprio lei erede di un grande tecnico come Tullio De Mauro? Visto che poi tutti danno scontato che la Moratti straccerà la riforma De Mauro e ne farà una assai più bella e adatta all'Italia e ai suoi problemi. Una persona seria e capace come la signora Moratti non avrebbe mai accettato un incarico in un settore che non le compete. Vogliamo scherzare? È gente seria, quella lì. E si tratta di riscrivere i cicli scolastici, mettere finalmente d'accordo alunni e professori, in assoluto forse i cittadini con una più spiccata attitudine protestataria. Figuriamoci se s'improvvisa. Uè, son manager quelli lì, mica pirla. O no?
lunedì 11 giugno 2001
Parigi è sempre lì, dove l'abbiamo lasciata:
Tra il piacere di orientarsi e il fastidio di ripetere gli stessi sentieri in una metropoli che comunque ci resterà sconosciuta. Ci dev'essere qualche disturbo di nazionalità se nella mia ormai ventottenne esperienza ho visto Roma una volta sola (anno santo '83: ricordo vagamente un cupolone) e Parigi sei, sette --– ho perso il conto. Un po' me ne vergogno.
Poi se si è vissuti in Francia appena un poco (non dico "Parigi"; dico "Francia", c'è una bella differenza) si finisce per disprezzare un po' la capitale, ombelico del Paese, snodo ferroviario unico, enorme sala d'attesa con qualche monumento tra una stazione all'altra per tirare su il morale al viaggiatore. Bella, sì. Ma tutti bianchi quei muri, che tristezza.
A Parigi comunque resto affezionato, un poco mi appartiene – per lo meno avrei diritto a qualche opzione su una fettina tra Bastiglia, Senna e stazione -– il fauburg st. Antoine che adesso è molto cool (ma da quando?) ma ancora caratterizzato dai mobilifici: sicché magari t'imbatti in un bel posticino che da fuori ti sembra confortevole, ti verrebbe voglia di entrare e berci qualcosa, ma poi scopri che è un'esposizione di salotti.
Parigi senz'altro val bene questo turismo incosciente e molto sportivo: partire alle otto di sera, arrivare alle dieci del giorno dopo, e ritorno. Per ritrovarsi in ufficio alle otto e mezza del mattino, senza esser passati da casa. Tanto quel che c'è da vedere si è già visto, o comunque varrà sempre la pena di tornare a rivederlo.
Altre cose degne di nota? Non so, per esempio:
1. Ai giardini di Luxembourg, notiamo che i francesi dispongono le panchine rivolte verso le aiuole. In Italia si fa il contrario. Loro contemplano il verde, noi c'informiamo su chi passa (segnalazione di Riccardo).
2. Dalle parti del point neuf sei-sette ragazze salutano le imbarcazioni mostrando il culo. Non ci viene neanche uno spunto per socializzare.
3. Volete invece agganciare una ragazza nel quartiere latino? Presentategli i vostri amici italiani.
"Siamo qui per tener compagnia al nostro Pierre, è un filosofo sai, ma ha un po' di mal du pays (nostalgia)"
"Un filosofo… veramente?"
"Sì, lui è qui per trascrivere inediti di Foucalt, il testamento proibisce di pubblicarli, ma non di trascriverli, e allora lui… (mimando una penna d'oca trascinata faticosamente – in realtà Pier ha un prosaico portatile)".
"Oooh… e voi cosa fate?"
"Noi… beh, c'è Yves, che è un altro filosofo… Yves, dì qualcosa"
IVANO: "Hello, my name is…"
"Lui non parla francese, perché è un filosofo tedesco"
4. Frequentando il metrò senza il dovuto allenamento si finisce per essere succubi delle campagne pubblicitarie più pervasive. I sotterranei di Parigi in questi giorni sono invasi da questo cartellone delle gallerie Lafayette, dove si fa, ehm, un uso molto intelligente della fisicità di Laetitia Casta. Così non è che parlassimo tutto il tempo di filosofia.
5. Due giorni in sosta abusiva senza multa: a Barcellona non mi mai sarei attentato, qui sì. Per contro, se entrando in un metro alla sera trovate tutto aperto, sappiate che all'uscita vi attende un impiegato RATP pronto a multarvi e a chiamare i gendarmi al minimo cenno di protesta.
6. Faccio notare ai miei filosofi come sia diverso, insopportabilmente diverso, il gioco del biliardino in Francia. Le dimensioni del campo, i materiali più leggeri, le manopole, il boccino. E quella guerra snervante di finte e passaggi in orizzontale, che a riproporlo in Italia in un qualsiasi circolo parrocchiale ti costerebbe il linciaggio. Loro naturalmente sono convinti di giocare il più bel gioco del mondo.
7. Sotto questo cielo bianco raramente venato d'azzurro, che specchia la monotona tinta delle facciate sui boulevards, se v'imbattete in qualcuno con occhiali scuri è senza dubbio un italiano
8. L'Italia va forte. Parigi pullula di retrospettive su Moretti. Mi fa piacere ma mi domando quanto snobismo ci voglia per apprezzare una cosa tipo Io sono un autarchico coi sottotitoli. Magari lo trovano drammatico…
L'Italia comunque va forte: tre mostre in tema all'Orsay. C'è il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo (ma di solito dove lo tengono?) e un po' di bric-à-brac dannunziano, una scarpiera e un guardaroba. E un video sulle sue imprese di aviatore. Viene un po' il sospetto che in Francia ci amino così: vanesi, spavaldi, egocentrici e comunque, presto o tardi, sconfitti.
9. L'argomento del giorno è il passato trotskista di Jospin. Gli operai del biscottificio Lu protestano contro la chiusura (in autostrada avevamo visto lo gli striscioni sullo stabilimento: Lu lutte). Nel fauburg troviamo anche un volantino che dice: tutti a Genova il 20 luglio.
E altre cose che pian piano mi verranno in mente.
Tra il piacere di orientarsi e il fastidio di ripetere gli stessi sentieri in una metropoli che comunque ci resterà sconosciuta. Ci dev'essere qualche disturbo di nazionalità se nella mia ormai ventottenne esperienza ho visto Roma una volta sola (anno santo '83: ricordo vagamente un cupolone) e Parigi sei, sette --– ho perso il conto. Un po' me ne vergogno.
Poi se si è vissuti in Francia appena un poco (non dico "Parigi"; dico "Francia", c'è una bella differenza) si finisce per disprezzare un po' la capitale, ombelico del Paese, snodo ferroviario unico, enorme sala d'attesa con qualche monumento tra una stazione all'altra per tirare su il morale al viaggiatore. Bella, sì. Ma tutti bianchi quei muri, che tristezza.
A Parigi comunque resto affezionato, un poco mi appartiene – per lo meno avrei diritto a qualche opzione su una fettina tra Bastiglia, Senna e stazione -– il fauburg st. Antoine che adesso è molto cool (ma da quando?) ma ancora caratterizzato dai mobilifici: sicché magari t'imbatti in un bel posticino che da fuori ti sembra confortevole, ti verrebbe voglia di entrare e berci qualcosa, ma poi scopri che è un'esposizione di salotti.
Parigi senz'altro val bene questo turismo incosciente e molto sportivo: partire alle otto di sera, arrivare alle dieci del giorno dopo, e ritorno. Per ritrovarsi in ufficio alle otto e mezza del mattino, senza esser passati da casa. Tanto quel che c'è da vedere si è già visto, o comunque varrà sempre la pena di tornare a rivederlo.
Altre cose degne di nota? Non so, per esempio:
1. Ai giardini di Luxembourg, notiamo che i francesi dispongono le panchine rivolte verso le aiuole. In Italia si fa il contrario. Loro contemplano il verde, noi c'informiamo su chi passa (segnalazione di Riccardo).
2. Dalle parti del point neuf sei-sette ragazze salutano le imbarcazioni mostrando il culo. Non ci viene neanche uno spunto per socializzare.
3. Volete invece agganciare una ragazza nel quartiere latino? Presentategli i vostri amici italiani.
"Siamo qui per tener compagnia al nostro Pierre, è un filosofo sai, ma ha un po' di mal du pays (nostalgia)"
"Un filosofo… veramente?"
"Sì, lui è qui per trascrivere inediti di Foucalt, il testamento proibisce di pubblicarli, ma non di trascriverli, e allora lui… (mimando una penna d'oca trascinata faticosamente – in realtà Pier ha un prosaico portatile)".
"Oooh… e voi cosa fate?"
"Noi… beh, c'è Yves, che è un altro filosofo… Yves, dì qualcosa"
IVANO: "Hello, my name is…"
"Lui non parla francese, perché è un filosofo tedesco"
4. Frequentando il metrò senza il dovuto allenamento si finisce per essere succubi delle campagne pubblicitarie più pervasive. I sotterranei di Parigi in questi giorni sono invasi da questo cartellone delle gallerie Lafayette, dove si fa, ehm, un uso molto intelligente della fisicità di Laetitia Casta. Così non è che parlassimo tutto il tempo di filosofia.
5. Due giorni in sosta abusiva senza multa: a Barcellona non mi mai sarei attentato, qui sì. Per contro, se entrando in un metro alla sera trovate tutto aperto, sappiate che all'uscita vi attende un impiegato RATP pronto a multarvi e a chiamare i gendarmi al minimo cenno di protesta.
6. Faccio notare ai miei filosofi come sia diverso, insopportabilmente diverso, il gioco del biliardino in Francia. Le dimensioni del campo, i materiali più leggeri, le manopole, il boccino. E quella guerra snervante di finte e passaggi in orizzontale, che a riproporlo in Italia in un qualsiasi circolo parrocchiale ti costerebbe il linciaggio. Loro naturalmente sono convinti di giocare il più bel gioco del mondo.
7. Sotto questo cielo bianco raramente venato d'azzurro, che specchia la monotona tinta delle facciate sui boulevards, se v'imbattete in qualcuno con occhiali scuri è senza dubbio un italiano
8. L'Italia va forte. Parigi pullula di retrospettive su Moretti. Mi fa piacere ma mi domando quanto snobismo ci voglia per apprezzare una cosa tipo Io sono un autarchico coi sottotitoli. Magari lo trovano drammatico…
L'Italia comunque va forte: tre mostre in tema all'Orsay. C'è il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo (ma di solito dove lo tengono?) e un po' di bric-à-brac dannunziano, una scarpiera e un guardaroba. E un video sulle sue imprese di aviatore. Viene un po' il sospetto che in Francia ci amino così: vanesi, spavaldi, egocentrici e comunque, presto o tardi, sconfitti.
9. L'argomento del giorno è il passato trotskista di Jospin. Gli operai del biscottificio Lu protestano contro la chiusura (in autostrada avevamo visto lo gli striscioni sullo stabilimento: Lu lutte). Nel fauburg troviamo anche un volantino che dice: tutti a Genova il 20 luglio.
E altre cose che pian piano mi verranno in mente.
giovedì 7 giugno 2001
Perché ci casco tutti gli anni?
Ormai non sono più un pulcino e lo so come va il mondo… del resto alla partenza non ci faccio neanche caso (ma quando parte il giro quest'anno? Boh). Poi alla prima salita interessante inizio ad affezionarmi, mi entusiasmo… e patatrac. Perché, perché? Che senso ha gioire per le vittorie sportive di qualcun altro?
Adesso è troppo tardi: mi dispiace davvero. Soprattutto per Frigo e Simoni. Sembravano due bravi ragazzi. Ma forse ci sono dentro anche loro. Forse tutti, da Coppi e Bartali in giù.
La cronaca dice tutto: i ciclisti scioperano per protestare contro le perquisizioni. Se i NAS vanno a guardare nel cestino della spazzatura dell'albergo loro non possono più lavorare, dicono. E come si fa a dubitare della loro buona fede?
La cosa più scoraggiante è la loro compattezza. Per sospendere il Giro contro tutti e tutto, persino i direttori sportivi, bisogna essere veramente tutti d'accordo. E questo cosa vuol dire? Probabilmente che sono tutti coinvolti. Oppure che molti sono coinvolti e molti altri sono sprovveduti… ma bisogna essere proprio ottimisti.
Ultim'ora: domani il giro riprende, non è successo nulla. Beh, almeno un tifoso l'hanno perso per sempre. Io. Prometto che non ci cascherò più. Fino all'anno prossimo…
Ormai non sono più un pulcino e lo so come va il mondo… del resto alla partenza non ci faccio neanche caso (ma quando parte il giro quest'anno? Boh). Poi alla prima salita interessante inizio ad affezionarmi, mi entusiasmo… e patatrac. Perché, perché? Che senso ha gioire per le vittorie sportive di qualcun altro?
Adesso è troppo tardi: mi dispiace davvero. Soprattutto per Frigo e Simoni. Sembravano due bravi ragazzi. Ma forse ci sono dentro anche loro. Forse tutti, da Coppi e Bartali in giù.
La cronaca dice tutto: i ciclisti scioperano per protestare contro le perquisizioni. Se i NAS vanno a guardare nel cestino della spazzatura dell'albergo loro non possono più lavorare, dicono. E come si fa a dubitare della loro buona fede?
La cosa più scoraggiante è la loro compattezza. Per sospendere il Giro contro tutti e tutto, persino i direttori sportivi, bisogna essere veramente tutti d'accordo. E questo cosa vuol dire? Probabilmente che sono tutti coinvolti. Oppure che molti sono coinvolti e molti altri sono sprovveduti… ma bisogna essere proprio ottimisti.
Ultim'ora: domani il giro riprende, non è successo nulla. Beh, almeno un tifoso l'hanno perso per sempre. Io. Prometto che non ci cascherò più. Fino all'anno prossimo…
mercoledì 6 giugno 2001
Il 21 giugno giornata mondiale di protesta contro la politica energetica di Bush
Ieri era nell'aria, oggi è una notizia: il governo Berlusconi si darà da fare per rompere lo schieramento europeo che ha intenzione di ratificare unilateralmente il protocollo di Kyoto.
Tra i tanti crimini contro l'umanità che si perpetuano oggigiorno, la politica energetica di George Bush jr spicca per un aspetto: rappresenta una sfida totale, incondizionata, al buon senso comune. Che il clima si stia surriscaldando credo se ne stiano accorgendo anche in Texas. Il protocollo di Kyoto probabilmente non raffredderà il pianeta, ma era almeno il segno di un'ammissione di responsabilità. Invece no: nessuna responsabilità.
Un altro aspetto della politica di Bush è la totale mancanza di pudore. I suoi elettori se ne faranno una ragione: le loro esigenze vengono dopo quelle delle compagnie petrolifere che hanno finanziato la sua campagna. Il tutto alla luce (accecante, ormai) del sole, mentre in Europa la politica continua a finanziarsi tra mille ipocrisie e noiosi scandali.
Questo è quello che penso io. Sentiamo invece gli esponenti (senz'altro più esperti di me) della Casa delle Libertà:
"La posizione di Bush sul clima è frutto di una seria riflessione rispetto a posizioni ambientaliste".
Antonio Marzano (futuro ministro delle attività produttive?)
"La Casa delle Libertà punterà a cercare una mediazione con gli Stati uniti e il ministro in carica si rassegni: nei prossimi giorni ci sarà un nuovo governo. Trovo curioso che sia lui dopodomani (giovedì, ndr) in Lussemburgo a firmare documenti per conto dell'Italia"
Altero Mattioli (prossimo ministro dell'ambiente?)
Ci prendono per fessi. E forse lo siamo (li abbiamo eletti). Ma poi il sole picchia e ci squagliamo: vi è mai capitato di sudare così tanto in maggio, in valpadana? Non c'è bisogno di statistiche, che comunque confermerebbero.
È la strategia dello struzzo sotto la sabbia (ardente). Ma almeno Bush e il suo entourage ci guadagnano qualcosa. La Casa delle Libertà no, è pura simpatia disinteressata nei confronti dell'alleato americano. A testa in giù anche loro (e culo in alto, ben esposto...)
Adesso dovrei dire: un governo di centro-sinistra, oggi, non si comporterebbe in questa indecente maniera.
Per sentirmi rispondere: il governo di centro-sinistra uscente sul protocollo di Kyoto ha detto molto e fatto ben poco.
E per ribattere quindi: almeno sul piano simbolico non avrebbe rotto coi Paesi dell'Unione, che con la ratifica unilaterale del protocollo fanno una scelta coraggiosa.
Sentite, scordiamoci il passato. Anzi no, teniamone conto, ma lasciamocelo indietro. È adesso che siamo nei guai. Di Kyoto immagino si parlerà molto in occasione delle manifestazioni anti G8 a Genova. A proposito: il Genoa Social Forum sta dando prova di una maturità incredibile in questi giorni. Però non ci si può illudere: scontri a Genova ci saranno, se non saranno gli italiani saranno i baschi o i catalani.
Nel frattempo mi sembra utile diffondere questa iniziativa: un’organizzazione canadese per la protezione della natura, la Canadian Nature Federation , lancia un appello per fare del 21 giugno prossimo, primo giorno d’estate, la giornata mondiale del “rolling blackout volontario”. Un gesto simbolico che consisterà nell’abbassare l’interruttore generale della luce dalle 17 alle 22.
È un tipo di protesta blanda, ma facilmente condivisibile. Possono spegnere la luce i bambini, i pensionati, le suore, gli elettori della Casa della Libertà che pur fidandosi ancora dei loro rappresentanti cominciano a patire un certo caldo.
Certo, un tipo di protesta così farebbe notizia soltanto se condivisa da centinaia di migliaia di persone in tutto il globo industrializzato. Ma vale la pena di provare a passare la notizia.
Speriamo almeno che il 21 (giovedì) non faccia troppo caldo, esponendoci alla tentazione di attivare ventilatori e condizionatori… un consiglio: approfittatene per sbrinare il frigo.
Ieri era nell'aria, oggi è una notizia: il governo Berlusconi si darà da fare per rompere lo schieramento europeo che ha intenzione di ratificare unilateralmente il protocollo di Kyoto.
Tra i tanti crimini contro l'umanità che si perpetuano oggigiorno, la politica energetica di George Bush jr spicca per un aspetto: rappresenta una sfida totale, incondizionata, al buon senso comune. Che il clima si stia surriscaldando credo se ne stiano accorgendo anche in Texas. Il protocollo di Kyoto probabilmente non raffredderà il pianeta, ma era almeno il segno di un'ammissione di responsabilità. Invece no: nessuna responsabilità.
Un altro aspetto della politica di Bush è la totale mancanza di pudore. I suoi elettori se ne faranno una ragione: le loro esigenze vengono dopo quelle delle compagnie petrolifere che hanno finanziato la sua campagna. Il tutto alla luce (accecante, ormai) del sole, mentre in Europa la politica continua a finanziarsi tra mille ipocrisie e noiosi scandali.
Questo è quello che penso io. Sentiamo invece gli esponenti (senz'altro più esperti di me) della Casa delle Libertà:
"La posizione di Bush sul clima è frutto di una seria riflessione rispetto a posizioni ambientaliste".
Antonio Marzano (futuro ministro delle attività produttive?)
"La Casa delle Libertà punterà a cercare una mediazione con gli Stati uniti e il ministro in carica si rassegni: nei prossimi giorni ci sarà un nuovo governo. Trovo curioso che sia lui dopodomani (giovedì, ndr) in Lussemburgo a firmare documenti per conto dell'Italia"
Altero Mattioli (prossimo ministro dell'ambiente?)
Ci prendono per fessi. E forse lo siamo (li abbiamo eletti). Ma poi il sole picchia e ci squagliamo: vi è mai capitato di sudare così tanto in maggio, in valpadana? Non c'è bisogno di statistiche, che comunque confermerebbero.
È la strategia dello struzzo sotto la sabbia (ardente). Ma almeno Bush e il suo entourage ci guadagnano qualcosa. La Casa delle Libertà no, è pura simpatia disinteressata nei confronti dell'alleato americano. A testa in giù anche loro (e culo in alto, ben esposto...)
Adesso dovrei dire: un governo di centro-sinistra, oggi, non si comporterebbe in questa indecente maniera.
Per sentirmi rispondere: il governo di centro-sinistra uscente sul protocollo di Kyoto ha detto molto e fatto ben poco.
E per ribattere quindi: almeno sul piano simbolico non avrebbe rotto coi Paesi dell'Unione, che con la ratifica unilaterale del protocollo fanno una scelta coraggiosa.
Sentite, scordiamoci il passato. Anzi no, teniamone conto, ma lasciamocelo indietro. È adesso che siamo nei guai. Di Kyoto immagino si parlerà molto in occasione delle manifestazioni anti G8 a Genova. A proposito: il Genoa Social Forum sta dando prova di una maturità incredibile in questi giorni. Però non ci si può illudere: scontri a Genova ci saranno, se non saranno gli italiani saranno i baschi o i catalani.
Nel frattempo mi sembra utile diffondere questa iniziativa: un’organizzazione canadese per la protezione della natura, la Canadian Nature Federation , lancia un appello per fare del 21 giugno prossimo, primo giorno d’estate, la giornata mondiale del “rolling blackout volontario”. Un gesto simbolico che consisterà nell’abbassare l’interruttore generale della luce dalle 17 alle 22.
È un tipo di protesta blanda, ma facilmente condivisibile. Possono spegnere la luce i bambini, i pensionati, le suore, gli elettori della Casa della Libertà che pur fidandosi ancora dei loro rappresentanti cominciano a patire un certo caldo.
Certo, un tipo di protesta così farebbe notizia soltanto se condivisa da centinaia di migliaia di persone in tutto il globo industrializzato. Ma vale la pena di provare a passare la notizia.
Speriamo almeno che il 21 (giovedì) non faccia troppo caldo, esponendoci alla tentazione di attivare ventilatori e condizionatori… un consiglio: approfittatene per sbrinare il frigo.
lunedì 4 giugno 2001
È una bella giornata, sono qui che cerco qualcosa di divertente da mettere sul blog, e intanto probabilmente Israele sta bombardando la Palestina.
Io non parlo mai della Palestina. Nessuno ne discute volentieri. Non credo che sia questione di disinteresse, quanto di disperazione. Da anni ormai vediamo le cose andare sempre peggio.
Il problema non è tanto che 'non ci possiamo fare nulla'. Questo purtroppo è vero per tante crisi internazionali – con buona pace di chi giustamente c'invita a firmare una petizione o a boicottare questo o quel prodotto. Non possiamo farci nulla, ma in questo caso non riusciamo neanche più a immaginare nulla. Una soluzione della crisi palestinese è qualcosa di lontano dalla nostra stessa fantasia. E così cambiamo canale.
Diciamo la verità. Quando scrivo qualcosa qui cerco di essere il meno banale possibile, e sulla Palestina è impossibile non dire alcune cose banali.
Del tipo: il comportamento di Israele nei territori occupati è del tutto assimilabile a quello della Jugoslavia di Milosevic in Kossovo. Per due milioni di kossovari la Nato ha scatenato una guerra mini-nucleare in Europa. I palestinesi nei Territori sono quasi tre milioni, e noi restiamo qui a guardarli esplodere in tv. Perché? Perché gli Stati Uniti hanno messo il veto alle Nazioni Unite. Perché? Perché un kossovaro vale più di un palestinese. O più probabilmente perché un israeliano vale molto di più di uno jugoslavo. Scusate per la banalità, ma se qualcuno ha ancora un po' di volontà di credere nella buona fede dei governi occidentali che nel 1999 decisero di bombardare i Balcani, conviene che la deponga qui.
Non che ci siano state condanne internazionali (almeno dal parlamento europeo), ma tiepidissime. E le squadre sportive israeliane continuano a giocare nelle competizioni europee come se niente fosse. Sì, è vero, opprimono un popolo, ma che ci volete fare? Sapete suggerire, o almeno immaginare un'alternativa?
La cosa più preoccupante è che un ragazzo pacifico e ragionevole (e refrattario a qualsiasi ideale di martirio, diciamo pure fifoncello) come me cominci a guardare alle bombe umane palestinesi con rispetto. La strage di Tel Aviv è una cosa terribile, e tra l'altro segna probabilmente la fine politica di Arafat (che sarebbe finito da tempo, se qualcuno avesse saputo immaginarsi qualcos'altro al suo posto); eppure la mia prima reazione emozionale è stata proprio un Toh, beccatevi questa.
Che altro dire? Un popolo che crede di avere Dio dalla sua parte sembra condannato a vagare per l'eternità tra l'ostilità delle genti? Non lo so. Viviamo la nostra vita nel fragore delle morti altrui. Parlarne ogni tanto non serve a nulla, non è cool, e poi si rischia di dire frescacce. E tiriamo innanzi. Domani forse mi verrà in mente qualcosa di divertente.
Rassegna stampa:
La Repubblica
Il Manifesto
Intifada on line
Io non parlo mai della Palestina. Nessuno ne discute volentieri. Non credo che sia questione di disinteresse, quanto di disperazione. Da anni ormai vediamo le cose andare sempre peggio.
Il problema non è tanto che 'non ci possiamo fare nulla'. Questo purtroppo è vero per tante crisi internazionali – con buona pace di chi giustamente c'invita a firmare una petizione o a boicottare questo o quel prodotto. Non possiamo farci nulla, ma in questo caso non riusciamo neanche più a immaginare nulla. Una soluzione della crisi palestinese è qualcosa di lontano dalla nostra stessa fantasia. E così cambiamo canale.
Diciamo la verità. Quando scrivo qualcosa qui cerco di essere il meno banale possibile, e sulla Palestina è impossibile non dire alcune cose banali.
Del tipo: il comportamento di Israele nei territori occupati è del tutto assimilabile a quello della Jugoslavia di Milosevic in Kossovo. Per due milioni di kossovari la Nato ha scatenato una guerra mini-nucleare in Europa. I palestinesi nei Territori sono quasi tre milioni, e noi restiamo qui a guardarli esplodere in tv. Perché? Perché gli Stati Uniti hanno messo il veto alle Nazioni Unite. Perché? Perché un kossovaro vale più di un palestinese. O più probabilmente perché un israeliano vale molto di più di uno jugoslavo. Scusate per la banalità, ma se qualcuno ha ancora un po' di volontà di credere nella buona fede dei governi occidentali che nel 1999 decisero di bombardare i Balcani, conviene che la deponga qui.
Non che ci siano state condanne internazionali (almeno dal parlamento europeo), ma tiepidissime. E le squadre sportive israeliane continuano a giocare nelle competizioni europee come se niente fosse. Sì, è vero, opprimono un popolo, ma che ci volete fare? Sapete suggerire, o almeno immaginare un'alternativa?
La cosa più preoccupante è che un ragazzo pacifico e ragionevole (e refrattario a qualsiasi ideale di martirio, diciamo pure fifoncello) come me cominci a guardare alle bombe umane palestinesi con rispetto. La strage di Tel Aviv è una cosa terribile, e tra l'altro segna probabilmente la fine politica di Arafat (che sarebbe finito da tempo, se qualcuno avesse saputo immaginarsi qualcos'altro al suo posto); eppure la mia prima reazione emozionale è stata proprio un Toh, beccatevi questa.
Che altro dire? Un popolo che crede di avere Dio dalla sua parte sembra condannato a vagare per l'eternità tra l'ostilità delle genti? Non lo so. Viviamo la nostra vita nel fragore delle morti altrui. Parlarne ogni tanto non serve a nulla, non è cool, e poi si rischia di dire frescacce. E tiriamo innanzi. Domani forse mi verrà in mente qualcosa di divertente.
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