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lunedì 20 dicembre 2010

Che fare?

Va bene, insomma, è andata così. Ma adesso cosa farete?

Cosa fare dopo la spranga è sull'Unita.it, e si commenta qui, (ma anche qui, e magari in altri posti che non so). In bocca al lupo a chi ne ha un gran bisogno.

Cosa fare dopo la spranga


Se c'è qualcosa che ho trovato discutibile, nelle parole di Saviano sugli scontri di Roma, è l'evocazione degli anni anni di piombo, “la trappola degli anni '70, di cui si sente già il puzzo”: l'idea, insomma, che gli incappucciati di lunedì diventino, man mano che si alza la tensione, i brigatisti di domani. È una teoria suggestiva, che si è sentita tante volte, e che a mio parere non funziona. La spranga non conduce alla p38, così come la canna non porta infallibilmente all'eroina.

Proviamo per una volta ad accantonarli, quei puzzolenti anni '70, e a dare un'occhiata al passato più recente. Dieci anni fa, per esempio, in Italia c'era un movimento composito e più o meno organizzato che aveva per obiettivi i vertici internazionali. Tute bianche a nord, Rete No Global a sud, e una spolverata di anarcoinsurrezionalisti qua e là, oltre ai fantomatici Black bloc dal nord Europa. Anche a quei tempi di spranghe e di caschi se ne videro parecchi, anche allora la repressione fu pesante. Bene, dove sono i 'violenti' di dieci anni fa? Hanno formato gruppi terroristici? No, non è successo. Nessuno è entrato nelle vecchie organizzazioni, come le Br, ridotte a una setta di reduci; nessuno ne ha fondate di nuove. A meno di non voler contare i bombaroli dei cassonetti, quegli anarchici informali che sono pure l'organizzazione terroristica autoctona oggi più temuta dal ministero degli Interni (il che equivale a dire che oggi non esiste una organizzazione terroristica italiana degna di nota).

Persino nei momenti più difficili, quando a Genova i manifestanti furono caricati e torturati con una brutalità sistematica che non aveva precedenti, nemmeno il più esagitato attivista prese mai seriamente in considerazione l'opzione del terrorismo. La stagione della p38 è finita, in Italia e in generale in Europa: semmai sono stati gli anni Settanta un'eccezione, nata e alimentata all'ombra della cortina di ferro, in una situazione geopolitica che non esiste più. Tirarli fuori è un riflesso condizionato dei reduci – che a questo punto vanno verso la sessantina. Chi è più giovane dovrebbe preoccuparsi d'altro.

Per esempio: se dopo la spranga non c'è la P38, cosa c'è? Ecco, il problema è un po' questo. Per Berlusconi c'è la campagna elettorale, che paradossalmente è cominciata proprio col voto di fiducia del 14 dicembre; e dal suo punto di vista non poteva iniziare meglio. L'immagine di Piazza del Popolo a ferro e a fuoco era esattamente quello che gli serviva per dimostrare ai suoi tele-elettori di età medio-avanzata che l'unica alternativa a lui è il Caos. Il favore reso dai vandali a Berlusconi è tanto evidente che siamo stati in molti, a caldo, a pensare agli infiltrati. È un sospetto che rimane legittimo, anche dopo che è stato identificato il ragazzo del famoso “cappotto marron”; se non altro perché certi metodi in Italia sono stati usati più volte, Cossiga insegna; ma visto che mi ero ripromesso di non parlare più dei '70, mi basta ricordare che di infiltrati ce ne furono a Genova, che si misero perfino a fabbricare molotov; e se nel frattempo i quadri della polizia non sono troppo cambiati, gli uomini al governo sono più o meno gli stessi. Certo, per trasformare un corteo in una battaglia non basta una manciata di agenti provocatori; eppure alcuni dettagli restano inquietanti: quel camion di cantiere pieno di badili e pale, lasciato in bella mostra a pochi passi dal Senato; il modo in cui la camionetta dei finanzieri è stata lasciata in prima fila, quasi a fare da esca, che ricorda in modo sinistro la dinamica di Piazza Alimonda.

Detto questo, diversi studenti hanno probabilmente scelto la spranga convinti che quella fosse l'unica opzione praticabile in quel momento. Sono stati messi in condizione di farlo da un governo che finora ha irriso le loro richieste, e al momento giusto li ha messi all'angolo, col vecchio trucco della 'zona rossa'. È andata così: ma adesso? Cosa succede dopo la spranga?

Potrebbe anche non succedere più niente: la spranga sarebbe semplicemente l'inizio della fine. A volte è successo. La risposta di molti giovani (e meno giovani) a Saviano è stata: non c'eri, non puoi capire, è da un anno che manifestiamo pacificamente e non succede nulla, adesso siamo stanchi. La spranga come segno di disperazione, di stanchezza. Ci può stare. Il problema è che di solito dopo la stanchezza e la disperazione non viene nulla di buono: la rassegnazione, il più delle volte. Qualcuno si radicalizzerà, raccogliendo le provocazioni del governo che blatera di "daspo" e "arresti preventivi". Qualcun altro non raccoglierà; ci saranno distinguo e secessioni; qualcuno, semplicemente se ne andrà, come il quindicenne che era in piazza a tirare verdura alla polizia, aggredito da un cappuccio nero, che si è svegliato all'ospedale e ha già fatto sapere che nei cortei non verrà più: uno in meno. Altri emigreranno all'estero, altri resteranno e si rassegneranno a un futuro difficile, magari aspettando la prossima riforma sbagliata, la prossima ondata di protesta, la prossima repressione.

Io però voglio essere ottimista: la spranga potrebbe anche essere un errore da cui si impara. Gli studenti che in questi giorni sono entrati in sciopero della fame sono già entrati con molta serietà in una fase diversa, ugualmente rischiosa, ma lontana dalle trappole mediatiche. Certo, non si tratta semplicemente di dire “no” al tafferuglio, ma di inventarsi qualcosa di nuovo. Anche in questo caso ci sono precedenti: chi ricorda Genova nel 2001 non dovrebbe dimenticarsi che l'anno dopo ci fu il Forum Mondiale di Firenze, tre meravigliosi giorni di incontri e non di scontri, per la stizza di Oriana Fallaci che era venuta apposta a fiutare il sangue e i fumogeni, e trovò una festa di gente che discuteva di tagli alle emissioni e Tobin Tax (le cose di cui oggi, troppo tardi, si parla ai vertici veri).

Il guaio è che a distanza di così pochi anni di quel Forum non si ricorda quasi più nessuno. Delle mazzate di Genova, sì, ci ricordiamo. Persino delle p38 degli anni Settanta, che sono roba dei nostri genitori, a volte dei nonni. Ma dei grandi cortei pacifici contro la guerra in Iraq no, si è quasi persa la memoria. È come se il tempo spazzasse via tutto, gli errori e le cose buone che abbiamo fatto, e ci lasciasse soltanto il ricordo delle mazzate che abbiamo preso o dato. E questo, purtroppo, resta il più grande argomento a favore della spranga.http://leonardo.blogspot.com