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lunedì 17 gennaio 2011

Chi ha cambiato l'internet?

Dieci anni fa, se ti serviva un'informazione sicura, un'informazione decente, Internet era l'ultimo posto dove saresti andato a cercarla.
Poi qualcuno ha cambiato le cose. Ma chi è stato?


Ho una teoria (#58): e se fossimo stati noi? Si commenta qui.

Un piccolo esempio tra mille: quest'estate, qualcuno se lo ricorderà, ci ha lasciato un grande artista, Lelio Luttazzi. Il giorno della sua morte decine di quotidiani hanno scritto (almeno nelle loro versioni on line) che Luttazzi era “rimasto coinvolto in una vicenda di droga dai contorni mai chiariti”. In realtà i contorni della vicenda erano assolutamente chiari da più di trent'anni: Luttazzi era stato completamente scagionato, e negli anni successivi pare che avesse vinto diverse querele contro chi sosteneva il contrario. E allora perché i quotidiani continuavano a seminare il dubbio? Vuoi per pigrizia, vuoi per sfortuna: Luttazzi era mancato alla vigilia di uno sciopero dei giornalisti, e tante redazioni si erano trovate a copiare le schede biografiche delle agenzie. Peccato che anche queste ultime fossero il risultato di un analogo lavoro di copia-incolla da articoli di quotidiani ancora più antichi... insomma, non era ben chiaro quando, ma a un certo punto qualcuno aveva schizzato del fango sulla biografia di Lelio Luttazzi, e poi quel fango era stato ricopiato da tutti, senza che nessuno si ponesse il problema di verificare cosa ci fosse di vero o di falso. No, in realtà qualcuno il problema se l'era posto. Su un sito internet si leggeva chiaramente che Luttazzi era stato completamente scagionato. Ma non era il sito di un quotidiano. Era Wikipedia, l'enciclopedia libera. Sì, quella gratuita, quella scritta dai dilettanti, quella che tutti possono modificare. Non ci si dovrebbe fidare troppo di lei, eppure...
 
Dieci anni fa, quando Wikipedia cominciò in sordina la sua avventura, Internet era molto diversa da oggi: qualcuno forse ricorda che impresa fosse trovare, in mezzo a tanta confusione colorata, contenuti realmente interessanti. Eppure i motori di ricerca esistevano già, e facevano quel che potevano: il problema è che molte informazioni su internet non c'erano ancora. Me lo ricordo abbastanza bene perché in quel periodo lavoravo anch'io a una specie di enciclopedia on line, che in seguito ha chiuso. Uno dei miei compiti era “scrivere” delle brevi schede biografiche, dove il termine tra virgolette si può rendere anche come “scopiazzare cambiando qualche parolina qua e là per evitare problemi di copyright”. Lavoravo con quattro motori di ricerca, setacciavo il web intensamente... e non trovavo altro che le stesse schede biografiche che altri prima di me si erano copiati a vicenda, cambiando anche loro qualche parolina qua e là. Naturalmente nessuno dei copiatori che mi avevano anticipato si era preoccupato di verificare quello che “scriveva”, per cui gli errori immessi da un primo copista avevano già fatto il giro del mondo: se qualcuno, poniamo, aveva avanzato dei dubbi sulla fedina penale di Lelio Luttazzi, ormai il brillante musicista si poteva ritrovare infangato su due, cinque, dieci siti diversi. Se poi qualcuno copiando aveva inserito qualche errore di ortografia, anche quelli erano stati ripresi. Tanto è internet – si diceva nell'ambiente – mica la Treccani. Nessuno sarebbe stato così folle da usare le informazioni trovate lì sopra in un articolo di giornale, o magari in un saggio accademico.

Quand'è che sono cambiate le cose? In quale momento internet è diventata la fonte più comoda per giornalisti e perfino studiosi? Quand'è che abbiamo veramente cominciato a risolvere tutti i nostri dubbi con la semplice pressione del tasto “cerca con google”? Ho una teoria: il vero salto di qualità lo abbiamo fatto quando Google ha deciso – con un notevole sprezzo del pericolo – di fidarsi di Wikipedia: quel folle progetto sul quale dieci anni fa ben pochi avrebbero scommesso un euro (e avrebbero fatto bene, dal momento che Wikipedia non guadagna ancora un euro: è il sito non profit più visitato del mondo). Inserire le voci di wikipedia tra i primi risultati di ricerca è stato un atto di fiducia importante, che ha cambiato radicalmente il nostro modo stare nella rete. Prima di Wikipedia, anche i più generosi consideravano internet alla stregua di un enorme caotico recipiente di informazioni, da setacciare alla ricerca del vero. Wiki ha cambiato tutto, non perché fosse autorevole: anzi, sin dal primo momento ha messo in guardia i suoi utenti sul fatto che non lo era. Ma qualsiasi cosa fosse stata scritta, su Wiki si poteva modificare. Se avessimo trovato contenuti scadenti eravamo invitati a sostituirli con qualcosa di migliore. Se sapevamo che le informazioni su Lelio Luttazzi erano sbagliate, potevamo correggerle. E proprio perché non potevamo pretendere che qualcuno si fidasse di noi, avremmo dovuto fornire pezze d'appoggio, collegamenti ad altri contenuti, piste che chi veniva dopo di noi avrebbe potuto seguire.

Grazie a Wikipedia abbiamo smesso di considerare Internet un recipiente di caos e ci siamo accorti che era un enorme libro, ancora pieno di pagine bianche, che non chiedeva di meglio che essere scritto e corretto. Certo, occorreva rinunciare a una delle cose più care ai navigatori: il proprio ego, la propria ideologia di riferimento, i propri gusti personali. Proprio tutte le cose che hanno fatto la fortuna di tutti i servizi 'sociali': dieci anni fa l'e-mail e le chat, più tardi i blog, Myspace, e oggi Facebook. In compenso, Wiki ci ha dato la possibilità di partecipare al più grande progetto di condivisione del sapere, al più grande libro mai scritto. Qualcosa che è ben lontano dall'essere perfetto (anzi, non lo sarà mai), e in gran parte resta ancora da scrivere, ma intanto ha già migliorato la vita quotidiana di tutti noi, ogni volta che abbiamo un dubbio e che sappiamo che la risposta è a portata di click. Anche se forse è sbagliata. Ma non lo è quasi mai. Sabato Wikipedia ha compiuto dieci anni: il minimo che possiamo fare è dirle grazie (se vogliamo fare qualcosa di più, possiamo andare qui).http://leonardo.blogspot.com