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venerdì 31 luglio 2015

LA GRANDE GARA DEGLI SPUNTI

Un'altra estate se ne sta andando, e io non ho ancora scritto un romanzo. Sapete, a volte ci penso.

D'altro canto, che bisogno c'è di farne uno? Ce ne sono già così tanti in giro. Il mondo scoppia di romanzi. C'è gente che li spara a getto continuo, senza rispetto per lo spreco di legname, di energia, l'effetto serra. Gente che dovrebbe avere più precauzioni quando scrive, usare il cestino ogni tanto... e invece niente. Pubblicano, pubblicano, e il mondo diventa ogni giorno più ingombro di parallelepipedi cartonati e inutili. Di fronte a uno scempio tanto dissennato a volte mi domando se non esser fiero del fatto che non scrivo romanzi. Dovrei rivendicarla con orgoglio, questa scelta.

Se fosse una scelta.

Ho sempre pensato che i romanzi avessero qualcosa di simile ai bambini, e ora che ho passato i 40 vi confermo che è così. La gente comincia a guardarmi con quell'espressione, avete presente? Poverino. Ha 40 anni e non è ancora riuscito ad averne uno. Hanno anche smesso di chiedermelo. Fino a qualche anno fa ogni tanto qualcuno si permetteva: "Scusa, ma quand'è che ti metti a scriverlo?"
"Ma io veramente ho il blog..."
"Sì, il blog, certo, ma prima o poi lo scriverai questo romanzo, no?"
"Ma perché devo proprio scriverne uno, scusa?"
"Mah, è un impulso naturale, no?"
"Davvero?"

Di solito a quel punto mi guardavano come se avessi ammesso di non amare il cioccolato. Il sesso. La bacheca di Gianni Morandi. Come si può vivere senza avvertire l'impulso più naturale dell'uomo, quello di infliggere storytelling ai propri simili? Come oso io sottrarmi alla natura - chi mi credo di essere?

In effetti.

E va bene, tanto prima o poi sarei crollato. Non è vero che non provo l'impulso. Non è che non mi ticchetta l'orologio. Sono anch'io un umano come tutti gli altri, sapete? Mi piace il sesso, il cioccolato, ma soprattutto non posso resistere all'idea del mio cognome sbalzato su una copertina in similpelle in una libreria di noce massiccio. Vorrei tanto scrivere un romanzo - no, in realtà vorrei tanto averlo già scritto, perché è così faticoso provarci.

È una vita che ci provo.

Vedo un sacco di imbecilli che ci riescono, e io no.

Credevo che a una certa età sarebbe stato naturale. Come parcheggiare nel garage, riempire la lavastoviglie in modo efficiente. Ma l'età ormai è passata, e io continuo a girare a vuoto. Mi manca qualcosa che non so cos'è.

Sono andato anche dagli specialisti. Dicono che non c'è niente che non vada. Però non mi viene l'idea, lo spunto giusto. No, anche questo non è vero.

Di idee me ne vengono troppe. E sono tutte bislacche. Le vedo crescere in me come virgulti promettenti. Le vedo svilupparsi in forme bizzarre ed effimere. E seccarsi al primo sorgere del Buon Senso. Questa storia è troppo triste, questa scherza troppo con le cose serie, questa se la comprerebbero in tre, questa somiglia a qualcos'altro, ecc. ecc.

Col tempo mi sono fatto un armadio di vecchie idee che per un attimo mi sono piaciute e che adesso avrei vergogna a indossare. Un sacco di idee. Possibile che nessuna valga un po' più la pena? Forse ho già avuto un'idea fantastica e non me ne sono accorto. Forse potrebbe accorgersene qualche mio educato lettore.


Vi presento ordunque la Grande Gara degli Spunti, che è il simpatico modo in cui su questo blog trascorreremo l'agosto.

Tra gli innumerevoli spunti di romanzo da me buttati giù negli ultimi 20 anni ho selezionato 32 candidati, che nei prossimi giorni si sfideranno in un torneo a eliminazione diretta. Ogni giorno somministrerò agli affezionati lettori due spunti, due aborti di romanzo, e loro potranno scegliere quale eliminare e a quale dare una chance. Per salvare uno spunto (e condannarne un altro) sarà sufficiente mettere un like su facebook, o ritwittare, o scrivere qualcosa di carino nei commenti, come ai vecchi tempi. Potete anche votare per entrambi i concorrenti, se non sapete decidervi - vi capisco benissimo.

In capo a un mese, tra questi 32 spunti spunterà un vincitore. E a quel punto, saprò che romanzo mettermi a scrivere. Questo non significa che sarà un bel romanzo, anzi probabilmente riuscirà illeggibile, ma ogni scarrafone è bello a mamma sua. Vi ringrazio sin d'ora per la collaborazione, e do il via alla Grande Gara di Spunti. Come prima sfida, una classica senza tempo: David Bowie contro Gesù Cristo. Siete pronti?

***Update: il Grande tabellone degli spunti


SedicesimiOttaviQuartiSemifinaliFinale
Stardust48
38
37
31
I Catari 48
Gesù52
5 a Genova20
26
Capodanno27
Claudio Augusto9
28
34
Fiume 192068
La prima volta43
20
O viceversa17
I banditi34
16
46
46
Campo di grano19
I Catari53
39
Il basilisco6
Scuola media44
26
12
Sauron vive!34
Dama e cavaliere18
31
Zombi vs vegan39
Scie chimiche53
35
15
31
Copernico 68
Eyjafjöll40
La prigioniera42
27
Pinocchio uccide22
L'ultimo uomo10
61
38
Addio ai procioni50
La marmellata41
55
Tutte le ex52
Gioconda 30
48
21
67
Marinetti duce60
Redenzione29
8
Pandolfo17
Perpendicolare15
63
54
Copernico47
Love of My Life8
6
1+2+3+4+5+6+...29

mercoledì 29 luglio 2015

Due popoli, due Stati, una presa in giro

La settimana scorsa Matteo Renzi è andato a Gerusalemme, e alla sede del parlamento israeliano ha pronunciato un lungo e appassionato discorso pieno di nomi non solo ebraici e italiani, ma specificatamente toscani (Michelangelo, Bartali, Nedo Fiano...) Il senso ultimo del discorso era: popolo italiano e popolo israeliano amici! Ce n'era bisogno?

Forse sì. Appena due settimane fa Obama ha dato il via al nucleare iraniano, l'incubo a cui Netanyahu deve parte dei suoi successi elettorali. A condurre la trattativa per l'Unione Europea c'era l'Alta Rappresentante Federica Mogherini, fortemente voluta da Renzi, e quindi sì, forse valeva la pena di passare da Gerusalemme a ribadire l'ovvio - ossia che l'esistenza di Israele non è in discussione. A quel punto non si poteva evitare di fare una visita di cortesia anche ad Abu Mazen, a cui non stringeva la mano da qualche mese. Prontamente colmata la lacuna se ne è tornato a casa, e laggiù hanno rimesso a tirarsi pietre e fumogeni al ritmo consueto.

In Italia l'unico dettaglio che ha attirato un po' l'attenzione degli spettatori è stata la pronuncia di "Michelangelo". L'inglese di Renzi è abbastanza terribile; l'idea che veicoli simpatia è irredimibilmente provinciale; e però bisogna concedergli che "Michelangelo" in inglese si pronuncia proprio così: se lo dici in un altro modo non è affatto detto che ti capiscano. Qui, come in altri casi, il pubblico italiano esibisce riflessi condizionati: è talmente addestrato ad aspettarsi periodiche gaffes internazionali dei suoi rappresentanti, che le vede e le sente anche quando non ci sono. È uno dei lasciti più subdoli del berlusconismo, questa idea per cui Renzi debba per forza essere ridicolo, e sia ammirabile o criticabile in quanto tale. Alla stampa israeliana, più avvezza a sentir pronunciare l'inglese in tutte le pronunce del mondo, è rimasto molto più impresso l'accenno ai boicottaggi. Chi boicotta Israele, ci ha fatto sapere Renzi, boicotta sé stesso, e forse non si rendeva conto di quanta ragione avesse: il boicottaggio comporta da sempre un danno anche per chi lo pratica.

Renzi ha anche pronunciato un'altra ovvietà necessaria, che non ha oltrepassato la soglia dell'attenzione né dei titolisti italiani né di quelli israeliani: a Gerusalemme non ci sarà pace finché non ci saranno due Stati per due popoli. Ha davvero detto così ("la pace che domandiamo per Gerusalemme sarà possibile solo quando sarà interamente compiuto il progetto Due Stati per Due popoli"). Anche questa sarà una banalità, ma ricordiamo che a una settimana dalle elezioni Netanyahu di Stato di Palestina non voleva più sentir parlare. Dunque di cosa si lamentano le Ong italiane che lavorano nei Territori? Che altro poteva fare un capo del governo italiano alla Knesset, se non ribadire che la Palestina deve esistere?

A parte che ci sono, in effetti, un sacco di cose che Renzi potrebbe fare per dare un senso alle sue parole di solidarietà ai palestinesi, e a tutte le strette di mano che dà ad Abu Mazen; a parte questo, c'è da dire che a nessuno piace sentirsi presi in giro, e ormai chi parla di Due Popoli e Due Stati a Gerusalemme dà questa fortissima sensazione. A meno che non sia in buona fede, il che però significherebbe essere rimasti fermi agli anni Novanta e alle strette di mano tra Arafat e Rabin, quando a un certo punto ci siamo convinti che uno Stato Palestinese potesse esistere, più o meno con questa forma (in verde la Palestina, in bianco Israele):



Ecco, più o meno quello che abbiamo in mente in Italia quando pensiamo ai Due Popoli Due Stati è una cosa del genere. C'è il piccolo particolare che né ad Arafat né ad Abu Mazen è mai stata offerta una Palestina così. A ventidue anni da Oslo II, la Palestina affidata ai palestinesi continua a essere questa.



Così quando Renzi va alla Knesset a proporre Due Popoli e Due Stati, quello che gli israeliani pensano è una soluzione del genere. Non solo i falchi alla Netanyahu (che almeno ogni tanto ammettono la verità: non ci sarà mai nessuna Palestina); il suo contendente laburista alle ultime elezioni non aveva in mente una Palestina molto diversa da questa - e di ritirare i coloni non voleva sentir parlare. Il fatto che quest'arlecchinata sia una proposta irricevibile per la maggioranza dei palestinesi non è un problema. Questo soprattutto facciamo fatica a capire in Italia, dove ci ostiniamo a considerare la questione palestinese un problema. In Israele il problema è un altro (la sopravvivenza di un piccolo Stato nel burrascoso Medio Oriente) e la questione palestinese, con crisi annesse, è già parte della soluzione: una soluzione già prevista dai collaboratori di Sharon, con disarmante semplicità, dieci anni fa. Israele ha vinto. Mi ripeto:

Non riusciva a cacciare i palestinesi e non voleva sterminarli; non poteva assimilarli senza rischiare di essere assimilato; e allora li ha recintati, umiliando e stroncando sul nascere qualsiasi embrionale tentativo di formare una classe dirigente. Ogni vittoria ha un prezzo, e ogni tanto in effetti qualche israeliano muore per mano palestinese. Ne uccide più il traffico, ma quando succede l'IDF può dimostrare a tutti i bravi cittadini israeliani la sua forza morale e la sua potenza di fuoco. In modo davvero non dissimile gli Spartani dichiaravano ogni anno la guerra ai loro schiavi Iloti: quella era Sparta, questo è l'Israele di Netanyahu.

Il presidente del consiglio dei miei sogni, invitato alla Knesset, non avrebbe fatto un discorso più bello di quello di Renzi. Però a un certo punto avrebbe detto: scusate, ma mentre mi applaudite perché parlo di Due Stati, non è che state già discutendo di condonare qualche altro migliaio di alloggi israeliani in Palestina? Se proprio ci tenete ad abitare in Cisgiordania, perché non fate uno Stato solo - magari federale - riconoscendo la cittadinanza a quei milioni di arabi che vivono nelle macchioline di un Paese che senza il vostro reale consenso non esisterà mai? Se non lo fate è perché evidentemente siete più comodi così. Se siete più comodi così, perché continuate a lamentarvi che il mondo ce l'ha con voi? Qualcuno a questo punto lo avrebbe accusato di antisemitismo, probabilmente di matrice cripto-islamica. Il presidente del consiglio dei miei sogni non se la prenderebbe: è più o meno quello che dicono di Barack Obama. D'altro canto il presidente dei miei sogni non riuscirebbe nemmeno a farsi votare dal me stesso sveglio, quindi il problema non si pone.

PS: mi scuso per il post intempestivo e ridondante. Il mondo ne poteva certamente fare a meno, e tuttavia la settimana scorsa un tizio (sempre il solito) ha detto in giro che io non parlerei più di Israele perché in un qualche strano modo sarebbe riuscito a farmi paura. Il sentimento che ogni tanto provo per lui, e per i suoi titanici sforzi, di può effettivamente definire con una parola che comincia per P: ma non è paura, proprio no. Se non parlo spesso di Israele è perché non succede nulla di abbastanza tragico (per fortuna), e mi annoio a ripetere sempre le stesse cose: che magari sono sbagliate, ma sono le cose che penso io. Se vi danno fastidio, non c'è bisogno di minacciarmi di questa o quella ritorsione: un dito su alt, un altro su f4, e il problema è bello che risolto. Non ce ne sono poi tanti di problemi che si possono risolvere premendo un tasto, anzi due. Profittatene. Shalom e buone vacanze - mi pare che ne abbiate bisogno.

martedì 28 luglio 2015

La spia che pesava

Solo per i tuoi occhi
Spy (Paul Feig, 2015)

Le spie vere, ci avete mai pensato? Chissà come sono fatte. Di sicuro non assomigliano a James Bond. Più facilmente a un'impiegata delle poste. E però devono avere competenze e riflessi eccezionali. Immaginati un'impiegata sovrappeso che all'improvviso salta il desk con un balzo e atterra tre clienti con una mossa di arti marziali. Ecco, quello sarebbe un film interessante, invece del solito 007. Che idea. Però l'ha già avuta Paul Feig. E ovviamente ha chiamato Melissa McCarthy.

L'attrice in Italia è conosciuta soprattutto come la migliore amica di Una mamma per amica. Due anni fa aveva già prestato le sue forme importanti alla commedia d'azione in un altro titolo di Feig, The Heat, (Corpi da reato). Là faceva la poliziotta cattiva, in coppia con Sandra Bullock. Qui si cala in un ruolo di spia, con risultati esilaranti. Spy però non è il film in cui ci si prende gioco della grassona - in fondo la McCarthy ha le dimensioni dello spettatore medio americano, quello che nei film non vediamo quasi mai ma che incontriamo appena attraversiamo il fiume Hudson. Il film è concepito come una rivincita della donna qualunque - la segretaria impacciata ma competente, che all'inizio della storia sbava per l'agente Jude Law, si dimostrerà nel corso della pellicola una vera macchina per uccidere. C'è almeno un paio di sequenze (un inseguimento e un combattimento) che funzionerebbe anche in un action serio, dove la stazza della protagonista scivola in secondo piano. Susan-Melissa cresce per tutto il film, non in peso ma in consapevolezza delle proprie capacità. Gli uomini che all'inizio le impedivano di esprimersi si riveleranno generalmente fatui e inaffidabili: quanto agli antagonisti seri, sono tutti donne come lei; una donna è anche il suo capo (Allison Janney) e il suo braccio destro (Miranda Hart) (Continua su +eventi!)

Product placement esilaranti

Malgrado la locandina italiana schiacci la McCarthy tra i due comprimari di lusso, tradendo un certo nervosismo dei distributori, il film è davvero posato sulle sue spalle capaci. Jude Law fa solo un cameo, il tempo per ribadire che ci siamo persi un Bond possibile; Statham compare qua e là per tutta la pellicola in un ruolo esplicitamente autoparodico, che tutti hanno trovato divertente e io boh: forse non ho visto abbastanza film di Statham, o forse è il doppiaggio; la sensazione è che il film potrebbe farcela benissimo senza di lui. Non mi stupirei se le sue sequenze fossero state aggiunte in un secondo momento per aggiungere un nome grosso al cartellone. Ne sarà valsa la pena, visti i risultati al botteghino. Il film sta andando bene anche in Italia, benché scivolato tra i saldi di fine stagione. (Come in ogni film di spionaggio che si rispetti, la trama si snoda in location da cartolina, tra cui Roma. Si capisce che è Roma perché all'uscita dall'aeroporto c'è gente che passa in Ferrari ai duecento fischiando a ogni obiettivo femminile. Per fortuna si passa quasi subito al lago Balaton).

Il successo di Spy è una buona notizia non solo per gli inevitabili sequel, ma per il prossimo progetto di Feig, quel famoso Ghostbusters con il cast tutto femminile che sta facendo impensierire gli appassionati. E invece sapete? Io che di Ghostbusters non ho mai voluto vedere il sequel, adesso che so che dirige la Feig e ci sono la McCarthy e la Hart, comincio a pensare che sarà un film interessante.

Da vedere a. Spy è al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo alle 17:30, 20:10, 22:40; al Multilanghe di Dogliani alle 21:30.

lunedì 27 luglio 2015

Mi tagli la tassa, mi chiudi l'ospedale, mi lasci un po' perplesso, Matteo Renzi

Dal mio punto di vista, è piuttosto sleale paragonare il Berlusconi che abolì l'ICI col Renzi che vuole finirla con l'IMU. No, davvero, non è la stessa cosa. Ci sono differenze importanti, per esempio... per esempio, quando Berlusconi guardò in camera e disse: "Avete capito bene", io ero in affitto. Per me l'ICI era una sigla tra tante. In nove anni sono cambiate tante cose, e adesso Renzi l'IMU vuole toglierla a me. Proprio a me.

Guardate che è incredibile la fiducia che ripone nei miei confronti questo tizio. L'anno scorso mi mise due spicci in busta, quest'anno mi toglie una tassa, si vede che in me ci crede davvero. Devo essere una specie di terra di conquista, una segmento che rischia da un momento all'altro di passare ai grillini, o a Salvini, o a Landini, insomma chi riesce a piantarmi una bandierina vince la partita. Non mi ero mai sentito così al centro della scacchiera e - confesso - non si sta poi così male. Mi dispiace soltanto per i miei contatti con la partita IVA, ovviamente renziani di ferro, ai quali proprio a causa di questa indiscussa renzianità è chiesto di soffrire in silenzio quest'anno, e anche il prossimo, e il prossimo ancora. Si fanno un mazzo così anche in luglio, il poco tempo a disposizione lo passano a parlar bene di Renzi sui social, abbasso ai gufi! ai rosiconi! e i gufi intanto stanno dando un'occhiata al conto corrente, uhm, quasi quasi resto al mare una settimana in più. Per rilanciare l'economia, questo e altro.

Ci ho messo molto tempo a decidermi di comprare una casa (e tecnicamente non è ancora mia, ovvio). Conclusi l'affare appena in tempo per provare l'ebbrezza del terremoto più forte degli ultimi 400 anni. Tutto sommato non posso lamentarmi, la baracca mostrò nell'occasione una solidità commovente. D'altro canto, è chiaro che non ho mai buttato via tanti soldi in qualcosa - in confronto cinque anni di lettere e filosofia appaiono un investimento ragionevole. Ancora per anni continuerò a pagare qualcosa che ogni mese vale un po' di meno. Se a questo punto Renzi vuole farmi un favore, io non credo di essere nella posizione di sputarci su. D'altro canto.

D'altro canto davvero, sono uno stronzo a lamentarmi. Possiedo (più o meno) una magione a prova di sciame sismico, in un piccolo centro con tutti i servizi a portata di bicicletta. E le piste ciclabili non sono neanche così male. La scuola è vicina, il mercato è vicino, l'ospedale è vicino. Quest'ultimo è un accrocchio insensato di corsie e ambulatori - e c'è un paio di reparti dove non metterei piede neanche se mi si stesse staccando - però è il mio ospedale, ci sono affezionato. Ogni tanto parlano di chiuderlo, non c'è discussione locale che mi spaventi di più. Avere un pronto soccorso dietro casa è comodo e conveniente. È anche una cosa che scriverei sulla scheda tecnica della casa, se dovessi rimetterla sul mercato.

Quindi alla fine come vi permettete di paragonare Berlusconi a Renzi? Lui per togliere l'ICI ai padroni capitalisti tagliò i fondi alle scuole. Renzi invece vuole togliere l'IMU a me, e per farlo... già, dove li prende i soldi? Ahi, alla sanità.

Un taglio di dieci miliardi.

Ciao ciao, piccolo pronto soccorso dietro casa. Sta' vedere che al prossimo choc anafilattico mi mandano l'elicottero, beh, avrò qualcosa da raccontare ai nipoti. L'ultima volta che ho avuto bisogno urgente di un otorino ho trovato un posto 50 km di distanza - è finita, pagherò un po' meno di carburante e un po' più in spese mediche non rimborsabili. Temo che spenderò molto di più. Però, ehi, una tassa in meno, son soddisfazioni.

Ricapitolando: Renzi vuole il mio voto. Lo vuole a tal punto che è pronto a condonarmi altri due spicci di IMU. In compenso mi chiude l'ospedale di prossimità. E da qui in poi mi pagherò qualsiasi esame o ricovero. Che dite, ci sto? Vi sembra un buon affare? Io un'opinione credo di avercela, ma ho anche il dubbio di essere vittima di un enorme pregiudizio ideologico - quelle famose fette di prosciutto di cui parlava il cardinale, che mi impedirebbero di vedere le magnifiche sorti di ritrovarmi di colpo a vivere in una buca a trenta chilometri dall'ospedale più vicino. Non so, ditemi voi.

Come fanno le scuole private a far risparmiare 6 miliardi allo Stato (senza neanche pagare le tasse)?

Ciao, mi chiamo Leonardo e come forse qualcuno saprà soffro di un disturbo cognitivo. Non riesco a capire come fanno le scuole private a far risparmiare lo Stato. Sul serio, ogni volta che qualcuno prova a spiegarmelo, mi gira la testa. Ci sono dei tizi (= scuole private) che chiedono soldi allo Stato (= bonus scolastici, sgravi fiscali) per far risparmiare lo Stato. Come diavolo è possibile? Eppure pare che sia proprio così. Ogni volta che si va a toccare questo tasto, qualche diretto interessato spara dei numeri. Ogni volta sono numeri diversi. Ogni volta non si capisce come li abbia calcolati.

Questa volta è il monsignor Nunzio Galantino, segretario della Conferenza Episcopale Italiana, che ha saputo della sentenza che obbliga una scuola cattolica di Livorno a pagare l'ICI. Una sentenza che per il monsignore è discriminatoria. Ha detto proprio così: discriminatoria. Sei un privato? Ti fanno pagare le tasse? Ciò per il monsignore è discriminazione. Inoltre c'è il rischio che ci abbia messo il suo zampetto satanico l'Ideologia.

Dati alla mano, il segretario generale della Cei ricorda che "ci sono un milione e 300 mila studenti nelle scuole paritarie. Bisogna anche sapere che a fronte dei 520 milioni che ricevono le scuole paritarie, lo Stato risparmia 6 miliardi e mezzo. Attenzione, dunque, a non farsi mettere il prosciutto sugli occhi dall'ideologia"

Ecco, dati alla mano il segretario ha detto così: 1 milione e 300 mila studenti, 520 milioni di euro ricevuti dalle paritarie. Sono 400 euro a studente. In questo modo lo Stato risparmia 6 miliardi e mezzo: 5000 euro a studente. Ma come fa? Io continuo a non capire come fa. Se davvero lo Stato spende 5000 euro all'anno per ogni studente - e tutto quello che riesce a offrire a quello studente sono strutture mediamente fatiscenti e insegnanti demotivati - come diavolo fanno le scuole paritarie a farti risparmiare così tanto? Perché le rette di solito sono un bel po' inferiori ai 4600 euro. E quindi come fanno queste scuole a trovare insegnanti più motivati? Beh, in effetti non li trovano: gli insegnanti delle private hanno in media stipendi inferiori, e a giudicare dai risultati degli studenti, prestazioni inferiori. Ma basta questo a spiegare il miracolo? No, deve esserci qualche altro trucco da qualche parte, ad esempio gli edifici. Una scuola cattolica che utilizzi gli stabili di una curia, magari può risparmiare parecchio... se poi non ci paga nemmeno le tasse...

Ricapitolando: c'è un tizio che non pagando le tasse risparmia; e risparmiando offre un servizio allo Stato. Però chiede allo Stato un aiuto ulteriore (= bonus scolastico), perché sennò lo Stato non... ce la farebbe a risparmiare. No, scusate, è proprio una cosa che non mi entra in testa. Leggo Lupi e ho il capogiro. Secondo lui la sentenza "invece di fare giustizia discrimina pesantemente queste scuole e genera una pericolosa diseguaglianza. Le scuole paritarie e le scuole statali per legge fanno entrambe parte del sistema pubblico, perchè entrambe svolgono un servizio pubblico. Perchè le paritarie pubbliche devono pagare l'lmu e le statali pubbliche no?

Non fa una grinza: perché i privati devono pagare le tasse allo Stato, e lo Stato no? Non le può pagare lo Stato le tasse, invece di farcele pagare a noi? Chi è che ha deciso che le tasse, invece di pagarle lo Stato, le pagano i privati? Chiunque sia stato, era sicuramente oscurato dalle fette di prosciutto dell'Ideologia.

Faccio un altro esempio. Monsignore possiede un furgoncino. L'ha ereditato, quindi non gli è costato nulla. Non ci paga il bollo né l'assicurazione, perché è roba ideologica, e lui non si fa accecare dall'ideologia. Col furgoncino fa un servizio di minitaxi molto concorrenziale rispetto agli autobus di linea. Però la benzina comunque gli costa un bel po' (anche se non paga le accise. Non le paga. Sono ideologiche). Quindi chiede allo Stato un bonus per i suoi utenti, per aiutarli a salire sul suo furgoncino, invece che sull'autobus di linea. A proposito, il suo conducente non ha nemmeno la patente adatta; è un precario. Gli autobus del comune sono tenuti ad avere conducenti in regola, lui no, non è ideologico. E ci fa risparmiare un sacco, no? Perché insistete a fargli pagare le tasse? Siete proprio ideologici.

Ah, un'altra cosa: il monsignore sul suo furgoncino fa salire chi gli pare. Se ci sono troppi stranieri ne lascia fuori un po'. E i gay, beh, non ha nulla contro i conducenti gay. Purché non lo dicano a nessuno.

venerdì 24 luglio 2015

Vendesi pianeta abitabile (forse)

Non è per gelare gli entusiasmi, ma come ha fatto notare almeno il buon Amedeo Balbi, un pianeta gemello della Terra, con le stesse dimensioni e in un'orbita molto simile, l'abbiamo già scoperto. Da molti, molti anni.

Venere. Bello è bello, ma non ci vivrei.
Non è lontano migliaia di anni luce - pensate, è visibile ad occhio nudo di notte e anche al mattino. Si chiama Venere e, se lo osservassero da Keplero, direbbero che ha tutti i requisiti per ospitare forme di vita a base di carbonio. Invece Venere è circondata da nubi di zolfo che oscurano il sole sulla superficie; l'atmosfera è un pesantissimo concentrato di gas serra che spappolerebbe qualsiasi astronauta molto prima di toccare il suolo, e se mai ci fossero stati oceani, li ha già fatti evaporare da un pezzo; insomma il nostro vero pianeta gemello, che da lontano sembrerebbe avere tutti i requisiti per ospitare forme di vita con le quali comunicare e far la guerra, visto da vicino si è rivelato un luogo tossico e impenetrabile. Kepler potrebbe essere altrettanto tossico.

Il fatto che sia dello stesso ordine di grandezza della Terra e di Venere (in realtà è il 60% più grosso), e più o meno alla stessa distanza dal suo Sole che hanno la Terra e Venere, ci fa pensare che possa essere un luogo simile alla Terra. Ma non c'è motivo per cui non pensare che sia invece più simile a Venere. E questo alla Nasa ovviamente lo sanno.

E allora perché tanta enfasi su una scoperta appena un po' più interessante di altre che passano sotto silenzio? L'anno scorso sono stati scoperti un migliaio di esoplaneti (pianeti che girano intorno ad altre stelle). A questo punto la notizia è che tra i più di 4000 che conosciamo non si fosse trovato ancora un pianeta vagamente simile alla Terra per raggio e distanza dal suo sole. Anche Kepler non è poi così simile, ma fin qui è il meglio che abbiamo trovato. A 1400 anni luce di distanza. La gente poi guarda i tg, legge Focus, vede le rappresentazioni artistiche con isole e oceani e si convince che noi possiamo sul serio dare un'occhiata a com'è fatto - noi che siamo appena riusciti a fare una foto a Plutone, con una sonda partita nove anni fa. C'è questa idea popolare per cui gli scienziati possono scoprire tutto, se si impegnano.

E invece le tecnologie necessarie per assicurarsi che Keplero sia non dico abitato, ma un po' più simile alla Terra che Venere potrebbero essere fuori della nostra portata. Quello che abbiamo scoperto di Keplero potrebbe essere tutto quello sapremo mai su Keplero. E allora perché la Nasa ha voluto creare un evento (riuscendoci benissimo)?

Perché ci conosce.
Molto più di quanto conoscerà mai Keplero.

I non più giovani forse ricorderanno quando 19 anni fa il presidente Bill Clinton annunciò al mondo che la NASA aveva trovato tracce di vita antichissima su Marte. Su un roccione di origine marziana, scagliato nello spazio da una collisione di un meteorite e poi intercettato dalla gravità terrestre e precipitato in Antartide. Quel roccione al microscopio aveva rivelato strani segni rettilinei che potrebbero essere stati lasciati da nanobatteri marziani. Potrebbero. E potrebbero esistere per tantissimi altri motivi. Ma un ricercatore NASA pubblicò un articolo in cui suggeriva che fossero nanobatteri, e Bill Clinton si scomodò per avvertirci che forse erano nanobatteri. Dopo qualche tempo (non so esattamente quanto) il Congresso rifinanziò i progetti NASA per l'esplorazione di Marte.

Io sono convinto che la NASA sia una delle cose più incredibili mai esistite sul pianeta Terra, un orgoglio per gli americani e per l'umanità. Ma è pur sempre una cosa umana, che va avanti grazie alla sua capacità di convincere altri umani a interessarsi di lei e finanziarla. I generali fanno quel che possono per convincerci che siamo minacciati da forze esterne e interne; gli astronauti ci mostrano immagini artistiche di pianeti che sembrano foto e ci fanno venir voglia di saperne di più. È marketing, nessuno ne è immune (su questo sistema solare, almeno).

Chi nei mesi scorsi ha avuto la sensazione che Samantha Cristoforetti stesse diventando qualcosa di più di una simpatica astronauta - una specie di testimonial dell'Agenzia Spaziale Europea, un cartonato da affiggere sulle pareti delle scuole - ha perfettamente ragione. La Cristoforetti era assolutamente preparata per la sua missione, ma era anche perfetta da un punto di vista mediatico. Doveva farci venir voglia di pensare un po' più allo spazio, e anche da questo punto di vista ha svolto la sua missione egregiamente. Astronauti e astrofisici mi stanno immensamente più simpatici di generali e venditori di armi, ma questo non mi impedisce di capire quando fanno marketing.

A settembre molti studenti (e studentesse!) mi domanderanno quando sarà possibile trasferirsi su Keplero; se i nativi saranno simpatici e il clima un po' più fresco. Pazientemente dovrò spiegare che il Keplero percepito dagli strumenti della Nasa è appena un punticino, una variazioncina minima nelle misurazioni della sua stella, che un immenso cannocchiale ha percepito 1400 anni dopo che la stella le ha emesse. Ammesso che non sia un pianeta tossico come Venere; che abbia qualche forma di vita simile alla nostra (con muscoli più robusti, vista la gravità maggiore), se volessimo comunicare qualcosa di molto semplice (PUNTO-PUNTO-PUNTO-PUNTO), la risposta ci arriverebbe tra 2800 anni (LA-VOLETE-PIANTARE-DI-ACCENDERE-E-SPEGNERE-LA-LUCE? È-FASTIDIOSO). Riuscire a conservare una civiltà organizzata per tutto questo tempo è un'altra impresa forse al di sopra delle nostre forze - benché sia necessario tentare.

giovedì 23 luglio 2015

L'Unità di Renzi (è più gramsciana di voi)

Un anno fa oggi scrivevo un pezzo per l'Unita.it; non sapevo che sarebbe stato l'ultimo. Un mese fa l'Unità è tornata nelle edicole e on line, anche se adesso si chiama Unita.tv. A questo punto credo di poterne parlare come di qualcosa che esiste davvero, e con la quale non ho nessun collegamento sentimentale.

Uomo bianco incontra quadrato rosso
Purtroppo, come ho avuto modo di sperimentare in 5 anni, è abbastanza impossibile discutere dell'Unità escludendo i sentimenti: non è tanto una situazione "O si ama o si odia", forse piuttosto "Giù le mani dal nonno!", che a volte è Berlinguer se non direttamente Antonio Gramsci. La gente poi ha sempre idee molto vaghe sui propri nonni, se li ricorda virati seppia e ignora che anche loro andavano in osteria, dicevano le parolacce, e che l'Unità dei tempi di Gramsci non era necessariamente più leggibile o interessante di quella di Concita De Gregorio. Di solito chi parla della nuova Unità (per criticarla) dà per scontata una specie di lesa maestà - scrivono cazzate sul quotidiano fondato da Antonio Gramsci! - oh, beh, sì, l'ho fatto anch'io. Credo l'abbia fatto pure Antonio Gramsci. Era un quotidiano, mica i quaderni dal carcere. Ma era il quotidiano comunista! - sì, ma questa fase direi che dovremmo averla superata con Veltroni, Pizzaballa, ecc. Per carità, mi rendo conto anch'io che stavolta la discontinuità è un po' più grossa che in passato: come se ci fosse un filo rosso da Gramsci a Occhetto che con un po' di sforzo allungavamo fino a Bersani, ma che con tutta la fantasia di questo mondo non riusciamo a prolungare fino a Renzi. Il quale Renzi - birichino! - decide di impossessarsi niente meno che del rosso (quello a cui l'Unità dei DS aveva rinunciato, in una delle fasi più tristi della sua storia). L'abbiamo sempre detto che l'Unità era soprattutto un brand, però ripreso da Renzi sembra una di quelle etichette finto antiche che si appiccicano adesso alle gassose e ai chinotti, con il lettering vintage che dovrebbe giustificare il fatto che costi il doppio della lattina sanpellegrino (sì, le trovi anche a Eataly, non c'era bisogno di dirlo).

Oh, è proprio il nostro.
Mica come quello altrui.
Sotto l'etichetta fuori del tempo, la nuova Unità ha un aspetto molto moderno - mi riferisco soprattutto alla versione on line, perché l'ho guardata con più attenzione, e poi ho la sensazione che il cartaceo ormai stia passando in secondo piano. Credo che sia il primo quotidiano on line in Italia che si pone il problema della scomparsa dell'home page: il fatto noto e dimostrabile per cui ormai sulle pagine principali dei quotidiani non ci andiamo più - e quindi sta diventando sempre meno importante cercare di attirare l'attenzione con espedienti attira-clic e con quintali di materiale. Persino un prodotto tradizionalmente 'leggero' come il Foglio.it insiste a cacciare in home qualsiasi cosa. L'Unita.tv sembra un passo avanti: in home in questo momento ci sono sei notizie (quattro testuali e due video), quattro opinioni, un tweet formato gigante, la vignetta di Bobo. Less is more. Non so quanto mi piace, ma è qualcosa di diverso. Fresco. Si ricollega alla moda dei blog coi caratteri grandissimi, che trovo preoccupante se non altro perché suggerisce una correlazione tra il possesso di un tablet e la presbiopia. Io qui continuo a scrivere in piccolo, avvisatemi quando non riuscite più a vederci niente.

Che altro dire? Ah già, i contenuti. Beh, qui c'è un paradosso meraviglioso. Chi in questo mese ha criticato l'appiattimento sulla linea di Renzi dovrebbe ammettere che proprio in questo l'Unità renziana si dimostra molto più gramsciana dell'Unità della De Gregorio, di Padellaro, Furio Colombo, perfino quella di Veltroni. Finalmente abbiamo un organo di partito che fa l'organo di partito. Delle sei notizie in cima, una riguarda sempre il caro leader. Non è un quotidiano che comprerei, e non consiglierei a nessuno di leggere soltanto l'Unità (ma c'è qualcuno oggi che legge le notizie di un solo giornale?), però credo che sia giusto che Renzi ne abbia uno. È il segretario del primo partito italiano; trovo sano che possa esprimere le sue idee e dare le sue versioni dei fatti attraverso un quotidiano, invece che coi messaggini "Renzi ai suoi". Farà propaganda? Ha tutti i diritti di farla, ed è appunto uno dei motivi per cui quell'Antonio Gramsci fondò un quotidiano - i saggi sul materialismo storico li pubblicava altrove. La cosa che mi lascia perplesso, a questo punto, è... sempre la solita.

I soldi.

(Chiedo scusa, sono proprio un materialista).

Antonio Gramsci, quanti crimini sotto il tuo nome.
L'Unità, che fino all'anno scorso era il quotidiano che riceveva i maggiori finanziamenti dallo Stato, ha deciso di non chiederne più. Come scrisse il direttore nel primo numero: "Si fa sul serio. Addio rimborsopoli [,,,] L'Unità naviga nel mare aperto e abbastanza tempestoso del mercato editoriale. Una svolta naturalmente che farà arricciare il naso a qualcuno..." Può anche darsi che qualcuno abbia arricciato il naso mentre scuoteva la testa: più che "abbastanza tempestoso", il mercato editoriale è in una bonaccia mortale. Ma anche qui, non nascondiamoci dietro la crisi: anche quando i quotidiani si leggevano e compravano, per un prodotto come l'Unità non c'è mai stato un vero e proprio mercato. E giustamente, perché era un organo di partito: la gente non spende soldi per comprare la tua propaganda. Gliela devi portare a casa col volontariato (ma non lo fai più). Oppure ci devi allegare qualche gadget interessante, vhs o figurine (funzionò un po' e poi fece un buco). Oppure puoi cercare di fare un giornale più interessante e vario di un house organ: ma non lo stai facendo. Stai facendo un quotidiano di partito, e però non vuoi finanziamenti dal partito. Neanche dallo Stato - e sì che ne avresti diritto. Dici che navigherai nel mare del mercato editoriale, ma sai benissimo che gli altri naviganti sono più o meno tutti sponsorizzati da gruppi industriali - oppure stanno colando mestamente a picco. È un'ambiguità che a me non piace, ma forse è un problema mio. Per molti l'importante è che l'Unità non partecipi più a una cosa che si chiamava "rimborsopoli" - finisce con -poli, quindi dev'essere stato uno scandalo. L'importante è che non paghiamo noi, se poi a qualche editore va di pagare per tenere la voce di Renzi in edicola, buon per lui.

Non è che andasse a ruba nelle edicole, no.
E qui invece c'è un problema secondo me. E non ha nulla a che vedere col fatto che l'Unità da gramsciana sia diventata renziana, o che io non ci scriva più. C'entra più, pensate, con Babbo Natale. Voi ci credete in Babbo Natale? Io, confesso, ho perso la fede da un pezzo. Non credo che qualcuno scenda dal camino per farmi i regali. Non credo che nessuno regali niente a nessun altro. E non credo che qualcuno regali un quotidiano a Renzi così, senza chiedere davvero nulla in cambio. Mi dispiace, il materialismo è proprio una brutta malattia.