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sabato 31 agosto 2013

Documento recuperato

199?



Principio d'ogni cosa,
sirena capricciosa
‘¥æ‡¤þ, siccome il vento mi riavvita,
- galletto banderuola -
di' solo una parola
e svolgimi o riavvolgimi la vita.

Boschetto in riva al mare
– proibito campeggiare –
‘¥æ‡¤þ, il tuo Sebastiano Puntaspilli,
percosso in modi vari,
dà suoni straordinari:
intona quindi, e intendi quanti strilli.

‘¥æ‡¤þ chi dice ciao ti dice: schiavo.
‘¥æ‡¤þ prima ti sogno e poi mi lavo.

...

Lo spleen di Sorbara di Bomporto


1993


I mille fogli sparsi in cui il destino
mio ricercavo in un segno, una traccia
stan nel cestino
della cartaccia.

Le corde e i tasti che in giorni volati
tanto sondai, cercandone l'incanto
giaccion scordati
lì, in un canto.

Dei cieli troppo azzurri sono stanco
dei tuoi occhi verdi non ne posso più:
mi sa che lascio questo foglio in bianco
e imparo a manovrare le autogrù.

venerdì 30 agosto 2013

Il Partito del Mattone colpisce ancora

L'abolizione dell'Imu è soltanto un regalo di Letta al suo alleato capriccioso che ha minacciato la crisi tutta l'estate? Un espediente per tenersi in equilibrio ancora per qualche mese? In tanti sembrano pensarla così, forse un po' vittima del partito preso per cui qualsiasi cosa faccia il PD deve in qualche modo essere dettata dall'autolesionismo. Non dico che si tratti soltanto di un pregiudizio, ma ogni tanto si potrebbe anche provare a usare un paio di lenti diverse. Soprattutto dopo aver visto l'affettuosa accoglienza riservata al giovane Letta al meeting di Rimini: segno che qualcuno a cui piace questo governo evidentemente c'è, e non sono zone necessariamente marginali. Certi giorni, è vero, sembra che Letta stia sospeso sul nulla semplicemente perché non soffia un filo di vento; ma forse ci sbagliamo, forse sotto c'è qualcosa che non vediamo ancora bene o che ci rifiutiamo di osservare.

Proviamo a metterla così: in Italia esiste un insieme vasto di elettori - una volta si diceva "classe sociale", ma suona così retrò - accomunati non dal reddito o dall'ideologia, ma dal mattone. Possiedono case, e spesso nient'altro. Per 40 anni a questi padroncini è stato raccontato che sarebbe andato tutto bene: che la lira poteva svalutarsi a tre zeri, ma il mattone sarebbe rimasto sicuro al suo posto, la vera risorsa aurea della nazione. Per 40 anni hanno messo da parte per i figli non libretti di risparmio, non depositi-titoli, ma villette e appartamenti. Per 40 anni hanno scommesso sul cemento, incoraggiati dalle banche, benedetti dai politici. E adesso è finita. Quello che fino a cinque o sei anni fa sembrava meno plausibile dell'apocalisse Maya - la contrazione del mercato immobiliare - è davanti agli occhi di tutti, e forse il primo ad averlo capito fu Berlusconi, già nella campagna del 2006: quello era il vero centro su cui puntare, non le alchimie terziste di Casini o Rutelli; il ventre molle dei padroncini di case (continua sull'Unita.it, H1t#195)

“Abolirò l’ICI”, disse in tv, recuperando cinque punti secchi su Prodi che poi in effetti provò ad abolirla anche lui. Demagogia, senza dubbio, ma non campata in aria, bensì puntata su un obiettivo preciso: caro padroncino di casa, lo so, ti hanno fregato. Hai lavorato per tutta la vita per un terzo piano che non ti restituirà mai gli interessi del mutuo: oppure hai appena ereditato una casetta in un quartiere dove ormai accettano di vivere soltanto immigrati dal sud del mondo; sei stato fregato, evidentemente, ma non da me: io non ti lascio solo. No, non posso fare nulla per ridare valore al frutto della fatica tua o dei tuoi genitori, ma… ti tolgo la tassa. I soldi verrà comunque a prenderteli qualcun altro, magari un sindaco cattivo di qualche altro partito, non io. Io ti voglio bene. Tutto qui, però con Berlusconi funzionava.
Ma perché non dovrebbe funzionare anche con Enrico Letta? Mentre il vecchio capo prosegue la sua lenta spirale discendente, tormentato da magistrati e lacché e incapace di trovare un successore all’altezza – se li è mangiati tutti per strada – il giovane premier manda a dire ai padroncini che quel posto potrebbe benissimo ereditarlo lui. Illuminante una risposta di Franceschini, oggi, a Repubblica: “Secondo lei una famiglia con reddito basso e senza lavoro se le togli una tassa sulla casa in cui abita non dice grazie anche se è di sinistra?” Insomma l’unico proletario che interessa a Franceschini è quello magari senza lavoro, ma con almeno quattro muri di proprietà. Il Pd di Letta, sospinto suo malgrado verso il baricentro dell’offerta politica, mentre gli elettori continuano a spingere verso le estremità – Grillo da una parte, Berlusconi dall’altra – gioca la carta del partito trasversale del Mattone, e prova a rivendersi ai padroncini che magari fino a paio d’anni fa votavano Berlusconi, ma che non hanno ragioni di seguirlo nella sua lotta col fango contro i magistrati. Tutto quel che vogliono è non sborsare del loro per quel fardello di cemento che hanno al collo: che problema c’è? Via la tassa: al massimo si ritoccherà l’IVA, pagherà un po’ di più qualcun altro, e via che si va. Forse se il Pd di Bersani avesse vinto, se fosse riuscito a individuare e puntare su un blocco sociale diverso, ci saremmo almeno risparmiati almeno questa presa in giro. Ma Bersani ha perso, già. http://leonardo.blogspot.com

Tutti a scuola dai mostri

Monsters University (Dan Scanlon, Pixar, 2013)
Brivido, terrore, raccapriccio!
Chi ha paura di Mike Wazowski? Nessuno. È un adorabile occhietto verde in un mondo di mostri spaventosi. Cosa vuole fare Mike Wazowski da grande? Paura. Nel mondo dei mostri, più fai paura e più tutti ti stimano. È una promessa che si è fatto da piccolo: Mike andrà al college dei mostri e diventerà il più grande spaventatore del mondo mostruoso. Ci riuscirà? No, lo sappiamo benissimo chi diventerà il più grande spaventatore. Ma farcelo raccontare è un piacere anche maggiore del previsto.

Ecco, invece lei fa un po' strizza davvero.
Gliene possiamo dire tante, alla Pixar. Che hanno tirato i remi in barca, che non innovano più come in passato (in realtà dal punto di vista tecnico questo film è un altro passo avanti: luci e 3d non sono mai andati così d'accordo). Che dopo averci viziato con uno spaventoso tris come Ratatouille, Wall-E e Up (in soli tre anni!) non sono riusciti ad andare più in su, che ora stanno speculando sui personaggi inventati nel decennio precedente: Toy Story 3, Cars 2, ed è in arrivo un film sull'amica del padre di Nemo. È tutto quasi vero - in realtà la volontà di trasformare i film in saghe c'era da subito, ma Steve Jobs litigò coi referenti della Disney e le pratiche si bloccarono per un po'. È vero, una volta i film pixar erano imprevedibili sin dalla sinossi, Monsters Academy decisamente non lo è: sembra che gli sceneggiatori ci provino gusto a ricalcare i cliché dei film ambientati nei college (chi l'ha visto lo confronti con Pitch Perfect, la pietra di paragone). I dormitori, le confraternite, le competizioni goliardiche che diventano più selettive degli esami: c'è tutto. Come in quei cartoni non pixar che invece di inventare un mondo si accontentano di parodiare quello reale, facendo continuamente occhiolino agli adulti. È vero, Monsters Academy è un passo indietro. Di quelli che magari si fanno per prendere la rincorsa, ma sapete che c'è? Che anche così, è ancora il film più divertente dell'anno. Ed è forse il migliore prequel della storia del cinema - prima di sorridere, provatemi a dire un prequel decente (no, il Padrino II non vale... continua su +eventi!)

Io ero in corso con Randy, poi l’ho perso di vista, non so neanche se lo riconoscerei.

È che scrivere prequel dev’essere più difficile di quel che sembra: inventarsi una storia partendo da un finale, portare i personaggi nel punto stesso in cui sono stati inventati: una sfida che la Pixar si porta a casa in scioltezza, col colpo di genio di promuovere al ruolo di protagonista Mike, la spalla del primo film, senza per questo snobbare il peloso Sullivan, di cui scopriamo l’esordio incerto nell’età adulta, e un lato oscuro che ci farà venir voglia di abbracciarlo ancora più forte. La storia è classica, ma è così solida che verso la metà accade qualcosa d’interessante: stai guardando un film d’animazione 3d ambientato in un universo parallelo di mostri, e ti accorgi che non stai più facendo caso né al 3d né ai mostri, pur spettacolari: quello che ti interessa davvero è la storia. E la storia non corre i rischi di Wall-E o dell’incredibile Toys Story 3, ma proprio per questo è forse più eversiva, per il modo subdolo in cui intercetta un tema tipico di tutti i film d’animazione degli ultimi anni (il culto dell’autostima) e lo sottopone a una critica dall’interno. Guardiamo solo a quest’anno: abbiamo già avuto in Ralph Spaccatutto la bambina difettosa che dentro di sé sa di essere nata per correre e vincere; in Turbo, la lumachina che senza troppi sforzi trionfa a Indianapolis: più tardi arriverà Planes, il film Disney ambientato nello stesso universo di Cars in cui un modesto aeroplanino a elica decide di partecipare a una gara intorno al mondo, e indovinate chi vince. Tre film d’animazione, tre gare, tre outsiders solitari su cui nessuno avrebbe scommesso niente, ma che vincono perché… hanno creduto nel loro sogno, hanno creduto in sé stessi. La Pixar è un’altra cosa. Si muove sugli stessi terreni (basta pensare a Ratatouille o Cars), ma senza mistica da talent show. Sullivan non diventerà un buon mostro soltanto credendo in sé stesso, anzi è l’esatto contrario. Mike non eliminerà il suo handicap ostinandosi a credere in un sogno che è soltanto suo. A un certo punto l’amico proverà a dirglielo: getta i libri e scava dentro di te, vedrai che troverai il vero Spavento. Non è vero, non funziona. Questa è la vita vera, non un cartone animato – cioè, aspetta, è ancora un cartone animato pieno di mostri divertenti, eppure è un cartone animato dove Dumbo non impara a volare e rimane un freak. Un universo parallelo dove se non studi non c’è miracolo o predisposizione, sei fuori: e se infrangi le regole ti cacciano a pedate.


C’è un solo modo di farcela, da quando esiste la Pixar: un solo modo per i giocattoli, gli insetti, i pesciolini, i supereroi, le auto da corsa, i cuochi i robot e i pensionati: la risposta non è dentro di noi, la risposta è sempre negli altri. Da solo sei un bambolotto, un insetto, un pesciolino sperduto nell’oceano, l’ultimo robot della terra, un ratto allo sbando o un vecchietto inutile. Da solo non vincerai mai nulla, non esistono le piume magiche di Dumbo. Fatti aiutare. Potrai arrivare da qualche parte, forse anche nel posto in cui sogni di arrivare, ma non ci arriverai mai da solo, scordatelo. Lo sappiamo sin dall’inizio, che Mike e Sullivan sono nati per completarsi, ma è meraviglioso vederli sbagliare tutto e fallire fino a cinque minuti dalla fine. Da soli non si arriva da nessuna parte: vi viene in mente un messaggio più rivoluzionario, oggi in un film per bambini? Dio salvi la Pixar e la sua scuola di mostri giocattoli e macchine che imparano il lavoro di squadra: ne abbiamo un bisogno disperato.

Monsters Academy, se non lo avete ancora visto (perché?) si può guardare in 2d al Fiamma di Cuneo (21:00), al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo (20:10, 22:35); al Bertola di Mondovì (21:00); al Cinecittà di Savigliano (20:20, 22:30). In 3d, il primo 3d che non mi ha dato il mal di testa, al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo (22:30), al Multisala Impero di Bra (20:20, 22:30). Se quest’anno dovete guardare un solo cartone animato, eccolo.

giovedì 29 agosto 2013

Perdere la testa per una ragazzina

Paperina questa cose non le fa più da un pezzo.
29 agosto - San Giovanni decollato (1-30 ca.)

Giovanni Battista è l'unico santo di cui festeggiamo sia il compleanno (24 giugno) che il martirio (oggi). Io per la verità da bambino pensavo che il Giovanni Decollato fosse un santo omonimo che avevano ammazzato buttandolo dalla finestra.

Invece Giovanni, come tutti sanno, fu decollato nel senso che gli staccarono la testa dal collo: un supplizio violento ma che esprimeva una considerazione per lo status della vittima: la crocifissione invece era una cosa da schiavi. A metterlo a morte fu Erode Antipa, tetrarca della Galilea satellite di Roma. Su questo le fonti concordano. Purtroppo le "fonti" sono i vangeli e l'ebreo romanizzato Giuseppe Flavio. Quest'ultimo dovrebbe essere un po' più affidabile, ma le sue Antiquitates Judaicae sono state interpolate per secoli, da copisti cristiani anche in buona fede, a cui sembrava impossibile che un cronista ebreo del primo secolo si facesse sfuggire notizie su Giovanni Battista e Gesù Cristo - così le aggiungevano loro, toh, ecco, adesso sì che è un testo completo. Quindi non è sicuro che Flavio abbia mai veramente scritto qualcosa su Gesù o Giovanni. Senz'altro non erano al centro del suo interesse: lui parla di politica, guerre, dinastie, e poi ogni tanto ci sono questi predicatori che fanno un po' casino, ma niente su cui valga la pena di imbastire un capitolo. Nelle Antiquitates si accenna a Giovanni come "un uomo buono che esortava i Giudei a una vita corretta, alla pratica della giustizia reciproca, alla pietà verso Dio, e così facendo si disponessero al battesimo". Questo sarebbe bastato al sospettoso re per incarcerarlo e, in un secondo momento, farlo ammazzare.
Un'eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi, poteva portare a qualche forma di sedizione, poiché pareva che volessero essere guidati da Giovanni in qualunque cosa facessero. Erode, perciò, decise che sarebbe stato molto meglio colpire in anticipo e liberarsi di lui prima che la sua attività portasse a una sollevazione, piuttosto che aspettare uno sconvolgimento e trovarsi in una situazione così difficile da pentirsene.
Condannato a morte perché parlava bene. Non che non sia plausibile, da quelle parti, almeno in quel periodo, però è veramente troppo vago. Cosa avrebbe detto il battista di così pericoloso per l'ordine costituito? I vangeli di Marco e Matteo ci forniscono un'ipotesi ragionevole: Giovanni avrebbe protestato contro il matrimonio di Erode con Erodiade. "Non ti è lecito tenerla". E in effetti prima di stare con Erode, Erodiade era stata sposata col di lui fratello, che aveva litigato col padre Erode il grande e si era trasferito a Roma. Inoltre era figlia di un altro fratello di Erode, il maggiore, Aristobulo; anche lui caduto in disgrazia presso Erode il grande e fatto ammazzare. E se tutto questo vi pare un po' incestuoso, considerate che la mamma di Erodiade era una cugina di Aristobulo. L'endogamia della famiglia erodiana era tipica di altre dinastie regali del Medio Oriente, dai faraoni in poi, ma non degli ebrei. E in effetti gli Erodi erano ebrei sui generis: venivano da una regione di confine (l'Idumea), e malgrado Erode il grande avesse sposato una principessa di stirpe maccabea, molti sudditi li consideravano ebrei posticci, pedine dell'imperialismo romano. Criticare un tetrarca per i suoi costumi incestuosi poteva, insomma, avere un significato politico.

Miley Cirus scostati, questo è un lavoro per Brigid Mary Bazlen.
Miley Cirus, scostati,
questo è un lavoro per Brigid M. Bazlen.
Però è difficile fidarsi di Marco e Matteo. Sono pur sempre vangeli, ovvero resoconti della vita di Gesù. È normale che cerchino di presentare Giovanni come il precursore di Gesù, e non come il suo rivale. Eppure è possibile persino tra le righe degli evangelisti immaginare almeno un momento in cui i battezzati dovettero scegliere: con l'uno o con l'altro. O Giovanni o Gesù. Non dicevano proprio le stesse cose. I discepoli di Giovanni digiunavano, quelli di Gesù no; Giovanni si lascia andare a commenti pericolosi sulla famiglia reale, Gesù cerca di non fare politica (ma poi finisce comunque nei guai). Forse Giovanni era stato il maestro di Gesù (è lui a battezzarlo), ma poi quest'ultimo aveva preso una strada sua, e l'incarcerazione di Giovanni lo mise nella condizione di ereditare un po' del credito del predicatore rivale, che davvero in questo senso gli aveva aperto la strada. Eppure anche in carcere Giovanni continuò a diffidare del cugino (Luca li considera cugini: ma in nessun altro testo sembrano manifestare alcun tipo di familiarità), mandando i suoi discepoli a chiedere a Gesù se davvero è il Messia. Gesù non si limita a rispondere "sì", ma invita i giovanniani a verificare di persona: come si riconosce un Messia? Cosa dice il profeta Isaia al riguardo? I ciechi recuperano la vista? Fatto. Gli storpi camminano? Fatto. I lebbrosi guariscono? Questo a dire il vero in Isaia non c'è, ma crepi l'avarizia. Eccetera eccetera: i sordi odono, i morti resuscitano..."

"E gli schiavi?"
"Eh?"
(continua...)

I was tripping up and down

*

1991

Sono nato quando Ibiza era un isola di Spagna
(Syd già si era ritirato dalla mamma, su in campagna).
Son cresciuto mentre Ibiza era una vacanza premio;
mi ricordo molto meglio dei periodi in cui ero astemio.

Qui passò Cesare Claudio su una cabriolet a pedali
regalando ingressi omaggio e tastiere digitali.
Fu un dj bassolombardo assunto in quota socialista
che ci fece alzare in piedi senza neanche un batterista.

E da Ibiza trasmettevano sogni di carne al sole,
senza più sabbia negli incavi tra pelle e silicone.
Lunghe piste sempre in tiro fino all'alba anzi più in là
- l'importante era non interromper la pubblicità.

È passato qualche anno, per me sono stati tanti;
sono diventato grande, o più piccoli voialtri.
Syd l'ho perso, ho visto Roger nella Terra di Nessuno,
non so bene da che parte di quel muro.

È passato qualche anno, via non è che sia volato.
Son crollate molte cose, me non mi han neanche sfiorato.
Suono ancora le tastiere, ma con meno convinzione
da che seppi che anche Ibiza era un posto giù a Riccione.

Se tu quindi vai all'Ibiza, non mandarmi cartoline,
non particolareggiarmi di spagnole od inglesine.
Quando passi dall'Ibiza, non spogliarti, tanto vale
che anche in questo lasci fare al personale.

Se tu passi per Ibiza, non giocare all'autoscontro;
non comprare pilloline se le danno con lo sconto.
Quando tornerai da Ibiza, non ti manderò affanculo,
tanto là ci sarai andato di sicuro.

Quando tornerai da Ibiza però vienimi a trovare;
è da un pezzo che non trovo più un compagno con cui bere.
Sono tutti incolonnati tra l'Emilia e la Romagna...
Era meglio quando Ibiza era un isola di Spagna.

martedì 27 agosto 2013

Monica non molla mai

L'estate sta finendo, un anno se ne va,
sto diventanto grande, mia madre è sempre qua.
27 agosto - Santa Monica (331-387), madre e maestra di Sant'Agostino

Quell'ubriacona di tua madre. Di tutti i colpi bassi, quello che l'eretico Giuliano tentò con Agostino rimane memorabile. In mezzo a una lunga polemica sul peccato e la grazia, buttò lì quel dettaglio: tua madre beveva. L'hai scritto tu, no? In effetti era stato lo stesso Agostino ad aver raccontato l'aneddoto nelle Confessioni, con quel suo tipico gusto per le inezie e i peccatucci infantili che però rivelano la personalità più dei grandi gesti, che lo mette nel solco di Freud con quel millennio e mezzo d'anticipo: da bambina, quando i genitori la mandavano in cantina a prendere un'anfora di quello buono, Monica suggeva il vino di nascosto. Aveva iniziato per curiosità, vincendo la repulsione, per poi prenderci gusto - finché la tata non l'aveva presa di petto: uno choc. Il vino è dolce, ma non compensa la vergogna di una schiava che ti dà dell'ubriacona. Da lì in poi aveva smesso, quasi smesso di bere, e soprattutto di provare curiosità per i vizi di questo mondo. Per compiere una rinuncia simile suo figlio, il grande dottore della Chiesa, avrebbe dovuto aspettare i trentatré anni. Rispondendo a Giuliano, Agostino abbozzò qualcosa del tipo 'lascia stare mia madre, non ti ha fatto niente di male', quasi una finta, e poi il gancio sinistro: "Io al contrario tengo in onore i tuoi genitori come Cristiani cattolici e mi rallegro con essi che siano morti prima di vederti eretico".

Il figlio lo fa Alessandro Preziosi (poi invecchia e diventa Franco Nero).
Lei mi sembra nella parte, è Preziosi che boh
 (ma invecchiando diventa Franco Nero),
Monica non avrebbe potuto morire prima di vedere Agostino santo. E però fu proprio Monica a scegliere di non battezzarlo da bambino; decisione di cui il santo la rimprovera anche da morta. Dietro a questa scelta c'era probabilmente una consapevolezza: Agostino non era pronto. Il battesimo dei primi secoli non era una semplice formalità: poteva trasformare un peccatore in un santo. Ma cosa succedeva se poi il santo si rimetteva a peccare? C'erano varie opinioni, ma Monica non se la sentiva di rischiare. Conosceva troppo bene suo figlio. Io succhiai il cristianesimo con il latte materno, racconta Agostino (e anche qui il freudiano va in estasi). Ma forse succhiò anche quella curiosità per il proibito che Monica aveva sentito nelle vene sin da bambina. La famosa battuta di Agostino - Dio dammi la santità, ma non subito - in fondo è farina sua. Figlio mio, sarai dottore, sarai santo, ma tra un po': adesso studia, bevi, divertiti. Basta che non mi porti in casa quella lì.

L'estasi di Ostia. Conversando riuscirono ad avere un'idea di Dio, poi lei si mise a letto e decise che poteva morire. Monica, si è soliti dire, seguì Agostino dappertutto, anche quando lui fuggiva in Italia e la piantava in asso al porto di Cartagine con una scusa. Monica è l'unico vero amore della sua vita... Ma quando mai. Monica è solo quella che ha vinto, e ha ottenuto che delle altre si cancellasse il nome. Ma non è sempre stata quella presenza silenziosa e sollecita che ci immaginiamo in un angolo del suo studio, a rosicchiare paternostri, o in cucina a preparare gli snack per i compagni di meditazione. Quando il giovane Agostino era tornato da Cartagine con una laurea, non l'aveva voluto ricevere. È perché si era convertito al manicheismo, dicono. Sì, certo, un figlio manicheo era senz'altro una sciagura (erano i grillini del tempo, avevano un'opinione su tutto ed era quasi sempre una sciocchezza). Ma c'è anche quel piccolo dettaglio che nel frattempo Agostino si era preso una concubina e ci aveva fatto un figlio. Ecco.

Quella concubina, di cui nelle Confessioni non si fa il nome, fu la vera avversaria di Santa Monica... (continua ovviamente sul Post)

lunedì 26 agosto 2013

Certi applausi ormai son dovuti per amore

Sparring partner

Ogni anno il Macchianera Italian Awards diventa più grande, e il mio blog no. Eppure tra i centomila e più utenti internet che ogni estate si ricordano di spedire la schedina coi propri blog preferiti, dispersi più o meno a metà di una coda che immagino lunghissima, c'è ancora qualcuno che si ricorda il mio indirizzo.

Miglior articolo
Miglior blog
d'opinione
Non so perché lo fa. Abitudine, inerzia, e poi diciamolo, al giorno d'oggi chi è che scrive ancora un "blog d'opinione". Nessuno sano di mente pensa che ai lettori interesseranno semplicemente le proprie "opinioni". Bisogna scegliersi un campo più ristretto, cucina cinema sesso (buffo, in realtà no, sui blog italiani il sesso non ha mai veramente sfondato).

In ogni caso, grazie; anche se le speranze di vincere (contro Grillo, Zoro, Civati) sono ogni anno sempre più risibili. Quest'anno anche la gara per il "miglior articolo" sarà molto dura. Il mio non è di certo il più interessante, ma è un record personale che non sono sicuro di voler infrangere (più o meno ventimila accessi unici). Per spingere un mio post così in alto serve, di solito, qualche disgrazia, meglio se collettiva.

(Non credo che ce la farò ad andare a Rimini, salutatemi tutti).

Ah, non so se si possa dire, ma sono anche finalista al premio Rioba 2013, "miglior blog politico del 2013". Non ho idea di chi siano gli altri, ma l'immagine della giuria di qualità che cerca di capire chi sono e cosa rappresento leggendo le mie poesiole anni Novanta mi lascia pochi spiragli, diciamo.

Secondo Lapalisse


Secondo Lapalisse
chi è morto, un tempo visse;
ma per l'Apocalisse
chi vive un dì morrà.



(199? 200? non sono nemmeno sicuro che è mia)

domenica 25 agosto 2013

Era solo un'extrasistole


(1997)

Il cuore batte asincrono
e un pendolo tagliente
spezza la notte in schegge per l'insonnia più insolente
zanzare i miei pensieri che
s'appressano all'orecchio
ed il cuscino è un sasso freddo e frigido ed invecchio

E tu che se telefono
mi dici di star zitto
non posso lamentarmi
non ne ho proprio il diritto
ho un posto ho un nome ho un numero
due esami ogni sessione
è solo un esercizio questa mia disperazione

La vita ha le sue tattiche per farti stare in pari
affolla le rubriche gremisce i calendari
appuntamenti ed assemblee e colloqui di lavoro
tu cedi solo un attimo e sei già in fila col coro

La vita ha le sue strategie per farti stare al gioco
anche se il polso è debole e il cuore scarta un poco
impulsi elettrostatici ti guidano al magnete (*)
tu cedi appena un minimo e sei già in fondo alla rete

E tu se poi telefono
mi dici di tacere
so solo lamentarmi
ormai è il mio mestiere
il mondo intero oscilla sui
miei sbalzi di pressione
è un gioco stanco e logoro la mia disperazione

E tu che se telefono
stai zitta e non ascolti
con l'aria di chi come me
ne ha compatiti molti
si spegne e non ricarichi
non hai più compassione
è solo un'extrasistole la mia disperazione



(*) No, temo proprio che non abbia senso.

sabato 24 agosto 2013

Che ora hai detto ch'era?



IMPARA QUAND'È ORA DI SMETTERE (1998)


Impara quand'è ora di smettere
di chiuderti in buste da lettere
di fingere di esser sincero
di offrirti per niente anche intero
                                               - per gente
che poi non ti sa dove mettere

impara quand'è ora di chiudere
di scegliere eleggere escludere
di verificare gli impegni
intascare gli assegni
e mostrarsi ai convegni quando utile

non vedi di quanto ridicolo
ti sei reso contro te stesso colpevole?
hai morso il cuscino e il telefono
a un graffio sul cofano
non sai mai quand'è ora di smettere

impara che è l'ora di stringere
di esser sincero nel fingere
di avere i tuoi soldi da parte i tuoi amori da parte
i tuoi sogni da parte
si parte
          da un investimento iniziale
                       da un coinvolgimento parziale
                                   l'interessamento è graduale
                                           il guadagno finale 
si avrà con lo sforzo costante

non vedi da quale distanza con quanta impazienza
hai preteso di armarti e combattere?
mosche ne hai prese abbastanza
ora lascia la stanza
che suonano l'ora di smettere

venerdì 23 agosto 2013

Manca sempre qualcosa


1998

Un biglietto del treno timbrato,
un fischietto che mi hanno prestato,
quattro libri che ho fotocopiato,
una spilla (la stella col Che?)

Cinque dadi rubati al destino,
un coriandolo di un volantino,
una gomma ed un vecchio scontrino
(un panino, una pasta, un caffè);

quattro mesi di appunti a quadretti,
una sveglia scassata. Picchetti
da tenda, due penne, tre plettri,
un rosario di plastica, blu;

un'arancia che ormai è andata a male
il santino del tuo funerale
una bozza di un redazionale
e il mio cuore. Anzi, no, non c'è più.

giovedì 22 agosto 2013

Lo zoo di Cinzia

Lo zoo di Cinzia (1999)

Cosa c'è che non va con Pitone?
È affettuoso, ed è un simpaticone.
Ma al commiato notturno, lo so,
se ti stringe anche un po'
sembra voglia ridurti a un boccone.

E di Granchio che cosa mi dici?
eravate, voi due, buoni amici;
ma anche Granchio le amiche le
stringe, ma ha solo le chele
e oramai ha anche solo nemici.

Non ti resta che uscire col Gallo:
se non altro sa tenerti in ballo.
Certo ha modi da professionista,
da collezionista,
ed al collo un cornetto in corallo.

A proposito, ha chiamato il Rospo,
perché ha già prenotato in quel posto.
Basta un bacio ed è convinto che
gli apriranno il privé
(ma tu non sei in città, gli ho risposto).

mercoledì 21 agosto 2013

Il ritorno di Calcinculo

Kick-ass 2 (Jeff Wadlow, 2013)

Non mi ricordo nemmeno chi dei due sta convincendo l'altro che mettersi il costume è il suo destino - si scambiano ruoli e battute, dai, è chiaro che sono due proiezioni della stessa persona.
Dave Lizewski è cresciuto. Sta per andare al college. Non è più quel coglione che mascherato da super-eroe se le faceva dare di brutto nei video più cliccati di youtube. O no? Da qualche parte nella sua testa riccioluta di tardo teen-ager annoiato si aggira ancora quella fantasia allucinata, la bambina assassina. È cresciuta anche lei, adesso ha, gasp, quindici anni. Ancora pochi per alimentare fantasie sessuali consapevoli, quindi continua a vivere in un fumetto iperviolento dove salva Dave dai criminali spaccando ossa e tranciando mani. Dave Lizewski non è cresciuto. Non può. Da qualche parte sa di essere anche lui il protagonista di un fumetto. E che malgrado ogni logica e verosimiglianza, si ricalcherà il cappuccetto verde in testa e si rimetterà a prendere botte in compagnia di qualche altro cosplayer sciroccato.

Ci sono vari motivi per cui un film di Kick-ass è più interessante di quasi ogni altro film di supereroi. Uno è Chloë Grace Moretz, la bimba assassina. Un altro è Chloë Grace Moretz, ora anche teen-ager alle prese con le risaputissime dinamiche dell'high school (indovina, ci sono tre cheerleader che la prendono di mira, ma lei è più tosta. C'è anche la gag sul vomito, che nelle comunità giovanili americane dev'essere una specie di tabù: chi vomita in pubblico perde automaticamente il suo status). Il terzo motivo è l'ambiguità fondamentale del concetto di Kick-ass, una serie che nasce per prendere per il culo i cosplayer (quelli che si travestano da personaggi alle convention), ma alla fine per esigenze di drammatizzazione finisce per trasformarli in eroi veri. È come se don Chisciotte a un certo punto, in virtù della sua purezza di cuore, diventasse realmente un grande cavaliere, e Ronzinante un focoso destriero, e Dulcinea prendesse le forme, che ne so, di Chloë Grace Moretz. Nel primo episodio Lizewski inaugurava le imprese facendosi accoltellare e investire da un'automobile; nel finale saliva su un grattacielo con uno zainetto a reazione. Succede più o meno la stessa cosa anche stavolta. La storia comincia nel reame del verosimile, raccontando di sfigati che per varie traversie esistenziali hanno deciso di andare in giro in maschera e opporsi al crimine, rischiando di farsi molto male. Non sono tutti nerd incurabili, c'è anche la coppia che ha perso un figlio e lo fa per tenere alta l'attenzione sul caso: il quarto motivo per cui Kick-ass è interessante è per questa commistione di ridicolo e struggente, purtroppo appena accennata.

Lentamente però si entra nel regno della fiaba; è un percorso irresistibilmente regressivo, in cui Chloë Grace Moretz ti prende per mano. Un quinto motivo per cui Kick-ass può darti i brividi, è che i due piani (realtà e fumetto) non combaciano mai bene, e ti suggeriscono che qualcosa non stia funzionando: lo stesso pugno può romperti il naso o rimbalzare. Forse qualcuno sta sognando. Forse l'unico vero supereroe, Chloë, in realtà non esiste, è soltanto un fantasma nella testa di Dave... (continua su +eventi!) Il suo coniglio fantasma. Una scheggia di infanzia che non si rassegna: non andrai mai al college, il tuo posto è qui, tra i fumetti. Presto o tardi il fiabesco prende il sopravvento. Un Jim Carrey quasi irriconoscibile è il mago sacrificabile che proverà a rifare di Dave un eroe. Christopher Mintz-Plasse è l’ex amico viziato delle medie: per trasfigurarsi in antieroe gli basta calcarsi in faccia le maschere sadomaso della mamma appena morta. Coi soldi dell’eredità ha deciso di finanziare una squadra di super-cattivi che sono, definitivamente, non di questo mondo; tra cui la gigantessa Mother Russia, protagonista di una delle scene più assurdamente violente e, lo confesso, divertenti.

Un sesto motivo per cui Kick-ass mi è piaciuto di più di tante altre trasposizioni da fumetti, è che non ho letto il fumetto. Chi lo conosce si sta già ovviamente lamentando delle edulcorazioni – però capiamoci; è pur sempre un film dove una quindicenne ti taglia le mani e una falciatrice da giardino può tranciare un paio di giugulari. È comunque interessante notare alcune autocensure: una riguarda uno stupro, ribaltato in farsa ma con un dettaglio realistico: come succede a molti violentatori veri, il supercattivo non riesce ad avere un’erezione, e quindi decide di compensare con le botte. L’altra riguarda un cane, con tanto di strizzata d’occhio dello sceneggiatore: a un personaggio umano si può tagliare la testa, al suo cane no. “Non sono così insensibile”, dice il perfido Chris.

Il settimo motivo per cui Kick-ass, a dispetto di molte recensioni insoddisfatte, mi ha divertito parecchio, è che io i cosplayer li sento torbidamente affini. Certo, non mi dispiacerebbe vederli tutti orrendamente menati. Ma poi appena qualcuno ci prova davvero comincio a sentirmi in pena. È che alla fine anch’io ho avuto per tanti anni una doppia vita, un’identità segreta. No, di notte non mi mettevo dei cappucci buffi, ma quasi. Mi bastava assumere un nick ugualmente buffo. E anch’io andavo in giro a caccia di bricconi, saltando di sito in sito; e li inchiodavo alle loro malefatte, e in qualche caso mi facevo pure male. Ero un blogger. Lo sono ancora. Da che pulpito posso fare la predica a uno sfigato come Dave. La sua fame di avventura la capisco benissimo. Lo sguardo rassegnato del padre, perché m’è capitato un ragazzo così, l’ho già visto. Calcinculo prima o poi crescerà. Ma fino ad allora, vai di calcinculo.

L’ottavo motivo è Chloë Grace Moretz – stavo per dimenticarmi che in questo film c’è Chloë Grace Moretz. In seguito ne farà tantissimi altri. Ma non avrà più sedici anni, e non assalterà più un furgone in vestito nero e camicetta bianca gridando ai gangster: “siete morti, succhiac****”.

Kick-Ass 2, indovinate, è al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo alle 20:20 e alle 22:40. È un film molto violento. Meglio aver già visto il primo episodio. Buon divertimento.

martedì 20 agosto 2013

Amori e crociate del dottor Miele

Mi sa che resto al terzo stadio ancora per un po'.
Io mi fermo al terzo, voi?
20 agosto - San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), mistico antipatico

L'estate sta finendo, l'autostima è sotto i livelli di guardia? Il mistico Bernardo di Chiaravalle ci può aiutare. Nel suo trattato De diligendo Deo, Bernardo ci spiega come raggiungere il più puro amore per noi stessi, attraverso un lungo percorso che può prendere la vita intera. Dunque: in un primo momento noi ci amiamo, perché il nostro amore non può avere altri obiettivi, visto che conosciamo soltanto noi stessi; o meglio, crediamo di conoscerci. Ma presto ci rendiamo conto di non essere autosufficienti, e allora cominciamo a rivolgere il nostro amore a chi ci ha creato e ci sostenta, ovvero Dio. È il secondo stadio: amiamo Dio perché ne abbiamo bisogno, allo stesso modo in cui amiamo la mamma perché è un'estensione della tetta che ci nutre, egoismo puro. Ma è comunque amore, un punto di partenza. E nel frattempo cominciamo a ridimensionare il nostro ego, a renderci conto di quanto siamo piccoli, e così arriviamo al terzo stadio - quello a cui ragionevolmente possiamo puntare noi miseri peccatori: l'amore di Dio per Dio. Cioè non amiamo più Dio per i doni che ci fa, ma amiamo Dio perché è bellissimo in quanto Dio, come passare dall'amore per la mamma all'amore per Scarlett Johansson. E qui si fermano praticamente tutti, ammette Bernardo di Chiaravalle: il quarto stadio forse non è per i viventi. Comunque, se volete provarci, lo stadio finale prevede l'amore per sé stessi attraverso Dio. Sì, nel quarto stadio Bernardo ama Bernardo, perché è una creatura di Dio, e ciò che fa Dio non può essere che meraviglioso, sublime, cioè guarda Bernardo (e smetti di guardare Scarlett): non è bellissimo?

Ah, è così che ripassi la metafisica, eh?
In realtà è difficile da dire. Di lui ci rimane solo un po' di testa, gelosamente custodita nella cattedrale di Troyes. Il resto del corpo è stato spazzato via durante la Rivoluzione, succede. Era più facile che succedesse a Bernardo che ad altri, perché Bernardo, tanto venerato già in vita, tra tanti carismi non aveva quello della simpatia. Il tempo, in altri casi tanto equanime, non gli ha reso un buon servizio. Oggi lo si ricorda soprattutto per la famosa disputa con Pietro Abelardo, il filosofo più in voga dei suoi tempi (lui modestamente si definiva l'unico filosofo dei suoi tempi, e forse aveva ragione). Una contesa che ha un enorme valore simbolico: filosofia contro fede, scolastica contro misticismo... ma che in realtà verteva su argomenti teologici piuttosto tecnici: la solita Trinità, che Abelardo pretendeva di poter spiegare con qualche strumento filosofico, mentre Bernardo si contentava di ammirarla come un mistero della fede. Una vera e propria disputa, come ci piace immaginarla, non ci fu: Abelardo e Bernardo non si trovarono mai uno di fronte all'altro davanti a un pubblico. Come andò veramente al concilio di Sens non è ben chiaro - ognuna delle due fazioni cerca di tirare l'acqua al suo mulino - ma pare che prima dell'arrivo dell'avversario Bernardo si fosse già lavorato la giuria ecclesiastica, falsificando alcune tesi di Abelardo per accentuare l'odore di eresia. Un caso di straw man argument direttamente dal dodicesimo secolo. Il filosofo, avvertito della trappola in cui stava per ficcarsi, decise di marcar visita e annunciò che intendeva fare appello a Roma, dove sperava di avere ancora degli amici. Non doveva averne abbastanza, perché fu condannato quando era ancora in viaggio.

Trovò rifugio presso il monastero di Cluny, dove l'abate Pietro il venerabile intercedette per lui: passò l'ultimo anno della sua vita agli arresti domiciliari, ma poteva ancora insegnare. Aveva una sessantina d'anni, vissuti molto intensamente. Con Eloisa non si vedeva da più di venti. Però si scrivevano ancora. Anche lui, in fondo, malgrado tanto filosofare e disputare, è più famoso per aver sedotto una studentessa diciassettenne, da cui ebbe un figlio, e che poi sposò, ma che alla fine decise di spedire in convento; e soprattutto perché a quel punto lo zio di Eloisa assoldò una gang che nottetempo entrò nel suo alloggio e lo evirò. Sembra incredibile che tutto questo sia successo nello stesso secolo in cui Bernardo passa il tempo a invocare crociate, identificare eretici e ammirare Dio, o sé stesso per mezzo di Dio. Ma ad Abelardo erano successe tante altre disgraziate avventure; persino la condanna per eresia non era una novità, ne aveva già subita una con conseguente rito di abiura. Forse a Sens non andò perché era stanco di perdere sempre, contro gente che per di più non se lo meritava. Forse perché era indiscutibilmente il più bravo con le parole, Abelardo non aveva mai accettato che le dispute si vincono soprattutto con la politica.

Bernardo, per contro, negli anni Quaranta era sulla cresta dell'onda (continua sul Post...)

lunedì 19 agosto 2013

Io tifo Marsia


(1997)

MA IO TIFO MARSIA - e non è facile a farsi;
c'è sempre chi ti scuoia, e le ragioni sue le ha.

Giorni persi, e tu a leggermi i tuoi versi,
che bel gioco a vedersi la nostra utilità.

Prega, tu pollo: applaudi pure Apollo:
metti lo scacco in stallo, così non perdi mai.

Io ho sempre perso, e oggi non sarà diverso.
Chi ha avuto voti scarsi dietro Marsia marcerà.




Io tifo Marsia, che se vendemmia è scarsa
mi piscia dentro un vuoto e me lo vende per champagne.

Pelle d'Apollo, io pesce qui in ammollo,
se a volte vengo a galla, dalle acque troppo stagne

non è per i tuoi versi! Dammi fatti diversi!
Chi non ha arie da darsi dietro Marsia marcerà.

…e non leggermi più versi - solo fatti diversi!

domenica 18 agosto 2013

L'imbarazzo dello spettatore occidentale

Davanti alle immagini dell'Egitto, il nostro disagio di spettatori occidentali è un po' più imbarazzato del solito - anche se magari non siamo quelli così imprudenti da aver prenotato a Sharm. C'è che stavolta sentiamo che non sarà facile recitare la parte che ci piace di più, quella delle anime belle e solidali che piangono con le vittime e gridano vergogna, e poi magari per qualche mese indossano un nastro - per la Birmania era rosso, per l'Iran verde, per l'Egitto non ci sarà, perché c'è un limite persino all'ipocrisia. C'è che stavolta non ammazzano i nostri, mettiamola così. I 'nostri' hanno manifestato il mese scorso: vogliono un Egitto meno islamico e lo vogliamo sicuramente anche noi, siamo laici. Quelli che si prendono le mitragliate dagli elicotteri invece sono islamici, integralisti, magari anche terroristi, e soprattutto poveri. Se fossimo costretti a scegliere probabilmente sceglieremmo di stare dall'altra parte della mitragliatrice. Fortuna che invece ci basta cambiare canale.

Più di ogni altra cosa noi vorremmo sentirci buoni, e le immagini dal Cairo non ce lo consentono. Vorremmo stare dalla parte dei giusti, e non riusciamo bene a ritrovarla, è seccante. Qualche settimana fa avevamo deciso che stavamo con l'esercito, ma quelli (chi se lo sarebbe aspettato) hanno le armi e le usano. Di solito a questo punto parteggiamo per le vittime, ma sono un po' troppo velati e fanatici, irregimentati da un'organizzazione oscurantista che venerdì li ha adunati in piazza ben sapendo cosa poteva succedere, forse col proposito deliberato di stabilire un nuovo record di martirio di massa da esibire poi in mondovisione.

Forse adesso capiamo come devono essersi sentiti i nostri zii o padri liberali o democristiani quando Pinochet si mise a massacrare comunisti e sindacalisti in Cile: noi abbiamo delle idee, a volte le tiriamo fuori al bar, o sui blog, e per una coincidenza fastidiosa sono le stesse idee con cui si sta coprendo un generale mentre stermina i suoi compatrioti, da qualche altra parte del mondo fortunatamente abbastanza lontana per non sentire gli spari in diretta. Così va la Storia... (continua sull'Unita.it, H1t#194).

 Così va la Storia: noi occidentali la preferiremmo un po’ più pacifica – è veramente scandaloso che ci si scanni ancora per questioni del genere, eppure succede già a ridosso del nostro cortiletto europeo. Noi vorremmo che le elezioni democratiche premiassero sempre i partiti laici e progressisti, ma nei Paesi musulmani succede troppo spesso il contrario; vorremmo che la laicità fosse una bandiera del proletariato, e invece se ne appropriano gli eserciti (un secolo fa in Turchia, negli anni Novanta in Algeria, ieri e oggi in Egitto), mentre la povera gente preferisce farsi guidare dagli imam. Vorremmo che “sinistra” e “destra” avessero il senso che gli diamo in Europa da qualche decennio in qua, perché alla fine è l’unico che comprendiamo, e soprattutto è l’unico in cui riusciamo a trovare un senso morale: da una parte stanno i violenti, i cattivi, i prevaricatori, dall’altra noi. E invece anche stavolta ci ritroviamo i fanatici da una parte e gli stragisti di Stato dall’altra, non è giusto.
Gratta gratta, oltre a tutte le sovrastrutture e i paraventi, quello che ci spingeva ad autoconvocarci a piazza Tahrir (beninteso senza smuovere il sedere dalla postazione internet casalinga) era la cara vecchia solidarietà di classe. Quelli che due anni fa chiedevano più democrazia e meno Mubarak erano esponenti di un ceto medio urbano. Quelli li capivamo, indossavano le nostre stesse magliette e scarpe; gli slogan sui loro cartelloni, opportunamente tradotti, erano gli stessi che avremmo scritto noi. Questi invece che si fanno ammazzare in nome di Morsi e di Allah non li capiamo proprio, e il fatto che possano aver vinto libere elezioni democratiche è incidentale. Forse nel nedio oriente la Storia gira al contrario, o forse è un po’ in ritardo, impantanata tra Vandea e Termidoro: in quei momenti imbarazzanti in cui la borghesia tira giù la maschera, punta l’artiglieria su sanculotti e contadini, e rinnega certe idee estreme come il suffragio universale.
Nel 1976 in Argentina il generale Videla stimò che per “porre fine alla sovversione e all’opposizione politica” e “applicare il piano economico liberista” occorreva disfarsi rapidamente di almeno ottomila oppositori; non c’è che da augurarsi che i generali egiziani abbiano fatto calcoli meno drastici. Forse tra qualche anno l’Egitto sarà un Paese moderno, laico, un faro di progresso per il medio oriente: non vediamo l’ora. Fino a quel momento tocca voltare le spalle e turarsi le orecchie: tanto non è a noi che si chiede aiuto.http://leonardo.blogspot.com

venerdì 16 agosto 2013

Colloque séntimental


Plagio (1995)

Nel vecchio parco, tra i viali innevati
due antichi amici si sono incontrati.

Tra i freddi marmi e fra le grigie aiuole
ne echeggiano, leggere, le parole.

Nel vecchio parco, buio e raggelato
due spiriti rievocano il passato:

Rammenta, deh, la nostra estasi antica?
"No, francamente non ricordo mica".

Le vengo ancora giorno e notte in mente?
E quando sogna, sogna me?
 "Per niente."

Ah quei bei giorni in cui era dolce amarsi,
tra verdi siepi, noi due… 
"Può anche darsi".

E azzurro il cielo, e grandi le speranze!
"Venne poi Autunno a chiudere le danze".

Nel vecchio parco, dai viali innevati,
due spiriti si sono congedati.

Tra i freddi marmi e tra le grigie aiuole
si perdono, leggere, le parole.

La purga è nelle sale

La notte del giudizio (The Purge, James DeMonaco, 2013)

In un futuro ormai prossimo, gli Stati Uniti sono soverchiati dalla produzione di film inutili. Decidono di purgarsene in agosto, facendone un mucchio unico e gettandolo nelle sale cinematografiche di un Paese alleato troppo debole per opporsi, che ne so, l'Italia. No, scherzo. In un futuro ormai prossimo, per rimediare alla violenza endemica, i Nuovi Padri Fondatori degli Stati Uniti hanno deciso di concentrare tutti i fatti criminosi in un giorno dell'anno: un solo giorno in cui si può fare qualunque cosa, compreso ammazzare, senza pagarne le conseguenze. Il giorno dopo sono di nuovo tutti tranquilli e non hanno più voglia di delinquere. Ve l'ho spiegata in tre righe, non crediate che il film ci metta molto più tempo.

È un peccato, perché è uno spunto interessante. Ricorda la cara vecchia fantascienza sociologica anni Cinquanta-Sessanta: è quella tipica idea su cui Robert Sheckley avrebbe scritto un raccontino fulminante, non più di cinque pagine. Anche questo script non dev'essere molto più lungo: in molti punti è palese l'affanno del montatore per raggiungere un minutaggio decente ("aggiungiamo ancora qualche minuto di tizi spaventati che brandiscono una torcia elettrica contro una parete"). Ricorda anche certa onesta produzione di serie B degli anni Settanta, ma con tanta crudeltà gratuita in meno. Ha visto giusto Nanni Cobretti (Nanni Cobretti vede sempre giusto) quando lo ha definito una specie di finto remake: malgrado sangue ne scorra, si ha costantemente la sensazione di vedere la copia sbiadita di un originale molto più cinico. Un indizio interessante sta nel curriculum dell'autore e regista, James DeMonaco: prima di questo film ha scritto, tra gli altri, il rifacimento del 2005 di Distretto 13 - le brigate della morte. Cosa aveva cambiato - cosa aveva ritenuto necessario cambiare per rendere il primo capolavoro di Carpenter appetibile e commerciabile a una nuova generazione? Tante cose. Troppe.

Per esempio: niente scena del gelato. Non si ammazzano più i ragazzini gratuitamente, non si può proprio più fare. E poi: le “brigate della morte”, gente che ammazza e si fa ammazzare per un niente, in sostanza la risposta di Carpenter agli zombie di Romero… nel rifacimento scritto da DeMonaco sono poliziotti deviati. Hollywood non può più stuzzicare il fascismo inconscio dello spettatore medio con lo spettacolo di gang fuori controllo: negli anni Settanta si poteva fare, adesso no, non a caso di tante cose ’70 che si sono rifatte, manca ancora all’appello il Giustiziere della Notte: troppo fascista. Il giorno che finalmente ci riusciranno (Stallone si è già prenotato) gli toccherà di sicuro ammazzare anche qualche poliziotto deviato (come succedeva pure all’ispettore Callaghan, mettiamo le cose in prospettiva). Secondo me a DeMonaco l’idea per The Purge è venuta proprio mentre riscriveva Distretto 13, che è più o meno lo stesso film: un assedio urbano. Insomma, sotto un involucro originale, che attirerà al cinema qualche appassionato d’antropologia (in fondo il carnevale medievale non funzionava allo stesso modo? E i saturnali nell’antica Roma?) c’è una storia vecchia come il cinema: quando scriveva il vero Distretto 13 Carpenter aveva in mente sia Zombi che Un dollaro d’onore.

Siccome coi soli appassionati di antropologia non si riempiono le sale (soprattutto in agosto), DeMonaco non si preoccupa minimamente di sviscerare l’idea del rito carnascialesco, e si dedica quasi subito alle variazioni sul tema della famiglia barricata in casa. Dalla sua parte ha almeno due attori d’eccezione (Ethan Hawke e Lena Headey) che da soli probabilmente valevano tutto il budget, e un sacco di spunti promettenti. La figlia ribelle col fidanzato sgradito a papà; il fratellino nerd con velleità umanitarie; il padre arrivista che deve dimostrare di avere conservato un barlume d’umanità; il quartiere “bene” che si barrica invano; i vicini impeccabili e antipatici, la gang di wasp assassini… con tanto materiale, qualche scena gli viene persino bene (memorabile il buon padre di famiglia che per salvare i figli spiega alla moglie come infierire su un ostaggio bendato), ma il bilancio finale è abbastanza fallimentare: un film di barricati in casa dove i personaggi saltano da una stanza all’altra continuamente, senza motivo sensato e senza raccordi, è un furto. Perché poi a far suspense coi corridoi bui sono bravi tutti ormai.

DeMonaco vorrebbe mantenere la barra a sinistra, e mostrare tutta la sua disapprovazione per una middle class che si difende dai poveri armandosi e alzando barricate; alla fine però si ha la sensazione che i personaggi che rinnegano la middle class e rifiutano il rito di violenza si comportino in modo assolutamente irragionevole. Il bambino, soprattutto. Dovrebbe dar voce all’innocenza, ma perlopiù commette coglionate incomprensibili. Alla fine non credo che nessuno si possa alzare dalla poltroncina senza la sensazione di essersi purgato di cinque o sette euro – e la cosa non ci rende meno violenti. Per niente. La notte del giudizio (titolo disonesto, il film si svolge di giorno) è al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo alle 21:30. Bisogna tener duro, l’estate sta finendo, la prossima settimana esce un Pixar, dai.

giovedì 15 agosto 2013

Le autostrade


(2000)

Vede ora il mondo con gli occhi di suo padre
Un grande esploratore di autostrade

Quella che porta al mare ha quattro strisce
Lisca di pesce in fondo alla pianura
Chi entra al casello a volte ha un po’ paura
Chi entra al casello a volte non ne esce

Danza la bambolina allo specchietto
ha un occhio ancora aperto
il collo è rotto

Vede ora il mondo come l'ha visto il padre
Ma come sono grandi le autostrade

mercoledì 14 agosto 2013

Le due corone di Massimiliano

Nel 1939.
14 agosto - San Maksymilian Kolbe (1894-1941), missionario, radioamatore, vergine e martire.

Da bambino ti raccontano tante storie, però tu sei sempre libero di capirle a modo tuo. Ieri sera ho scoperto che la leggenda delle due corone di San Massimiliano l'avevo sempre fraintesa. Nella versione che rammentavo, il giovane non ancora Massimiliano (al secolo si chiamava Raimondo) riceveva nottetempo la visita di una misteriosa signora che gli mostrava due corone, una bianca e una rossa. I colori della Polonia, e i miei.

La signora gli diceva "Scegline una", e Raimondo, come fanno i bambini, rifiuta la contrattazione: "Perché? Mi piacciono tutte e due". Va bene, fa la signora: allora avrai tutte e due. Raimondino non lo sapeva, ma aveva appena scelto la VERGINITÀ e il MARTIRIO. Avevo sempre trovato un po' scorretto questo modo della madonna di strappare contratti di santità a bambini inconsapevoli. In effetti ho scoperto che la versione ufficiale è ben diversa: è la donna stessa presentarsi come Maria Immacolata e a spiegare a Raimondo cosa implichi scegliere una delle due corone, o entrambe. D'altro canto è pur sempre un bambino, quante volte da bambini abbiamo sognato di morire morti eroiche, generose e piene di significati, ma questo non autorizza la madonna a comparire proprio in quel momento e dire firma qui - e trent'anni dopo ci ritroviamo ad Auschwitz in una camera della morte ingombra di cadaveri. Insomma, io da bambino l'unica morale che riuscivo a trarre dalla leggenda è: non accettare i regali dagli sconosciuti in sogno, neanche dalla madonna. Soprattutto dalla madonna. Massimiliano Maria Kolbe però ha pensato diversamente, ha avuto una vita intensa e breve, piena di soddisfazioni e malattia, ed è morto da eroe. Da martire?

Padre Kolbe è anche il santo meglio onorato dai fumettisti italiani. Questo è Dino Battaglia nel 1962.
Non è stato subito così chiaro. Paolo VI, che lo beatificò, si contentò di definirlo "confessore" e "martire della carità", che non è proprio un martire al 100%, un martire in nome della fede. Massimiliano non era morto per difendere la fede cristiana, ma più prosaicamente per salvare la vita di un uomo: il soldato Franciszek Gajowniczek, compagno di prigionia e padre di famiglia. Scambiare la propria vita con quella di qualcun altro, morire al suo posto in uno dei modi più penosi possibile è cosa molto nobile, ma ancora negli anni Settanta non rientrava nella definizione compiuta di martirio. Per cambiare questa impostazione ci volle l'interessamento molto attivo di un papa compatriota, Giovanni Paolo II, che nel 1982 lo promosse non solo santo, ma martire a tutti gli effetti. Scegliendo di morire al posto del soldato Gajowniczek, Massimiliano avrebbe infatti combattuto il nazismo, ideologia anti-umana e... anti-cristiana. In un colpo solo Wojtyla procurava alla Polonia un santo recente e lo metteva in prima fila nella lotta contro il nazismo, che già negli anni Ottanta stava perdendo i suoi contorni storici per trasformarsi nel cosiddetto Male Assoluto. Trovare cattolici che invece di collaborare vi si fossero opposti apertamente diventava una priorità (continua sul Post...)

martedì 13 agosto 2013

Tra il Renzi e il fare

C'è che in agosto la voglia di leggere più in là del titolo è persino inferiore al solito, e così uno al mattino legge "Renzi: prendere voti delusi Pdl" e nemmeno ci clicca sopra. Se ne va in spiaggia e poi, non avendo niente di meglio da pensare, ci riflette: ma che vuol dire?

Apparentemente è chiarissimo: Renzi da qualche parte deve aver detto che vorrebbe prendere voti anche dai delusi del Pdl. Non è una novità, anzi ormai è una rassicurante tradizione: il Papa dice di pensare ai poveri, Berlusconi dice che è onesto, Renzi dice che vuole prendere voti anche ai delusi del Pdl. Sono ritornelli talmente familiari che ormai non ci riflettiamo più. A stento ci ricordiamo che il quadro da qualche mese è cambiato, che il PdL non è più il partito di più di un terzo degli elettori (il 38% nel 2008), ma al massimo di un quinto (il 22% nel 2013). Nel frattempo l'astensione è molto cresciuta, per cui il dato non in percentuale è ancora più impressionante: da dodici milioni di voti a sette, quasi un dimezzamento.

I "delusi del PdL", insomma, se ne sono già andati, e quasi tutti non hanno scelto il PD: M5S e astensione si sono contesi le fette più grosse. Sì, se Renzi avesse vinto le primarie forse sarebbe andato in un modo diverso; non possiamo saperlo, ma soprattutto, Renzi non ha vinto le primarie. Quasi sicuramente vincerà le prossime; ma il rischio a questo punto è quello tipico dei condottieri di eserciti votati alla sconfitta (e il PD ha l'aria di un esercito del genere, non dite di no): prepararsi sempre alla battaglia precedente. Il PdL era la spugna da spremere sei mesi fa, a questo punto è già strizzata al massimo e non può che decomprimersi: per quante possa averne fatte Berlusconi, è difficile immaginarlo sotto una soglia del 15%. E soprattutto, che bisogno c'è di andare a prendere voti fin lì, con tutti i bacini di voti più vicini e comodi da attingere? C'è l'astensione, sia al centro che a sinistra. C'è Grillo che certi elettori sembra voler fare di tutto per perderli... (continua sull'Unita.it, H1t#193)

Ci sono insomma tante opzioni più praticabili che sbilanciarsi a destra – non al centro – ormai chi era al centro se n’è andato da un pezzo: il quinto degli elettori che ha scelto Berlusconi quest’anno è serenamente a destra. Cosa dovrebbe fare Renzi per conquistarli? Qualche battuta sulla Kyenge, pure lui?  Basterà levare l’IMU? Servirà promettere qualche sgravio fiscale, magari ai danni di altre categorie che invece sono deluse dal Pd? O basterà fare qualche sorriso sotto i riflettori? magari è gente che stava con Berlusconi perché sorrideva molto; ultimamente lo fa di meno e quindi sono delusi.
Senz’altro è gente che ha votato Berlusconi fino al marzo 2013: nonostante il fallimento del suo governo, nonostante gli scandali emersi, tra i quali il caso Ruby è il più pittoresco, certo non il più grave. Ma insomma a gente che ha votato un Berlusconi evasore e protettore delle olgettine, Renzi cosa può offrire?
A un certo punto sorge il sospetto che il suo piano per conquistare i delusi del PdL consista esattamente in questo: affermare davanti ai microfoni che li vuole conquistare. Può sembrare un approccio superficiale, ma in fondo in amore e in comunicazione politica le parole sono performative, diventano azioni: non ti amo finché non ho il coraggio di dirti “ti amo”, e non ti conquisto finché davanti ai giornalisti non ammetto che ti voglio conquistare. Va bene.
Ma poi i giornali li leggo anch’io, e il titolo Renzi: prendere voti delusi Pdl dà probabilmente più fastidio a me di quanto piacere non possa dare a un elettore PdL pur sensibile al corteggiamento renziano. È il solito problema, l’antico motivo per cui tanti come me non lo votarono alle primarie: a furia di cercare voti negli altri panieri, uno rischia di perdere i propri. Lo stesso Renzi del resto ne è consapevole, e in questi giorni addirittura è stato rimproverato sul Corriere perché adesso è troppo a sinistra. Mah. Verso sera mi decido a leggere sotto il titolo e scopro che Renzi praticamente ha detto di voler prendere voti da tutti: astensione, grillini, delusi del Pdl. Non è colpa sua se soltanto questi ultimi sono finiti nel titolo. Un’evidente caso di malizia del titolista, insomma. Cosa intendeva fare quest’ultimo? Conquistare un lettore deluso dal Pdl o infastidire un elettore del Pd come me? La seconda, temo.
Un appello a Renzi: va bene, ho capito, vuoi prendere voti un po’ da tutte le parti. È il vecchio mito di Tony Blair (che in realtà vinse anche grazie a un record di astensione). Vuoi vincere conquistando tanti delusi, compresi, perché no? Quelli del PdL. A questo punto, però, forse non vale più la pena di dirlo: fallo e basta. Grazie. http://leonardo.blogspot.com