13 novembre: Sant'Abbone (945-1004), abate di Fleury alla vigilia della fine del mondo
In questo megalibro già caotico e farraginoso che è l'internet, pochi mesi prima che l'intelligenza artificiale lo riscriva da capo (magari più caotico di prima), Sant'Abbone di Fleury è conosciuto tra l'altro per aver composto "alcuni scritti di calcolo e di astronomia per confutare l'opinione di coloro che annunziavano la fine del mondo per l'anno mille". Ma sarà vero? Probabilmente no.
Si tratta del classico fattoide da agiografia sbrigativa, un difetto tipico delle brevi biografie dei santi on line che molto spesso sono compilate da gente che ha fretta e non sa di cosa sta parlando, insomma stagisti che copiano. E se con gli anni è inevitabile che si copino a vicenda, bisogna dire che almeno il primo della catena sapeva cosa stava citando: nientemeno che la Bibliotheca Sanctorum, l'enciclopedia ufficiale dei santi pubblicata dall'Istituto Giovanni XXIII. Malgrado una fonte così autorevole, Abbone questi scritti per confutare i millenaristi non dovrebbe averli scritti.
Per quel che ho capito, Abbone menziona i millenaristi soltanto in un breve passaggio del Liber Apologeticus. "Sul soggetto della fine del mondo ascoltai predicare al popolo, in una chiesa di Parigi, che alla fine dell'anno Mille sarebbe giunto l'Anticristo e che di lì a poco sarebbe seguito il Giudizio Universale. Ma io combattei con tutte le mie forze questa asserzione con l'aiuto del Vangelo, dell'Apocalisse e del libro di Daniele". Il problema della fine dei tempi non è una questione astronomica o matematica, ma si indaga con lo studio dei testi sacri. Non c'era dunque esigenza di mettersi a fare calcoli, che in una chiesa di Parigi magari avrebbero perplesso l'uditorio, ma che Abbone avrebbe comunque potuto fare: tra le altre cose fu un buon matematico, nella delicata epoca di transizione tra numeri romani e arabi.
Come nota Georges Duby, se questo è tutto quello che Abbone aveva da dire sull'argomento (e queste parole le scriveva intorno al 998!) si può arguire che la paura del Mille non fosse questa grande ossessione collettiva. Qualche predicatore ne stava parlando a Parigi, tutto qui; è probabile che i millenaristi nel 998 fossero più rari degli sciachimisti oggi. Eppure è da questo cenno di Abbone che scaturirà, nei secoli successivi, la leggenda del panico dell'Anno Mille: quella così ben romanzata da Giosue Carducci nel primo discorso Dello svolgimento della letteratura nazionale:
"E che stupore di gioia e che gridò salì al cielo dalle turbe raccolte in gruppi silenziosi intorno a' manieri feudali, accasciate e singhiozzanti nelle chiese tenebrose e ne' chiostri, sparse con pallidi volti e sommessi mormorii per le piazze e alla campagna, quando il sole, eterno fonte di luce e di vita, si levò trionfale la mattina dell'anno mille!"
Carducci |
...e così via. A questo Carducci, tra l'altro, credo si debba la fortuna dell'espressione "Mille e non più mille", che in questo discorso attribuisce a Gesù. La sua composizione è già cinematografica, somigliante più a un disaster movie che a un bozzetto di vita medievale: ci sono "turbe raccolte" intorno a oscuri castelli, che aspettano singhiozzando una catastrofe: e invece sorge il sole. Bella scena ma impossibile, che più che dell'Alto Medioevo definisce la sensibilità melodrammatica dell'autore. Per esempio: ai tempi i giorni si contavano dal crepuscolo, e quindi se le "turbe" si fossero davvero aspettate qualcosa allo scoccare del millennio, si sarebbero radunate prima del tramonto. Ma di che giorno, visto che in ogni città gli anni si contavano a partire da un giorno diverso? E a proposito, chi li contava? Il computo a partire dalla nascita di Cristo era ancora una curiosità degli eruditi. Ottocento e più anni dopo, a Carducci premeva soltanto introdurre il luogo comune sul Medioevo come epoca buia con un'immagine memorabile, e non c'è dubbio che ci sia riuscito. È un grande narratore, che forse stiamo un po' sottovalutando; però neanche i grandi narratori inventano una scena da zero; c'è sempre qualche suggestione nascosta nella loro memoria. E siccome non può trattarsi di una suggestione medievale – quando non esisteva la semplice idea di un evento "Fine del mondo" sincronizzato e attesa da più comunità nello stesso continente – non resta che immaginare che Carducci avesse in mente un episodio avvenuto molto più recentemente. Il discorso in questione, Carducci lo pronunciò nel 1860, appena insediatosi sulla cattedra di "Eloquenza italiana"; forse a quel punto nemmeno se lo ricordava, ma non è improbabile che avesse sentito parlare della Grande Delusione del 1844.
La Grande Delusione del 1844 è uno degli episodi cruciali della storia religiosa degli USA: storia molto più intricata di quanto non si creda; non è nemmeno escluso che non possa essere veramente intrecciata con la fine del mondo – o più banalmente con la fine della nostra civiltà – perché le profezie, se uno insiste a crederci, possono davvero autoavverarsi. Così può darsi che il vero medioevo da cui Carducci attingesse le sue immagini non fosse quello europeo, ma gli USA suoi contemporanei dove una vasta comunità di protestanti si era veramente raccolta in attesa del Secondo Avvento di Gesù, in una data precisa: il 21 marzo del 1844. Venivano chiamati "milleriti", in quanto seguaci degli insegnamenti di William Miller, il quale leggendo l'ottavo capitolo del Libro di Daniele si era persuaso che il Secondo Avvento fosse imminente, e più probabilmente schedulato tra il 21/3/1843 e il 21/3/1844. Siccome in Daniele 8,14 il profeta sente un santo affermare "Ancora 2300 sere e mattine! Allora sarà fatta giustizia al santuario", Miller aveva arbitrariamente deciso che "sere e mattine" significava "anni solari", e aveva tentato di calcolare in che anno cadesse il 2300mo anniversario della profezia. Il che significava tra l'altro trovare una datazione al Libro di Daniele, uno dei più spuri e rimaneggiati di tutta la Bibbia: un collage di racconti e rivelazioni in tre lingue diverse. Miller comunque era convinto di esserci riuscito: e migliaia di persone gli avevano creduto. Né smisero di credergli all'alba del 21/3/1844, visto che a quel punto, avendo acquisito una miglior conoscenza dei calendari ebraici di duemila anni prima, Miller aveva spostato la data al 18 aprile. Quando anche il sole del 18 aprile fu tramontato, Miller ammise letteralmente il suo errore ai lettori della sua rivista ("I confess my error, and acknowledge my disappointment"), ma non smise di considerare il Secondo Avvento una questione di giorni o di mesi; il che del resto dovrebbe fare ogni buon cristiano dopo aver letto Matteo 25,13 ("Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno, né l'ora in cui il Figlio dell'uomo verrà").
Un altro predicatore, Samuel S. Snow, non ancora stanco di delusioni, in estate comunicò di avere calcolato che la Rivelazione andava attesa fino al 22 ottobre. Come potete facilmente immaginare, anche quest'ultima previsione fu disillusa, e qualcuno cominciò a spazientirsi. Tra i milleriti c'era chi aveva venduto tutte le proprietà, non potendo portarsele in cielo; probabilmente c'era anche chi aveva pensato di provvedere alla sussistenza della propria famiglia facendo debiti che dopo il Secondo Avvento nessuno avrebbe riscosso. A Ithaca nello Stato di New York, una chiesa millerita fu incendiata; a Lorraine, nell'Illinois, una congregazione fu attaccata da una folla armata di bastoni e coltelli. Un gruppetto di milleriti a Toronto fu cosparso di catrame e piume, simpatica usanza statunitense che il più dei lettori conoscono attraverso l'Huckleberry Finn di Mark Twain, ma che evidentemente si praticava anche in Canada.
https://patrickmurfin.blogspot.com/2019/10/the-great-disappointmentnot-end-of.html |
Il giovane Carducci immaginava l'alba dell'Anno Mille come un momento di gioia e liberazione dalle superstizioni; per i milleriti era stato un giorno terribile, in cui il mondo si era rifatto vivo alla finestra in tutti i suoi aspetti peggiori: violenze, beffe, debiti da pagare, rabbia e soprattutto delusione, una Grande Delusione. Ci si sarebbe aspettato, a questo punto, che scomparissero: ma non fu esattamente così. La maggior parte dei leader milleriti (Miller incluso), l'anno successivo si radunò ad Albany, non per aspettare un'ulteriore fine del mondo, ma per fondare un gruppo che attraverso successive fusioni sarebbe diventata la Chiesa Cristiana Avventista. Gli avventisti la pensano tuttora come Miller: il calcolo era sbagliato, ma l'attesa era giusta. Una corrente minoritaria, rappresentata dal pastore Hiram Edson non smise nemmeno di credere che il calcolo originale di Miller fosse esatto; e se era pur vero che nel 1844 sulla Terra non era successo niente di rilevante, non restava che concludere che il "santuario" di cui parlava Daniele 8,14 non fosse un oggetto terreno, ma celeste. I seguaci di Edson avrebbero fondato la Chiesa Avventista del Settimo Giorno, la trovate anche sul modulo dell'Otto per Mille. Dopo aver sbagliato le sue previsioni non una ma due volte, Miller non fu particolarmente screditato, e anzi il suo insegnamento è alla base di due o tre confessioni religiose con milioni di adepti. Ci si domanda se nel Medioevo gli sarebbe andata così grassa.
Il caso Miller ha mostrato ai sociologi e agli psicologi cosa succede quando una comunità di credenti si trova nella condizione di poter verificare che la propria fede è costruita su assunzioni sbagliate. Nel passato non succedeva quasi mai: profeti e oracoli sapevano bene il rischio che correvano a offrire previsioni troppo precise. Prima del 1844 era lecito credere che "l'apparir del vero", come lo chiamava un poeta, sbaragliasse ogni illusione, e costringesse uomini e donne a prendere atto di una realtà oggettiva. Qualcuno qua e là ci crede ancora: prima o poi i grillini smetteranno di credere in Grillo, i renziani in Renzi: e a volte sono gli stessi che ricordano con nostalgia Berlusconi o Pannella. I novax dovranno pure accorgersi che i vaccini funzionano; chi ha votato Trump come può rivoltarlo di nuovo? Eh.
Non so quanto il poeta se ne sarebbe rallegrato, ma "l'apparir del vero" a quanto pare non funziona: specie quando non mette in discussione le tue convinzioni individuali (quelle puoi metterle in dubbio ogni giorno), ma quelle del gruppo sociale di cui fai parte. Berlinguer non credeva più al Sole dell'Avvenire che gli avevano insegnato da bambino; il che non significa che potesse smantellare il PCI da un momento all'altro, senza nemmeno provare ad aggiungere qualche calcolo, a interpretare diversamente certe profezie. Tanta gente che un anno fa decise che avrebbe difeso Israele "sempre e comunque", al momento sta difendendo un genocidio e ha oggi a disposizione tutti gli elementi per rendersene conto; ma è troppo tardi, se il calcolo iniziale non era esatto non resta che raccontarsi una bugia; se la bugia svela gambe troppo corte, non resta che puntellarla con una bugia ancora più grande: finché l'insieme di tutte queste bugie ti allontana così tanto dalla realtà che non resta che salutarla da lontano, o denunciarla per antisemitismo. Alcune religioni nascono così.
Forse tutte. Gli antichi ebrei, umiliati e deportati a Babilonia, si inventarono di essere stati scelti da Dio, di avere avuto un passato epico e un futuro luminoso. I cristiani non sapevano bene come reagire alla morte di Gesù Cristo e cominciarono a raccontarsi che sarebbe tornato. In effetti, la "fine del mondo" attesa nel medioevo e dai Milleriti non era l'evento catastrofico che ha preso forma nel nostro immaginario cinematografico. Era il ritorno di Gesù, che avrebbe giudicato i vivi e i morti e regnato secondo giustizia. Una cosa che tutti i cristiani dovrebbero aspettare con gioia e trepidazione, se non avessero qualcosa da nascondere. Vegliate, perché non sapete il giorno e l'ora.
"La paura dell'anno Mille" viene confutata anche dal prof. Barbero in una delle sue più celebri lezioni in quel di Sarzana:
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=CEi-Z87LYdU
Bell'articolo.
RispondiEliminaIo sarei stato più filosofico e fatti distinzioni di base:
- la fede non è la ragione
- la fede è tenuta a seguire solo la Rivelazione pubblica e non quelle private
- la ragione non può prevedere il futuro (vedi Tommaso di Aquino, Benedetto Croce, Karl Popper,)