12 febbraio: San Ludano (♱ 1202), straniero in terra straniera.
Leonardo
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Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi
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mercoledì 12 febbraio 2025
Il pellegrino ignoto
martedì 11 febbraio 2025
Trump, l'idiota in marcia?
Come vi sentite un mese dopo un mese di Trump 2 la vendetta? A questo punto della storia immaginavo che i commentatori moderati stessero cominciando ad assorbire lo choc e a ingegnarsi per trovare un metodo in tanta pazzia – in fondo anche quella del madman è una tattica di combattimento, no? Se ti mostri completamente inattendibile e inaffidabile, l'avversario sarà in difficoltà perché tutti gli schemi con cui è abituato a combattere non sono più applicabili. A volte ha funzionato – anche se fin qua si trattava, senza eccezione, di leader autoritari e probabilmente psicopatici... però a volte ha funzionato, quindi perché no? In fondo cosa ha fatto Netanyahu dal sette ottobre in poi, se non il matto? e quel Milei con la motosega, anche lui non piace così tanto ai moderati?
Qualche sforzo in tal senso in effetti c'è stato, perché in fondo ci sono motivi seri per occupare la Groenlandia – e anche il Canada alla fine cos'è, se non una curiosità storica. Quanto alla rivierizzazione di Gaza, beh, almeno Trump ha il privilegio di abolire l'ipocrisia: Gaza non è più abitabile, e gli israeliani non hanno le risorse per renderla tale. A essere più precisi non avevano nemmeno le risorse per distruggerla come l'hanno distrutta: tali risorse sono state generosamente fornite dagli americani, per cui a valle di tutta la retorica sionista e biblica, se lì ci sono delle spiagge interessanti (e dei giacimenti interessanti), prima o poi gli americani li reclameranno. A Netanyahu evidentemente la cosa non piace; del resto a nessuno statista piace quando gli americani gli ricordano che è semplicemente un maggiordomo – e non importa quante donne e bambini abbia sepolto negli scantinati, e quanto si sia divertito a macellare gli innocenti: sempre un maggiordomo resta. Da canto loro, gli americani hanno sempre quell'annoso problema con la sindrome di onnipotenza, che li ha condotti a guerre senza fine e senza senso: Trump, meno apparentemente bellicoso di molti altri presidenti, ne sembra comunque la massima incarnazione. Probabilmente l'uomo è davvero convinto che due milioni di persone si possano deportare facilmente in un posto migliore. Altri uomini prima di lui erano altrettanto convinti di cose del genere. Purtroppo ora i loro nomi si trovano in pagine di Storia dedicate ai genocidi, ma davvero, la buona fede c'era e non dubito che anche Trump ne abbia.
Così, un mese dopo il Secondo Avvento di Trump, non ho resistito e sono andato a rileggermi Gli idioti in marcia. Non ne vado fiero. Ma magari è successo anche a voi. O più probabilmente non conoscete Gli idioti in marcia – che viceversa in certe sottoculture è un testo famosissimo, oltre che un modo di dire. Per fortuna si tratta di una lacuna che si può colmare in venti minuti; Gli idioti in marcia (The Marching Morons) è infatti un raccontino di fantascienza di Cyril M. Kornbluth. Se proprio non volete leggerlo on line, potete trovarlo nel tredicesimo volume della splendida raccolta I grandi racconti della fantascienza, che per me ormai è un testo sacro: nello stesso volume ci sono cose anche più belle e rilevanti, come Null-P, che spiegava il berlusconismo nel 1951; Sentinella di Clarke (Kubrik ci fece un filmetto), Un secchio d'aria di Leiber, insomma se dovete leggere un solo libro di fantascienza nella vostra vita, forse è quello giusto. Tutta l'antologia è curata da Isaac Asimov, il quale nella breve introduzione al racconto ci avvisava già negli anni '80 che "marching morons" in inglese stava diventando un termine colloquiale, molto spesso usato per commentare le notizie di cronaca. In effetti "idioti in marcia" si può applicare quasi a tutto quello che si legge negli ultimi giorni: aa Meloni spia i giornalisti ma si dimentica di pagare l'app di spionaggio? Marching morons. Si fa beccare mentre promette letame su uno scrittore famoso internazionalmente per la lotta alla camorra? Marching morons. Gli industriali italiani si fanno abbindolare da un tizio che si presenta come il ministro Crosetto e gli propone di trasferire fondi su un conto all'estero – per motivi umanitari, per carità? Marching morons. Ma insomma chi sono questi marching morons?
Nel lontano 1951 Kornbluth aveva già notato che le persone intelligenti tendono a riprodursi meno dei "morons". Da giovane nerd frustrato, la cosa lo convinceva di vivere in un mondo di idioti; da bravo scrittore di fantascienza riteneva giusto scrivere un romanzo per esplorare un'ipotesi: questa tendenza, nel lungo termine non renderà l'intelligenza un gene recessivo? Chi non ha ancora letto il racconto potrebbe comunque aver familiarizzato col problema grazie al film Idiocracy, che ne riprendeva l'assunto. Gli autori del film però non potevano seguire Kornbluth fino in fondo, perché l'autore non si limitava a immaginare un mondo futuro popolato di idioti, ma proponeva anche una soluzione – decisamente genocidaria. Parliamo del resto di un ventottenne newyorkese di origine askenazita che si era conquistato una medaglia di bronzo sulle Ardenne. I genocidi per lui non erano pagine di Storia studiate a scuola, ma episodi a cui aveva assistito e nei quali si sentiva coinvolto. In effetti l'altro suo racconto memorabile, Two Dooms, nasce dall'esigenza esistenziale di giustificare il progetto Manhattan: per spiegare ai suoi lettori e a sé stesso che gli americani dovevano sviluppare la Bomba, Kornbluth si immagina cosa sarebbe successo se i nazisti, in un rush finale, fossero riusciti a svilupparla prima di loro. È forse la prima ucronia del genere, dieci anni prima della Svastica sul sole e non è affatto indenne da una serie di pregiudizi di stampo coloniale che oggi troviamo più difficile distinguere dal razzismo dei nazisti che Kornbluth aveva combattuto non solo a parole. Ma anche The Marching Morons, a guardarlo da una certa distanza, rivela una concezione eugenetica che era la stessa da cui partivano i nazisti. I genetisti tedeschi temevano che i matrimoni misti disperdessero la "razza ariana"; Kornbluth era convinto che l'"intelligenza" fosse un analogo fattore genetico a rischio dispersione. Sia i nazisti sia Kornbluth non arrivano al genocidio immediatamente, ma a un certo punto è la logica dei loro ragionamenti a tirarsi da sola le conclusioni e condurli lì, dove stanno arrivando Netanyahu e Trump; non c'è niente da fare, se concedi che determinate persone abbiano un fattore genetico più prezioso, dovrai isolarli e trovare per loro un Lebensraum dove possano crescere e moltiplicarsi indisturbati; chi è di intralcio a questa operazione dovrà essere messo da parte, possibilmente in modo indolore, anzi sarebbe fantastico se potessero andarsene volentieri, in un luogo dove fossero felici (per quanto possano essere felici gli individui inferiori; pensiamo a certi acquari con la conchiglia e il castelletto).(Continua)
lunedì 10 febbraio 2025
L'Intelligenza artificiale a scuola (ci rimetterà la penna in mano)
Mi dispiace non poter condividere l'entusiasmo con cui lunedì scorso il ministro Valditara ha salutato i partecipanti al primo “Summit nazionale sull'intelligenza artificiale” a Milano. Secondo il ministro l'AI ha enormi potenzialità didattiche che stiamo solo iniziando a esplorare: potremo personalizzare l'insegnamento, venire incontro a chi ha disabilità o esigenze particolari, e addirittura l'AI ci aiuterà a sconfiggere il cyberbullismo. Non posso dirmi altrettanto ottimista perché rammento quello analogo provato dai suoi predecessori, quando la parola d'ordine non era ancora “AI”, ma “metaverso”, “web 2.0”, o “social network”, o altre buzzword che nel frattempo mi sono dimenticato. Anche loro dovevano rivoluzionare la didattica, e qualche cosa in effetti l'hanno cambiata, ma sempre un po' meno di quanto veniva promesso da chi vendeva software e hardware.
Nel suo saluto finale Valditara ha riconosciuto che le scuole italiane stanno investendo molto nella tecnologia: saremmo secondi soltanto alla Corea del Sud. Del resto non c'è alternativa: se le scuole vogliono i finanziamenti del PNRR devono promettere di spenderli in tecnologia. Fondi per aumentare l'organico più di tanto non ci sono, ma per i tablet sì: non resta quindi che mettere un tablet sul banco e sperare che si trasformi in un istitutore in grado di personalizzare la didattica, grazie a questa cosa che ora chiamiamo tutti AI anche se alla fine non abbiamo capito come funziona. Quel che è chiaro è che non mantiene ancora quel che promette. Chatgpt e Deepseek sono abili conversatori ma continuano a prendere cantonate; dispongono di una invidiabile cultura generale, ma usarli come motori di ricerca è pericoloso, perché ogni tanto continuano a inventarsi fatti e scambiare date. Per quanto li si chiami familiarmente “intelligenze artificiali”, si tratta di LLM, “large language models” modelli generativi di linguaggio. La prima “L” della sigla, “large”, mette in chiaro che l'“intelligenza” dipende dall'enorme quantità di dati con cui sono stati addestrati.
In effetti, mentre il ministro a Milano magnifica le possibilità di queste nuove tecnologie, noi insegnanti ci troviamo di fronte al dilemma opposto: come convincere i ragazzi a scriversi i compiti a casa da soli senza ricorrere ai modelli generativi? Come riconoscere un testo svogliato, con qualche errore fattuale, ma composto da un essere umano, con quello che già oggi può fare un'AI? Perché se a tutt'oggi non sono ancora in grado di scrivere romanzi o tesi originali, quello che i modelli generativi sono assolutamente in grado di fare è proprio imitare lo stile impersonale e vacuo dello studente volenteroso e ottuso, che magari non ha capito la lezione ma vuole comunque ripeterla all'insegnante riproducendone il più possibile lo stile.
Non si tratta di una coincidenza: i LLM sono esattamente studenti diligenti e ottusi, che hanno letto tantissimi libri e sono in grado di imitarli anche senza averli capiti. È abbastanza ironico che ad accoglierli a braccia aperte nella scuola italiana sia lo stesso ministro che pochi giorni fa rivendicava il valore didattico della grammatica. Le AI in un certo senso sono la dimostrazione che la grammatica ha mancato il suo scopo originale. Gli antichi maestri di scuola che la elaborarono pensavano di poter trovare i fondamenti di una lingua universale, che ogni allievo avrebbe potuto riconoscere in qualsiasi altro linguaggio si sarebbe trovato davanti. I traduttori universali, questo sogno che l'uomo insegue da millenni, oggi esistono: sono AI e per imparare centinaia di lingue umane non hanno consultato nessun manuale di grammatica. Quel che hanno fatto è leggere e processare tutti i testi reperibili in rete (violando allegramente ogni copyright), e applicare algoritmi basati sulla ricorrenza statistica delle parole e delle frasi. Chi è convinto che agli umani la grammatica serva a qualcosa, oggi ha un argomento in meno: ed è un altro motivo per cui non posso condividere l'entusiasmo del ministro per un'“intelligenza” che commette meno errori di me senza aver mai studiato le regole che devo insegnare tutti i giorni.
A consolarsi, paradossalmente, potrebbero essere i cultori della calligrafia e del tema scritto a mano in classe, perché in un mondo dove ogni dispositivo elettronico è collegato a un LLM, l'unico modo per evitare che la cosiddetta Intelligenza faccia i compiti dei nostri ragazzi sarà spegnere tutto per due ore, e rimettere loro la penna in mano. Giusto per sviluppare un minimo di intelligenza personale, prima di affidarsi completamente a quelle artificiali.
domenica 9 febbraio 2025
La Regola e l'Eccezione
10 febbraio: Santa Scolastica da Norcia (480-547), eccezione alla Regola
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miniatura di Jean de Stavelot (XV secolo). |
Se Benedetto è la Regola, Scolastica è l'Eccezione: l'idea tanto cattolica che ogni limite abbia una sua pazienza; che lo stesso Dio che ci dà le regole possa, quando vale la pena e glielo si chiede con insistenza, chiudere l'Occhio. Insieme, Gregorio Magno ci fa capire, costituiscono la perfezione della vita monastica. Eppure anche da morta Scolastica avrebbe rischiato di essere divisa dal fratello: dopo la distruzione di Montecassino a opera dei Longobardi, la tomba diventa l'obiettivo dei cacciatori di reliquie. In particolare nel 660 si ritrovano presso le rovine due spedizioni: una proviene dall'abbazia benedettina di Fleury, l'altra dalla città di Le Mans. Decidono di aver identificato la tomba e di spartirsi il bottino: a Fleury sarebbe andato Benedetto, a Le Mans la sorella. Ma come riconoscere le ossa, ormai mescolate tra loro? Viene applicato un sistema così interessante, quasi sperimentale, che dispiace un po' che si tratti di un'evidente leggenda: prima si separano le ossa grosse da quelle sottili, e poi accostano i due mucchietti a due ragazzi appena morti, un maschio e una femmina. Il maschio risorge soltanto quando viene accostato alle ossa grosse; la femmina solo vicino alle ossa sottili. I resti così identificati di Scolastica vengono così portati a Le Mans, dove nove secoli dopo si salvano miracolosamente anche dal saccheggio degli ugonotti – ma non dai tumulti contadini durante la rivoluzione francese. A dispetto di questa tradizione, nella tomba conservata a Montecassino durante la ricognizione del 1950 sono state trovate diverse ossa e il confronto con una tibia di Scolastica – conservata in un reliquiario – ha consentito ai periti medici di distinguere tra quelle appartenenti a Benedetto e quelle della sorella, di cui è stata attestata l'età al decesso (tra i sessanta e i settant'anni) e la statura: un metro e 59.
martedì 4 febbraio 2025
Valditara e la riscossa del contenutismo
(Questo pezzo è apparso sul Manifesto del 1/2/2025). Al momento non è così facile indovinare come cambierà la scuola italiana nei prossimi anni. Quel che sembra di capire è che Valditara vorrebbe passare sia per un restauratore sia per un riformatore; ne sapremo certamente di più quando finalmente le nuove Indicazioni Nazionali saranno pubblicate. In effetti, tutto quello di cui si è discusso nelle ultime settimane (il ritorno del latino, delle poesie a memoria ecc.), non è che un'anticipazione, una serie di parole d'ordine gettate ai giornalisti per saggiare le reazioni dell'opinione pubblica. Non è certo un caso che a tener banco sia stato il latino. Che sia una "palestra di logica", come il ministro ha affermato, è discutibile e discusso; invece è facilmente dimostrabile che sia un argomento su cui amiamo tutti litigare, su media e social. I litigi provocano discussioni, le discussioni aiutano a mantenere la visibilità di un ministro che si trova in una posizione difficile (come tanti suoi predecessori): deve dare l'impressione di voler dare alla scuola una scossa salutare, e deve farlo a costo zero.
Purtroppo nessun giornalista ha avuto l'indelicatezza di chiedere quanto il governo avrebbe intenzione di stanziare per l'assunzione di nuovi insegnanti di latino alla scuola secondaria di primo grado. Il sospetto è che anche stavolta una massiccia discussione sulla centralità della cultura classica genererà un topolino: due o tre ore pomeridiane alla settimana, opzionali, magari a spese dei genitori. Quanto basta per creare classi di serie A e di serie B: non abbastanza per affrontare con metodo l'apprendimento di una lingua che poi al liceo si ricomincerà inesorabilmente da zero. Nel frattempo, però, ne abbiamo discusso: e discutendone, abbiamo dato la sensazione che il latino sia tornato di attualità.
Un "latino alle medie" del genere, a dire il vero, non è molto diverso da quello che tante scuole secondarie di primo grado includono già nella loro offerta formativa. Non si tratta nemmeno dell'unica proposta sbandierata ai giornalisti come una novità, e che non lo è affatto: c'è quasi da ammirare l'astuzia del ministro, che avvertendoci che d'ora in poi a scuola si studieranno le poesie a memoria, lascia intendere ai giornalisti che a un certo punto avessimo smesso. No, non abbiamo mai smesso, ma da qui in poi sembrerà che le facciamo studiare perché ce lo ha chiesto il ministro, ed ecco un semplice esempio di come si può passare per riformatori a costo zero. Tutti i poeti italiani citati dal ministro (Saba, Govoni, Pascoli, Gozzano, Penna), non sono in effetti mai spariti dalle antologie scolastiche: aprirle per credere. Anche Stephen King, spacciato come una novità, è in effetti una vecchia conoscenza. Come sempre, chi crede di innovare la scuola arrivando da fuori ha in mente la scuola che ha frequentato lui: magari quella in cui "Verne e Stevenson" non erano ancora ammessi – e quindi si leggevano febbrilmente sotto il banco. Laddove oggi sono testi fin troppo antologizzati, e sempre più distanti dalla sensibilità dei giovani lettori – sarebbe davvero un triste paradosso se L'isola del tesoro diventasse una lettura obbligatoria, ma ne parleremo solo se succederà. Nel frattempo annotiamo un dettaglio rivelatore: in molti casi le novità ventilate dal ministro Valditara sono state presentate dai giornalisti come "nuovi programmi", o "riforma dei programmi". Un termine, "programmi", che segnala la scarsa dimestichezza con la scuola di chi lo usa: è da più di trent'anni che i programmi a scuola non ci sono più. Al loro posto, appunto, ci sono le "indicazioni nazionali": ma questa difficoltà ad accettare il termine non è un semplice errore, bensì l'indizio di una resistenza culturale che la destra di governo condivide con altri settori della pubblica opinione. Le indicazioni nazionali, in effetti, non si preoccupano di stabilire cosa si debba studiare, ma mettono nero su bianco le competenze che lo studente dovrebbe maturare anno per anno. Questo è vero soprattutto per l'insegnamento dell'italiano: le indicazioni nazionali non contengono nessun nome di autore, ma affermazioni del tipo "Identificare attraverso l'ascolto attivo e finalizzato vari tipi di testo e il loro scopo", ecc.
Se dobbiamo giudicare l'approccio della commissione ministeriale da una serie di anticipazioni consegnate ai giornalisti (e fin qui non abbiamo alternative), l'impressione è che si tratti di una riscossa del contenutismo ai danni della didattica delle competenze. Il ministro crede molto in determinati contenuti – la Storia romana innanzitutto, alla quale ha dedicato lui stesso qualche libro – ed è evidentemente favorevole all'istituzione di un canone ufficiale di autori da leggere a scuola, qualcosa che non esiste a memoria di professore di ruolo. In un certo senso è la fine di un'ipocrisia, perché appunto, tutti gli autori nominati sopra a scuola si sono sempre studiati; in mancanza di disposizioni ministeriali, erano i manuali scolastici a perpetuare con una certa inerzia un canone che i docenti e studenti, per comodità, continuano a chiamare "programma". Il canone letterario scolastico attualmente è il risultato di un inconsapevole patteggiamento tra insegnanti, studenti e genitori, intorno a testi che tutti ci aspettiamo di dover leggere a scuola (Omero in prima media, Dante in seconda, Manzoni in terza...) anche se le Indicazioni in effetti non li indicano. Gli insegnanti possono anche fare tutt'altro, ma nei rari casi in cui succede capita che incorrano nelle proteste di genitori e colleghi. Certo, l'idea che spetti da qui in poi a un ente governativo stabilire quali libri si leggono a scuola e quali no ha un che di inquietante: ma va incontro alla concezione popolare che in un canone letterario scolastico non ha mai smesso di credere – e forse ne ha bisogno. In ogni caso, ribadire la centralità di Pascoli e Montale fa fine e non costa davvero nulla: non bisogna nemmeno stampare nuovi libri, perché in quelli di adesso Pascoli e Montale ci sono eccome.
Quando ormai gli echi della discussione si erano spenti, in occasione della Giornata mondiale della scrittura a mano, lo stesso ministro ci ha informato che da qui in poi gli studenti ricominceranno a usare il diario cartaceo. Qualche lettore ne avrà dedotto che avessero smesso di usarlo... ebbene, indovinate: no. Forse il ministro non lo sa. O forse ci conosce fin troppo bene.
lunedì 3 febbraio 2025
Dieci tribù ritrovate
Questa foto è terribile, ironica e allegra.
È terribile perché tutte queste persone vanno verso un problema, non verso la sua soluzione: la guerra non è finita e per come stanno le cose non si vede proprio come non debba presto riprendere. Hamas ha dimostrato di avere ancora il controllo della Striscia, e Israele non può trovare un accordo con Hamas, nemmeno se fosse ancora governato da persone razionali. Questa foto è terribile perché queste persone stanno scegliendo tra esilio e guerra, e stanno scegliendo la guerra: la stessa guerra che li ha decimati.
Questa foto è ironica, perché mostra un popolo che marcia verso una terra che ritiene sua di diritto. Una cosa che è successa tante volte nei secoli, ispirando miti e leggende. Il più famoso sta nell'Esodo, il secondo libro della Bibbia. Credo che chiunque abbia ricevuto le basi minime di quella educazione giudaico-cristiana che costituirebbe il fondamento della nostra famosa civiltà non possa non sobbalzare, vedendo una foto in cui la Bibbia si realizza nel presente. Questa è una foto che mostra un esodo, nei luoghi dell'Esodo, e non così diversa da come ci immaginiamo l'esodo. Salvo il particolare che a camminare nelle sabbie verso la Terra Promessa non sono gli ebrei di Mosè, ma i loro supposti nemici: i palestinesi. A dispetto di chi li vorrebbe dispersi, trasferiti in Egitto o in Giordania, i palestinesi ritengono che il loro destino sia in Palestina: e questa convinzione, custodita con una ostinazione che ha i tratti della fede religiosa, li accomuna terribilmente ai loro invasori, gli israeliani.
Questa foto è ironica perché mostra, più di mille parole, che israeliani e palestinesi sono stati lo stesso popolo. Lo dicono i genetisti, lo confermano gli archeologi: palestinesi ed ebrei vengono dalla stessa terra e condividono millenni di storia. A chi ancora stesse cercando le Dieci Tribù Perdute, questa foto fornisce la risposta: sono qui, in mezzo a voi, sono i discendenti di chi non fu deportato né in Assiria né a Babilonia; dopodiché si sono mescolati con tutti i popoli che hanno migrato nel frattempo, greci latini arabi curdi turchi persiani – mentre gli ebrei nella diaspora si mescolavano con polacchi tedeschi spagnoli ed eccetera. Ma in un qualche modo sono sempre i vostri fratelli ed è questo che vi fa impazzire: la loro tigna è la vostra tigna. Nessuno ci fa arrabbiare come noi stessi, e subito dopo vengono i parenti più prossimi. La vostra diffidenza è quella dei popoli nomadi nei confronti di quelli stanziali; solo Abele si fidava di Caino, e fu un errore. Chi sostiene ancora che i palestinesi non esistano, che siano un'astrazione moderna, che ha preso forma per ostacolare il progetto sionista, dice una cosa evidentemente assurda – questa foto è già un forte indizio del contrario – ma che contiene il suo germe di verità: i palestinesi sono lo specchio degli israeliani, e lo sono diventati soltanto quando gli israeliani hanno scelto di mettersi davanti a quello specchio. Da dove viene la loro determinazione, più forte di ogni conflitto? Domandatevi da dove viene la vostra. Perché non si arrendono semplicemente, perché non accettano che la guerra è persa e la terra non è più loro? Domandatevi perché non vi siete mai arresi voi. Perché sono sempre meno ragionevoli, perché si radicalizzano invece di cercare un compromesso? Vi state radicalizzando anche voi, fateci caso. Perché catturano ragazze e bambini? Perché avete armato le ragazze, e perché avete imprigionato i loro bambini. Perché stuprano, perché torturano? Guardatevi intorno. Guardatevi bene. Tutto quello che fanno, non lo fareste anche voi nella loro situazione? Certo che lo fareste, ed è il motivo per cui specchiarsi nella loro miseria diventa ogni giorno meno tollerabile.
(Ve la siete presa per i braccialetti. Un prigioniero è stato costretto a portare un braccialetto palestinese. Che assurda idea, da dove l'avranno presa? Questi sono i braccialetti che indossano i prigionieri palestinesi nelle vostre carceri).
Quella foto lassù è allegra, perché mostra tanta gente che torna a casa, e pazienza se la casa non c'è più. Sono tutti vivi, almeno loro. In fondo se guardate bene c'è una specie di nebbia, la polvere dei detriti di cemento e l'ansia per il futuro. Ci sarà tempo per arrivare laggiù e odiare chi ha distrutto case e famiglie. Ma insomma non c'è guerra, per quanto orribile, che non possa finire: non c'è odio che non si possa dimenticare. I palestinesi esistono: bisogna accettare il fatto, o ucciderli tutti quanti; questa seconda ipotesi è stata lungamente esplorata in questi mesi, ma alla fine i palestinesi esistono ancora. Potete accettarli come un popolo ai vostri confini (il che porterà ad altre guerre), o potete riconoscere in loro i vostri fratelli e mescolarvi con loro, come succederà comunque da qui a mille anni. Come è sempre successo, come è naturale che succeda: i popoli migrano, si scontrano, si sciolgono. Oltre quella nebbia sullo sfondo c'è un cielo azzurro e indifferente. Non ha niente da dirci, ma è tutto quello che abbiamo: respiriamo, siamo vivi, alleluja.