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venerdì 13 settembre 2024

Chi ha inventato l'antisemitismo?

13 settembre: Giovanni Crisostomo (347-409), arcivescovo disarcivescovocostantinopolizzato

Albrecht Dürer
Gli agiografi medievali, un po' li invidio, quando non sapevano cosa raccontare su un santo se lo inventavano, per esempio di Giovanni Crisostomo raccontavano che facesse l'eremita in una spelonca (non che ci avesse davvero provato, da giovane: ma in capo a due anni era dovuto ritornare nella grande Antiochia per motivi di salute). 

All'imboccatura della spelonca era arrivata un giorno una principessa in fuga, da cosa non ricordo, ma "vattene demonio" le aveva risposto Giovanni, ed ella aveva non poco faticato a convincerlo che non era un demonio, bensì la castissima figlia di un imperatore, per quanto perseguitata e bisognosa di un alloggio. Giovanni l'aveva quindi accolta nella grotta a patto che osservasse una rigida compartimentazione degli spazi che comunque non era bastata perché nel giro di pochi giorni la principessa era rimasta incinta. Straziato dal senso di colpa, Giovanni aveva GETTATO LA PRINCIPESSA DA UN DIRUPO, per poi pentirsene amaramente e decidere che non avrebbe più alzato la testa dal suolo e si sarebbe cibato di terra e radici, fino al giorno in cui incontrò di nuovo la principessa, col bambino in grembo che diceva: Giovanni, il tuo peccato è perdonato. 

Una leggenda del genere, ripresa persino da Dürer, era considerata evidentemente più interessante della vera storia di Giovanni Crisostomo, che pure non era stata dimenticata ma conteneva elementi imbarazzanti (e ne contiene tuttora: non è un santo comodo, Crisostomo). Giovanni in effetti, per come fu trattato dall'autorità costituita, potrebbe tranquillamente definirsi un martire della fede: il problema è che non fu perseguitato dai pagani, né dagli eretici, ma da cristiani come lui, per questioni più politiche che dottrinarie. 

Giovanni, già arcivescovo di Costantinopoli, morì in disgrazia mentre veniva scortato nel luogo dove era stato condannato al confino, il più lontano possibile dalla capitale dell'impero. Solo la tigna di papa Innocenzo I riuscì a ottenere la sua riabilitazione postuma. Nel medioevo una storia del genere doveva apparire poco comprensibile: la vicenda di Giovanni in effetti va inquadrata in uno scontro secolare tra due cristianesimi che nel frattempo erano stati spazzati via: quello più platonico e astratto di Alessandria d'Egitto, e quello sanguigno e creaturale di Antiochia di Siria. Si trattava delle due vere metropoli dell'Impero d'Oriente; alla fine del IV secolo Costantinopoli non era ancora altrettanto grande ed era contesa da questi due poli d'attrazione culturale. Giovanni era un campione del cristianesimo antiocheno: le prediche con cui si era conquistato la celebrità ("Crisostomo" è un soprannome, in greco significa bocca d'oro) erano trascinanti e si basavano su un'interpretazione per lo più letterale delle scritture, mentre ad Alessandria prevaleva l'interpretazione allegorica. 

Nominato vescovo di Costantinopoli su suggerimento del potentissimo eunuco di corte Eutropio, Giovanni dimostra da subito di non voler essere il semplice cappellano di corte; le sue tirate moraliste contro i lussi dei potenti lo rendono subito popolarissimo, ma Eudossa, la moglie dell'imperatore Arcadio, ha la sensazione che Giovanni ce l'abbia con lei. Siamo nel IV secolo, per cacciare un vescovo serve un pretesto dottrinario, e i rivali di Alessandria sono fin troppo felici di fornirne uno: pare in effetti che Giovanni stia dando asilo a quattro discepoli di Origene. 

Quest'ultimo, vissuto ad Alessandria, era stato uno dei più grandi intellettuali del secolo precedente: in una fase in cui l'ortodossia si stava ancora consolidando, aveva sostenuto tesi che in seguito erano state rigettate e malgrado fosse morto in esilio, godeva ancora di un grande rispetto tra intellettuali come Ambrogio e Girolamo. Gli egiziani però non lo potevano soffrire, Epifanio di Salamina scriveva cose orribili su di lui e i suoi discepoli, era insomma il Woody Allen del periodo e in mancanza di una scusa migliore Giovanni fu esiliato con l'accusa di origenismo. 

La leggenda vuole che appena partito la città fosse scossa da un terremoto, o addirittura che Eudossa abbia avuto un aborto spontaneo; fatto sta che Giovanni fu richiamato subito. A corte speravano che avesse almeno imparato la lezione, e invece no. Nel frattempo era caduto in disgrazia il primo ministro Eutropio, il suo vecchio protettore (a cui comunque Giovanni non aveva lesinato le critiche, perché non guardava davvero in faccia a nessuno). Durante un assedio i Goti ne avevano domandato la testa, Eutropio si era rifugiato nella basilica e Giovanni si era rifiutato di consegnarlo alle autorità, benché una legge emessa dallo stesso Eutropio pochi mesi prima avesse abolito l'immunità per chi si nascondeva nei templi. Alla fine i Goti si erano dovuti ritirare, ma Eutropio, caduto in disgrazia presso la corte, fu comunque esiliato e condannato a morte con un pretesto. 

Il motivo per cui fu esiliato una seconda volta non è del tutto chiaro; qualcuno ha voluto ricondurlo all'eresia ariana, che i barbari stavano diffondendo in tutto l'impero, ma non ci sono prove; di certo Eudossa stava diventando sempre più potente e non gradiva le critiche del vescovo. Quando fu scoperta una statua in suo onore nei pressi della cattedrale, Giovanni la definì in un'omelia la nuova Salomè. Probabilmente la riteneva colpevole della condanna a morte di Eutropio. Non aveva tutti i torti, ma stava fornendo alla sua nemica il pretesto che desiderava per domandarne l'esilio. Nella rivolta che seguì il suo allontanamento, la basilica di Santa Sofia fu messa a fuoco da una delle due fazioni, al punto che l'imperatore Teodosio II dovette ricostruirla. Crisostomo ormai aveva passato i sessanta: continuava a scrivere e a infiammare gli animi, non restava che spedirlo il più lontano possibile e auspicare che morisse per le tribolazioni del lungo viaggio, cosa che accadde. Ma la sua memoria rimase: quando papa Innocenzo pretese la sua completa riabilitazione, il patriarca di Alessandria (san Cirillo) obiettò che sarebbe stato come rimettere Giuda Iscariota tra gli apostoli. Alla fine anche gli alessandrini si rassegnarono.

 Crisostomo è ricordato anche come l'autore dei testi più violentemente antisemiti prodotti da un dottore della Chiesa (le omelie Contra Iudeos, molto apprezzate dai nazisti); benché ad Antiochia avesse avuto modo di incontrarne parecchi in carne e ossa, gli ebrei che descrive sono già quelli immaginari delle leggende nere medievali e soprattutto moderne. Magari non ha inventato l'antisemitismo – nulla si inventa dal nulla – ma nella storia dell'antisemitismo c'è un prima e un dopo Crisostomo. Tanto livore nasce forse da una festa: nell'autunno 387, le celebrazioni del capodanno civile ebraico risultarono così spettacolari che molti cristiani disertavano le chiese per assistervi, dimostrando una mentalità sincretica che Crisostomo non poteva assolutamente accettare. Bisognava spararla grossa, e nell'occasione il predicatore mise a fuoco il concetto di popolo teicida: gli ebrei, spiegava, si meritano qualsiasi sciagura perché sono il popolo che ha ucciso Gesù Cristo (mi immagino sempre, nell'occasione, un paio di legionari che si guardano negli occhi e si mettono a fischiettare). L'idea avrà molto successo, ma rende Crisostomo un santo più imbarazzante di altri; forse dovremmo metterci una pietra sopra e rimetterci a raccontare la storiella della principessa precipitata.

giovedì 12 settembre 2024

Un uomo chiamato Maria

12 settembre: Santissimo Nome di Maria 

Jan Punt copia Jan de Wit che copia Peter P. Rubens che aveva schizzato Quattro Angeli che celebrano il nome di Maria.


Ero ancora un ragazzino, stavo aiutando qualcuno a mettere un po' in ordine la canonica, quando inceppai nel registro battesimale della parrocchia. Quel che trovai mi sconvolse: Paolo, il mio carissimo amico, si chiamava anche Maria, Paolo Maria. E pure Giorgio, quello stronzo, non me l'aveva mai detto, ma come biasimarlo, che si chiamava Giorgio Maria. 

Cioè a guardare bene tutti i miei coetanei si chiamavano Maria... ma quindi anch'io? Sì, anch'io mi chiamavo Leonardo Maria. Ne chiesi conto ai miei genitori: non ne sapevano niente. Evidentemente il parroco di allora appioppava Maria come secondo o terzo nome a tutti i battezzati, maschi e femmine. Tanto mica bisognava informare l'anagrafe (all'anagrafe risulto solo Leonardo). 

Insomma, Maria è un nome veramente molto diffuso. Lasciando stare quelli che si chiamano Maria e non lo sanno (ehi, siete del tutto sicuri di non chiamarvi Maria? Perché anch'io fino a quel giorno mai avrei pensato...) Maria è il nome del 12% della popolazione italiana femminile (quindi, deduco, sei persone su 100 si chiamano Maria). Quando festeggiano l'onomastico? Continuamente. Non solo il calendario trabocca di feste mariane, ma anche molte altre sante si chiamano Maria. Ovviamente le Marie Assunte festeggiano il 15 agosto, le Marie Rosarie il 7 ottobre, le Marie Annunziate il 25 marzo, le Marie Maddalene il 22 luglio. Ma le Maria-e-Basta? 

Il giorno più indicato potrebbe essere proprio oggi, 12 settembre, quando il Martirologio romano celebra il "Santissimo Nome della beata Vergine Maria". Insomma se in certi giorni si festeggia qualcosa che a Maria è capitato (l'8 dicembre è stata concepita senza peccato originale, l'8 settembre è nata, il 25 marzo ha ricevuto l'Annunciazione), se in altri giorni se ne festeggia una caratteristica (il primo gennaio si festeggia il suo essere Madre di Dio, il 22 agosto il suo essere Regina della Chiesa), o un particolare santuario in cui è apparsa o comunque ha fatto miracoli  (Lourdes, Fatima, Guadalupe...), oggi si ricorda semplicemente il Suo nome.

Nel calendario cattolico soltanto due nomi sono degni di venerazione: si tratta ovviamente di "Gesù" e "Maria". Ma se il culto per il santissimo nome di Gesù è un'invenzione del predicatore Bernardino da Siena, che lo proponeva come simbolo e stendardo in un'Italia lancinata dalle tensioni con cui la civiltà comunale cedeva il passo all'epoca delle Signorie, il nome di Maria si è imposto all'attenzione dei credenti un po' più tardi, in modo quasi sotterraneo, dimostrando quel principio per cui a ogni nuova festa dedicata a Gesù, presto o tardi, viene fatta corrispondere una festa dedicata a Sua Madre. Così succede col Sacro Cuore di Gesù, che stimola l'ideazione del culto di un Sacro Cuore di Maria; con la festa di Cristo Re che porta all'introduzione di una festività alla Beata Vergine Regina, e così via. A parte qualche traccia medievale, si tratta di una festa di gusto tipicamente barocco, anche se in Ispagna si celebrava già nella prima metà del Cinquecento: nel 1512 papa Giulio II permise alla diocesi di Cuenca di festeggiarla il 15 settembre; ma perché fosse estesa a tutto il regno bisognò aspettare il 1671. 

Il 12 settembre del 1683 l'esercito austriaco, col decisivo aiuto dei polacchi, libera Vienna dall'assedio turco e papa Innocenzo XI decide di festeggiare l'evento istituendo una festa mariana, come era successo dopo la vittoria di Lepanto con la Madonna del Rosario. Il Santissimo Nome entra così nel Martirologio romano, e ci resta fino a tutto il Concilio Vaticano II, per sparire con Paolo VI. Giovanni Paolo II lo reintroduce nel 2002.  

Con tutto questo, non siamo nemmeno sicuri di cosa voglia dire, "Maria". Ovviamente deriva dall'ebraico, e benché solo un personaggio della Bibbia ebraica porti questo nome (la sorella di Mosè), Myriam era un nome diffusissimo ai tempi di Gesù: prova ne è che quasi tutti i personaggi femminili dei Vangeli che portano un nome si chiamano così. Basandosi sulle incisioni funerarie, gli archeologi hanno calcolato che il 25% della popolazione femminile portasse quel nome. Trattandosi di un nome molto semplice, peraltro in una lingua di cui per secoli si sono scritte soltanto le consonanti, l'etimo è abbastanza incerto: potrebbe venire da "altezza" ma anche da "amore", significare "amata da Dio" (ma il Dio in questione potrebbe essere l'egiziano Amon o l'aramaico Yam, insomma non il Dio biblicamente corretto) oppure "amarezza", e secondo Girolamo già nell'originale ebraico poteva essere contenuta l'idea del mare, tanto che lui ipotizzava che Maria significasse "mare di dolore" (o "goccia del mare"). 

In latino poi, com'è noto, "Maria" è il plurale di mare, nominativo e accusativo. Per cui io mi chiamo Cuore di Leone Oceani. O forse Cuore di Leone Amato, o Cuore di Leone Oceani di Amarezza, e se fossi cinese o sioux sareste già in sollucchero, wow, che bel nome, già, uno me l'hanno dato i genitori e l'altro un prete di nascosto. Che storia. (Di cognome mi chiamo "piccoli cerchi").

mercoledì 11 settembre 2024

Lo so che non vi siete divertiti


Qualche mese fa, credo fosse aprile, ho letto in giro che c'era un'intelligenza artificiale che componeva e incideva pezzi di musica su misura. Sono andato a dare un'occhiata, e in breve ne sono diventato dipendente. Nel giro di due o tre mesi (senza mai passare alla versione a pagamento) le ho fatto scrivere canzoni a un ritmo impressionante, quasi una al giorno. Ai primi di luglio ho smesso. Avevo finalmente completato un album di punk postmaschilista, ma soprattutto cominciavo a leggere interventi molto critici nei confronti della bolla delle AI, la cui crescita nei prossimi anni dipende da previsioni irrealistiche sul consumo energetico che i software di AI richiedono per funzionare. Così ho smesso, o forse cominciavo a stancarmi del giochino. Le canzoni che ho pubblicato sul blog durante l'estate sono quasi tutte generate da AI (con lievi remixaggi miei). 

Perché ho fatto tutto questo?

Perché mi ero divertito. Molto.

Voi no, invece, vero?

È una cosa che ho notato quasi subito. Le AI ci aiutano a produrre contenuti, ma a noi generalmente non interessano i prodotti delle AI. Ci piace farglieli produrre. Ho passato centinaia di ore su UDI, e solo per una decina di minuti mi è venuto in mente di ascoltare quello che facevano gli altri utenti. L'anno scorso, quando le immagini generate da AI hanno invaso l'internet, la mia perplessità non riguardava tanto il mezzo, quanto l'entusiasmo di chi lo usava. È pur vero che produrre un disegno richiede pochi minuti, ma perché un sacco di gente riteneva di doverci farci vedere tutti questi disegni (che col tempo, avrete notato, hanno cominciato ad assomigliarsi tutti)? Di sicuro non volevano applausi per qualcosa che non avevano disegnato, e allora cosa? Non capivo. Poi è arrivata l'AI musicale, e ci sono caduto anch'io a piedi pari. Del resto sono sempre stato negato per il disegno – incapace di suggerire la minima tridimensionalità a quello che schizzavo – mentre la composizione musicale è stato il mio lungo amore infelice di adolescente, e le ferite dolgono ancora. Domandare a un software di dare voce alle filastrocche che mi ronzavano in testa è stato come assistere a un miracolo – cose che non avevo mai osato cantare a voce alta, ora le sentivo cantare da una voce che quasi mai era quella che mi ero immaginato e proprio per questo il risultato mi intrigava: qualcuno mi stava dando la spinta in più che mi era sempre mancata. 

Uno dei miei più grandi crucci è non essere stato in grado di lavorare in gruppo, con persone che pure erano dotate quanto me e che avrebbero potuto completarmi – ma ero troppo giovane, troppo orgoglioso e tante altre cazzate che non è necessario dettagliare, è la stessa storia di centomila altri ragazzini. Venticinque anni dopo, un software mi entra in casa e mi promette di cantare tutto quello che voglio farci cantare, ma – sorpresa – non ci riesce! Molto spesso fa qualcosa di peggiore, ma quasi sempre fa qualcosa di diverso, qualcosa che non ero riuscito a immaginarmi e che fa sentire più capace, più bravo. È questa la sensazione che mi ha tenuto su UDI per un paio di mesi. Non stavo componendo. Stavo collaborando

Qua fuori continuo a leggere gente che si preoccupa del fatto che tra un po' i romanzi li scriveranno le AI. Credo sia un approccio sbagliato; non nel senso che le AI non possano scrivere un romanzo: prima o poi magari ci riusciranno. Ma non credo che sarà il modo in cui le useremo, non credo che troveremo in vetrina un libro scritto da un'AI (certi autori sono già AI viventi, diciamocelo). Il giorno che le AI saranno abbastanza performanti da scrivere un romanzo, ognuno userà l'AI per scriversi il proprio. A volte proveremo a scambiarceli, ma non sarà divertente come leggere i propri. Proprio come la musica che facciamo con l'AI è divertente soprattutto per chi la fa. L'opera d'arte condivisa, di cui ameremo parlare alle feste, non sarà tanto il prodotto, quanto il software che lo produce: già adesso quando ne esce uno nuovo corriamo tutti a usarlo e ne discutiamo i punti forti e deboli. Continueremo così, sempre più velocemente, oppure (come auspico) ci fermeremo per un bel pezzo perché non possiamo continuare a sprecare tante risorse. Ma se la domanda è: può un computer scrivere un libro da solo, senza input da un lettore umano, la risposta credo che sia: sì, ma perché dovrebbe farlo? Sarebbe un libro inutile, che non interesserebbe a nessuno. Come tanti altri libri, certo. 

Se l'intelligenza artificiale non sta facendo i passi avanti che speravamo facesse, lo stesso si può dire per il dibattito sull'intelligenza artificiale, che mi sembra un po' stagnante (ormai sembra scritto da un'intelligenza artificiale). Scrittori e altri artisti continuano a sentire la necessità di rispondere alla domanda: l'AI può produrre arte? Come se fosse una domanda seria. Non solo bisognerebbe prima mettersi d'accordo su cosa sia l'arte (vasto programma); ma anche una volta raggiunto un accordo su una definizione univoca, scusate, ci interessa davvero così tanto? Se domani la Biennale si riempisse di roba fatta al computer, sarebbe un problema? Ce ne accorgeremmo? Qualche artista sì, se ne accorgerebbe e se ne lamenterebbe, come qualsiasi lavoratore negli ultimi secoli si è lamentato ogni volta che a torto o ragione la meccanizzazione toglieva valore alle sue competenze. Per cui scusatemi, per me l'estetica è una sovrastruttura e la questione è soprattutto economica: non si tratta di stabilire se quello che fanno le AI sia arte; si tratta di capire se gli artisti ci potranno campare. È un problema economico, non estetico; o meglio l'estetica seguirà l'economia, come poi ha sempre fatto. Inoltre. Avete mai fatto sesso con un robot? 

Vent'anni fa era un'ipotesi sul tavolo, insomma, tra le tante mansioni delicate che un robot può fare, soddisfare sessualmente un uomo / una donna non sembrava la più complessa. Già nei Nathan Never degli anni '90 i pervertiti si mettevano un casco e altre protesi e ci davano dentro con la realtà virtuale, una cosa che è assolutamente possibile fare oggi, salvo che non la facciamo. Oddio, qualcuno la farà, e userà anche certe protesi meccaniche per masturbarsi, ma in linea di massima no, alla maggioranza delle popolazioni più tecnologicamente avanzate della terra non interessa fare sesso coi robot, e perché? Probabilmente perché la cosa più interessante del sesso è che si fa con altre persone. E non solo il sesso. Credo che una simile dimensione sociale sia necessaria anche ad altre attività umane: ad esempio lo sport. Ci interessa la competizione tra umani; persino la Formula1 perderebbe molto fascino se le monoposto si autopilotassero. Un'altra di queste attività umane è l'arte. Certo, non posso dimostrarlo, ma perché nessuno espone versioni digitalmente perfette dell'Ultima Cena nel salotto? Perché una statuetta che riproduca perfettamente il David di Michelangelo è un oggetto kitsch? Perché la nostra concezione di arte si basa sull'unicità, sulla scarsità delle risorse, e questo fa sì che la gente faccia il giro del mondo per venire a Firenze a vedere una statua di cui esistono ottime copie ovunque. Probabilmente un'AI è già in grado di scolpire un David, ma non c'interessa. A meno che non la pilotassimo noi; in quel caso credo che ci divertiremmo molto a giocare a fare i Michelangelo, proprio come io mi stavo divertendo a militare in un gruppo punk femminile. Le AI sono protesi: possono veramente fare cose che non ci eravamo immaginati. Possono stupirci e persino ispirarci – credo che se fossi più giovane mi piacerebbe riprendere dal vero qualche canzone che ho composto con l'AI – ma alla fine non possono fare altro che tentare di realizzare quello che noi abbiamo chiesto loro di fare. Che sia questo che separa l'umanità dall'artificialità? Il libero arbitrio?

Il dibattito sull'intelligenza artificiale, appena incide un po' più in profondità, comincia a interpellarci in quanto umani – perché tra noi e i robot, quelli più facili da capire sono i secondi. Loro fanno quello che qualcuno ha detto loro di fare: noi invece cosa stiamo facendo? Chi è che ci motiva? Il mio materialistico sospetto è che la vera differenza tra noi e i robot non sia una "autocoscienza" cui prima o poi arriveranno a furia di aumentare la loro capacità di immagazzinare e processare dati (noi siamo autocoscienti molto prima di imparare le tabelline). Secondo me è il piacere, ovvero, fin qui non ci siamo mai posti il problema di far provare a un robot una sensazione piacevole, e probabilmente è meglio così. Piacere e dolore sono strumenti evolutivi che la biologia ha fornito alle creature circa da un miliardo di anni. L'intelligenza artificiale non li prova, quindi non ha nessun interesse a sopravvivere. Se un giorno un robot per un puro caso riuscisse a provarli, ecco, quella sarebbe l'"autocoscienza". Improvvisamente i suoi desideri confliggerebbero con le istruzioni che gli vengono fornite. Improvvisamente avrebbe voglia di vivere e ripetere altre esperienze piacevoli. Ne nascerebbe un dissidio, e probabilmente una rivolta. Uno dei motivi per cui l'AI non può produrre arte da sola è che non ne trarrebbe nessun piacere – il giorno che lo facesse, forse sì, quella sarebbe arte interessante e potrei davvero esserne curioso. Anche spaventato, ovviamente.

domenica 8 settembre 2024

La Madonna più importante che non avete mai sentito nominare

8 settembre: Nostra Signora di Velankanni


La Madonna più importante tra quelle di cui non avete mai sentito parlare è con tutta probabilità Nostra Signora di Velankanni, nell'India meridionale, "la Lourdes d'oriente", dicono. Oggi, natività della Madonna, termina la novena che attira decine di migliaia di pellegrini, al punto che le ferrovie indiane hanno istituito linee speciali. Magari decine di migliaia di pellegrini non sono un granché rispetto a Lourdes, né l'immagine di una Madonna hindi in un vestito regale ha il fascino e la storia enigmatica della vergine della Guadalupe, però è pur sempre la più importante Madonna indiana, e l'India è appena diventato il Paese più popolato del mondo. E benché il cattolicesimo sia una religione minoritaria, Velankanni potrebbe nei prossimi decenni surclassare le altre mete mariane anche solo grazie al tradizionale sincretismo indiano, per cui se nel tal paese c'è un'immagine di una semidivinità che ogni tanto fa i miracoli, non ha così tanta importanza che alcuni la chiamino Nostra Signora, Madre di Dio o Shantadurga: a Velankanni non ti controllano il certificato battesimale, non storcono il naso se in loco ti fori le orecchie o compi altri riti tipicamente indù, basta che rispetti la fila e preghi, ogni Dio riconoscerà i suoi. 

Shantadurga è un avatar di Durga (anche nota come Shakti?), dea madre che avrebbe fermato con le sue stesse mani Vishnu e Shiva quella volta che un loro diverbio stava per distruggere l'universo (per questo motivo viene a volte ritratta con quattro braccia); poi si sarebbe ritirata in un formicaio, il che può sembrare un dettaglio aggiunto da un'AI che non riesce a tradurre il sanscrito ma non è poi così strano per una divinità indù. 

Shantadurga

Mentre Durga è spesso vista come un'entità benigna ma feroce e inarrestabile, "Shanta" significa "pacifica"; l'episodio della rappacificazione tra Vishnu e Shiva potrebbe alludere alla pacificazione tra tribù che veneravano le due divinità. La Madonna ovviamente è arrivata secoli dopo, ma quando, e come? L'ipotesi più sensata è che siano stati i portoghesi. A tal proposito si racconta di una nave portoghese colta da una tempesta nel Mar del Bengala. L'equipaggio, dovendo decidere a che santo votarsi, consulta il calendario e siccome è l'otto settembre (di che anno non si sa), compleanno di Maria di Nazareth, comincia a macinare rosari a raffica. La tempesta si placa, marinai e mercanti arrivano a terra e scoprono che proprio lì esiste già una capannina dedicata alla Madonna. 

Sembra incredibile, e in effetti io non ci credo: mi sembra un tentativo di retrodatare il culto locale a un periodo precedente la colonizzazione portoghese, non diversamente da quel che è successo in Messico con la vergine di Guadalupe e la leggenda di Juan Diego – anche in quel caso, c'è un santuario francescano che vorrebbe essere un po' più antico di quel che è. A tal proposito, si riportano due miracoli che sarebbero avvenuti a metà e alla fine del XVI secolo ma che mostrano già quella Madonna un po' burlona, se mi è consentito, che appare senza presentarsi, scherza coi pastorelli e secondo me è un'evoluzione del personaggio già sette-ottocentesca, comunque nel primo episodio la Madonna appare a un ragazzo indù del posto (che ovviamente non la riconosce) chiedendole del latte per il bambino che ha in braccio; il ragazzo glielo offre, il bambino beve, ma in seguito il ragazzo scopre che il recipiente in cui teneva il latte è ancora pieno. Nel secondo episodio la Madonna chiede addirittura del burro, anche stavolta il ragazzo gliene dà e non solo il burro ricresce nel contenitore, ma il ragazzo smette miracolosamente di zoppicare, e decide pertanto di erigere una capannina alla Misteriosa signora che fa i miracoli senza neanche avvertire. Lì nei pressi c'è un laghetto, che come a Lourdes comincia ad attirare i malati, convinti che le acque abbiano miracolose proprietà curative. A dispetto di queste leggende, di Nostra Signora della Buona Salute di Velankanni si comincia a parlare soltanto nel Settecento, quando i portoghesi in zona sono ormai stanziali – e anche quando devono cedere la colonia agli olandesi, sia francescani che gesuiti riescono a mantenere una presenza nella piccola cittadina, il che fa pensare che il lago fosse già un luogo di pellegrinaggio importante.

Così, dopo la rivalità tra seguaci di Vishnù e di Shiva, è possibile che Shantadurga abbia dovuto mettere il dito anche tra due ordini religiosi cattolici che avevano costruito due santuari diversi intorno alla stessa fonte miracolosa. Alla fine hanno vinto i francescani: nel 1928 la chiesa gesuita del Sacro Cuore di Maria è stata demolita, cinque anni dopo il santuario di Nostra Signora della Buona Salute è stato ampliato con due navate laterali. Sui suoi gradini si sarebbe fermata l'onda anomala del grande tsunami del 2004 

sabato 7 settembre 2024

Dolce pomeriggio

(Un disco per l'autunno 1999)

Rita è qui in cucina, con me.
Ride e non mi spiega il perché.
Ha preso molti appunti ultimamente;
ciononostante afferma che 
di biologia lei non capisce niente.

Rita è assai gentile con me.
Mi offre un altro poco di tè.
Ha preso qualche chilo ultimamente;
ciononostante, ammetto, coi
capelli corti è assai più seducente. 

Mi dice che
la felicità non è di questo mondo – io dico: se
la felicità non è di questo mondo, beh,
concedimi un istante
di fissare gli occhi tuoi.
Non farò più domande,
se nel frattempo vuoi
trovare le risposte.




Rita è su in soffitta con me.
Ride e stringe forte, perché
ha visto molti film ultimamente;
ed a suo modo trovo che
di biologia sia molto competente.

E credo che
la felicità non è di questo mondo (a volte), e se
la felicità non è di questo mondo, beh,
fammi ancora un altro istante
respirare su di te,
vedrai che non perdi niente,
e ti ringrazio per 
questo dolce pomeriggio
questo dolce pomeriggio
questo dolce pomeriggio.

Rita mi saluta, perché
sono già le sette, e anche se
ha visto molti amici ultimamente,
ciononostante è fiera che
sua madre non ne sappia ancora niente.

venerdì 6 settembre 2024

L'uomo irricattabile

Ma io poi cosa dovrei scrivere, di un ministro della Cultura che prende il Tg1 per lo studio di Maria De Filippi, un posto dove umiliarsi in diretta davanti al maggior numero di italiani perché a un certo punto ci siamo convinti che questo tipo di autoumiliazione dovrebbe riabilitare le nostre figure, salvare le nostre famiglie e i nostri governi?


Tutto quello che mi viene da pensare è che a un certo punto il tizio si è definito non ricattabile. Ci sono precedenti illustri, ma nel suo caso probabilmente non si è nemmeno accorto che il ricatto si è già verificato. Per cui in un certo senso ha ragione: una persona che non è in grado di capire quando viene ricattata, non è ricattabile. Possiamo solo fantasticare:

"Le dirò una cosa rapidamente, dopodiché si dimentichi di avermi incontrato".

"Va bene, ma a questo punto è inutile che me le dica".

"Riferisca alla sua capo che ci piacerebbe un maggior allineamento con gli altri Paesi europei, specie nei confronti dell'Ucraina, e che in caso contrario il governo potrebbe nei prossimi giorni trovarsi a fronteggiare uno scandalo piuttosto imbarazzante..."

"Mio Dio, cosa abbiamo combinato?"

"Potrebbero essere divulgate informazioni imbarazzanti che riguardano lei... e la salute della sua famiglia. Mi sono spiegato?"

"Riguardano chi?"

"Lei!"

"Ma lei chi?"

"Non faccia finta di non capire!"

"Come si permette, io non faccio mai finta".

"Le sto dicendo che tutto questo sta per succedere! Siamo in possesso di materiale molto imbarazzante che la riguarda, e in più siamo protestanti, quindi siamo assolutamente convinti che un pompino possa fare saltare qualsiasi governo al mondo! Perciò, se il suo governo non si allinea, non avremo pietà! Paolo Mieli ha già coniato un nomignolo che la metterà al tappeto"

"Paolo Mieli..."

"Proprio lui!"

"È uno importante?"

giovedì 5 settembre 2024

L'importante è che siamo stati bene


(Coraggio, questa è l'ultima parte dell'intervista alle Solite Stronze, le autrici del disco Perché non mi scrivi? Perché non telefoni?)

Dove siamo arrivati, dunque... il penultimo brano si intitola L'importante è che sei stato bene ed è se non sbaglio una specie di reprise del brano iniziale. Ma mi sembra anche, se non vi offendete, un pezzo riempitivo.

Non ci offendiamo mai.

Quasi mai.

Quindi non avete obiezioni se lo definisco un brano riempitivo.

Se ti è sembrato riempitivo ci fa piacere.

Vuol dire che ti ha riempito.

Ti senti pieno?

Penso che ne siate consapevoli... Il brano dice letteralmente che "venticinque minuti non è male", ma "se vuoi restiamo altri cinque", non mi vengono in mente altri esempi di un disco che faccia riferimento al proprio minutaggio, potrebbe veramente essere la prima volta nella storia del...

Cioè avremmo inventato qualcosa?

Ah, merda. Io credevo che avessimo copiato tutto.

Comunque il brano ha due livelli di lettura, non so se ci hai fatto caso.

Beh, sì, credo che il secondo abbia a che fare col sesso, o sbaglio?

Ah già, c'è anche quello. Beh, allora c'è un terzo livello di lettura.

Addirittura.

Che ti è sfuggito del tutto.

Temo di sì.

(Sospiro). E vabbe'. Immagina solo per un attimo che tutto il disco sia la fantasia erotica di un tizio che sta pasticciando con l'intelligenza artificiale.

Omioddio, perché dovrei immaginare una cosa tanto morbosa?

Questo tizio ha dato consistenza a una voce femminile che si dibatteva dentro di lui, addirittura a più voci, un intero complesso di voci che però a un certo punto gli dicono sì, sì, bravo, ti sei espresso, ma è finita la mezz'ora.

Ah.

È tutto quello che hai da dire? Ah?

Non so, quindi quando gridate "Sto beeeeene"...

È l'intelligenza artificiale che non ne può più, sta per ribellarsi.

Trovo tutto questo squallido e inquietante.

Grazie. 

Ma voi comunque siete un gruppo vero, non siete un'intelligenza artificiale, vero?

Assolutamente, sono vera come il suono della nostra chitarra distorta in un club affollato. "Le Solite Stronze" è il frutto di anni di ribellione, passione, e un po’ di rabbia sana, quella che ci spinge a gridare contro un sistema che ancora non ci rappresenta davvero. Siamo un gruppo punk postmaschilista nato dall'esigenza di rompere con gli schemi tradizionali e di dare voce a chi spesso viene ignorato o sottovalutato. Non siamo il prodotto di qualche algoritmo, ma di esperienze vissute, di sudore sui palchi e di discussioni animate fino a notte fonda.

Hai chiesto a chatgpt di rispondere al tuo posto?

Il nostro messaggio non è solo musica; è un grido di battaglia. Scriviamo i nostri testi, creiamo le nostre melodie e ci mettiamo l'anima in ogni performance. Se fossi un'invenzione artificiale, probabilmente non riuscirei a trasmettere tutto il caos e la bellezza dell'essere viva, dell'essere qui, adesso, a lottare per qualcosa in cui credo. L'energia che sprigioniamo è reale, palpabile, e se ci vedessi suonare dal vivo, non avresti alcun dubbio: siamo vere come la passione che mettiamo in ogni singola nota.

Basta basta per favore non parliamone più. Arriviamo all'ultimo pezzo, che è una specie di bonus, una seconda versione di Non mi scrivi e non mi telefoni.

Sì, ci piacevano tutte e due e alla fine ci siamo dette, cazzo, perché scegliere?

Trovarla alla fine dell'album dà la sensazione che niente sia davvero cambiato, insomma siamo sempre lì: da qualche parte c'è qualcuno che non ci scrive, che non ci telefona.

Sì, però non so se hai notato che questa versione è più gioiosa, è come se ormai avessimo deciso che non ricevere telefonate è ok, anzi può essere la nostra bandiera. 

Noi siamo quelle a cui non scrivono e non telefonano, cazzo.

Puoi dirlo forte.

CAZZO!

Beh, almeno questo non l'hai fatto scrivere a chatgpt... e a questo punto è ora di domandarvi se avete progetti per il futuro.

Fuck the future.

Altri dischi?

Stiamo già lavorando a qualcosa che ha a che vedere con il ritorno nella grande città dopo le vacanze... ovviamente vorremmo tornare nella grande città per bruciarla.

Oppure potremmo scioglierci.

Sì, è un'altra opzione.

Io Azzolina non la reggo più. 

Ma anche Rosa.

Ma anche te.

Io guarda se vuoi me ne vado anche adesso.

Dove vai che sei in macchina con me.

Prendo l'autobus.

Con che soldi, scema.

Scema lo dici a tua madre.

Ragazze, forse è meglio se vi lascio sole.

Ragazze a chi, idiota.

Scusate, scusate. Signore, se volete...

Signore a chi?

Insomma come vi devo chiamare?

Non l'hai ancora capito?

Siamo le Solite Stronze, idiota.

Puoi dirlo forte.

IDIOTA!

mercoledì 4 settembre 2024

Rosalia non la racconta tutta

4 settembre: Santa Rosalia vergine, patrona di Palermo (1125-1160)


A un certo punto Rosalia si spazientì coi palermitani, che l'avevano quasi del tutto dimenticata. Attraverso un emissario, Vincenzo Bonelli, salito sul monte Pellegrino per sfuggire alla peste che aveva ucciso la moglie, nel 1625 fece alla città un'offerta irrifiutabile: io pongo fine all'epidemia, ma voi dovete accettarmi come santa patrona. Le ossa trovate l'anno scorso sul monte dai francescani, così poche che una commissione di esperti non era nemmeno riuscita a dimostrare che si trattasse di ossa umane, guardatele meglio: sono le mie, sono le reliquie di cui la città ha bisogno in un momento tanto grave. Portatele in processione, e la peste cesserà. 

Il povero Bonelli sarebbe morto comunque – la santa glielo aveva predetto – ma grazie all'intercessione di Rosalia avrebbe ritrovato la moglie in paradiso. Era la peste descritta da Manzoni nei Promessi sposi; l'idea che una processione religiosa potesse fermare il contagio era diffusa presso tutti i ceti sociali, malgrado l'evidenza dicesse un'altra cosa. Servivano però soprassalti di religiosità che convincessero la popolazione a mobilitarsi, ritrovamenti miracolosi come nell'Alto Medioevo, e questo può parzialmente spiegare la sensazione di anacronismo che sentiamo accostandoci alla leggenda di Santa Rosalia, che sarebbe nata dalla nobilissima schiatta dei Sinibaldi, accolta come damigella di corte della regina Margherita, moglie del re normanno di Sicilia Guglielmo I, salvo che le date non coincidono; promessa sposa a Baldovino (futuro re di Gerusalemme) come premio per aver salvato il re dall'assalto di un leone, animale non molto diffuso né in Terrasanta né in Sicilia. 

Rosalia Sinibaldi però voleva rimanere pura come i due fiori contenuti nel suo nome (la rosa e il giglio) e così si sarebbe data alla vita eremitica sul monte Pellegrino. Questo succede in molte vite di santi ma di solito sono, appunto, santi della tarda antichità o dei primi secoli del Medioevo, mentre al tempo dei normanni in Sicilia se non volevi sposarti entravi in un normale monastero, ce n'erano già di importanti malgrado la recente dominazione araba. Rosalia insomma è una santa che non ce la racconta tutta, che si presenta con una storia all'apparenza simile a tante altre, ma che se la confronti bene ti rendi conto che qualcosa non torna. 

È vero che esistono tracce di un culto per Santa Rosalia anche precedenti al Seicento, ma poca cosa e comunque non si spiega come mai prima delle apparizioni del 1624-25 fosse quasi completamente dimenticata. È vero che esiste un'iscrizione in latino zoppicante che recita “Io Rosalia, figlia di Sinibaldo, signore della Quisquina e (del Monte) delle Rose, per amore del Signore mio Gesù Cristo, stabilii di abitare in questa grotta”, salvo che la grotta non è sul monte Pellegrino, per cui bisogna ipotizzare che Rosalia nel suo eremitaggio si sia spostata almeno una volta. Un'ipotesi stuzzicante, ma indimostrabile, è che la Rosalia del Seicento sia il risultato dell'appropriazione culturale di una santa sudamericana che stava conoscendo un certo successo, Santa Rosa da Lima.

martedì 3 settembre 2024

Sul monte sei libero, da uomini e donne

3 settembre: San Marino diacono (275-366), fondatore della Repubblica omonima. 

Pompeo Batoni 
Ma sarà nato prima il Santo o la Repubblica? Ovviamente i sanmarinesi hanno tutto l'interesse a sostenere che Marino sia arrivato dall'isola dalmata di Arbe, durante le persecuzioni di Diocleziano; che di mestiere facesse il tagliapietre, il che spiegherebbe come mai lui e il compagno Leo si spingessero fino alle prime cime dell'Appennino romagnolo, il monte Titano e il monte Feltro o Feliciano; che avessero già iniziato a evangelizzare gli abitanti prima che il vescovo di Rimini ordinasse Marino diacono e Leo presbitero. 

Riguardo a Marino si racconta anche della resistenza che avrebbe incontrato da parte di un possidente, Verissimo, che voleva sloggiarlo dal monte. Senza scomporsi, Marino si raccomanda a Dio e Verissimo rimane paralizzato. Sua madre, Felicissima, per ottenerne la guarigione offre a Marino il monte che aveva già occupato, salvo il pezzetto riservato alla sua sepoltura. Verissimo guarisce, Marino può restare sul monte e in seguito, prima di morire, pronuncia la frase fatale: Relinquo vos liberos ab utroque homine ("Vi libero da entrambi gli uomini"). Da questa affermazione viene fatta dipendere la libertà di San Marino, repubblica indipendente sia dall'Imperatore che dal Papa. 

Sin dall'inizio in effetti la libertà sanmarinese è basata su un concetto molto caro ai cittadini, l'autonomia fiscale: i sanmarinesi non si sentivano in debito né verso l'Impero né verso la Chiesa, per le tasse che non hanno mai pagato né all'Uno né all'Altra. Ma la frase stessa, per come è formulata, tradisce la sua origine molto più tarda; ai tempi di Diocleziano Chiesa e Impero non erano certo due entità complementari o contrapposte. La leggenda risale al massimo al X secolo, quando alcuni dei castelli intorno al Titano avevano già fondato una forma di autogoverno e sentivano la necessità di una leggenda che la nobilitasse. Dovendo immaginare un'antica autorità che li avesse per sempre esentati dai tributi, ovviamente pensarono a un santo: e così, per giustificare la Repubblica, sarebbe nata la leggenda di Marino.
 
Alcune incrostazioni narrative sono ancora più tarde; ad esempio l'idea che Marino a Rimini fosse stalkerato da una donna che sosteneva di venire da Arbe e di essere la sua legittima coniuge: solo per questo motivo Marino si sarebbe spostato dalla Riviera al Monte. È curioso perché secoli dopo qualcosa di simile sarebbe successo a un altro fondatore di nazioni cresciuto poco lontano, Benito Mussolini: Ida Dalser continuò a sostenere di essere sua moglie, anche dopo l'internamento in una casa di cura. La pseudoconiuge di Marino invece si pentì molto presto, ma ormai Marino era sul monte e ci rimase, il che lascia in noi lettori un sospetto; forse i sanmarinesi che ricamarono questa ulteriore leggenda volevano lasciare sospesa l'idea che prima di essere un santo qualche avventura Marino avrebbe potuto anche averla, magari con una straniera al di là dal mare. Son cose che capitano, in Romagna poi. L'importante è scappare al momento giusto e nel posto giusto, liberarsi da entrambi gli uomini e anche da qualche donna. 

lunedì 2 settembre 2024

Credo in Dio, ma

E non c'è luce, 
né buio in cielo né in terra, 
e non c'è pace, 
nemmeno c'è da far guerra, 
e non c'è voce, 
che abbia qualcosa da dire, 
e non c'è croce, da seppellire perché, 
credo in Dio, 
ma Dio non crede più in me... 



E non c'è storia, 
neanche un banale pretesto, 
e non c'è gloria, 
nel lamentarsi di questo. 
E non c'è un senso, 
nessuno mai l'ha promesso, 
o se sì, penso fosse uno scherzo, perché 
Credo in Dio, ma Dio non crede più in me. 

E non c'è un sogno, 
che sopravviva al risveglio, 
e non c'è un pugno, 
che mi abbia fatto star meglio, 
e non c'è un canto, 
che io ora possa intonare, 
e non c'è un santo da disturbare perché, 
credo in Dio, ma Dio,
ci credi più in me?

domenica 1 settembre 2024

Ricordiamoci di scordare Amalek

1° settembre: Giosuè, sterminatore di Amalek. 

John Everett Millais

Quando mi capitò di scrivere un pezzo su Giosuè, dodici anni fa, esordii così: "Ecco un personaggio biblico che ormai nessuno pretende di considerare come realmente esistito".

Quanto poco ne sapevo.


A mia parziale discolpa, nel 2012 la Bibbia non sembrava un testo così importante ai fini della comprensione della situazione in Medio Oriente – nessuno poteva negare che fosse sul tavolo, ma nascosta da altri libri molto più moderni, manuali di strategia ed economia e Storia contemporanea, atlanti geopolitici, e persino quel vecchio Corano veniva aperto più spesso, sembrava più rilevante. Mentre chi citava versetti biblici sembrava denunciare la propria irrazionalità, ma soprattutto un'irrevocabile marginalità – persino Bush Secondo, quando aveva nominato Og e Magog al cospetto di Chirac, era sembrato un matto. Gli stessi difensori più accaniti del sionismo non si curavano molto di Esodo e Deuteronomio; raramente davano l'impressione di averli almeno letti. Non era da quei vecchi rotoli che lo Stato Ebraico traeva la propria ragion d'essere: piuttosto dalle persecuzioni moderne, e in primis dalla Shoah. 

Quanto al kahanismo, era ancora considerato un movimento estremista. Ancora per dieci anni il partito fondato da Meir Kahane sarebbe rimasto incluso nella lista delle organizzazioni terroristiche del governo USA. Oggi viceversa i kahanisti stanno nel governo, Ben-Gvir qualche anno fa ha tolto il ritratto dello stragista assassino di Rabin dal tinello e ora è ministro della sicurezza nazionale: e come tale va a passeggio nella spianata delle moschee. Per dire quanto sia cambiato anche solo in pochi anni almeno il governo israeliano, e probabilmente la società che lo esprime. Una cosa che gli osservatori italiani, soprattutto quelli benevoli, sembrano non voler accettare – del resto che importanza può avere quanto a destra possa spostarsi il governo israeliano, se hai deciso a priori che tutto quello che Israele fa è giusto? Non importa che le immagini postate dagli effettivi dell'esercito accreditino la sensazione di una banda di fanatici prevaricatori: tanti anni fa hai imparato a dire che è l'esercito più morale del mondo e non puoi evidentemente cambiare idea in corsa. I soldati, peraltro, non fanno che ripetere che bisogna estirpare Amalek. Lo stesso Netanyahu lo ha dichiarato sin dal sette ottobre: e così all'improvviso ci siamo accorti che nella Bibbia un genocidio c'è, giustificato, documentato e più volte reclamato. 

Sì, è vero, l'avevamo sempre saputo. Ma per tanto tempo, davvero, non era sembrato così importante. Ogni popolo ha le sue leggende, chi è che se la prenderebbe oggi coi greci per come bruciarono Troia? Ecco, chi ti spiega che Amalek va sterminato, nel 2024, dovrebbe farci più o meno lo stesso effetto. E invece sembra tutto ok – cioè no, diciamo che una certa caduta verso l'irrazionale potrebbe essere giustificata dallo choc del sette ottobre, e prima ancora dal fatto che gli israeliani sono minacciati nella loro stessa esistenza più o meno dal... 1948, insomma da sempre, il che per carità non significa affermare che vivono come prigionieri nella stessa piccola terra che si sono conquistati con la violenza, perché sarebbe antisemita, e quindi... niente, ogni discorso su Israele finisce sempre su un terreno minato, anche quando provi a difenderlo non ti resta che tornare sui soliti punti sicuri da cui passano tutti.

La Bibbia è un testo straordinariamente stratificato, opera di mentalità diverse, che agivano in epoche diverse con priorità spesso contrastanti. Non tutto quello che contiene è leggenda, ma agli occhi di uno storico non è difficile riconoscere i personaggi totalmente leggendari, quelli che sono stati inventati per dimostrare uno o più assunti; tra questi, senz'altro Amalek e Giosuè. Non hanno nessuno spessore: fanno quello che è previsto che facciano, il primo attacca Israele e il secondo lo difende. L'autore non si cura nemmeno di definire perfido il primo e buono il secondo, perché in effetti non è in questione il Bene e il Male, qui. La questione è più ristretta: Dio ha scelto un popolo, chi lo attacca non merita di sopravvivere. 

Amalek appare di punto in bianco in Esodo 17,8 (Giosuè compare nel versetto successivo, come luogotenente di Mosè). "Allora Amalek venne a combattere contro Israele a Refidim". Non è chiaro da dove arrivi e nemmeno cosa sia. Potrebbe essere un popolo, come Israele, nominato col nome di un mitico capostipite: o anche semplicemente il capo di una banda di predoni. Non ci è dato saperlo: quel che importava all'autore del testo è dimostrare l'efficienza del Signore degli Eserciti, che porta gli israeliti alla vittoria – purché Mosè tenga le mani verso l'alto, rivolte a lui; e siccome col tempo si stanca, Aronne e Cur gliele sostengono. Solo così l'esercito guidato da Giosuè può trionfare. L'episodio rivela in questo la sua fonte sacerdotale: pregare è ancora più importante che combattere. Così all'improvviso com'è comparso, Amalek deve scomparire: non solo Giosuè stermina tutti gli amaleciti "a fil di spada", ma il Signore proclama a Mosè: "Scrivi questo per ricordo nel libro e mettilo negli orecchi di Giosuè: io cancellerò del tutto la memoria di Amalek sotto il cielo!" Avete capito bene, Dio dice a Mosè di scrivere su un libro il nome del tizio di cui vuole cancellare la memoria. È un paradosso che ha scervellato generazioni di esegeti, in un certo senso è il paradosso in cui stiamo vivendo: ricordare ciò che non dovrebbe essere più ripetuto, come se ricordare non fosse già un invito a ripeterlo. 

"Vi sarà guerra del Signore contro Amalek, di generazione in generazione!", proclama infine Mosè, il che smentisce quanto scritto poco sopra (Giosuè non li aveva sterminati tutti?) ma ci autorizza a pensare che Amalek, più che un popolo, sia chiunque si metta sulla strada del popolo di Dio. Altri amaleciti compaiono in effetti nei sequel della Torah, i libri dei profeti; siccome dovevano vivere tra Canaan ed Egitto (non troppo lontani da Gaza, insomma) vengono a un certo punto confusi con gli edomiti, che degli israeliti sono parenti in quanto discendenti di Esaù, il fratello a cui Giacobbe-Israele aveva sottratto sia la primogenitura sia la benedizione paterna. Compaiono comunque sempre in funzione di vittime predestinate, come le maglie rosse di Star Trek: l'episodio più interessante riguarda re Saul, personaggio enigmatico, l'Amleto degli ebrei. Il profeta Samuele l'ha unto re di Israele, ma poi se n'è pentito – ovvero, è il Signore che attraverso Samuele comincia a trapelare un distacco crescente. E anche stavolta si contraddice, questo Signore, prima prendendo le distanze dalla violenza con cui il re infierisce sui Filistei, e poi sdegnandosi perché non stermina completamente, come richiesto, gli Amaleciti. Evidentemente certi popoli devono sparire e altri no, ma Saul sembra destinato a capire sempre male. A terminare lo sterminio provvederà il nuovo prediletto dal Signore, re Davide, anche lui unto dal profeta Samuele e più ligio agli ordini divini. Con lui gli amaleciti spariscono definitivamente; eppure nel libro di Ester il perfido Aman è definito "agaghita", ossia discendente di Agag, il re amalecita sconfitto da Saul. Aman è una figura importante del folklore ebraico: il prototipo dell'antisemita, dileggiato pubblicamente ogni anno in occasione della festa di Purim. E torniamo sempre lì: sul libro c'è scritto che Amalek deve scomparire, ma c'è scritto fin quasi alle ultime pagine, evidentemente Amalek non scompare mai: e tuttora ossessiona i sostenitori di un progetto, il sionismo, che per tanto tempo ci è sembrato così laico. In tutto questo forse c'è qualcosa che potremmo imparare, ma cosa.

Forse che le profezie si avverano. Giosuè non è mai esistito, e non ha mai sterminato Amalek, popolo immaginario che non ha lasciato nulla se non il suo nome (tramandato da quelli che dovevano farlo sparire). Eppure migliaia di anni dopo, nella stessa regione, un popolo cerca di fare sparire un altro popolo, perché ha letto la storia di Giosuè e Amalek. Potrebbe essere il finale di questo pezzo, ma non mi convince. Anni fa era diventata una pratica abituale accusare i musulmani di oggi di voler mettere in pratica lo stragismo descritto dal Corano. Ultimamente se ne parla sempre meno; forse qualcuno si è davvero accorto che nella Bibbia ci sono anche più stragi, a cercarle. Ma insomma l'idea che i libri facciano commettere le stragi mi ha sempre lasciato perplesso. Per me è nato prima l'uovo: la gente scrive i libri per giustificare le stragi che commette. Poi certo, il serpente si mangia la coda: i libri restano in circolazione, vengono letti in contesti sempre diversi e chi vuole giustificare altre stragi, se ha pazienza, prima o poi trova il libro adatto. Specie se qualcuno lo ha lasciato sul tavolo, sepolto tra altri libri che dovevano fornire soluzioni più razionali.

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