>Ciao Ric,
>come vedi sono un po' in ritardo e un po' retorico, ma, con quello che sta succedendo, non credo che sarà più questione di copertine...
(ATTENZIONE: Questa è roba forte. Roba noglòbbal. Non sei noglòbbal? Ahi ahi ahi. Leggi la versione edulcorata).
Secondo me stavolta eravamo… no, stavolta non ci provo nemmeno. Fossi stato su quell’elicottero che ci passa sopra lentamente, lentamente, come per scansionarci uno alla volta, magari ora saprei la cifra giusta.
Ma sono solo uno dei tanti che stava lì in basso a marciare, e tutto quel che ho visto è tanta gente, tante serrande chiuse e alcune aperte, che nessuno ha danneggiato, tanta allegria e pochissima polizia.
E poi che bisogno c’è di dare i numeri, se oggi anche il Giornale dice più di centomila: e non in Piazza del Popolo, badate bene, ma intorno al Colosseo. Di solito il Giornale dimezza le cifre della questura: stavolta forse no, ma insomma, fate un po’ voi…
Quanti eravamo. Non si saprà mai di sicuro. E in realtà a chi vuoi che interessi: non alla tv, non alla Questura, non ai Partiti, non al Sindacato. Interessa solo a noialtri, che abbiamo iniziato a discuterne subito e abbiamo continuato sul treno, fino a notte fonda. Chi diceva Centomila, chi il doppio, chi la metà. Comunque più di loro. Molti, molti di più: il doppio o il triplo.
E d’accordo, non eravamo lì per quello: non era una gara a chi mostra più muscoli (li lasciamo a loro questi svaghi puerili), noi la marcia anti-WTO era da mesi che l’avevamo programmata, d’accordo, però… il triplo di loro: vuoi mettere la soddisfazione?
Loro avevano le corriere e i voli charter gratis, a spese dello St… ops, del Partito.
Noi avevamo lo sciopero dei treni, e abbiamo dovuto pure prenotare il biglietto.
Loro avevano il Governo, tre Partiti, ministri e parlamentari da sfoggiare, cinque-sei televisioni.
Noi non abbiamo niente, anzi no, abbiamo qualche avanzo di sinistra, e ci guardiamo bene da sfoggiarlo.
Non abbiamo neanche un nome! E piantatela, per favore, di chiamarci noglobbal! Non ci piace proprio!
Non si sa ancora chi siamo. E non lo sappiamo nemmeno noi. Ancora non riusciamo a contarci, né a darci un nome. Siamo la moltitudine pacifica che è scesa nelle strade di Genova il 21 luglio, in risposta alle brutalità delle forze dell’ordine: ci siamo visti ad Assisi e ora a Roma. Ogni volta che scendiamo nelle strade sorprendiamo tutti, anche noi stessi.
È pur vero che oltre a scendere in strada, finora, ci è riuscito ben poco. In ogni città abbiamo le nostre gatte da pelare coi locali Social Forum, nati sull’onda dello sdegno e dell’entusiasmo di quest’estate, e che ora si dibattono incerti: perché è più facile marciare che darsi un’organizzazione democratica, ovviamente. E poi nessuno ci aiuta. O forse siamo noi che non vogliamo farci aiutare.
Però, anche su questo ‘fronte interno’, la marcia di sabato porta chiarezza. Onestamente non ho nulla da rimproverare a chi ha preferito restare a casa, anzi: questa diversità di vedute alla fine ci ha rafforzato: non eravamo tanti solo a Roma, ma eravamo un bel po’ anche in tante altre città. Onore al merito a chi è si è mobilitato a livello locale: ma adesso ci aspettiamo, noi ‘marcisti’ a oltranza, più considerazione. Non siamo quei ragazzacci che pensate. Non abbiamo toccato una vetrina né un cassonetto. È chiaro adesso?
E ora che siamo tornati a casa, rimettiamoci a lavorare. Sarà un inverno duro: siamo pacifisti e siamo in guerra, ed è la guerra più dura da cinquant’anni a questa parte. Ma siamo in tanti, e ora lo sappiamo. E lavoriamo tutti i giorni: nei forum, nelle associazioni, nel locale e nel globale. Prima o poi sarà primavera, e forse sarà bellissima.
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