Histoire d'HLM
(il problema è sempre l'atterraggio)
Quando abitavo in Francia, in una città neanche grande, decisi un pomeriggio che ero stanco di lavarmi magliette e calzini a mano, e che sarei andato alla lavanderia a gettoni dall'altra parte dell'isolato. L'operazione comportava alcuni rischi.
Per arrivare alla lavanderia, infatti, avrei dovuto attraversare il campo di pallamano, che faceva da piazzale in mezzo a tre hascelèm, tre condomini popolari. Hascelem sembra arabo, ma è solo una sigla di purissimo francese: HLM, Habitation à loyer modéré. Anche gli abitanti di quelle hascelem sembrano arabi, e lo sono, per l'ottanta per cento. In Italia non esistono quartieri così. In Francia sì, esistono. Francia e Italia sono due nazioni più diverse di quanto non sembri.
Io non avevo mai avuto problemi, nel quartiere: la gente mi salutava, io li salutavo, tutto ok. In generale i francesi non sono tipi espansivi, ma neanch'io del resto. Però uscire nel bel mezzo del pomeriggio, attraversare il campo di pallamano con un cesto di biancheria sporca, poteva costituire un problema.
D'altro canto, non attraversare il campetto, continuare a lavarsi i calzini in casa, significava ammettere che c'era un problema, che le cose non stavano andando bene, che non mi sentivo bene in quel quartiere: e questo non mi andava giù, per niente giù. Così presi la roba, e via. Avrei potuto metterla in una valigia, fare un giro largo. Invece uscii col cesto, ecchissenefrega, questo è anche il mio quartiere. Mi fermarono a metacampo.
Erano in due, e piuttosto piccoli, ma non mi conoscevano (ahi), e c'erano anche due ragazzine (ahi ahi).
Non conoscendomi, non potevano sapere che lavoravo al Centro Sociale, che quindi in un qualche modo ero del quartiere, anche se in affitto. Per loro ero solo una persona con scarpe diverse, vestiti diversi, e una pelle un po' troppo chiara. Uno straniero. Questo, da solo, non bastava a cercar rogna. Ma c'erano le ragazzine, e questo li rendeva un po' nervosi. Eccitati. Senti, piccola, senti come ti sistemo lo straniero:
"Adesso sappiamo perché puzzi, dovevi ancora andare in lavanderia".
Se loro erano ragazzini incontrati in una fase a testosterone alto, io non è che fossi l'uomo saggio e tranquillo che tuttora non sono diventato. Ma il mio problema non erano loro. Che ci fossero loro, che mi dicessero queste parole, in fondo era scontato. In fondo ero davvero io il provocatore, col mio ridicolo cestone. Perché ero là? Cosa stavo facendo a mille chilometri da casa, in un quartiere del genere?
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Se parliamo di antisemitismo in Francia, l'antisemitismo in Francia c'è, ed è soprattutto di matrice islamica (non che sia venuto a mancare il vecchio antisemitismo di destra: ma è minoritario).
È un antisemitismo che cresce nelle hascelem coi muri di cartone e la parabola per captare le tv algerine, e che si esprime con quel po' di simbologia studiata a scuola: svastiche, nazismo, campi di sterminio, eccetera. Ed è un antisemitismo del tutto immaginario, perché la maggior parte di chi lo nutre non ha mai visto un ebreo coi suoi occhi, e non sarebbe in grado di distinguerlo (a dire il vero, chi sarebbe in grado di distinguerlo?)
Dicendo immaginario, non voglio dire che non possa fare male, e anche molto. E non solo agli ebrei. L'episodio di Parigi è indicativo: come diventa ebrea una signora parigina nel metro? Lo diventa essendo ben vestita e pettinata, e abitando al XVI arrondissement, un posto da ricchi, dove "sono tutti ebrei". L'ebreo è un ricco che vive nel ghetto dei ricchi, così come loro sono gli arabi che vivono nel ghetto degli arabi. Magari è biondo con gli occhi azzurri, come sono spesso i parigini bene.
Dicendo immaginario, aggiungo che molto spesso rischia di essere ingigantito. Così, malgrado le parole di sdegno del Presidente della République, ancora oggi gli inquirenti non sono in grado di determinare se l'incidente sia realmente avvenuto, o non sia la denuncia di una mitomane. Ma la mitomania contiene pur sempre un germe di verità: ed ecco infatti che in periferia si incontrano già aspiranti picchiatori, che dicono di aver partecipato all'aggressione. Così, per i noti fenomeni di emulazione, è facile pensare che, se stavolta il pestaggio è stato immaginario, domani sarà reale. Prendiamolo per buono, allora. Parliamone come se fosse successo, perché non è difficile immaginare che succederà. Per la gioia di tutti i Pierini che chiamano il lupo, da Oriana Fallaci fino al più piccolo blog rancoroso.
"Ebreo", nelle hascelem, è più un epiteto spregiativo che un vero nome di popolo. "Sale juif", "sporco ebreo", è una delle peggio parole che si possa dire al nemico del momento. Un altro epiteto che andava molto forte, per colmo di paradosso, è "raciste". I ragazzi delle hascelem odiano i razzisti. Cioè tutti quelli che non sono come loro (hanno la pelle più chiara), e che non essendo come loro li odiano e sono razzisti. È colpa loro se vivono nelle hascelem, da cui escono soltanto in branchi numerosi.
Questo antisemitismo hip-hop, è solo la punta di un iceberg. Parigi è una città violenta, e i parigini non lo imparano certo oggi, perché una signora del XVI è stata aggredita sul metrò. Non solo Parigi, del resto. In Francia la violenza giovanile è un problema grave, e tutto il mondo lo sa. Questo, a grandi linee, è il problema. Qualcuno ha delle proposte?
Si potrebbe, per esempio, stracciarsi un po' le vesti, attaccare gli arabi che sono razzisti, attaccare l'amministrazione francese che li lascia salire sul metrò, fare un po' d'ironia sulle politiche d'integrazione che sembrano non essere servite a niente, agitare lo spettro del: "domani toccherà a noi", "non dite che non ve l'abbiamo detto", e servire un bel piatto di retorica neocona. L'islam è antisemita, amen. E va bene. Ma poi? Il problema si risolve, così? Ma del resto non ci interessa risolvere problemi, ci interessa solo fare la nostra tirata antislamica quotidiana. Del resto, George W Bush ci ha già spiegato come si risolvono i problemi: si bombarda, si invade, poi ci si mette d'accordo tra i capitribù superstiti, e si fa una bella democrazia. E va bene, bombardiamo le hascelèm. Prima però val la pena di chiedersi: chi le ha costruite?
(Continua)
Post davvero molto interessante e, come dire, rivelatorio.
RispondiEliminahttp://allegrofurioso.blogspot.co.uk/2012/06/i-calzini-di-leonardo-e-gli-ebrei.html