Di solito quando si parla di direttori di quotidiani licenziati o in fase di licenziamento, c'è sempre chi invoca le leggi del Mercato. Io non ho niente in linea di massima contro i mercati e le loro leggi, ma stiamo parlando della stampa. Per di più italiana – è un po' come invocare le norme del codice stradale all'autoscontro della sagra di paese (l'ultima sera, qualche minuto prima dei fuochi). Certo, dopotutto sono mezzi di locomozione anche le macchinine. Però.
Prendi l'Unità, fondata da Antonio Gramsci nel 1924. Non seguiva le leggi del mercato, quando era un foglio sovversivo (finanziato dal Comintern). Non seguiva le leggi del mercato quando era l'organo del Pci (finanziato dal Comintern). Forse sottostava alle leggi del mercato quando regalava le videocassette, ma a voler fare i precisini quello sarebbe una violazione delle leggi del mercato (dumping? predatory pricing?) Anche oggi, diversi quotidiani italiani “stanno sul mercato” grazie alle sovvenzioni statali, o come voci in perdita di grandi aziende che fanno soldi in altri modi. Significa “stare sul mercato”? Certo, ci sono le eccezioni. Un'eccezione importante è costituita da un quotidiano fondato da un gruppo di giornalisti che se ne sono andati via dall'Unità quando è arrivata la De Gregorio.
Però, anche lì, guardiamoci bene. Quali sono le firme giornalistiche che valgono di più in Italia, quelle che venderebbero qualsiasi cosa? Una volta c'era “Enzo Biagi”. “Enzo Biagi” non era semplicemente un simpatico giornalista del Corriere, “Enzo Biagi” era un marchio di fabbrica in grado di vendere qualsiasi cosa: quotidiani, strisce tv, cartonati, perfino i fumetti. Poi c'era, per esempio, “Indro Montanelli”. Oggi ci sono ancora nomi così? Il primo che mi viene in mente, uno in grado di riempire una vetrina di libreria soltanto con la roba che ha firmato nell'ultimo paio d'anni, è “Marco Travaglio”. Siete d'accordo che “Marco Travaglio”, a prescindere dai contenuti, dalla qualità eccetera, è diventato un'industria, uno che oltre a libri e giornali potrebbe benissimo vendere magliette e mutande senza stupire più nessuno? Ecco. Travaglio se n'è andato dall'Unità quando arrivò la De Gregorio. Con Padellaro ha fondato il Fatto, che è andato benissimo, ma il punto è che nel frattempo l'Unità non ha perso copie. Se i dati che girano sono quelli giusti (se non sono quelli giusti mi scuso), nell'ultimo anno l'Unità della De Gregorio ha venduto più dell'ultimo anno pieno di gestione Padellaro-ftg-Travaglio. E nel frattempo – cosa da non sputarci su – anche la De Gregorio è diventata una firma, un personaggio televisivo. Per cui adesso, proprio secondo la famosa logica del mercato, potrebbe sembrare strano che Soru non la voglia confermare. Ma appunto: di che logica stiamo parlando?
Di logiche in realtà ce ne sono tante; altre le conosciamo (il PD non possiede l'Unità ma le garantisce parecchi abbonamenti, Soru non è più l'aspirante leader della sinistra che era due anni fa), altre no (di sicuro non le conosco io) e ce le racconteranno, forse, tra mesi, anni, a frittata fatta e digerita. Noi però vorremmo saper tutto di tutti, in tempo reale, e a soddisfare questa nostra necessità ci pensa Dagospia, il grande narratore onnisciente, che dopo tanti anni ha ancora qualche problema con la punteggiatura, ma in compenso è un vero mago del bozzetto, sentite qua:
Finché, pochi giorni fa, Soru entra in stanza della direttora. Lei chiede una cospicua (cospicua) liquidazione. L'editore ride, sottolineando che il suo contratto, è in scadenza. E poi le pone il seguente indovinello-trabocchetto: "I libri che adornano questa stanza, sono stati inviati a te in quanto Concita De Gregorio o in quanto direttore dell' "Unità"? No, perché nel secondo caso, vorrei donarli alla biblioteca di Sanluri" (città natale di Soru).
Sul serio, quanto è ben congegnata una scenetta così? In cinque righe l'avidità della radicalscic a caccia di cospicue (cospicue!) liquidazioni, la grettezza atavica del datore di lavoro, il richiamo della provincia profonda – addirittura si sono andati a scomodare su wikipedia per trovare il luogo di nascita di Soru! Uno dei motivi per cui in Italia non riusciamo a scrivere fiction decente è che chi la saprebbe fare invece lavora, per esempio, a Dagospia.
Rimane l'obiezione che chiunque, prima di propalare storielle così, sarebbe in grado di farsi. Chi è la gola profonda? Possibile che direttore e proprietario si mettano a parlare di liquidazioni e scadenze di contratto in mezzo ai dipendenti? Più probabile che abbiano chiuso le porte per discuterne a quattr'occhi, e quindi come facciamo a sapere la storia della biblioteca? Forse che (1) la De Gregorio racconta gli affaracci suoi a Dagospia? Mmmm. (2) Soru è un confidente di Dagospia? Mmmmmm. (3) Dagospia ha messo le cimici tra i libri del fondo De Gregorio? (a proposito, ma che sfacchinata sarebbe oggettivamente impaccarli tutti e traghettarli fino a Sanluri? Cioè, ne vale la spesa?) (4) C'è qualche talpa dagoscopica in redazione che sa leggere il labiale da dietro una porta vetri? Oppure (5) si stanno inventando tutto, come al solito? Ahi, ecco, mi sono tagliato col rasoio di Occam.
Però sono bravi. Inutile dir di no. Hanno capito da un pezzo quello che ancora non mi rassegno a capire, ovvero che la gente alla verità preferirà sempre una più succosa verosimiglianza. E a questo punto però vorrei fare un appello, che non c'entra nulla con l'argomento del pezzo: Dagospia, gliela troviamo una ragazza a Berlusconi? Perché ormai sono passati sei mesi dall'annuncio, a questo punto andrebbe bene perfino Iva Zanicchi, qualsiasi cosa meglio di questo silenzio distratto che si è fatto più che imbarazzante. Non è che ci dobbiamo credere per forza – non ci crederemo, questo è chiaro, ma qualsiasi miserabile finzione con un briciolo di verosimiglianza sarebbe meglio di quello che sta succedendo adesso – la crescente e condivisa consapevolezza del fatto che non ci sia una sola fanciulla o signora in Italia credibile nel ruolo. Cioè, gente disponibile a strusciarcisi addosso, sopra, sotto, dovunque, finché ne vuoi; ma una sola che riesca a dire “è il mio uomo” restando seria, senza farsi ridere in faccia – non c'è. Basterebbe questo a dirci quant'è in crisi il personaggio, cioè, grazie comunque Economist, ma ormai davvero non c'era bisogno di scomodarsi.
Se corteggi una ragazza spiegandogli che l'arcobaleno è un fenomeno dovuto alla rifrazione della luce, lei andrà con qualcuno che gli dice che è una strada per la luna con una pentola d'oro alla fine. Però le chiacchiere sono anche la misura della celebrità e credo che CDG si sentisse stretta nel ruolo di vestale, e poi con quattro figli, ambire ad uno stipendio più grasso mi sembra comprensibile.
RispondiEliminaLuca
Insomma Dagospia produce "miserabili finzioni con un briciolo di verosimiglianza" e per giunta sgrammaticate?
RispondiEliminaE' proprio vero che Dio odia i maestrini:
(ANSA) - ROMA, 22:13 'Dal primo luglio Concita De Gregorio lascia la direzione dell'Unita' a seguito di una decisione condivisa, assunta in autonomia e nel pieno rispetto reciproco riconoscendo l'importante lavoro svolto e i risultati raggiunti'. Lo annunciano in una nota congiunta l'editore del quotidiano, Renato Soru, e la stessa De Gregorio. "Entrambi le parti - si legge nella nota - hanno rispettato l'impegno inizialmente preso di dare a questo lavoro almeno tre anni di stabilita''.
Dagospia fa semplicemente il suo lavoro: diffonde rumours, a volte fondati a volte no (questa volta sì). Il resto, la donazione alla biblioteca di Sanluri etc, è colore: come l'orsacchiotto di Vespa tra le macerie dell'Aquila, o l'immancabile opionione che il cronista 'serio' raccoglie dal superinformato e sagace tassista sulla via da/per l'aereoporto.
tibi
Insomma a Dagospia leggono Prima Comunicazione, e poi ci inventano storielle che ci piace leggere.
RispondiEliminaMacché Prima Comunicazione, macché ADN Kronos (come dicono loro): hanno semplicemente sostituito "la [loro] principale fonte, Luigi Bisignani oggi agli arresti, coi due o tre fra le migliaia di aspiranti sottopancia che quotidianamente fanno “filtrare”, come si dice in gergo, quattro menzogne miste a un dettaglio reale che dia credibilità all'insieme nella speranza di ottenere – gli aspiranti servi – qualche credenziale che assicuri loro quel che non può dargli la credibilità e il talento che non hanno."
RispondiEliminaDirei che quanto a finzioni miserelle _senza_ un briciolo di verosimiglianza questa ne batte parecchie. Mica per acrimonia o pregiudizi verso qualcuno eh? Io Dagospia manco lo leggo, mi limito a constatare i fatti.
tibi
Il post in difesa della CDG non si può leggere.
RispondiEliminaA parte l'evidente conflitto di interessi. Fino a questo sull'Internet ho trovato solo opinioni negative sulla gestione De Gregorio, con altri dati tra l'altro rispetto a quelli che dici a proposito delle vendite. A proposito del Fatto pensavo che Padellaro fosse solo un prestanome di Travaglio o al massimo la sua segretaria. La maggior parte dei lettori del fatto lo sono per Travaglio il resto è solo contorno.
RispondiElimina"Cari amici, vi chiedo un po’ di pazienza. Non ho mai scritto una parola che fosse meno che sincera, quando non ho potuto farlo ho taciuto, per poco e per una buona ragione, mai per interesse. Da settimane circolavano indiscrezioni di stampa sul mio conto: non perché avessi un contratto in scadenza, come ho letto, ma perché il mio contratto �" a tempo indeterminato �" prevedeva un impegno minimo di tre anni, come ho scritto. Le indiscrezioni, manovrate e spesso malevole, si sono fatte più insistenti in una fase delicatissima che richiedeva silenzio. Qui è partito il fango. Lasciate ad altri i sollazzi delle destre e delle dagospie. Non ci importa. Dagospia non ha fatto che riprendere una di quelle notizie già pubblicate e vestirla, su commissione, di menzogne (le edizioni locali chiuse! I precari licenziati!) e di veleni sul mio conto (la cospicua buonuscita! Le assenze ingiustificate!). Miserie da mettere nel conto, inevitabili. Non ho ricevuto “un offerta che non potevo rifiutare”, sto pensando a come costruire un luogo dove possiamo continuare a parlarci. Presto scriverò l’editoriale di congedo e darò le risposte che chiedete. Datemi qualche giorno, tenete il vostro capo del filo io terrò il mio. Grazie c.
RispondiEliminaConcita de Gregorio
( 19-06-2011 )"
http://concita.blog.unita.it/la-verita-e-il-fango-1.305341
Ferkin, i dati ADS per il 2007 (ultimo anno pieno di gestione Padellaro) li trovi qui: http://www.primaonline.it/dati-e-cifre-stampa/?cat=61&parolachiave=2007&data&fonte&subcat=0&x=38&y=14. Sempre lì trovi i dati del 2010 (ultimo anno pieno di gestione De Gregorio).
RispondiEliminaSe hai dati diversi, li guardo volentieri; quanto alle opinioni, ne ho lette di molto sfumate (ad esempio su Ciwati, dove è intervenuto anche Soru, ecc.)
Quanto al conflitto d'interessi, se proprio vogliamo dire che c'è, è un conflittino di interessini (al massimo dovrebbe spingermi a parlar bene del direttore che entra, che non conosco).
scusa leonardo eh, ma tutto sto pippone per dirci cosa?
RispondiEliminache è ingiusto che la de gregorio sia stata segata perché il giornale tutto sommato non andava male? eddai, sembri l'avvocato di gianni riotta. un sacco di direttori vengono defenestrati ogni anno per ragioni molto meno nobili, e con tante copie vendute.
oppure vuoi dirci che dagospia sì c'ha azzeccato ma diamine così-non-si-fa-quanto-sono-rozzi? beh insomma si sa, dagospia non è certo un arbiter elegantiarum né un campione di raffinatezza analitica, da sempre. quindi?
la sensazione è che se la de gregorio non fosse stata il tuo direttore su 'sta vicenda saresti stato ancor più caustico di dagospia (e ancor meno comprensivo di quanto tu non lo sia stato con riotta).
Ma quello che volevo scrivere l'ho scritto nel pippone, non è che ci sia più di tanto da leggere tra le righe.
RispondiEliminaMi affascina Dagospia, il modo in cui prende le notizie da altri e ci costruisce fotoromanzi.
Se avessi voluto dire "è ingiusto", avrei scritto "è ingiusto".
Poi, abbi pazienza, ma nessun dottore te li ha prescritti i miei pipponi, non prendertela con me se li leggi fino alla fine aspettandoti cose che non ci trovi.
Quando si sveglia tibi vuol dire che hai toccato un intoccabile a livello di chiesa o di Israele. Oppure si è sentito chiamato in causa da "le migliaia di aspiranti sottopancia ecc.". Continua così.
RispondiEliminaNF
Senza offesa Leonardo, ma con tutto quello che succede in Italia e nel mondo forse il buon vecchio Vittorio Gassman avrebbe commentato il tuo post con una frase tipo "se permetti Dagospia e Concita me li attacco ar c..."
RispondiEliminahttp://www.mantellini.it/?p=13982
RispondiEliminaCarlo, se vuoi sollecitare una discussione sulla gestione De Gregorio, credo che questo non sia il luogo giusto. Cioè (forse non si è capito) il pezzo parla d'altro.
RispondiEliminaE i quotidiani sono tutti in crisi, e i pezzi a volte si pagano trenta euro lordi l'uno. Un prezzo che non fa il direttore, tra l'altro.
Le ragioni editoriali per sostituire la De Gregorio erano ottime e abbondanti. Peccato abbiano pesato più quelle politiche. Il risultato comunque è stato lo stesso. Dagospia romanza ottimamente informative e 'veline' delle nostre migliori 'barbe finte'.
RispondiEliminaSeh, vabbe', barbe finte che leggono le agenzie e leggono i labiali dalle porte a vetro. Ce lo meritiamo tutto dagospia.
RispondiEliminaoh, tanti svegliatisi male? O tutti estimatori di dagospia?
RispondiEliminaMi piacerebbe capire perchè molti trovino normale che vengano loro vendute delle balle.
Povera Wanna Marchi, ha pagato lei per tutti