I tassinari avevano rotto – già nel Mille e novecento ventotto:
Vi era acqua sporca nei rigagnoli e negli interstizi del selciato; una nebbia paludosa che proveniva dalla Campagna, un sudore di culture esauste corrompeva l’aria del mattino. Un quartetto d’autisti di piazza con gli occhi sprofondati nelle occhiaie scure lo circondò. Ne respinse ruvidamente uno che gli parlava insistentemente in faccia
— Quanto a Hôtel Quirinal?
— Cento lire.
Sei dollari. Scosse il capo e offrì trenta lire, che era il doppio della tariffa di allora, ma si strinsero nelle spalle e se ne andarono.
— Trentacinque lire e mance, — disse con fermezza.
— Cento lire.
Sbottò in inglese: — Per ottocento metri? Mi porterete per quaranta lire.
— Oh, no.
Era molto stanco. Aprì lo sportello di un taxi ed entrò.
— Hôtel Quirinal! – disse al conducente che restava ostinatamente fuori dallo sportello. – Smettila di far quella smorfia e portami al Quirinal.
— Ah, no.
Dick scese; accanto alla porta del Bombonieri qualcuno stava litigando con gli autisti, qualcuno che ora cercava di spiegare il loro atteggiamento a Dick. Di nuovo uno di loro gli si avvicinò insistendo e gesticolando e Dick lo respinse.
— Voglio andare all’Hôtel Quirinal.
— Dice che vuole cento lire, — spiegò l’interprete.
— Capisco. Gli darò cinquanta lire. Andiamo —. Questo all’autista insistente che si era avvicinato di nuovo. L’autista lo guardò e sputò con disprezzo.
L’ardente impazienza di tutta la serata invase Dick e si rivestì in un lampo di violenza, la risorsa onorata e tradizionale della sua terra; si fece avanti e colpì l’autista in faccia.
Gli saltarono tutti addosso minacciandolo, agitando le braccia, cercando, senza riuscirci, di afferrarlo: con la schiena contro il muro Dick picchiava alla rinfusa ridendo un poco, e per qualche minuto la lotta per burla, una faccenda di spintoni sventati e di colpi ovattati, attenti, oscillò su e giù davanti alla porta. Poi Dick inciampò e cadde; fu colpito, ma lottò per alzarsi lottando fra braccia che improvvisamente si aprirono. Udì una nuova voce e una nuova discussione, ma si appoggiò al muro ansante e furioso per la mancanza di dignità della sua posizione.
Vide che non vi era simpatia per lui, ma non riusciva a credere di avere torto.
Stavano andando al posto di polizia per sistemare la faccenda. Qualcuno gli raccolse il cappello e glielo porse, e sorretto leggermente per un braccio svoltò l’angolo con gli autisti ed entrò in una caserma squallida dove alcuni carabinieri stavano sotto un’unica luce fioca.
Al tavolo sedeva un capitano, al quale l’individuo ufficioso che aveva interrotto la zuffa parlò a lungo in italiano, indicando ogni tanto Dick e lasciandosi interrompere dagli autisti che lanciarono brevi esplosioni di invettive e di rinuncia. Il capitano incominciò a fare cenni impazienti col capo. Alzò la mano e il discorso dalle teste d’Idra terminò con qualche esclamazione di chiusura. Poi si rivolse a Dick.
— Spick italiano? – chiese.
— No.
— Spick français?
— Oui, — disse Dick, illuminandosi.
— Alors. Écoute. Va au Quirinal. Espèce d’endormi. Ècoutez: vous êtez saoûl. Payez ce que le chaffeur demande. Comprenez—vous?
Dick scosse il capo.
— Non, je ne veux pas.
— Come?
— Je payerai quarante lires. C’est bien assez.
Il capitano si alzò.
— Écoute, — gridò violentemente. – Vous êtes saoûl. Vous avez battu le caffeur. Comme ci, comme ça —. Percosse nervosamente l’aria con la mano destra. – C’est bien que je vous donne la liberté. Payez ce qu’il a dit: cento lire. Va au Quirinal.
Francis Scott Fitzgerald, Tenera è la notte; nella traduzione di Fernanda Pivano.
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e i carabinieri quand'è che li liberalizzano ?
RispondiEliminaSì, paghiamoli a cottimo: cento lire per ogni manganellata sul cranio a cragno!
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