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mercoledì 17 settembre 2008

Martiri della sintassi

La scuola che non c'è
(e la riforma che nemmeno)

Criticare la riforma del ministro Gelmini non è facile, per me, per due motivi.

Il primo è che non esiste. Tutto quel che esiste, per ora, è una necessità di risparmiare soldi, tanti soldi, per cui si prova a levare un pomeriggio qui, un maestro qua, un bidello lì, un anno là, senza neanche più preoccuparsi di fornire spiegazioni che sappiano vagamente di pedagogia, o di buon senso. Più che una riforma è un pignoramento. Faccio un esempio piccolo, uno fra tanti: dopo aver rispolverato a giugno le tre I, tra cui Internet, a settembre ci ha annunciato la scomparsa di Educazione Tecnica. La notizia non turberà chi come me in tre anni è mai riuscito a completare una sola assonometria cavaliera; resta il fatto che per molte classi l'ora di "Tecnologia" era l'unica occasione di toccare un computer da vicino. E la I di internet? Irreperibile. E i prof di tecnologia? Verranno immessi nella graduatoria dei prof di matematica. Avete capito bene. Passeranno in blocco davanti a laureati in matematica più giovani, col cervello più fresco, molti dei quali avranno un motivo in più per abbandonare la professione. Ma non avevamo i peggiori risultati europei in matematica? Sì, qualcosa del genere. E allora? E allora niente, il punto non è mica migliorare il livello dei nostri studenti; il punto è risparmiare tot-mila cattedre, e tanto peggio se la scuola pubblica si sfascia, tanto è la bad company: chi se lo potrà permettere manderà il figlio dai preti. Tanto più che è probabile che sforbiciando qua e là la Gelmini riesca anche a preservare qualche buono scuola per lorsignori. Amen, dopo tutto hanno vinto.

Il secondo motivo per cui almeno io fatico a criticare la Gelmini è che non ho, a differenza d'altri, un modello di scuola ideale, da contrapporre a questo sfacelo. Anzi, a volte mi capita di fissare lo sfacelo con occhi rapiti, perché anche in mezzo alle rovine c'è sempre da cogliere qualche opportunità. Insomma, sì, la scuola crolla, ma non è che fosse poi granché. Per molti – mi rendo conto – non è così.
Spesso si tratta di persone che a scuola non ci lavorano. Magari ci accompagnano i figli, sgommando via il prima possibile. La scuola che conoscono loro, per farla breve, è la scuola della loro infanzia e adolescenza. E quindi è la scuola più bella del mondo, esattamente come la mia compagna di banco dai capelli lunghi era la ragazza più bella del mondo, e nessuna foto scattata in seguito potrà convincermi del contrario. Di solito è gente che ha fatto il liceo. E guai se glielo tocchi, il liceo. Insomma, quelli che si ritagliano i fondi di Francesco Merlo. Ma voi ci arrivate mai, in fondo a quel che scrive Merlo?

La Gelmini ha proposto di ridurre il quinquennio di liceo a un quadriennio. Perché? C'è dietro una teoria educativa? No, dietro c'è solo Tremonti con la calcolatrice che scuote la testa ("Di più, Mariastella, tagliami di più"). In questo modo però finisce per scandalizzare Francesco Merlo, che dalle colonne di Repubblica di ieri prorompe in un severo monito: "Stia attenta la Gelmini a toccare il meglio dell'Italia e della sua memoria, la nostra eccellenza, il modello nazionale per il quale ancora, ogni tanto, ci distinguiamo nel mondo". Eh? Stiamo parlando della stessa cosa? Il liceo italiano? Il meglio dell'Italia? La nostra distinzione nel mondo?

A Merlo basterebbe dare un'occhiata all'archivio del suo giornale, per trovare qualche statistica che non piazza il diplomato italiano tra i migliori del mondo, anzi. Se abbiamo mai avuto un'eccellenza, in Italia, forse è stato nel campo delle elementari e delle scuole dell'infanzia. Il che ci dovrebbe far pensare: se i nostri figli frequentano scuole elementari tra le migliori del mondo, e otto anni dopo si diplomano con un bagaglio di competenze tra i più scarsi, dov'è l'intoppo? La scuola media avrà la sua parte di responsabilità: ma anche il liceo. Se in questi anni gli ordinamenti del liceo sono stati più volte stravolti, non è stato soltanto per la superbia dei ministri riformatori. La verità è che il liceo gentiliano non è credibile più da un pezzo; che per iscriversi a un classico che ti insegna il Greco per cinque anni e l'inglese per tre bisogna essere masochisti; che se non fossero arrivate le (brutte) riforme ministeriali, ci avrebbero pensato le scuole a rinnovarsi da sole, in autonomia; nella mia piccola città stava succedendo già negli anni Ottanta.

Mi rendo conto che questo sia duro da mandare giù per Merlo, come per Citati e per tutti quei tromboni che parlano di scuola senza averne vista una da decenni. Come reagiresti se ti dicessero che la tua giovinezza è stata una finzione? Che la tua pregiatissima scuola non valeva un granché, e nel mondo nessuno la considera un modello interessante? Impossibile. Se non fosse stata una buona scuola, oggi Citati o Merlo non riuscirebbero a scrivere gli eleganti editoriali che tutto il mondo invidia, autentici capolavori di stile. A dimostrazione di ciò accludo la frase che vince il Trofeo Sintassi Involuta 2008 (albo d'oro: 2002, Umberto Galimberti; 2004, Gianni Letta).

E poi, andiamo!, avvocato Gelmini: l'adulto italiano che ripensa al liceo non si ferma alle manifestazioni, alle occupazioni e al 6 politico, ma si abbandona al ricordo della scoperta dei libri, della capacità di resuscitare i morti, dell'universo pieno di miti e di simboli, di quei professori ai quali i maestri che lei umilia devono per esempio l'ironia e l'arguzia di vedere in lei non il nemico di classe, ma la linguaccia lunga di Santippe che, surrogando il linguaggio intelligente, importuna Socrate e infastidisce la decenza (anche se per la verità si sospetta che Socrate si sia convinto a bere la cicuta proprio per liberarsi dalle angherie di Santippe).

Ci sono errori, qui? Non proprio: però c'è tutto quel barocchismo sintattico che rende i nostri giornalisti e professori i più parolai, e i nostri libri e giornali i meno letti del mondo. Sul serio, cos'hanno fatto di male i lettori italiani, per ritrovarsi davanti periodi sintattici di 550 battute? Davvero dobbiamo tutti pagare perché un prof rincoglionito apprezzava le lunghe frasi contorte con cui il giovane Merlo riusciva ad arrivare in fondo al foglio protocollo? Il tutto per dire cosa, che la Gelmini non è il nemico di classe ma Santippe? Come dire Abbasso Marx, viva la versioncina di greco col filosofo e la moglie antipatica? Massì, non c'è niente come le lunghe ore pomeridiane trascorse a sfogliare dizionari per tradurre storielline: è così che si è formata la classe dirigente che il mondo c'invidia, che ha portato l'Italia ai vertici da cui il resto del mondo sbigottito la osserva. Pensate, se ci sfasciassero il liceo, Merlo potrebbe essere l'ultimo editorialista al mondo a scrivere cose come "Brunetta che sogna l'ipercinesi mercuriale del colore aragosta o del blu elettrico" o "abbiamo imparato ad usare la gobba di Leopardi contro quella di Andreotti" e tutte quelle scemenze che da anni piazza nella seconda metà del fondo, nella speranza che qualcuno arrivi fin lì.
Ma non ci arriva mai nessuno. Neanche il suo vecchio prof, probabilmente: lui leggeva le prime venti righe e passava oltre. Va bene Merlo, sei da otto, lo sappiamo.

76 commenti:

  1. Tra problemi di giornalismo e di scuola c'è un altro bell'intoppo intermedio e indipendente.

    Sicuramente nessuna scuola superiore è riuscita a istituzionalizzare un buon insegnamento della prosa. Ci sono singoli prof intelligenti, ma credo davvero pochi. E' una cosa che mi ha sempre dato sui nervi, considerando anche il ruolo che ha mantenuto il tema alla Maturità(a mio avviso stragiustissimamente declassato ad articoletto, con un minimo di parvenza di richiamo ad una struttura).

    L'abbiamo capito bene. Difendere la scuola pubblica per questa classe politica equivale a difendere l'informazione libera: una pazzia autolesionista.

    Ancora non riesco a capire l'eccellenza delle scuole elementari, a cui peraltro credo. Merito del modello dell'insegnante-seconda mamma?... Non so... Ma non me lo spiego: io punterei sulla I di intervallo all'aperto.

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  2. Consiglio un libro fatto di frasi brevi e chiare: "Meritocrazia" di Roger Abravanel. Sarebbe interessante il tuo parere sulla proposta che riguarda il sistema educativo:
    Un test nazionale standard

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  3. E cosa c***o sarebbe la 'ipercinesi mercuriale'? So che esiste l'ipercinesi intestinale -auguro a Brunetta che non sia quella ad affliggerlo- ma quella mercuriale proprio mi sfugge.
    Cos'è, una forma di frenesia che colpisce di mercoledì?

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  4. E' chiaro che il classico sia il liceo per chi già sa che non avrà alcun problema a trovare un posto di lavoro. O per chi è veramente molto, molto utopistico.

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  5. Leonardo non so come hai fatto a vincere quel premio, comunque complimenti. Posso chiederti perchè non riveli la tua identità? Ti piace l'anonimato...?

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  6. grandissimo post cerchiobottista, davvero. So di non avere molti titoli per discutere di questo argomento con lei che di sicuro ne sa tantissimo sull'argomento (è un professore, vero?), ma avrei un appunto da farle: Tremonti che detta alla Gelmini la riforma con tanto di calcolatrice in mano è un'immagine suggestiva, però c'è da dire che l'assioma meno fondi=meno qualità è tutto da dimostrare. Mi pare che il problema fondamentale sia proprio il fatto che la scuola gentiliana ha prodotto una quantità eccessiva di laureati in facoltà umanistiche, con tanti ragazzi convinti di poter diventare grandi scrittori o giornalisti, ma che hanno dovuto riciclarsi nell’insegnamento (ne parlo con ragion veduta avrei potuto essere uno di loro). Ora la situazione è quella che è, e mi sembra che il grande problema della scuola non sia tanto la mancanza di fondi quanto l’essere diventata un ammortizzatore sociale improprio. Non è colpa della Gelmini o di Tremonti se abbiamo troppi professori e pochi ingegneri, no?

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  7. Trovo un po' superficiale la seconda parte del tuo pezzo. "Francesco Merlo", così come ogni altra persona singola, non mi pare possa essere portato come argomento né in un senso né in un altro, qualche che sia la questione.

    E' facile anche derirdere: "le lunghe ore pomeridiane trascorse a sfogliare dizionari per tradurre storielline"; e perché non "a scarabocchiare numerelli" o "a mandare a memoria date"? Qualsiasi materia puoi banalizzarla o prenderla in giro in questo modo.

    La tendenza mondiale è quella di una scuola che crea consumatori, invece di formare persone con spirito critico. Se il computer a scuola serve per insegnarmi Microsoft Office, bah, per me può anche restare fuori. O Google: che poi mi sa che sono i ragazzi a insegnarlo ai prof. E' lo spirito critico che necessita di una solida formazione, e le materie umanistiche in questo riescono tipicamente meglio.

    Infine: la scuola superiore all'estero in genere fa ancora più pena. i paesi anglosassoni si salvano con un'università di primo livello, sennò l'ignoranza diffusa in cultura generale è paurosa.

    -- Davide

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  8. bene bene, leonardo incazzato con merlo per manifesto killeraggio ideologico nonché ignoranza sociologica. che dirti? benvenuto.

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  9. condivisibile quasi del tutto. solo due appunti:

    - al classico, per quanto mi risulta, gli anni di inglese sono in realta` ancora meno, cioe` i due del ginnasio (e il mondo ci ride dietro).

    - la riduzione degli anni di frequenza scolastica mi sembra un trend piu' ampio, a livello europeo. in germania, dove c'e` un federalismo assoluto per quel che riguarda scuola e universita`, dopo lunghi tentennamenti tutti i länder hanno accettato di introdurre la maturita` dopo 12 anni di scuola. in germania est era cosi` durante la ddr e cosi` e` rimasto, all'ovest i primi con una maturita` breve sono usciti quest'anno (a brema). io suggerirei pragmaticamente di aspettare e vedere cosa succede. anche se non posso ignorare che uno dei motivi principali per l'accorciamento e` la stessa, orrenda cultura d'azienda che ha spinto all'introduzione del 3+2 in tutta europa.

    per finire: io una proposta di riforma scolastica ce l'avrei: eliminare i temi dalla scuola italiana. pensa: i giornali migliorerebbero, intere foreste verrebbero risparmiate, e persino gli editorialisti del corriere non avrebbero bisogno di guardarsi le spalle dalla concorrenza delle nuove generazioni.

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  10. Non so, l'articolo era partito bene. Poi sei passato a darci dentro a questo Merlo e ho perso un po' di interesse. Pareva che tutto fosse costruito per arrivare lì: dirgliene quattro. Magari poi in fondo era quello il tuo intento.
    Però io che è anni che non entro in una scuola e ho i ricordi della mia (non poi così idilliaci) avrei voluto sapere di più. Sapere cosa è veramente la scuola oggi o cosa ci succede dentro da uno che la vive, e la racconta come fai te.
    Insomma il problema vero sarà pure la riforma mica il giornalista di Repubblica no?
    Lascia che dica quello che gli pare, dimmi cosa vedi tu e cosa filtra attraverso la tua esperienza: quello si che è interessante.

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  11. ... ma il punto è che non ci sono soldi.
    Se li avessimo sicuramente la Gelmini non farebbe certe scelte.
    Non ci sono punto e basta, e il servizio non può che essere scadente.

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  12. Bel Post. Penso prenda di mira Merlo come rappresentante di quell'atteggiamento un po'
    supponente e superficiale per il quale si idelizza a priori il modello educativo della propria giovinezza,
    senza nemmeno porsi il dubbio se questo modello risulti essere oramai un pò datato e anacronistico.
    Atteggiamento inoltre che fà scattare la protesta di Merlo solo quando viene toccato il suo beneamato liceo,
    come se questa fosse la colpa più grave delle riforme volute dalla Gelmini.

    Cmq lo ammetto: Merlo non lo sopporto granchè. E non tanto per il suo stile barocco, ma per la banalità delle opinioni
    espresse nei sui editoriali

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  13. benchè non abbia in amore la riforma (?) gelmini, devo dire che educazione tecnica è una materia inutile.

    e concordo sul problema graduatoria: avrebbero dovuto essere licenziati, e basta. materia inutile, gente inutile.

    oppure utilizzati per raddoppiare le ore di matematica e scienze. ecco, questo sì, seriamente, servirebbe a qualcosa.

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  14. Sul giornalismo italiano, per chi è almeno un po' di sinistra, la soluzione c'è: smettiamola di leggere un giornale di centro, cioè Repubblica, che da tempo ha smesso di essere un giornale alternativo (ma che dico, almeno un pochino distante) al sistema di potere (economico, ma anche politico) che c'è in Italia.

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  15. Scusa ma questo post mi sa tanto di bue che dà del cornuto all'asino: hai scritto cento epiù righe per dire che Merlo ti stà sulle scatole, non facevi prima a fargli una telefonata!! Eddai.

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  16. Io ho la fortuna di far parte di un Liceo che è appena diventato autonomo (prima era una sede staccata). Ho anche la fortuna di avere dei professori seri e ammirevoli. Comunque non sono sempre stato così fortunato...
    Mio papà insegna in una scuola superiore (istituto tecnico per geometri) che è a dir poco vergognosa.
    E' vero che spesso agli studenti manca la voglia di studiare, ma è altrettanto vero che l'insegnamento fa acqua da tutte le parti.

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  17. Cavoli, dire qualcosa di intelligente sull'argomento scuola/educazione e` davvero molto difficile.. a leggere sopra.. forse dovremmo tornare a scuola? Io lo farei il liceo questo giro.. mi piacerebbe studiare latino..

    d.

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  18. brullo, il problema e` che un insegnante di educazione tecnica ha una laurea in ingegneria, ma piu' spesso anche solo in architettura. immaginati quale sarebbe il livello di insegnamento della matematica, per non parlare di fisica e biologia.

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  19. So che non c'entra del tutto, ma... li avete mai visti i libri di informatica per le elementari?! A mio avviso sono scandalosi... io trovo inquietante che nella scuola pubblica si insegni Windows ed Office. A questo punto chiamiamola "Microsoft School"...

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  20. In ordine sparso, perché siete parecchi:

    - Sì, preferisco restare un po' anonimo. E' molto più comodo.

    - Non è che "non ci sono soldi". Senz'altro siamo in tempi di vacche magre, eppure i soldi per salvare alitalia ci sono. Per tenere aperte le scuole al pomeriggio, non ci sono più. C'è sempre qualcuno che decide dove mettere i soldi (e non è la Gelmini).

    - Neanch'io mi sento di difendere l'Educazione tecnica. Il punto è che l'abolizione della cattedra di tecnologia arriva dallo stesso ministro che tre mesi fa ribadiva che a scuola bisogna imparare la I di internet: a riprova del fatto che non c'è nessuna idea dietro ai tagli, c'è solo voglia di tagliare ovunque sia possibile. Personalmente non ho mai pensato che "internet" sia qualcosa che vada la pena di imparare a scuola (abbiamo tutti imparato senza), e credo che i computer a scuola vadano usati per assistere gli insegnanti, non come soggetto di un insegnamento. Ma è un discorso lungo.

    - Forse Francesco Merlo non rappresenta tutti gli ex studenti d'Italia: ugualmente la sua prosa mi sembrava un limpido esempio di quanto il liceo italiano possa risultare devastante. Purtroppo devo avvertirvi che l'attacco al giornalista isolato è una specie di cavallo di battaglia di questo sito. Se non vi piace questo tipo di cose, probabilmente non vi piace il sito.

    - A quello che mi ha dato del cerchiobottista rispondo che... cosa gli rispondo? Ha ragione.

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  21. ma non sarà che troppi soldi finiscano in progetti extrascuola inutili?
    comunque, leonardo, non si può negare che stare a contatto con più universi linguistici (anche morti come il greco antico e latino) aiuti a ragionare meglio sulla propria, di lingua... così da riuscire ad utilizzarla al meglio.. (discorso lungo, però, e magari anche opinabilissimo.)
    merlo comunque, è vero, esibisce una prosa merl-ettata che ti stende al tappeto. ma forse lo fa per ulteriormente dimostrare a se stesso e agli altri di essere Uno -che -Scrive - su Repubblica ( sai com'è... Robba 'e signori..)
    .
    @anonimo, se è per questo i pc scolastici che ho visto io (pc, appunto) girano tutti su windows. tutti!

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  22. Bello l'articolo, a parte verso la fine. Il problema della scuola è fondamentalmente uno: tutti ne parlano e nessuno la cambia seriamente. Allora si fanno spot e tagli. Manca il futuro, l'idea di come si vivrà, cosa si farà. Ma i geriatrici che ora governano non ci saranno più e quindi non gliene importa del futuro. Per i computer non mi preoccuperei troppo dello scuola-Windows. Sono talmente vecchi e obsoleti che ci vuole la manovella per farli girare!

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  23. Dal mio punto di vista l'attacco a Merlo è la parte più bella dell'intero post (che qui molti chiamano "articolo", non so bene perché).

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  24. @anonimo: si parla di tagli... basterebbe non comprare quelle migliaia di licenze di windows e office, bensì installare linux e gli opensource.. sai quanti soldi si riparmierebbero?!

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  25. @anonimo: giusto! qualche profo infatti si è incazzato malamente (c'è qualcosa su internet mi pare), e ha cercato di fare la fronda (direbbe merlo). poi l'open spource permette una tale libertà anche progettuale.. perfino ovvio specificarlo.
    mentre i siti che supportano lettori diversi da wmplayer non si possono sfruttare a scopo didattico. e ce ne sono parecchi. bah.

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  26. 1) la struttura della scuola media non mi sembrava così malaccio
    2) educazione tecnica non mi sembrava così malaccio (certo, ai miei tempi si studiavano cose completamente assurde, tipo la mezzadria e le lavorazioni del legno, però si apprendeva anche il disegno tecnico e un minimo di manualità/praticità)
    3) ma i prof di educ. tecnica non sono per lo più diplomati a un istituto per geometri? li mettiamo a insegnare scienze? :s
    4) i periodi lunghi sono una diretta conseguenza di chi ha abusato col latino
    5) la scuola italiana è impestata dell'approccio storico tipico dell'Idealismo: non si studia la filosofia, ma storia della filosofia
    6) la scuola è come il calcio: ognuno si sente in diritto di dire la sua (me compreso)

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  27. Leo c'è quell'anonimo Davide che ti ha risposto seriamente, non ti pare che un po' abbia ragione?

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  28. Mah quella delle discipline umanistiche che aiutano a formare lo spirito critico mi sembra la solita scusa. Non vedo perché lo studio delle materie scientifiche non dovrebbe portare allo stesso risultato.

    Il fatto è che ognuno difende più o meno l'educazione che ha ricevuto.

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  29. Su alcuni punti:

    -Di anni di inglese se ne possono fare anche 12 (io comunque ne ho fatti 5 al liceo classico), ma fino a quando non ci saranno insegnanti MADRE LINGUA che parlano solo inglese non ci può essere alcun progresso nell'insegnamento dell'inglese ai giovani italiani

    -è vero, greco o trigonometria sono materie indifferenti per la formazione di uno spirito critico; basta studiarle e trovare qualcuno che ti insegni ad apprezzarle.

    -la scuola è fondamentale in un paese normale. Un governo degno dovrebbe farne il suo impegno principale. Dovremmo votare solo chi mette la scuola come primo punto in programma.

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  30. non cè un singolo settore che non sarebbe da rivoltare per spingere di nuovo l'italia verso gli standard europei..iopmetterei mano da tutte le parti..ahhhhhhhhh

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  31. Io ho fatto il classico e poi una facoltà scientifica, e ho visto che la proprietà di linguaggio imparata al primo mi ha aiutato nella seconda più di quanto avrebbe fatto un anno in più di matematica. Inoltre mi spiace confermare questo stereotipo, ma una tendenza a sviluppare una visione del mondo più rigida studiando le materie scientifiche c'è. Non dovrebbe essere così ma di fatto c'è. Il guaio è che una formula tende a non ammettere repliche, mentre l'interpretazione di un testo è una cosa inerentemente aperta alla discussione. Poi immagino che dipenda da come insegni le due cose. Sono convinto che tutti dovremmo avere una solida educazione in entrambi i campi.

    L'argomento dell'utilità delle materie che si studiano è importante ma molto molto delicato: fa presto a diventare inutile anche la storia, la geografia, per molti forse addirittura la matematica! Questa visione ciecamente utilitaria della scuola non la condivido.

    ps - se gli altri europei parlano meglio inglese è perché non doppiano i telefilm.

    pps - ma magari esisterà anche l'equivalente di un francesco merlo in un giornale straniero?!

    ppps - poi non ho capito cosa vuol dire avercela contro i "licei"... vuol dire che ti piacciono come sono fatti gli istituti tecnici? non ho capito questo aspetto.

    - Davide

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  32. Non sono convinto che la scuola dell'obbligo serva a dare competenze. Certo deve dare delle nozioni minime (6 per 8 48, il medioevo segue la caduta dell'impero romano, il gatto è un quadrupede) perchè poi tutto il resto proceda più speditamente possibile. Ma il suo compito fondamentale è quello di lavorare l'individuo nel momento in cui è più malleabile adattandolo ad un determinato sistema - in particolare ad un modello sociale.

    La scuola di massa ha innanzitutto il compito di costringere venti o trenta persone a coesistere nella stessa stanza. Deve dare ordine e prevenire disordine attraverso un afflusso osmotico di regole di cui non si debba più dubitare. In pratica si fa in modo di eliminare dalla mente del soggetto istruito alcune possibilità - esattamente come quando gioco a scacchi scarto in automatico l'idea di muovere il pedone all'indietro. Di modo che se, faccio per dire, nel parcheggiare la sua macchina il mio vicino di casa dovesse ammaccare la mia, io quantomeno non lo ammazzi.

    Storicamente questa operazione - che, se vogliamo chiamare le cose col loro nome, consiste nella privazione di libertà in favore di un modello solo approssimativamente prestabilito - è sempre stata organizzata dallo stato; requisito fondamentale, dunque, era la compatibilità della socializzazione proposta a scuola con lo stato.

    In ogni caso, se si conviene che il punto è questo, una materia vale l'altra - anzi niente di meglio della ginnastica. Per le competenze vere e proprie - che rispondono ad altro tipo di esigenza (il sistema economico, l'organizzazione del mondo del lavoro, l'avanzamento del sapere...) e che sono sempre più iperspecializzate - ci sarà tempo dopo.

    Piuttosto il problema nasce proprio in tempi recenti; l'ingerenza dello stato nella vita del cittadino viene vista sempre più spesso come una violenza, un arbitrio; intanto altri poteri iniziano a sostituirsi a quelli tradizionali; ed in un contesto deregolato può accadere di tutto.

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  33. Tutto questo per dire che la scuola non serve a incentivare lo spirito critico, ma - se non proprio a distruggerlo - quantomeno a limitarne il raggio d'azione.

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  34. secondo me la scuola, in italia e altrove, segue la tendenza del resto.
    perché la scuola dovrebbe funzionare meglio del resto della pubblica amministrazione, dei trasporti, della sanità?
    o magari è il contrario: tutto funziona male perché funziona male la scuola.
    secondo me le riforme si fanno a partire dalle persone (dalla realtà): è inutile immaginare tutti gli insegnanti testardamente tesi all'insegnamento controvento rispetto all'amministrazione di turno e gli studenti tutti protesi a imparare...
    la realtà è che su milioni di studenti la gran parte, se non costretti o convinti; non vogliono fare un c... niente; i professori? son come noialtri poveri cristi: ci hanno le crisi esistenziali, le rate del mutuo, gli acciacchi. c'è chi si spacca il c... lavora tanto e chi aspetta che arrivi l'ora per andare a casa. esattamente come qui in ufficio. frustrazione, resistenza al cambiamento, crisi della mezza età... insomma sarà anche una missione, ma per molti è solo un lavoro! bisognerebbe tenerne conto. e alcuni (molti?) si accorgono pure d'aver sbagliato, ma che fanno? continuano nella routine aspettando la pensione, come qui in ufficio.
    gli studenti... in un altro momento potrei (e dico) tutto il male possibile, ma potrebbero davvero essere migliori della media degli insegnati, bidelli e presidi? nessuno studente farà mai niente senza il giusto mix di convinzione-coercizione. non è vero che so' maturi, non è vero che so' creativi. internet a scuola? fico: chattare per ore, una valida alternativa a qualunque altra cosa.
    naturalmente parlo della mia esperienza come esperto di terza area in una scuola professionale di stato nella periferia di roma (da una decina d'anni)...

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  35. Ma ve le ricordate le manifestazioni oceaniche contro la Falcucci(1985), le uova lanciate contro Galloni... che bei tempi! Si' in effetti delle superiori ho bellissimi ricordi (hei non esistono solo i licei! Onore agli ITIS!).

    karlo

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  36. A proposito della scuola, (ma appena finito sarò la volta della giustizia) io la penso male. Penso male perchè lo stato ha bisogno di tagliare costi. Allora andiamo a vedere dove sono le roccaforti di chi ancora ha il coraggio di votare a sinistra (che ormai sinistra non è più) perchè tanto tagliando li c'è anche la possibilità di non perdere elettori di centro destra e magari populisticamente di recuperarne pure ancora qualcuno. Ebbena la scuola e la giustizia sono delle roccaforti rosse e sulla scuola si discute e sulla giustizia presto si discuterà con buona pace di tutti. Perchè non p il voto, non p il grembiule ma il taglio del personale il nocciolo del provvedimento.

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  37. Ciao Leonardo.
    Vedi, sono stato un insegnante - non dirlo in giro, non me ne vanto - e credo che la cosa più brutta che possa fare la Gelmini per la Scuola Italiana è parlare.
    Esistere anche, ma sarei stato cattivo nell'evidenziarlo.
    Non lo farò.
    Fortunatamente abbiamo un genio politico come Mara Carfagna a far da contrappeso.
    Leonardo, mi piace la tua capacità di critica, analisi.
    Vorrei che l'opposizione imparasse e non gridasse al fascista di fronte ad una divisa (che non condivido) ma che smascherasse, come facciamo noi, la bassezza di questi atti.
    Dario
    ITALY ITALIA
    Satira e Analisi Politica.

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  38. Modeste proposte:
    - Fondamentalmente: dosi massicce di educazione permanente agli adulti di cui i giovani sono l'espressione più ingenuamente immediata
    - riqualificazione radicale degli istituti tecnici e professionali e dell'educazione "tecnica" in genere
    - diffusione capillare dell'idea che "cultura", "insegnamento/apprendimento" e "sviluppo" non sono limitate nè all'età nè al luogo scolastico
    - assoluto azzeramento di paroloni da management (per giunta maldigerito)
    - uso sapiente di leve incentivanti non economiche quali dignità di ruolo, apprezzamento dell'inventiva, fino a gare sportive
    - corsi (con pochissima enfasi e molto arrosto) in cui si insegni ad insegnare
    - scuole aperte (arriverei fino a pensare a volontariato impegnato in tal senso) da mane a sera, per incontri, corsi, allenamenti sportivi, mostre, teatro, cinema e chi più ne ha più ne metta
    - ampissima connessione delle scuole non tanto e non solo al mondo del lavoro, ma fra di loro e con tutte le realtà dove c'è passione per l'arricchimento culturale
    - contatto continuo e coordinamento con istituzioni locali

    Non sono un professore.
    Non ho alcun ricordo gradevole del mio liceo.
    A parte trovate folkloristiche non mi sembra che nei licei ancora precedenti al mio ci fosse molto di diverso.

    Ciao

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  39. "Massì, non c'è niente come le lunghe ore pomeridiane trascorse a sfogliare dizionari per tradurre storielline: è così che si è formata la classe dirigente che il mondo c'invidia, che ha portato l'Italia ai vertici da cui il resto del mondo sbigottito la osserva..."

    Invece queste righe da sole valgono il premio che ti sei beccato alla Blogfest :-)
    Detto senza piaggeria, ovviamente, da uno che di storielline al classico ne ha tradotte parecchie, senza diventare nemmeno classe dirigente, cacchio!

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  40. Caro Leonardo, il problema delle frasi lunghe e' che bisogna saperle scrivere. Incredibile, non e' vero, come una frase come quella da te citata, pur cosi' complessa, sia di cosi' scorrevole lettura? (a meno di non ridurre la grammatica italiana a un dialetto di quella inglese)

    Per quanto riguarda Greco, Latino, storia, filosofia e tutte le altre materie "inutili", esse sono fondamentali per la formazione dell'individuo. Avere uno spirito critico vuol dire essere in grado ricevere, decodificare e rielaborare i messaggi che ci arrivano dall'esterno e che altrimenti subiremmo senza difese. Vuol dire dare un pochino piu' filo da torcere ai pubblicitari della nostra vita, che ci vendono le loro idee, non ce le spiegano.

    Ma credo che tu queste cose le sappia gia'. Forse e' inutile ripetere che la scuola attuale di problemi ne ha tanti, ma di certo non sono il Greco come non sono le sue "storielline".

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  41. Guarda, mi mancherà anche lo spirito critico, ma so riconoscere una frase "di scorrevole lettura" quando la vedo; e quella frase non scorre per niente. E' lunga, brutta, goffa.

    Questa idea per cui con il Greco ti formi lo spirito critico e con la trigonometria no, i francesi la chiamerebbero idée reçue. Traduco: è un'idea che tu hai ricevuto (probabilmente da un insegnante di Greco che doveva giustificare il suo mestiere) e che evidentemente non hai sottoposto al tuo spirito critico.

    Il problema di Merlo e compagnia è proprio questo: non hanno mai messo in discussione la loro istruzione superiore; sono certi di avere studiato nella migliore delle scuole possibili. Quando basta incrociare un po' di statistiche per verificare che non è vero.

    Il che dimostra, mi sembra, che non basta essersi riempiti i pomeriggi con nozioni di lingue morte e altre discipline umanistiche per sviluppare un senso critico.

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  42. Credo che la "provocazione" di Leonardo non riguardi tanto il grego o il latino, quanto lo stile parolaio ed elitario particolarmente presente nella cultura italiana in genere e nella scuola. A mio modesto giudizio (non lavoro nella scuola, non ho una gran cultura, non ho alcun titolo, etc.) queste caratteristiche sono all'origine anche (ad es.) di una quasi totale mancanza di interdisciplinarietà nell'insegnamento, dove ogni ora di lezione è un compartimento stagno, con i suoi riti e dose di indifferenza per il resto del mondo. Possibile studiare il greco senza agganciarlo solidamente alla filosofia o alla nascita del pensiero scientifico e relativi problemi? Sappiamo bene che molto spesso "questo non è nel programma" e gli stessi insegnanti non hanno ricevuto un approccio di questo tipo. Valutare le materie di studio sulla base della loro "utilità" credo sia, come dire, rischioso: l'utilità immediata rischia di bloccare la ricerca e la critica. E' utile la "Divina Commedia"? A mio figlio è stata "utile", anche se, probabilmente, non si occuperà di letteratura a livello professionale. Era "utile" imbarcarsi sul Beagle ed andare a farsi un giro alle Galapagos?
    Un grosso problema che vedo io è che nei licei vanno (generalmente) e vanno avanti i ragazzi che provengono da situazioni familiari già privilegiate, economicamente e/o culturalmente, dove si leggono libri, si parla con ampio vocabolario, si discute di argomenti variegati, etc. Chi "non ha voglia di studiare" va in altri tipi di scuole superiori, dove si continua (tendenzialmente) a non studiare. Sono ragazzi che provengono da situazioni sociali e familiari più "povere". La qualità delle scuole, dei compagni di scuola (molto importante), dell'esito finale, etc. vengono determinate in gran parte fuori della scuola. Non credo sia un caso se nel sud italia (io sono meridionale) si registrano nei vari test per liceali, punteggi ancora più bassi che nel centro-nord: nel sud italia si legge meno ancora che nel centro-nord, ci sono meno biblioteche, meno consumi culturali, etc. Una buona parte dei problemi della scuola credo debbano essere affrontati fuori e/o prima della scuola, come ho più o meno detto nel mio precedente commento. Questo non vuol dire che la scuola non abbia sue "colpe".
    Spero di essere riuscito a spiegarmi, seppure in maniera frettolosa.
    Su questi argomenti ho scritto qualcosa che, se interessati, potete leggere qui: http://gruppo_lettura.blog.tiscali.it//Prolegomeni_a_non__so_bene_cosa____lungo_per___1625912.shtml
    e qui http://gruppo_lettura.blog.tiscali.it//Piaceri_non_utilitaristici_1928347.shtml

    Li segnalo solo perchè credo di riuscire a spiegarmi un po' meglio.
    Ciao a tutti.

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  43. @Leonardo
    Forse mi sono espresso male, io volevo sottolineare che uno dei motivi per cui si studiano certe materie e' per creare uno spirito critico nei ragazzi. Non mi sognerei mai di dire che *tu* non hai spirito critico!

    Quello che mi lascia perplesso e' il tuo apparente scagliarti contro un certo tipo di educazione. Non voglio difendere a spada tratta il Greco (che non ho studiato) o il Liceo (che, si', ho frequentato, quello scientifico) ma semplicemente evidenziarne i lati positivi.

    La scuola italiana e' vecchia. I programmi fermi al '68 o anche prima. Le proposte di riforma oscillano fra tentativi di distruzione e altri di restaurazione. Lo so e ti do' pienamente ragione. Ma allora che facciamo? Gettiamo tutto dalla finestra?

    Volenti o nolenti, fino ad oggi si e' insegnato cosi'. Perche'? E' stato tutto un colossale errore o, nei suoi limiti, qualcosa di buono questo approccio ce l'ha?

    Ecco, a me sembra che se non ripartiamo da qui si rischia di gettare al vento un'esperienza importante della nostra scuola, che non ha generato solo i Merlo (lo ammetto, l'ho sempre trovato molto noioso!).

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  44. "Aumentare le ore di matematica e scienze" sta diventando una nuova parola d'ordine, ma cosa vuol dire? Ho fatto il classico, e pur essendo stata precaria per quindici anni lo rifarei, perché nessun'altra scuola mi interessava. Non faccio l'insegnante, perché è un lavoro che non mi piace, anche se ho dovuto accontentarmi anch'io di un mestiere lontano dai miei più veri interessi. Il precariato l'ho scontato perché ero povera e non ero figlia di nessuno che già lavorasse nei rami che davvero mi piacevano, oltre che per errori personali, che non avrebbero avuto gran peso se avessi avuto dietro la famiglia giusta. E' la solita storia dell'inesistente mobilità sociale italiana. Più ingegneri non migliorerebbero la situazione: finirebbero con l'essere pagati meno anche gli ingegneri. I soldi ci sono per quello che si sceglie di farne, che in Italia non è mai stata la cultura o l'innovazione. Anche scientifica e anche scolastica. Ho passato le mie ore liceali di fisica con una insegnante capace di spiegare perfino il pendolo esclusivamente con formule scritte su una lavagna. Dico: quanto ci si mette a improvvisare due pendoli con fili di diversa lunghezza davanti a una classe? O a farli costruire agli alunni? O a fare qualcosa di molto più intelligente che non viene in mente alla mia testa del tutto a-matematica e a-didatta? Eppure nella mia scuola gentilianissima c'erano laboratori ricchissimi di strumenti scientifici declassati a magazzini pieni di polvere, dove nessuno poteva entrare, in parte risalenti proprio all'epoca della vituperata riforma Gentile. Il liceo d'élite non scherzava, anche sulle scienze strumenti ne dava.
    E sono ore come quelle che ho passato io a non imparare il pendolo quelle che dovremmo incrementare per vederci spalancare magnifiche sorti e progressive? O quelle dedicate a diventare macchinette velocissime con Office? Ma per carità! Forse se interrogassimo un po' di più la storia e invece di ripetere l'ultimo mantra alla moda pensassimo, gentilianamente, con la nostra testa, troveremmo analisi e azioni un po' meno stereotipate e più utili alle questioni del vivere d'oggi. Anche per le scienze.
    La dama del lago

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  45. Dama, il pendolino con lo spago dovrebbero farlo alle medie: alle superiori non si può più prescindere dai calcoli sulla lavagna.

    "Forse se interrogassimo un po' di più la storia..." un po' di più di così? Non facciamo altro che rivoltare la storia, da tutte le parti, in continuazione. Una mentalità un po' più scientifica non ci farebbe male.

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  46. Ottimo. Allora all'università non si fa più un esperimento perché tutto passa solo dalla lavagna? Ed idem nei laboratori di ricerca?
    A questo punto rimandiamo Galileo all'asilo e chiudiamo il CERN che è un carrozzone burocratico e ci fa rischiare il finimondo...
    Non sono una didatta, l'ho già detto: ma sono certa che esiste una maniera migliore del gessetto per insegnare le scienze!

    Tu interroghi certo la storia, ma non sei l'unico che scrive qui.
    Lancerei la seguente ipotesi: la scuola gentiliana essendo scuola di élite non trascurava le scienze in sé, ma riteneva che la classe dirigente che doveva formare non dovesse essere una classe dalle sole o prevalenti competenze tecniche. I suoi membri avrebbero diretto i tecnici: dovevano poter capire quello che i tecnici dicevano, non necessariamente essere in grado di rifarlo. Saperli usare, non sostituirli. Essere a loro agio in quel sostrato umanistico e culturale comune alle altre classi dirigenti europee, anche in Germania, anche in Inghilterra - paesi scientificamente e tecnicamente più che all'avanguardia, all'epoca - che si basava su una salda educazione umanistica e classicista. Nonché sulla coscienza e consapevolezza della storia e dei meccanismi del dominio e sulle teorie del pensiero che li sostenevano.
    Non sono un'esperta di storia della scuola, ma a mio parere la scuola gentiliana questo lo ha fatto egregiamente, rivolgendosi esattamente ai suoi destinatari, figli e membri dell'élite.
    Oggi non credo sia con la "volgarizzazione dei contenuti" di cui parlava mi pare Starnone o semplicemente con qualche ora in più di matematica "alla lavagna" che si esce dall'impasse. Matematica per fare che? Per sapere usare prodotti più complessi o per sapere inventare qualcosa di nuovo, usando il proprio cervello? Ma veramente in Italia il problema è che non ci sono abbastanza saperi tecnici in giro? Dove avrebbero le opportunità di sapere usare queste competenze? A che condizioni? Per quale sviluppo? A me sembra che oggi il 90% dei laureati, scienziati o umanisti, sia sottoutilizzato. E la classe dirigente si forma a scuole che non sono quelle della competenza, ma del clan. Lo stato viene sempre più smantellato e anche lì non c'è più motivo di formarne dirigenti competenti.
    La scuola di massa, forse, non deve dare coscienza di sé, capacità di scelta, spirito critico, ma insegnarti a usare il videoregistratore per non perdere l'ultima puntata della pubblicità in mezzo al reality. Da questo punto di vista, forse, offrire più numeri e meno letture potrebbe far correre meno rischi?
    La dama del lago

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  47. @Jacopo: totalmente d'accordo con le tue proposte metodologiche.
    Ldl

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  48. C'è molta confusione in alcuni degli ultimi interventi; a sentire qualcuno sembra come se l'esperimento possa essere un'alternativa all'equazione.

    Chiaramente non c'è niente di più sbagliato, anzi il senso di un esperimento (di fisica o di chimica) che può essere fatto a scuola è, nel 99% dei casi, proprio la verifica di un'equazione ottenuta per via teorica. Questo di suo dovrebbe far riflettere sul fatto che condurre un esperimento senza avere un modello teorico di base è praticamente impossibile; mentre è perfettamente sensato sviluppare una teoria senza una verifica sperimentale diretta - cosa peraltro auspicabile in presenza di un uditorio non smaliziato, che potrebbe fraintendere il senso delle approssimazioni numeriche ed in ultima analisi dei limiti della scienza stessa.

    Gli esperimenti del tipo vediamo che succede, se ben congegnati, possono certo essere significativi, anche illuminanti; ma fare un programma scolastico di fisica o di chimica mostrando ai ragazzi una sequenza di risultati strani o controintuitivi equivarrebbe - questo sì! - a ridurre la scienza a magia o esotirismo. I tempi del solo qualitativo sono morti e sepolti, ed insegnare la scienza attuale in modo non matematizzato sarebbe un completo tradimento del suo spirito, se non proprio pseudoscienza.

    Peraltro, limitando il discorso alla fisica, l'equazione giammai va pensata come una complicazione; al contrario è l'essenza stessa della fisica, da Galileo ad oggi; senza voler fare polemica, a chi non avesse chiaro questo punto consiglierei di evitare del tutto di parlare di fisica.

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  49. Non mi sembra proprio che nessuno si sia mai sognato di non voler parlare di equazioni, ma solo di mettere in discussione come se ne parla e quale utilità se ne trae. Da questo punto di vista - e non solo - credo che chiunque abbia diritto di parlare di qualsiasi cosa. Atteggiamenti come quello suggerito non fanno che rinforzare proprio la dimensione esoterica con cui vengono presentate quelle scienze che tutti sostengono sia necessario conoscere più a fondo.
    La dama del lago

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  50. Suona strano sentire che qualcuno, per conoscere la fisica, si aspetti innanzitutto di vedere e toccare. Ma quello che proprio non capisco è come si possa affermare che le equazioni finiscano per offuscare i concetti. (In effetti, viene da pensare che non si conosca ciò di cui si sta parlando.)
    Inoltre, l’idea che le leggi fisiche semplicemente descrivano in maniera compatta ciò che accade nella realtà mi sembra riduttiva fino a essere sbagliata.

    Pensando all’azione didattica, credo che uno studente debba essere aiutato a capire il significato delle grandezze fisiche che incontra studiando, e di ciò che in un’equazione è scritto.
    E come si arriva a capire? Di certo non basta copiare un’equazione dalla lavagna, né eseguire meccanicamente delle misure; bisogna porsi delle domande e cercare le risposte.
    Un insegnante dovrebbe stimolare (costringere, quasi) a porsi problemi. Lo può fare con vari metodi, che poi sono quelli tradizionali: chiedendo di spiegare un concetto, di risolvere un esercizio, proponendo un’esperienza di laboratorio.
    Ma lo sforzo mirato a spingere qualcuno verso la comprensione non può esaurirsi nell’armarsi di una lista di metodi e strumenti, tradizionali o all’avanguardia che siano.

    Comunque, parlare troppo della formazione e della professionalità che un insegnante dovrebbe avere mi sembra fuori luogo se si considera il fatto che in un liceo scientifico (indirizzo ordinario o bilingue) il numero delle ore di matematica e di quelle di fisica è inferiore al numero di ore di latino. Che si potrà fare di miracoloso con così poco tempo a disposizione?
    Questa mi sembra un’eredità della scuola di Gentile assurda da mantenere. Risolverei il problema eliminando lo studio del latino al liceo scientifico, lasciandolo, al più, in un indirizzo specifico.

    Rossella

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  51. @dama

    Per evitare gli equivoci facciamo un discorso concreto, partendo proprio dal tuo primo esempio.

    Tu suggerivi di mettere in mano ai ragazzi due fili di lunghezze diverse, con cui realizzare due pendoli. Il punto - immagino - sia quello di mostrare come a lunghezze maggiori corrispondano in qualche modo (perchè non è stata fatta alcuna misura, anzi non sono state neppure introdotte le idee di misura e di osservabile!) oscillazioni più lente.
    Ma già trarre questa conclusione è arbitrario: chi mi dice che se prendo un filo ancora maggiore avrò un'oscillazione ancora più lenta? o che se sospendo un cubo invece che una palla il discorso non si inverta del tutto?
    E dunque a cosa porterebbe questo approccio? O a passare la propria vita a catalogare pendoli per lunghezza e sospensione; o a dire al ragazzo: fidati, se ripetiamo l'esperimento cambiando questo o quest'altro le cose continueranno ad andare secondo la tendenza precedentemente osservata.

    Se questa fosse davvero la tua idea di scientifico o di didatticamente utile personalmente ne sarei a dir poco sconcertato; ma al di là delle opinioni, il punto cruiciale è che insegnare le cose in questo modo non sarebbe fare fisica, perchè molto semplicemente la fisica non è questo.

    Galileo, padre della fisica, parla addirittura di natura scritta in caratteri matematici.
    I Principia di Newton hanno già una struttura completamente deduttiva e matematizzata; nessuna legge fondamentale viene dedotta dagli esperimenti, ma calata dall'alto come un assimoma.
    E da allora in poi è sempre stato così.

    Non c'è niente di esoterico nelle equazioni - nè nella lavagna o nel gesso. Non so chi o cosa ti abbia portato a maturare questa idea, ma è sbagliata. L'equazione non è un modo di cucinare una minestra, ma la minestra stessa.

    Quindi o dici che vuoi eliminare la fisica dal liceo, oppure lascia che venga insegnata così com'è - ossia con le equazioni.

    RispondiElimina
  52. gli anglosassoni sono molto piu' pragmatici degli italiani, altro che greco e latino.

    Il fatto che le classi dirigenti vengano formate per dirigere i tecnici anche senza la necessita' di sapere quello che i tecnici stanno facendo e come lo stanno facendo e' la cosa italiana che ha incoraggiato la formazione di un sostrato di management sostanzialmente incompetente (ingegneri a dirigere programmatori, ad esempio) e che e' concausa del declino dell'Italia.

    Non voglio fare la solita litania dicendo che all'estero non funziona cosi' e i manager ne capiscono perlomeno qualcosa di quello che fanno i sottoposti, ma sul serio, fuori di preterizione, all'estero funziona cosi'. E io lavoro all'estero.

    Quello che dice Leonardo e' sostanzialmente giusto, e' chiaro che dopo 5 anni di classico (che anch'io ho fatto) risulta difficile riconoscere che forse tante cose sono state inutili, che forse l'etimologia di una parola non e' che sia cosi' importante e a dire il vero io l'ottativo, dopo 8 anni, neanche mi ricordo come si coniuga.

    Io direi che molti di questi discorsi, ad esempio quelli di Citati e del resto della combriccola dell'ospizio dei classicisti, vengono fatti senza cognizione di causa. Esistono della statistiche che mostrano quello che ha detto Leonardo, cioe' che la nostra scuola secondaria forma figure poco competenti e incapaci di affrontare l'universita'.

    E poi non e' vero che quando si fa analisi si riparte da zero, si parte spiegando la retta dei numeri, ma piu' avanti mica si ricomincia a spiegare la trigonometria, come si fa il minimo comune multiplo, le potenze o come risolvere le equazioni di secondo grado. E' ovvio che uno studio matematico di base ci deve essere e io che ho fatto il classico so quanto e' trascurata li' la matematica (certo dipende dai professori, lo so, ma in genere e' cosi').

    That's it, come dicevano i latini.

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  53. @atlantropa

    Ammetto di essere un po' intimidito dalla sicurezza con cui affermi che giocare con i pendoli non sia fare fisica.

    Richard Feynman sapeva certamente fare fisica (e anche come insegnarla). Giocava spesso con i pendoli e in un passo di un suo libro ("Sta scherzando, Mr. Feynman") suggerisce di fare un esperimento (sulla triboluminescenza) addirittura senza avere un modello teorico di base. E questo proprio mentre sta descrivendo come andrebbe insegnata la fisica, in antitesi ad un libro di testo nozionistico e mal scritto.

    Ovviamente la scuola deve insegnare ad utilizzare le equazioni e deve spiegare i "caratteri matematici" in cui e' scritto il "libro della natura", ma una buona lezione di fisica richiede tanti altri ingredienti. Le misure con i pendoli che hai descritto tu fanno molto probabilmente una pessima lezione, ma quello mi sembra piu' che altro un problema di cottura :-)

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  54. La mia affermazione sul pendolo era un po' diversa, ovvero: convincersi in qualche modo che al crescere della lunghezza cresce il periodo di oscillazione non è fare fisica.

    Perchè? Perchè innanzitutto è un'affermazione qualitativa, aristotelica o al più baconiana. Ma soprattutto è grossolana: è un voler parlare senza prima aver costruito un linguaggio (le grandezze osservabili, lo spazio-tempo, il moto, il punto materiale...).

    Perdona se di qui in poi sarò più criptico, ma la fisica fa qualcos'altro: ad esempio con una semplice analisi dimensionale del problema (ovvero senza dover risolvere neppure un'equazione) predice che il periodo cresce con la radice quadrata della lunghezza - che è molto di più di dire che il primo cresce genericamente all'aumentare della seconda - e soprattutto che non dipenderà dalla massa (poi chiaramente c'è anche la soluzione esatta...).

    Di esperimenti illuminanti con un pendolo se ne possono fare un bel po'; ma non c'è mica bisogno di ricorrere alla compiaciuta pirotecnica di Feynman [personaggio simpatico ai più; ma a me no]; ci sono: l'isocronismo delle piccole oscillazioni del Galileo che guardava i lampadari nel duomo di non so dove; la prima indagine sulla proporzionalità tra inerzia e gravità, fatta da Newton [personaggio antipatico ai più; ma a me no]; oppure, ma solo se si ha abbastanza spazio e tempo, la rotazione del piano di oscillazione di Foucault (che tra l'altro falsifica l'idea della fissità della Terra). Tutti - il secondo in particolare - hanno una portata teorica notevole.

    E, apro una parentesi, possono essere anche divertenti per una scolaresca. Ma fino a prova contraria questa faccenda di imparare giocando può funzionare sulla singola lezione, non per un intero corso di studi - ma intendiamoci: lo dico solo per esperienza o pessimismo, non certo con sicumera...

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  55. @atlantropa:

    "Perdona se di qui in poi saro' piu' criptico" e' una frase quasi commovente nella sua supponenza. Sei proprio sicuro che il tuo interlocutore non sappia nulla di un concetto relativamente semplice che si insegna al primo anno di Fisica? ;-)

    Fra l'altro (questione di gusti, beninteso!) mi sembra una scelta bizzarra come esempio di splendido strumento "criptico". Io avrei optato, che so, per il teorema di Noether, che permette, come sai, di dedurre leggi di conservazione da principi di simmetria.

    Invece non riesco ad appassionarmi alla questione se sia piu' "simpatico" Feynman o Newton.
    Io citavo Feynman non come campione di simpatia, ma in quanto fisico profondo ed eccellente divulgatore (QED mi sembra un libro assolutamente straordinario per gli scopi che si prefigge e la coerenza con cui li persegue).

    Apro anch'io una parentesi: mi sembra (ma sbagliero') che tu faccia in genere un po' di confusione fra "fare fisica" e "insegnare fisica". IMHO sono due cose piuttosto diverse.

    Invece sono d'accordo con te che l'insegnamento della fisica non si possa ridurre ai soli esperimenti. Ma credo che nessuno stesse sostenendo una tesi cosi' stravagante.

    RispondiElimina
  56. @gmt
    Sono cose molto diverse anche "insegnare fisica" e "divulgare la fisica".
    Oppure: "insegnare fisica" e "divertire e incuriosire con qualcosa che abbia a che fare con la fisica, perché questa risulti più simpatica".

    Rossella

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  57. Criptico, criptato, scritto in codice - ma non si suppone affatto che tu quel codice non ce l'abbia.
    Scusarsi per il passaggio ad un linguaggio più tecnico non è in generale una prassi ipocrita, ma solo un riguardo nei confronti dell'interlocutore, nell'incertezza se possa e voglia seguirti su un certo terreno o meno (ma se invece sono sicuro che una certa cosa non la puoi capire, semplicemente non te la dico).

    Ciò detto, e sorvolando su tutto il resto - ma sei in qualche università all'estero, e ci sono mementi in cui bisogna staccare - se vuoi capire davvero come si è articolata la discussione basta che te la rileggi; a un certo punto troverai qualcuno che solleva dubbi sull'utilità di insegnare fisica con le equazioni, suggerendo di fare spazio a metodi empirico-induttivi, e poco dopo un altro che parla del carattere ermetico delle equazioni; poi mi dici che ne pensi...

    [No hard feelings]

    RispondiElimina
  58. @Rossella

    Hai ragione, sono tre cose molto diverse. Ed anche l'ultima puo' avere una sua validita': ad esempio in una mostra o in un festival della scienza, nei casi - ahime' pochini - in cui l' "exhibit" sia ben studiato. Confonderle e' probabilmente sbagliato. In particolare ti rassicuro (se ho capito il senso del tuo intervento) che per me divulgazione e didattica sono attivita' molto diverse, sia come obiettivi, sia come strumenti da impiegare.

    @atlantropa
    Mi sono inserito nella discussione solo per rispondere ad una tua frase precisa sulla la quale non ero d'accordo con te: quando hai descritto quale sia secondo te il senso di un esperimento fatto a scuola.

    Per quanto riguarda le equazioni non credo si possano avere dubbi sull'esigenza di utilizzarle nell'insegnamento della fisica (specialmente alle superiori). Su questo punto hai certamente ragione (te l'avevo anche scritto nell'ultimo commento).

    Allo stesso tempo penso che sia importante ricordare agli allievi che stanno studiando una cosa vera, concreta. Qualche esperimento, ben congegnato (tu ne hai proposti tre eccellenti) ed inserito in un discorso piu' ampio mi sembra abbia una grandissima valenza didattica ed e' un peccato rinunciarci.

    RispondiElimina
  59. Si rassicurino gli amanti dei codici: né io né Jacopo, se posso permettermi di parlare anche a suo nome, abbiamo mai scritto che le formalizzazioni matematiche vanno abolite dalle scuole. Io ho scritto già nel primo commento (e se non ci si fida verificarlo è facilissimo) che “spiegare PERFINO il pendolo ESCLUSIVAMENTE con formule sulla lavagna” non è didatticamente utile a migliorare le sorti patrie. Lui, che sospetto in grado di citarne di parecchio complesse: “…dare la possibilità di giocarci e sperimentare quello che succede. Poi (…) spiegare (tramite equazioni) i principi che ci stanno dietro e successivamente (…) ritornare a giocare …”.
    Curioso e disperatamente elitario che la formalizzazione in un codice determinato (non la formalizzazione in sé) sia considerata l’essenza stessa della materia, anziché, appunto, un codice comunicativo da utilizzare in maniere diverse a seconda dei fini da raggiungere. Ecco perché la sensazione di esoterismo e di magia di chi si diverte a escludere tutti gli altri perché maneggia un codice, non perché spiega e fa imparare come funziona un fenomeno che, in moltissimi casi, si può anche toccare, con cui si può giocare, come diceva meravigliosamente Jacopo. Direi che gli scienziati giocano e si divertono moltissimo nel loro “lavoro”, altrimenti credo che cambierebbero mestiere. Farlo in una scuola sembra – ancora - un delitto, va’ a capire.
    Al contrario direi che nessuno scienziato, né delle scienze pure né delle scienze umane e forse neppure i partecipanti ai commenti di questo post si sognerebbero mai di consigliare l’approccio “fidati che è così”, perlomeno senza ulteriori distinguo. Esteso a principio didattico universale è un po’ come ridurre lo studio al servizio militare. Questo è un approccio da mago o da piazzista o da demagogo (già cos’è un demagogo? Cosa fa? Come ci riesce? Oddio deve avere a che fare con quella roba inutile che han soppresso dalle scuole, serve a niente, bah).
    Scienze e lettere sono a mio parere chiavi per arrivare a una migliore comprensione della realtà e alla capacità di indagarla, quindi di cogliere le leve con cui agirvi.
    Se c’è qualcosa che ho trovato perfettamente inutile in una scuola che non ricordo affatto con nostalgia sono state le ore di materie scientifiche passate in quel modo e non perché fossero poche. Al contrario ho rimpianto che non potessimo mai usare quei laboratori scientifici che, ripeto, nel gentilianissimo liceo pure avevamo (dovevano averceli messi subdolamente per deviare ancor più le nostre menti dall’approccio corretto per imparare le scienze). Mi è anche capitato il caso di un’amica, uscita dall’inutile classico, che con metà della sua classe scelse all’università biologia, con ottimi risultati, perché innamorata della sua insegnante: “Tutto era facile con lei”, ricorda, alla faccia delle “poche ore” dedicate alla materia “scientifica”. Quindi non penso sia una questione di ore o materie, ma del modo in cui vengono insegnate. E del fine, soprattutto. Devono essere “utili” a cosa? La famosa ricerca applicata che “serve” alle aziende è davvero la cosa che serve agli esseri umani? E’ scienza? E se serve alle aziende perché non se la pagano loro e lo stato paga qualcos’altro? E è vero che un diplomato in Italia trova più opportunità di lavoro di un laureato? Perché? Dov’è il lavoro di qualità? E allora che ce ne dovremmo fare di tutti questi scienziati? La nuova leva di contratti coccodè? A che serve lo studio? A che vogliamo che serva?
    La dama del lago

    RispondiElimina
  60. Dama, secondo me c'è un equivoco.
    Insegnare la fisica attraverso le equazioni non significa infondere una conoscenza attraverso dogmi indiscutibili. L'equazione è il modo in cui lo studente matura la conoscenza.
    Io penso ancora con terrore al mio professore che riempiva la lavagna di simboli, eppure in un qualche modo è riuscito a farmi arrivare fino a E=mc2 con la mia testa. E lì, non c'è esperimento che tenga: non puoi curvare lo spazio nel laboratorio di scienze gentiliano per dimostrare che Einstein aveva ragione. Però puoi replicare nel tuo cervello il ragionamento di Einstein, e la lavagna piena di equazioni è il linguaggio che te lo consente.
    In questo modo formi persone razionali, che affronteranno la vita con razionalità, e si affideranno alla scienza e non alla superstizione. E non è poco. Anzi, forse è tutto. Se faranno gli spazzini, saranno spazzini efficienti che non si giocano lo stipendio all'enalotto.

    RispondiElimina
  61. Sembra come di essere ad un matrimonio, o qualcosa del genere; tutti gli altri invitati hanno assecondato il cerimoniale e cambiato stanza, mentre noi rimaniamo qui per qualche strana ragione.
    Ma finchè l'unico rischio è capirsi, ne vale la pena...



    @dama

    Grazie per l'incipit, mi hai riportato alla mente un giovane D'Alema primo ministro in visita a Wall Street, che disse di aver rassicurato i mercati finanziari...
    Il fatto è che nemmeno io, un amante dei codici, sono convinto che ad un liceo, financo scientifico, si debbano fare tre anni di fisica; la matematica che hai a disposizione è così elementare che in quelle ore puoi limitarti a scrostare qualche pregiudizio: butti giù qualche anacronistica catapecchia mentale, ma su quelle rovine puoi costruire ben poco.
    La richiesta di fisica viene dalla società, dall'economia; c'è bisogno di armi e tecnologia. La necessità di questa iniziazione scolastica probabilmente segue da lì; ed anche se alla fine delle superiori non hai capito nulla, non bisogna sottovalutare l'importanza di conoscere almeno i nomi delle cose (equazione di Maxwell, principio di conservazione dell'energia, integrale di superficie): vuol dire che di lì in poi ne avrai meno paura, e sei quasi a metà dell'opera.

    Tutto questo ovviamente è mera opinione personale, e come tale sta a zero. Quello che, invece, maggiormente mi preme ti arrivi è che parlare di formalizzazione matematica della fisica è un po' come parlare di formalizzazione della comunicazione attraverso il linguaggio; e che protestare perchè nell'insegnamento della fisica viene dato troppo spazio alle equazioni è un po' come protestare contro l'insegnamento delle declinazioni per il latino.

    Lascia perdere la definizione del vocabolario o l'etimologia; fisica sta a natura come ammoniaca al dio Ammone.
    La fisica non è più un tentativo di descrivere in qualche modo la natura; qualcosa che magari col tempo, e per qualche strana ragione, è stata via via formalizzata matematicamente - magari per il compiacimento di pochi misteriani - fino a diventare incomprensibile.
    Finchè la premessa sarà questa le conclusioni saranno inevitabilmente fuori bersaglio.

    Parlando in maniera grossolana, la fisica (quella propriamente detta, che muove da Galileo e Newton; perchè accanto ad essa sopravvivono fino al '900, e con un certo qual seguito, anche delle fisiche non scientifiche) si occupa sostanzialmente di fare modelli matematici.
    Si cercano le equazioni cui devono obbedire degli enti astratti (punti materiali, corpi rigidi, fluidi continui, campi, ensemble statistici, funzioni d'onda, metriche riemanniane,...) che rappresentano il modo in cui il fisico vede - vuole vedere - volta per volta un certo aspetto della natura (a seconda dei casi - e della convenienza - la terra può essere un puntino o una grossa sfera rotante; il fisico può far finta che non esista la struttura atomica della materia, o addirittura che non esista niente altro fuori dalla stanza in cui è).
    Alla fine della strofa si cerca di scrivere un'equazione.
    Collateralmente le soluzioni indicano spesso dei comportamenti che si pretende di ritrovare nella natura nell'atto della misura all'interno di un dato esperimento.
    Ora se sia la natura stessa ad essere scritta in caratteri matematici o si tratti di indossare kantianamente degli occhiali che ce la facciano apparire come tale è un tema controverso (e neppure così importante); ma tutti i discorsi convergono sulla matematica.

    Certo, all'equazione si può pervenire in un modo didatticamente più o meno efficace, più o meno graduale, più o meno piacevole; ma è indubbio che finchè il punto è quello di fare fisica la meta sarà quella, non altra.

    Il fenomeno che tu dici si può anche toccare, con cui si può giocare è una cosa diversa dallo studio fisico del fenomeno; giocare col pendolo non è studiare la fisica del pendolo, esattamente come far girare un mappamondo non è studiare la geografia.

    Non esistono vie regali per la geometria, e neppure per la fisica. Certo, poi, magari tutti i professori fossero così...



    @gmt

    Che dire, credo che siamo sostanzialmente d'accordo.
    Anch'io non negavo l'effetto psicologico che può avere su un ragazzo il vedere che se muovo un interruttore posso far girare l'ago della bussola o far accendere una lampadina senza che queste siano a contatto con nulla; se è per questo con i giroscopi si possono confezionare un sacco di esperienze divertenti, altrettanto con gli effetti della risonanza; ma questo può farsi anche in chimica, o in aritmetica, o in geometria.
    Finchè ciò riesce ad essere un mezzo per attirare l'attenzione o per suscitare la curiosità mi sta più che bene. Basta, appunto, che allo studio non si sostituisca il circo Barnum.

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  62. ciao, mi chiamo francesca, ho sedici anni e frequento il liceo scientifico.
    ho seguito abbastanza attentamente i risvolti della nuova riforma riguardante la scuola,probabilmente perchè mi riguarda in prima persona. penso che non ci sia niente di positivo nei cambiamenti che si vogliono attuare, e il fatto che si prefiggano non di migliorare l'istruzione, ma di risparmiare lo si possa dimostrare. la scuola italiana è una delle migliori al mondo, che lei sia d'accordo o meno, e lo dicono pure i giornali, non me lo sono inventata io, se non fosse per il sud dove l'istruzione non viene affrontata con dovuta serietà, l'italia sarebbe tra i primi(non sono razzista, della lega ecc. riporto solo la realtà). detto questo non voglio dire che la scuola italiana sia perfetta, anzi però è buona, non come la vuol far passare lei.
    passando alla riforma, per quanto riguarda le elementari, le sembra corretto che dei bambini debbano essere a contatto con un solo insegnante, un solo modo di vedere le cose? e se il maestro/a si accanisse contro un allievo? sarebbe la sua fine.sa che la capacità di apprendere dell'uomo è maggiore quando si è bambini? sa cosa succederebbe se il docente fosse incapace di fare il suo lavoro? meglio passare alle superiori, che mi sono più care e rappresentano ora come ora il mio mondo.concordo pienamente con quello ke ha detto sui professori di matematica, insomma, con il primo paragrafo. sono in disaccordo con lei invece sul fatto che chi considera buone le scuole superiori italiane, in particolare i licei, sono persone legate ai ricordi dell'adolescenza, come ho detto prima, inutile ripetere il concetto, la scuola italiana sarebbe prima in graduatoria se non fosse per il sud. ridurre le superiori a quattro anni (l'unico aspetto positivo è che almeno il quinto c'è, anche se solo facoltiativo) non può che creare danni; se era difficile finire il programma in cinque, si immagini in quattro!
    inoltre, questa riforma è danneggiosa perchè questo taglio del personale, non del tutto indifferente, causerà l'aumento della disoccupzione che è già consistente, e ciò causerà anche l'aumento della crisi economica.
    cambiando argomento, scrivere frasi complesse, utilizzando subordinate e non solo principali, può essere solo positivo per la lingua italiana che col passare del tempo sta perdendo gran parte del suo vocabolario e con esso gran parte della cultura latina da cui esso deriva.
    cordiali saluti
    una liceale orgogliosa della sua scuola

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  63. - "Danneggiosa"?
    - Scrivere frasi complesse può andar bene, ma solo quando si sa usare la punteggiatura. Altrimenti è meglio scrivere frasi brevi.
    - (non sono razzista, della lega ecc. riporto solo la realtà)
    La realtà la riporterai quando citerai dei dati che dimostrano l'inferiorità della scuola meridionale rispetto alla media italiana. Fino ad allora stai semplicemente riportando un pregiudizio.

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  64. Mica è obbligatorio iscriversi al liceo classico. Se uno ritiene che il greco sia inutile sceglie un'altra scuola.

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  65. La Gelmini va difesa perchè è il miglior ministro della pubblica istruzione dai tempi di Gentile.

    Il sistema gentiliano era ottimo. Venivano a studiarlo dall'estero.

    Lo sfascio della scuola è coinciso con lo sfascio di quel sistema.

    Ripristinarlo il miglior regalo per le nuove generazioni

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  66. Sì, venivano a studiarlo col calesse.

    Se uno ritiene che il Greco è inutile non fa il classico. Bene. E se uno ritiene che il latino sia una perdita di tempo, deve per forza fare un istituto tecnico?

    La scuola gentiliana era decotta già negli anni '80, quando in realtà dinamiche (dove si volevano scuola che producessero competenze ad alto livello e non parcheggi per figli di papà) erano già fioriti licei sperimentali senza latino.

    Invece il regalo che volete lasciare alla vostra, sottolineo, vostra prossima generazione, è la scuola che premia i fessi che sanno le declinazioni a memoria.

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  67. Io penso sia preferibile che anche chi si orienta verso il settore scientifico conosca bene l'italiano, e credo che aver fatto latino aiuti. In più il latino in sé stesso è importante. Uno che va a studiare giurisprudenza si trova un bel po' di espressioni latine. Chi va al classico studia matematica, non trovo scandaloso che chi va allo scientifico studi latino.

    Comunque la questione è sicuramente molto più opinabile dell'altra.

    Le nostalgie gentiliane non le condivido ma non penso che la scuola debba essere ridotta alle tre "I" di Berlusconi.

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  68. Io penso occorra pensarci due volte prima di eliminare delle materie. Si aggiunga piuttosto ciò che si pensa che manchi. Il parallelismo tra greco nel classico e latino nello scientifico regge fino a un certo punto: l'assenza del greco snaturerebbe il liceo classico, la presenza del latino non snatura lo scientifico.

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  69. dato il casino nella Capitale degli ultimi giorni, ho pensato di citarti, magari non ti farà piacere, ma per me resti fra le voci più autorevoli sull'argomento.

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  70. Ma perché bisogna continuare a leggere di questa favola che la scuola elementare italiana è "eccellente"? Ma chi dice questo, s'è mai fatto un giro in una scuola media, magari in una prima?
    La scuola elementare italiana è un disastro, altro che eccellenza: a cominciare dal "metodo globale" per finire con le duemila discipline che vengono propinate ai bambini, da là escono dementi e basta.
    Ce lo si faccia, un giro da quelle parti: si avranno brutte sorprese, e almeno non si costringerà più il prossimo a sentire certe fantasie spacciate per verità.

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  71. Secondo l'Economist che le scuole elementari italiane funzionino è sostenuto da studi internazionali:

    http://mildareveno.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=2061408

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  72. Ovviamente non ho letto tutti i commenti, però ho trovato il post di una lucidità analitica quasi disarmante.
    La scuola, oggi, offre un prodotto ovvero l'istruzione. Prima istruire era una sorta di impegno fondamentale, una carica da affrontare con giuste motivazioni. Oggi istruire è un lavoro, uno di quelli che magari ti appalla, però tra qualche canna e qualcuno che ti infila la mani nel perizoma magari il tempo passa più in fretta.
    I nragazzi non chiedono di sapere, la loro curiosità è stantia, la voglia di conoscere del tutto assente... quando si va al liceo solo per la presenza e quando si preparano le materie per le interrogazioni trimestrali... di che scuola vuoi che si parli.
    Occorrerebbe svegliarli sti ragazzi ma a suon di schiaffoni. E' questa la vera riforma scolastica a prescindere dal numero di maestri o dai laboratori e via dicendo.
    Occorre far comprendere a tutti i ragazzi in età scolare a cominciare dalla prima per finire al quinto liceo che imparare e conoscere e sperimentare è una meravigliosa avventura. Riuscendo in questo credo che parte del problema potrebbe essere risolto, perchè gli stessi ragazzi potrebbero definire i termini della loro istruzione.
    Vabbè un pò logorroica forse.....

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  73. E' bello essere sinistroidi, sognatori e infinitamente adolescenziali. Se i soldi non ci sono, non ci sono e basta. Certo, è bello sognare i servizi gratuiti, promettere ausili gratuiti e sostegni gratuiti. Tanto paga il papà stato. Esattamente come l'adolescente non interessato a sapere come poi farà il papà a trovare i soldi. Beata gioventù!! Che bello sognare. Che bello essere di sinistra.

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