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mercoledì 4 luglio 2007

e dimezzare i compensi a Citati?

Non è (più) un mestiere per Signorine

Uno fa il possibile per riuscire gentile e simpatico con tutti, o almeno con le signore, i bambini e gli anziani. Però non è sempre possibile.

A volte uno deve parlare chiaro, a costo di sembrare sgradevole. La verità è sgradevole. La verità è che Pietro Citati non ha capito nulla della scuola, della società e dell’Italia. Proprio lui, che vorrebbe raddoppiarmi lo stipendio? Proprio lui.

La sua totale ignoranza, nel senso etimologico naturalmente, il suo totale non capirci nulla di quello che gli succedeva 70 anni fa e di quanto gli sta succedendo oggi, getta un’ombra inquietante sulla cultura. Se avesse passato 70 anni legato in una grotta – ma no, Citati ha studiato, ha viaggiato, ha letto, ha scritto. Possibile che non sia servito a nulla?

Citati ha la sua ricetta per salvare la scuola in Italia. Ce l’abbiamo tutti. Siamo tutti esperti, dal momento che in una scuola italiana ci siamo pur entrati, anche se è stato 60 anni fa. Ma la scuola che descrive il pregiato critico è una decalcomania imbarazzante. Ci siamo tutti innamorati di una brava insegnante al ginnasio: ma appunto, è stato il ginnasio. La vita poi ci prende a ceffoni quanto basta per farci scoprire che dietro spiegazioni che sembravano chiare stanno fenomeni tutt’altro che semplici; che Machiavelli o Guicciardini non sono amici nostri, ma personaggi storici che vivevano in un mondo radicalmente diverso dal nostro. Perlomeno, oggi la nostra scuola lo fa, o ci prova. Citati no. Lui è rimasto al ginnasio. Lui gli autori li ama. Ci parla, li sogna, "si identifica", ci scrive le letterine.

Citati non è che abbia un progetto di scuola futura da proporre. Ci mancherebbe. Ha solo un’età dell’oro da rammentare. Indovinate un po’: è la sua infanzia. Le maestre erano più amorevoli, Machiavelli e Guicciardini due simpatici compagni di gioco, e probabilmente anche la marmellata nei panini imbottiti era di qualità superiore. Sì. Il mondo era veramente stupendo. In questo mondo, badate bene, le maestre venivano pagate male come adesso, ma erano brave lo stesso, perché… non c’è un perché, è così è basta.

Esisteva l'inconscia convinzione che i professori non appartenessero a nessuna classe sociale: ma ad uno strano regno, dove né danari né vestiti né vacanze costose avevano importanza.

Tutto questo sarebbe naturalmente durato per sempre, se l’armonia universale non fosse stata turbata da un mostro immateriale, chiamato da alcuni “Ministero” e da altri “politica”.

Ci furono periodi relativamente decorosi. Quello, per esempio, nel quale l'insegnamento nelle medie e nei licei fu assunto, quasi esclusivamente, dalle donne: lo stipendio era basso, ma integrava quello del marito; e poi rimaneva tutto il pomeriggio libero da dedicare ai figli. Ma questo interludio non fu lungo. Presto il Ministero elaborò una quantità mostruosa di materiale burocratico o semiburocratico e paraburocratico - riunioni, commissioni, moduli, discussioni, aggiornamenti, delirii - che distrussero i bei pomeriggi liberi, nei quali passeggiare o giocare con i figli.

La prima caduta dall’età dell’Oro, secondo Citati, fu il momento in cui l’insegnamento smise di essere una professione part time per diventare un delirio burocratico. E si capisce. Perché l’insegnante che amoreggia con Guicciardini dovrebbe “aggiornarsi”? Forse che Guicciardini ha pubblicato qualcosa di nuovo? Perché dovrebbe partecipare a riunioni coi colleghi sull’andamento della classe? Perché dovrebbe convocare genitori o essere convocato da psicologi? Citati non sa, non immagina, che anche nella sua epoca felice il pomeriggio delle brave maestrine era spesso consacrato alla correzione dei compiti, e non alle passeggiate al parco coi bambini.

Segue la descrizione del “rapido disastro” della scuola negli ultimi trent'anni. Le cause furono innumerevoli: le conseguenze del voto politico negli anni dopo il 1968 (Citati, che in quegli anni viveva sul pianeta Goethe, è convinto che gli insegnanti abbiano dato “voti politici” per lunghi anni: ci sarebbe da mettersi a ridere, se non ci si trovasse davanti a uno dei protagonisti della nostra cultura) la riforma della scuola elementare, che vide la dissennata suddivisione tra i maestri (come se un solo maestro non fosse capace di insegnare sia aritmetica sia italiano) (qui evidentemente il pregiato critico sta parlando di una riforma che non conosce; del resto, come si vedrà, la sua conoscenza dell’aritmetica è molto approssimativa, e forse la sua maestra delle elementari c’entra per qualcosa). L'immissione, per motivi politici, di moltissimi pessimi insegnanti: la conseguente mancanza di posti per i giovani laureati. Ecco.

Quando parlate di egemonia marxista nella cultura italiana, ricordatevi di Citati. Spiegatevi com’è possibile che in decenni di egemonia culturale questo personaggio abbia potuto sopravvivere, scrivere, vendere, farsi apprezzare, dal momento che la sua visione del mondo è quanto di meno marxiano si possa immaginare. Per lui le classi sociali non esistono: esistono solo maestre appassionate che vivevano in un mondo a parte dove potevano amare il loro lavoro, passare pomeriggi nelle panchine coi figli, e guadagnare nulla. I conflitti degli anni Sessanta non nascono dall’avvento della scuola e dell’università di massa; è solo stata una fase infelice segnata da cortei di ragazzacci che chiedevano il sei politico. Non ci sono nemmeno conflitti generazionali, no; la “Politica”, un mostro tritacarne, genera dal nulla “moltissimi pessimi insegnanti” e li immette nel mercato del lavoro per pura cattiveria. Don Milani non è nemmeno il simpatico prete veltroniano: Don Milani semplicemente non è mai esistito.

Così decrepito da avercela ancora con gli strutturalisti, Citati è convinto che i libri di testo siano infestati dai seguaci di Gérard Genette. E poi ce l’ha con Svevo. Secondo lui i quindicenni non lo possono capire, devono leggere Delitto e Castigo. Io l’ho letto, a 15, Delitto e Castigo. Parlava della Russia: mi ricordo un mazzo di chiavi un’accetta e poco altro. Della Coscienza di Zeno, a 16, ho un ricordo fulgido. È uno dei libri che mi hanno fatto capire cos’è l’uomo. Ricordo il mio compagno di banco, che non sottolineava mai nulla (disegnava soltanto qualche pisello con la matita nei momenti di stress), ma che in uno spazio bianco sotto al finale della Coscienza di Zeno aveva scritto SACROSANTO: a caratteri di scatola, come se si trattasse di scrivere Juve Merda. Lo avete presente tutti il finale di Svevo, no? Il pazzo un po' più ammalato degli altri che si arrampica al centro della terra e la fa esplodere.

(“Perché hai scritto questa cosa?”
“Perché è... sacrosanto”.)

Il pazzo un po' più ammalato degli altri che fa esplodere il mondo, e tutto torna pulito. C’è qualcosa che un quindicenne di oggi non possa capire? La scuola ha tanti problemi, ma Citati non è la soluzione. Al massimo è uno dei problemi.

Citati in realtà è il migliore rappresentante dei difetti della nostra scuola: difetti non sessantottardi, ma gentiliani. Le sue stime tese a dimostrare che economizzando qua e là si potrebbe raddoppiare il salario agli insegnanti testimoniano le carenze di una scuola tutta Latino e Greco, che partorisce ignoranti di matematica ed economia. La sua riduzione della Storia a grandi personaggi, la sua riduzione della Letteratura a grandi scrittori, la sua incapacità di vedere i problemi e le evoluzioni del mondo, testimoniano i ritardi di un sistema scolastico più vicino a Plutarco che a Foucault. È un mondo col quale dobbiamo chiudere, prima o poi. A costo di essere un po’ sgradevoli – del resto la vita è sgradevole.

Non è un sogno Biedermeier, con lungi pomeriggi tra passeggini e panchine; il lavello è pieno e non verrà nessun domestico a rigovernare. La cultura non è un'attività di lusso della classe agiata: è un lavoro che crea un valore, per una società che ne ha più o meno bisogno. E lo è sempre stato. E Citati dov'era? In casa sua, a identificarsi con Kafka e Proust. Va bene. Ma che non salti fuori adesso: senza offesa, è un po' tardi.

27 commenti:

  1. In calce a questo post non posso che scrivere:

    sacrosanto.

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. non hai spiegato perché Citati avrebbe dei problemi con l'aritmetica.

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  4. Gli economisti mi risponderanno che i soldi non ci sono: questa proposta porterebbe a una spaventosa catastrofe, a una disastrosa inflazione. Ma so ugualmente bene che, in Italia, quando bisogna sprecarli, i soldi ci sono sempre. Se risparmiassimo sulla rasatura delle guance dei senatori, i profumi e i dopobarba dei deputati, le tinture dei capelli ahimè biancastri delle senatrici, le bare degli assessori veneti, i cuochi e i camerieri del Parlamento, i gelati dell'onorevole Buttiglione, gli stipendi delle stenografe siciliane, i premi letterari (in gran parte finanziati dalle Regioni), la politica estera del presidente Formigoni, potremmo accumulare una ricchezza immensa.

    Citati è figlio di un mondo in cui le riforme si possono sparare così, alla minchia, senza neanche una calcolatrice. Non ha la minima idea di quanti siano gli insegnanti in Italia e non ha la più assoluta cognizione di quanto serva a raddoppiargli lo stipendio. E'convinto che mangiando un gelato alla buvette, Buttiglione stia delapidando immense ricchezze statali. Non ha una semplice idea delle cifre in ballo: siamo più o meno al livello di un camionista al bar.

    Il problema è che un camionista al bar sa benissimo che i suoi argomenti non finiranno sulle pagine del primo o secondo quotidiano italiano, e le spara grosse di conseguenza. Citati invece è sinceramente convinto di portare argomenti validi, e quel che è peggio, ne è convinto chi lo pubblica.

    Sotto tutto questo c'è una maestrina che quando tracciava i più e i meno sulla lavagna doveva sembrare terribilmente convincente, e magari anche un po' carina, ma che non ha mai spiegato la necessità di articolare con uno straccio di un rigore scientifico le proprie asserzioni. Tanto i più o i meno non sono importanti: Cornelio Nepote è importante.

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  5. Ieri mattina ascoltavo dal bagno la rassegna stampa delle sette e quando hanno letto questo pezzo di Citati, riportando quasi tutti i passaggi che hai segnalato anche tu, me la ridevo di gusto perché
    1) aspettavo un tuo post 2) non riuscivo a smettere di pensare alla scena di "Bianca", in cui a scuola (guarda caso) c'è la conferenza che comincia con il celebre adagio «il Sessantotto è stato l'anno di prova della distruzione del mondo. Ma prima, prima c'è stata quest'epoca felice, incontaminata e pura in cui l'armonia (Claudia Cardinale), la bellezza (la Dino Ferrari), lintelligenza collettiva (la Juventus di Omar Sivori), l'uomo nella sua sintesi più alta (James Bond), raggiunsero l'acme, il vertice irripetibile della cultura occidentale»

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  6. d'accordo sparlare di Citati, ma a me quel paragrafo sembrava puramente retorico. Credo che persino lui sappia che la sovvenzione dei gelati alla buvette non è che libererebbe così tante risorse.

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  7. sto facendo la ola. solo su una cosa devo smentirti: chi pubblica Citati non è convinto che lui abbia ragione, chi pubblica Citati credo che non lo legga nemmeno per correggere i refusi (che lui del resto non fa, avendo studiato in un'ottima scuola elementare).
    (di quanto è bello Delitto e Castigo ne parliamo un'altra volta)

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  8. Mondato dalle muffe gentiliane, rimane, del pezzo di Citati, il titolo (ricalcolato, è ovvio, su delle aritmetiche economiche più credibili).
    Non lavoro nella scuola ma sono convinto che, se esiste una ricetta, lo stipendio è così importante da poter esserne un punto di partenza.
    Non per rinnovare indecorosi guardaroba di improbabili maestrine, ma per sostenere e riconoscere l'autorevolezza del ruolo.
    Fare il prof. deve essere un'ambizione non un ripiego o una vocazione.
    Ricordo un post dove la remunerazione della cultura difendeva la società dal "fascismo" come "arroganza dell'ignoranza".
    Nonostante le argomentazioni un po' reazionarie il pezzo di Citati rimane una delle rare occasioni in cui si cita il borsello degli insegnanti fuori da un contesto di rivendicazioni sindacali.

    guido

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  9. Ok, persino lui è consapevole di fare una sparata qualunquista. E allora perché la fa? Un intellettuale non dovrebbe fare altro?

    Il qualunquismo balordo di Citati non è occasionale. Il qualunquismo e l'uomo-di-cultura-alla-Citati sono figli della stessa matrice gentiliana. Una cultura che antepone le versioncine di Velleio Patercolo (e le maestrine che sanno tradurle così bene) alla cultura scientifica. Citati butta là un preventivo di spesa come se fosse un comico di Zelig (stavo per dire Beppe Grillo, ma persino Grillo è più rigoroso). La collettività ha speso per farlo studiare una trentina d'anni, e il risultato sono fondi inutili come questo.

    La conseguenza è che Citati, e gli intellettuali come lui, siccome non producono conoscenza vengono disprezzati, e il disprezzo per la cultura umanistica diventa alla fine la cultura domincante. Citati è un sintomo del fascismo, come un foruncolo, appare prima durante e purtroppo anche dopo.

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  10. potrà sembrar banale ma non ho altro da dire:
    SACROSANTO

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  11. Mah, io una soluzione (almeno per le superiori) l'avrei: eliminare l'obbligo di frequenza. Ma è tardi e mi rompo di argomentare...

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  12. "La conseguenza è che Citati, e gli intellettuali come lui, siccome non producono conoscenza vengono disprezzati, e il disprezzo per la cultura umanistica diventa alla fine la cultura dominante."

    Questa, pur non essendo supportata da nessuna evidenza scientifica né statistica, è una gran frase.

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  13. ascolta, promettente italianista, ma a parte la gran frase (che è una gran frase, e rischia di essere pure vera), ma i saggi su proust non sono produzione di conoscenza? (ché poi non lo so, non avendo letto i saggi e poco anche il saggiato, ma così, per smettere di farmi girar le balle)

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  14. oh, beh.

    Hai presente quanto si diceva lunedì, sulle persone che entrano nella Letteratura leggendo Liala (in pratica entrano dalla porta della servitù) e poi per tutta la vita, pur variando le copertine, gli autori e i prezzi, non riescono a leggere altro che Liala?

    Ecco, i saggi di Citati sono produzione industriale di Liala con l'etichetta "Proust" in copertina. Se fosse un salumiere, si potrebbero chiamare i NAS, ma non ve n'è l'equivalente letterario, ed è un peccato.

    E che dire di "Kafka". Nella stessa copertina, "Citati" e "Kafka". A volte sogno di andare in libreria e leggere "Citati" di Franz Kafka. Che libro, sarebbe.

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  15. Per me, la "non produzione di conoscenza" riguarda la fregola degli intellettuali umanisti di sfornare editoriali fondati solo sulla propria opinione momentanea e non su una ricerca ragionata. Ovviamente, un saggio letterario serio è produzione di conoscenza, ci mancherebbe.

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  16. Veramente? Sei il secondo autorevole parere stroncatorio che sento su Citati (http://www.radicalifirenze.it/www.disobbedisco.com/disobbedisco33.htm#4BIS). Stante questo (ho riguardato la roba che ne dicevi su Fenoglio) capisco meglio il pezzo.

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  17. Va bene, e' una sparata, ma non proprio una cialtronata.
    Sicuro, Citati rompe un po', come tutti coloro che per necessita' di portafoglio devono pur inventarsi qualcosa di serie B per arrotondare . Arrotondare e' anche il problema di molti insegnanti (non solo loro) che a mezzo servizio prestano intelletto a lezioni e corsi di dubbia necessita' o, in mezze maniche, le mani in qualche ristorante. Ne conosco parecchi che passano le ore dei pasti a smistare piatti.
    Nulla di male , la fortuna dell'Italia, ripete qualcuno prestato alla politica lui pure a mezzo servizio, e' il doppio lavoro (in nero).
    Ma il fucile a tappi della provocazione ha una sua ragione a mio avviso.
    Ho abbandonato scuola 15 anni fa, per disperazione. Mi dice chi e' rimasto che le frustrazioni son peggio ora che allora, non fatico a credergli.

    Qualcuno dovra' pur dirlo che gli insegnanti son il doppio del necessario (sopratutto oggi) , che percepiscono la meta' del necessario , e che schiacciati tra alunni , genitori e burocrazia arrancano trascinandosi di aula in aula . Anche quelli con la vocazione ,dopo una decina d'anni passati nel tritacarne.
    I dati li sappiamo, e suppongo che anche Citati li conosca. Va bene, non sono i ricordi della riforma Gentile il faro , ma e' indubbio che la parola di un insegnante (frase celebre nelle aule) valga oggi ben meno di quella di un idraulico; conosco idraulici, ma anche elettricisti, che san ben di piu' di filosofia di quanti insegnanti (anche di materie tecniche) sappiano di idraulica spicciola.

    Su due cose Citati ha torto marcio, riferirsi sempre alle materie umanistiche e credere che cinquant'anni fa un insegnante, a parte l'ascolto dei genitori, percepisse piu' di oggi. Rileggersi il Maestro di Vigevano dovrebbe convincere.
    Non e' questione di competenze perse , magari a causa del basso prestigio, , ma di un fatto ahime' semplice: il sistema dell'istruzione in Italia ha almeno il doppio del personale necessario. Il tutto viene poi quasi di conseguenza. Sembra una banalita', lo so.
    Certo, resta il problema di come occupare mezzo milione di persone in sovrannumero, tra le elementari e secondaria superiore. Piu' politica potrebbe dare una mano. stilare intricati programmi e disegnare architetture bizantine di riforma e' una mania nazionale, mettresi contro un bel po' di elettori per una decisione collettiva purtroppo non e' buona moneta . Pero' in silenzio ci son riusciti nelle fabbriche (con discrteta brutalita'), vuoi che non ci si riesca nelle scuole ?
    Ma la politica difetta da tempo e nella PA almeno dal 1964 (dopo la riforma delle scuole medie).
    Non e' piacevole, ma ritengo che il problema resti da tempo questo, : son troppi e malpagati, sopratutto oggi con la tecnologia che e' pur sempre un supporto forte, quasi insperato.
    Resta, si fa per dire, un problema che riguarda la scuola piu' che gli insegnanti. Quello del valore legale del titolo di studio. Se venisse abolito, sarebbe proprio un gran male ?
    La scuola di classe, gia'. Ma oggi e' ne piu' ne meno cosi' per gli alunni: se non hai una buona famiglia alle spalle ricca di risorse sociali ed economiche, col cavolo che puoi aspettarti una occasione decente di lavoro. Ne' piu' ne meno che un tempo, o nel bel tempo che fu (cito Citati).
    A meno di espatriare.

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  18. Io continuo a fare una grossa fatica, con classi di 28 persone. Se mi togliessero anche qualche soldo e mi dessero una classe più piccola (assumendo qualche insegnante in più) vivrei meglio.

    Quest'anno ho fatto un sacco di supplenze extra perché il budget della scuola non permetteva di assumere supplenti (che comunque a metà anno non si trovavano). Se non ero io, o un mio collega, dovevano mandare il prof di alfabetizzazione, che invece di alfabetizzare gli alunni stranieri (ne abbiamo tanti, e arrivano anche in mezzo all'anno) usava il suo orario per supplire le assenze dei colleghi.

    Prima di prevenire gli strali sull'assenteismo dei docenti: il 70% delle volte il collega non era assente per malattia o per motivi personali, ma perché accompagnava un'altra classe in visita d'istruzione, o a teatro, ecc.

    Quando sento dire che gli insegnanti sono il doppio di quel che servono, non riesco esattamente a capire come riferire questo calcolo alla mia esistenza quotidiana: significa che dovrei avere classi di 56 persone? O che ne dovrei avere il doppio, e preparare 36 ore di lezione alla settimana? Ci sono Paesi in Europa dove questo succede?

    E' vero che abbiamo tutti una ricetta per salvare la scuola. Però secondo me è quella sbagliata.

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  19. Beh, però un mondo con un sacco di gente che studia Foucault e nessuno Plutarco non sarebbe esattamente il candidato ideale al concorso per il miglior mondo possibile. O almeno non il mio candidato ideale.

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  20. Si leonardo, ci sono. Proprio in Germania. Praticamente in tutti i paesi europei gli alunni per classe son piu' che in Italia. Il max in Germania e Olanda.

    Non amo le classifiche o le retoriche sulle "quote", ma nel caso difficile pensare che la scuola tedesca sia peggiore di quella Italiana. Diversa certo.

    Non e' una ricetta la mia, ma se si smettesse di considerare (pubblicamente) l'insegnamento un ripiego per il lavoro intellettuale e lo si considerasse una professione forse si accetterebbe anche l'idea che gli insegnanti son troppi.

    Pesonalemente, nel mio brevissimo periodo corsistico, ho insegnato a piu' di 50 allievi per volta; la cosa buffa e' che insegnavo le medesime cose della scuola pubblica , solo con qualche ausilio aggiuntivo, ma le lezioni erano apprezzate infinitamente di piu'. Non e' stata una soddisfazione.
    Parafrasando, piu' che gli insegnanti occorre spostare gli studenti.
    Ho letto che sei di ruolo da poco, ti auguro quindi per simpatia e amicizia di penna di avere meno alunni, ma non e' per nulla una soluzione collettiva.

    La riforma delle medie del '64 fu fatta per rimediare al baby boom alle spalle che penalizzava i maestri, quella delle elementari , piu' recente per salvaguardare ancora gli insegnanti delle elementari; la pseudo riforma delle superiori per mantenere l'occupazione nella scuola superiore, garantendo li accessi d massa limitando i costi. Ho la sensazione che laq storia delle riforme della scuola siano piu' spesso la storia dei livelli occupazionali nella scuola.

    Posso sbagliarmi, ma il pensiero , calcolatrice anche alla mano, non e' per nulla preregrino.
    Troppi e malpagati. Poi evidentemente c'e' anche dell'altro, ma temo siano cose accessorie.
    E' sommamente ingiusto fare parti uguali tra diseguali, ovvero occorre conoscere una parola piu' del padrone. Mi chiedo se in realta ' il meccanismo delle dstanze sociali cosi' non sia ben piu' perpetuato, piuttosto che accorciato. Se la famiglia d'origine e' solida economicamente e socialmente, difficile che il pupillo abbia una vita grama , anche se e' ignorante come un somaro.

    Perdona la lunghezza.
    Zen lento

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  21. La lunghezza va bene, ma hai dei riferimenti?
    Tutto quel che ho trovato è questo saggio e questo report OCSE. Di classi tedesche con 56 alunni, francamente, non ho mai sentito parlare.

    Nel tuo periodo breve hai insegnato a 50 alunni: quante verifiche hai corretto? Quanti colloqui coi genitori hai sostenuto? Quando si parla di lavori usuranti, si intende un certo tipo di fatica, l'usura, che prende piede col tempo.

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  22. Certo che li ho, questo e' il piu' recente che conosca, ma vecchi libri mi confermano i termini della questione.

    Forse bisogna cambiare modo nel condurre le cosidette verifiche. All'universita' ad es mediamente sono 1,5 all'anno per materia. Qualcuno dovrebbe spiegarmi perche' mai ad es. alle superiori non sia possibile questo sistema.
    I dati sono un po' vecchi, che forse giudicherai di parte. Li trovi qui:

    http://www.aranagenzia.it/homearan.nsf/doculinkN/rapptrim/$file/A5n1.pdf?openelement
    Personalmente non credo sia di parte piu' di tanto.

    In particolare a pag, 25,24,23 trovi rispettivamente alunni per insegnante, ore di insegnamento, retribuzioni. Tutte medie ovviamente. Si tratta di indicatori e come tali soggetti a incertezza. Quel che e' certo e' che in molti dei paesei europei segnati si lavora di piu', ci sono piu' allievi per insegnante, e le retribuzioni sono piu' elevate che in Italia (c'e' anche qualche scostamento dalla mia affermazione). L'italia ha poi un'altra, ovvia, caratteristica: le spese correnti per gli stipendi si mangiano quasi tutta la spesa, lasciando poco spazio agli investimenti nella scuola e alla formazione dei docenti.

    Se non si entra in questa dimensione, nella scuola a mio avviso non si cava un ragno dal buco.

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  23. Non sarà di parte, però i grafici del tuo rapporto (quelli a pag. 27) dicono che io, prof medio di secondaria inferiore, preparo 80 ore di lezioni all'anno e ho classi di 10 alunni. C'è qualcosa che non va.

    Io ho classi di 28 alunni, e 80 ore di lezione le faccio in un mese. Certo, non sono il prof medio, però ce ne vogliono, di prof di montagna con classi di 3 persone, per equilibrare il mio dato personale. E gli statali che non fanno il part-time fanno 18 ore di lezioni settimanali, non ci piove. Ok, forse il calcolo è 'drogato' dai prof di sostegno, che sono una particolarità del sistema italiano - e peraltro funzionano. Forse in altri Paesi non li contano perché usano assistenti sociali. Forse. E forse non usano nemmeno quelli.

    Insomma, scusa, ma questi calcoli fanno il paio con quelli di Citati che togliando il gelato a Buttiglione mi raddoppia lo stipendio. Siamo una nazione di allenatori, aspiranti veline e ministri della pubblica istruzione (e del bilancio).

    Infine: tu proponi a me di correggere un tema e mezzo all'anno d'italiano per ragazzo? Sei serio? Lo sai perché lo strapagato insegnante dell'università può farlo? Perché l'insegnante della scuola elementare, media e superiore ne ha corretti a vagonate. No, scusa, secondo me non hai capito che la correzione delle verifiche e dei compiti a casa è parte integrante del lavoro dell'insegnante.

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  24. Si Leonardo, lo so. Ho insegnato 13 anni, conosco i carichi burocratici e quelli della correzione e preparazione compiti. Ma questi son problemi che hanno anche negli altri paesi. Conosco poi bene tutte le questioni sindacali e ogni lamento privato, la sequela infinita dei calcoli delle ore, lo scarso aumento dell'impegno finanziario nell'itruzione, etc.


    Perdona , ma non esistono solo gli insegnanti di italiano e qui forse sei tu che ti confondi con la scuola rimpianta da Citati.

    Lui dice anche un'altra cosa, di restituire prestigio attraverso anche lo stipendio, io (non solo io) sostengo che il personale e' troppo.
    Non mi rallegro di questa diagnosi sommaria, ma credo sia il problema centrale delle riforme mancate e delle pseudo riforme: non e' facile dire una cosa simile, puo' apparire anche brutale, me ne rendo conto.

    Non c'e' un prof medio ovviamente, ma tutti gli alunni diviso tutti gli insegnanti e le statistiche del Ministero sono queste : poco piu' di 11 alunni per insegnante (ci sono quelli di ed. fisica, i tecnico pratici, di religione etc.) e ci sono, anche si',le scuole di montagna o delle isolette, le scuole serali.

    Il rapporto dice che mediamente ogni insegnante ha 10 studenti, che e' diverso dall'avere 10 allievi in classe. Infatti credo tu ne abbia tra 40 e 60 su due o tre classi. E' incredibile, questo 10 a 60 ? No.

    Ripeto si puo' insegnare diversamente, da altre parti a quanto pare lo fanno , anche loro hanno fenomeni di dispersione, anche loro soffrono di calo demografico (sebbene inferiore al nostro).

    Ai tempi della Gilda si parlava di professionalita' docente. Questa parola divenne un mantra buono per tutto; di li' , sarebbero passati, si riteneva, la riqualificazione, il prestigio e lo stipendio. La docimologia (la giusta valutazione) avrebbe abbianato tutto.

    Domando : c'e' ancora qualcuno disposto a credere che questa rivendicazione abbia permesso di conseguire qualcosa ?

    A me non sembra e ritengo che quel volontarismo orgoglioso abbia cozzato sempre contro il numero.

    Forse gli insegnanti oggi sono mediamente piu' preparati, ma i promossi sono i medesimi (prossimi al 100%), i bulli son di piu', i genitori promuovono cause per ogni fesseria, l'aria nella scuola e' (credo) peggiorata rispetto a quando ho mollato, gli stipendi son parametrizzati (cioe' fermi) e si lavora di piu'.
    Gli insegnanti son rimasti sempre troppi.

    Non so, non voglio convincerti,ne' avviare un dialogo esclusivo tra noi, mi pare evidente che l'argomento non solleva grande dibattito.
    Nemmeno sul tuo Blog.
    Ed e' un peccato, perche' la questione e' all'incirca la stessa da 40 anni.

    Toh , tuona e piove :)

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  25. Caro Leonardo, credo che tu sia stato ingeneroso con Citati. Sicuramente le sue opinioni risentono del suo lungo distacco dalla realtà della scuola, cosa questa che lo accumuna alla gran parte dei commentatori improvvisati che si avventurano in giudizi fondati sui loro ricordi e sul sentito dire. C'è però nelle sue considerazioni buttate là alla buona un fondo di verità: il link ferreo tra economia e istruzione. Ti assicuro che le lezioni si preparano molto meglio in un confortevole salotto, guarnito di comodi divani e di torciere dalla luce soffusa, magari all'ombra di una kenzia decennale, piuttosto che sul tavolo della cucina pensando al mutuo. Personalmente devo le mie sufficienti conoscenze di inglese non ad avanzati laboratori linguistici, ma a soli due anni di ginnasio. In cui una bellissima donna bionda, elegante e decorata da sobri gioielli di fasto antico, seppe affascinarmi con la sua narrazione delle opere di Shakespeare, alle cui prime ella era solita recarsi ogni anno in terra d'Albione. E questo grazie al discreto tenore di vita assicuratole sia da beni di famiglia che dal consorte, mi pare allora pilota di linea.
    Credimi, i poveri e i brutti non hanno mai affascinato nessuno.
    Giulio.
    p.s. a 15 anni forse avresti potuto cogliere qualcosa di più in Delitto e castigo: che so, la morte del povero Marmeladov, per esempio.
    p.p.s. la professoressa che bocciò gli alunni di don Milani, non credo fosse la perfida manifestazione di una reazione occhiuta e malevola. Probabilmente li bocciò perché erano una banda di somari. E, in questo caso, direi che fece benissimo.

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  26. Giulio, insomma, parla per te. Voglio dire: non tutti hanno gli stessi gusti. La tua prof che ti affascinava con sobri gioielli e fasto antico probabilmente mi avrebbe alienato per sempre il gusto dell'inglese. Peraltro secondo me si bullava un po': dubito che andasse davvero alle "prime" delle opere di Shakespeare, a meno che il pilota di linea non pilotasse una macchina del tempo nel tempo libero.

    Lo so che la cosa ti può stupire e turbare, ma i poveri hanno affascinato milioni di persone. Anche Don Milani, che era un ragazzo di buona famiglia, e l'inglese probabilmente l'ha studiato da una prof simile alla tua.

    Così alla fine io non mi ricordo di Marmeladov, e tu della Lettera a una professoressa (ammesso che tu l'abbia letta). Tranquillo, nessuno ti boccerà per questo, di vaste ignoranze è pieno il mondo. Uno di questi pomeriggi ti siedi sotto una kenzia e lo leggi. Probabilmente non ti dirà niente, perché è vero, i poveri sono difficili da capire, anche quando si sforzano di parlare chiaro.

    Zen, siamo daccapo: forse hai ragione tu sui numeri, forse la media prof/studente in Italia è bassa (forse a causa dei prof di religione?) Il fatto è che non riesco a capire, nella mia quotidianità d'insegnante, come sarebbe possibile alzarla. Più di così in meno ore non ci riesco, e non mi pare che ci riescano neanche i miei colleghi. E comunque l'idea di correggere un solo compito all'anno (in qualunque materia, non solo in italiano) mi sembra fuori da qualunque idea della didattica: noi siamo insegnanti che coi ragazzi facciamo un percorso, non magistrati che una volta all'anno giudichiamo un imputato.

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