L'esperto
È uno di cui vi fidate. Ogni volta che trovate il suo nome, leggete fino in fondo, non cambiate canale. È uno di quelli che ne capiscono. Soprattutto, è uno di quelli che sanno citare i dati, che non sparano sentenze a capocchia. L'esperto è affidabile.
Finché un giorno, per caso, l'esperto si mette a parlare di qualcosa che conoscete anche voi. Anche se voi della vita non conoscete molto, pure c'è sempre qualcosa di cui la vita finisce per rendervi esperti, a volte vostro malgrado. Ed ecco che questa persona, che stimate tantissimo, di cui non vi perdete un intervento, per la prima volta vi sembra un po' fuori tono. Distratto, quasi superficiale. Magari è una coincidenza. O è solo la prima volta che ve ne accorgete? Potete fidarvi ancora di lui?
Domenica sulla Repubblica Tito Boeri ha pubblicato un lungo intervento sulla prova Invalsi, che qui viene ricopiato pari pari, con tutte le obiezioni che mi sono venute in mente a una prima, una seconda, una terza lettura. Quello che segue è dunque un pezzo molto lungo, che parla di una cosa un po' specifica, smettete pure di leggere quando vi va.
Il costo della rivolta contro i test Invalsi
Solo a settembre sapremo quali sono le conseguenze della "rivolta" contro i test Invalsi nelle scuole superiori, quanti esami sono stati consegnati in bianco, quanti studenti hanno disertato le prove.
Sapremo anche quanti docenti hanno permesso che i loro studenti copiassero gli uni dagli altri, rendendo il test di apprendimento del tutto inutile. Ma è tempo già ora di organizzare la rivolta di coloro che pagheranno il costo di queste "agitazioni": i docenti, a partire da chi si è visto invalidare il test sulla propria materia da un collega che magari non li ha neanche informati della sua intenzione di boicottare l'esame, gli studenti e le loro famiglie.
Solo a settembre sapremo... sicuri? Questo è uno di quei problemi statistici che non ho mai capito. Se i dati sono stati raccolti male, come faremo a sapere che i dati sono stati raccolti male? Dai dati? Ma sono stati raccolti male. Oddio, laddove un'intera classe abbia messo le stesse crocette sugli stessi pallini, non sarà difficile immaginare un boicottaggio. Ma dove hanno messo i pallini a caso, con in media il 25% di possibilità di azzeccare comunque il quesito? E dove l'insegnante in sede di spoglio dopo aver compilato diligentemente una quindicina di tabulati, ha sbroccato e ha messo a caso l'altra quindicina? A settembre lo sapremo? Ce ne accorgeremo? Mah.
La rivolta contro l´invalidazione degli Invalsi dovrebbe andare ben al di là della difesa di queste prove. Come tutti i test, anche gli Invalsi sono perfettibili [...]
Ecco, i test sono perfettibili. Tre anni che sento dire questa cosa: tante grazie, siamo tutti perfettibili. La Venere di Milo è perfettibile. Don Seppia è perfettibile. La prova Invalsi è senz'altro nell'insieme delle cose perfettibili, ma dopo tre anni che viene svolta, e pubblicata, sarebbe anche ora di cominciare a porci il problema: come possiamo renderla un po' più perfetta di così? Quand'è che cominciamo a discutere nel merito dei quesiti che vengono posti, delle risposte che vengono imposte? Ne vogliamo parlare? O vogliamo continuare ad accettare in blocco la prova così com'è, con la scusa che è perfettibile?
[...] a partire dalle modalità con cui vengono svolte e valutate le prove. Ci devono essere ispettori che controllino che agli studenti non venga permesso di copiare e i risultati devono essere valutati da docenti diversi da quelli degli allievi che hanno sostenuto la prova, che hanno tutti gli incentivi a far fare bella figura ai propri studenti.
Gli ispettori. In tutte le classi. Professor Boeri, ha fatto il calcolo di quanti ispettori servirebbero? Quante classi elementari fanno il test (e lo devono fare tutte nello stesso orario)? Quante prime e terze medie? Quante classi superiori? Dove li troviamo tutti questi ispettori, e come li paghiamo? Ma soprattutto, una volta assoldate queste decine di migliaia di ispettori (probabilmente dai bassifondi delle graduatorie) chi è che si assicura della loro correttezza e professionalità? Bisognerà mandare ispettori degli ispettori a ispezionare gli ispettori... oppure si fa una prova a campione. Ecco, se si fa una prova a campione (ad es. una classe per istituto) ha senso mandare gli ispettori. Ma se davvero volete somministrare un test a livello nazionale, non avete scelta: l'unica rete di funzionari presente sul territorio è la classe docente. Siamo noi. Se volete fare la prova Invalsi, dovete convincerci. Pagandoci, per esempio. Oppure motivandoci in qualche altro modo. Finora avete provato con le minacce. A settembre vedrete se ha funzionato. Forse.
Bisognerebbe, al contempo, raccogliere informazioni sugli studenti assenti alle prove in modo tale da dissuadere gli istituti dall'incoraggiare assenze selettive degli studenti con le performance peggiori.
Sì. Ha un senso. Un po' poliziesco, ma posso capire. Non ci avevo ancora pensato, Boeri sì (a questo servono gli esperti): quando il sistema andrà a regime, le scuole cominceranno a competere furiosamente tra loro, ed evitare che gli studenti peggiori partecipino alla prova nazionale sarà per molte una questione di vita e di morte. Non resta che imporre un apparato poliziesco..
A questo punto i risultati dei test potrebbero essere resi pubblici, scuola per scuola senza timore di fornire segnali fuorvianti alle famiglie. Che devono comunque chiedere alle scuole informazioni aggiuntive rispetto ai test. Ad esempio, nell'era di Internet ogni docente dovrebbe affiggere sulla pagina web della scuola una nota in cui descrive a grandi linee come intende organizzare il programma di insegnamento e illustrare i propri metodi didattici e criteri di valutazione.
Ma per carità, sono d'accordo. Nell'era di Internet, invece di stampare il programma su una fotocopia e allungarlo al genitore (che lo smaltirà nel primo cestino di carta straccia sulla strada di casa), si può sbattere tutto questo materiale on line, con un bel risparmio di foreste. Però non è che prima dell'“era di internet” i programmi degli insegnanti fossero un segreto di Stato, eh. C'è da dire che un insegnante che sa “descrivere a grandi linee” il suo programma e i suoi metodi didattici su una pagina web (o su una fotocopia) non è necessariamente un bravo insegnante, e se ne rendono conto subito tutti: genitori, studenti, colleghi, il prof stesso. La differenza tra saper insegnare e saperla raccontare, a scuola, è enorme. All'università le cose vanno già diversamente. Così l'idea che un genitore possa scegliere una scuola sulla base della paginetta di presentazione dell'insegnante, ecco, è come dire... un po' accademica.
Il nostro sistema scolastico permette alle famiglie, soprattutto nelle grandi città, di scegliere la scuola a cui iscrivere i propri figli. Ci sono vincoli in questa scelta, ma molto meno che in altri paesi, dove l'iscrizione è dettata unicamente dalla residenza.
Altri Paesi. Quali? Perché? In questi non meglio precisati Paesi l'iscrizione è vincolata “unicamente dalla residenza”. In Italia da cosa altro è vincolata?
Questa maggiore possibilità di scelta dovrebbe fondarsi su informazioni adeguate sul valore aggiunto offerto dai diversi istituti alla formazione di chi si prepara per il mondo del lavoro. Invece paradossalmente in Italia ci sono meno informazioni che altrove sui contenuti formativi dei programmi didattici, sugli sbocchi professionali e sull'accesso all'università dei diplomati nei diversi istituti.
Anch'io sono convinto che “altrove” le cose vadano meglio, però non sarebbe male sapere dov'è questo “altrove”, e cosa fanno loro di meglio rispetto alle brochures informative e ai POF dei nostri istituti che, ne sono sicuro, sono perfettibili. Ma qual è il punto? I POF sono poco visibili? (Nell'“era di internet” di solito sono la prima cosa che una scuola mette on line). Stanno diventando tutti uguali? Per forza: sono il settore in cui vanno a incidere i tagli. Una scuola che metteva nel POF la madrelingua, se non ha più soldi per pagarla deve toglierla dal POF; la scuola che teneva aperti tutti i pomeriggi per corsi di potenziamento, ai primi tagli ha dovuto togliere i corsi dal POF. E così via.
A cosa si deve questo paradosso?
Ai tagli, per esempio.
Ci sono sicuramente barriere di natura ideologica ad ogni tipo di valutazione svolta dall'esterno. C'è poco da argomentare contro i pregiudizi.
No, l'ideologia no. Sul serio. Non c'è nulla di meno ideologico della resistenza alle prove invalsi. Gli insegnanti non vogliono essere precettati per svolgere un censimento sulle conoscenze dei loro alunni che avrà ripercussioni sul loro reddito e sulla reputazione dell'istituto dove lavorano, e l'ideologia in tutto questo c'entra poco o nulla. Il boicottaggio non l'ha promosso il sindacato trotzkista (ma neanche la Cgil), il boicottaggio lo ha fatto l'insegnante del quartiere svantaggiato che ha paura che lo giudichino inferiore a uno omologo del quartiere non svantaggiato perché è in ritardo col programma (chiamalo fesso).
Bene ricordare un vecchio adagio popolare: "se non ti poni il problema di misurare una cosa, significa che quella cosa per te non ha alcun valore". Chi non vuole misurare la qualità dell'istruzione, non assegna alcuna importanza alla scuola.
Io quell'adagio popolare, giuro, non l'ho mai sentito (in compenso potrei incartare chili di baci perugina con proverbi del tipo: il sapere non si pesa, la cultura non si misura, l'essenziale è invisibile agli occhi eccetera eccetera. Ma lasciam perdere).
C´è poi il rifiuto dei test standardizzati. Molti docenti ritengono che solo loro siano in grado di definire parametri di valutazione adeguati, che tengano conto della specificità del loro programma di insegnamento. La ragione ultima, talvolta inconsapevole, di queste obiezioni è che chi viene valutato vorrebbe sempre costruirsi il proprio test. Quelli standardizzati servono proprio ad evitare che i docenti scelgano di adottare criteri di valutazione favorevoli ai propri studenti, dunque a se stessi. E permettono di svolgere comparazioni del livello di apprendimento prima e dopo l'operato di un docente, oltre che fra classi e scuole diverse.
Non fa una piega. Il problema è che per permettere tutte queste comparazioni i test invalsi devono essere fatti bene. Ma sono fatti bene?
Ci sono poi i timori di alcuni docenti che la valutazione possa ritorcersi contro di loro. Nel caso dei bravi docenti sono paure del tutto infondate:
Beh, ma questa è buona. Siate bravi e nessuno vi farà male. Ma noi temiamo, appunto, di non essere bravi. Perché misuriamo ogni volta la distanza tra la nostra preparazione e il risultato di una prova che non dipende nemmeno dal programma che stiamo svolgendo. C'è un migliaio di modi diversi di essere bravi insegnanti di italiano, ma se la prova invalsi fa una domanda sulla subordinata consecutiva, l'unico insegnante che sarà ritenuto “bravo” è quello che ha perso due settimane di tempo a far entrare nella testa del singolo ragazzo il concetto di subordinata consecutiva. Gli altri magari sono bravi a fare altre cose, ma non è vero che non hanno nulla da temere. Hanno da temere la proposizione subordinata consecutiva, per esempio. Cominciano a sognarsela di notte.
i miglioramenti compiuti dagli studenti nelle loro materie vengono ben monitorati da questi test che, non a caso, sono in genere molto coerenti fra di loro.
Lo trovo discutibile (almeno per le prove che ho somministrato io), e magari un'altra volta lo discuterò. Prendo atto che per Boeri le prove Invalsi sono in generale fatte bene.
Non è neanche vero che le prove distolgano le scuole dal perseguimento dei programmi didattici inducendole a preparare gli studenti per i test, anziché perseguire i programmi didattici. Le conoscenze che i test intendono valutare sono parte integrante degli standard minimi educativi.
La proposizione consecutiva? In terza media? E non me la sono mica inventata io, c'era nel test di tre anni fa. Cioè, terza media di scuola dell'obbligo, un alunno su quattro non è di origine italiana, e secondo voi lo “standard minimo” è che sappiano cos'è una proposizione consecutiva? Ma voi lo sapete cos'è una proposizione consecutiva? La sapreste riconoscere a colpo sicuro in un testo scritto? E soprattutto, ditemi, vi serve così tanto nella vita di ogni giorno? Vi è indispensabile nel lavoro che fate, nell'andare a far la spesa o nel discutere coi vostri vicini? La proposizione consecutiva? Lo standard minimo? E se io invece di insegnarla mi concentro, per dire, sul complemento oggetto, è perché sono un cattivo insegnante, e la mia scuola una cattiva scuola?
E non è affatto detto che il cosiddetto "teaching to the test", insegnamento finalizzato a una migliore performance nel test, sia efficace.
Questo è interessante. Da quando le prove Invalsi sono arrivate a scuola, un sacco di insegnanti ha cominciato a usare le ore di lezione per allenare i ragazzi a riuscire nei test, e gli esperti storcono il naso: quella non è vera scuola. Sì, ma se l'obiettivo diventa riuscire nel test, meglio allenarsi, no? No, non è detto che sia meglio. Sì, ma chi è che non lo dice? Ci sono degli studi in materia, dei dati statistici? Perché professore, finché non mi fa vedere dei numeri, io continuo a far fare ai miei ragazzi dei test a nastro, nella speranza che becchino più o meno le stesse risposte della prova finale: ne va della mia reputazione e del mio salario, mica mi posso fidare dei suoi “Non è detto”.
Ma forse gli ostacoli più forti al miglioramento delle informazioni sulla qualità del nostro sistema scolastico vengono dalla politica. Senza questi dati non è possibile valutare le tante piccole modifiche, più di facciata che di sostanza, apportate da ministri che vogliono solo apporre una bandierina, mostrare di avere fatto una "riforma" che immancabilmente porta il loro nome.
Ecco, sarei anche d'accordo. Secondo me il primo ad aver boicottato l'Invalsi è stato il Ministero stesso.
La mancanza di valutazione rafforza la discrezionalità della politica. Può fare tutti i cambiamenti che vuole, magari definendoli sperimentali. Tanto poi non ci sarà nessuno in grado di valutarne gli effetti. I test standardizzati permettono di valutare queste pseudo-riforme. Ad esempio, uno studio condotto da Erich Battistin, Ilaria Covizzi e Antonio Schizzerotto dell'Irvapp di Trento e basato proprio sui test Invalsi ha dimostrato che il ripristino dei cosiddetti esami a settembre (al posto del recupero dei debiti formativi in corso d'anno) ha accentuato le differenze quanto a conoscenze linguistiche tra studenti liceali e studenti di scuole tecnico-professionali, peggiorando la qualità dell'istruzione soprattutto per chi viene da famiglie con redditi più bassi.
Ecco, finalmente una fonte, un rimando a una ricerca sul campo. Sono contento. Ma sono anche un po' perplesso. Non ho potuto ovviamente leggere la ricerca di Battistin Covizzi e Schizzerotto, ma non dubito che si tratti di un lavoro valido. Non capisco però come possa essere basata “proprio sui test Invalsi”, visto che i test delle superiori li abbiamo fatti per la prima volta quest'anno, per la precisione due giovedì fa, e, come diceva lo stesso Boeri, fino a settembre non conosceremo i risultati. Se Battistin e compagni hanno adoperato dei dati su studenti liceali e studenti di scuole tecnico-professionali, non erano quelli delle prove nazionali Invalsi. Oppure si sono basati sulle prove che gli stessi ragazzi avevano svolto alle medie due anni prima?
Sia come sia, il risultato non è questa straordinaria sorpresa. I crediti scolastici si recuperano a scuola aperta. L'esame di settembre si prepara a scuola chiusa. Chi è che riesce a studiare meglio con la scuola chiusa, Pierino Reddito-Medio-Alto o Gianni Reddito-medio-basso? E per scoprirlo bisognava sul serio impartire un test a tutti gli studenti italiani? Non dico che sia sbagliato, ma era necessario?
Chi oggi rifiuta le valutazioni in nome dell'egualitarismo dovrebbe riflettere su questo risultato. Senza le informazioni offerte dai test standardizzati la battaglia contro la scuola di classe rischia di avere le armi spuntate.
Io non sono in linea di massima contro la prova nazionale. Ma non ditemi che è l'unico modo per ottenere dati scientifici. Altrimenti l'Istat ci farebbe un censimento una volta all'anno. Si fanno ricerche di mercato a livello nazionale su campioni statistici di decine di migliaia di individui; possibile che a scuola non bastino?
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Condivido, praticamente tutto. (A parte il fatto che forse la Venere di Milo non è perfettbile.)
RispondiEliminaGiusta soprattutto la considerazione iniziale: quando sentiamo parlare i sedicenti esperti di qualcosa che conosciamo bene, la caratura del loro essere esperti vacilla non poco.
Dieci anni fa, la proposizione consecutiva era nel programma base delle mie scuole medie. Insieme ad un sacco di proposizioni il cui riconoscimento non stento a considerare inutile, e che comunque ai tempi conoscevo molto meglio di oggi...
RispondiEliminaPoi, possono esserci ragioni per "soprassedere" - i miei compagni "disagiati" erano non stranieri, ma meridionali, e non ho idea di come possa essere oggi una scuola pubblica in periferia: io ero già piuttosto shockato allora -, ma sono quasi certo che non abbiano rivoluzionato i programmi, e dunque è ragionevole che il ministero continui a chiedere a tutti di misurarsi su 'sta roba da Ottocento.
Non è roba da Ottocento, è la normalissima sintassi della frase complessa. Sta ancora in tutti i programmi e in tutti i manuali di grammatica delle medie: di solito nelle ultime cinquanta pagine.
RispondiEliminaNon dico che non debba essere studiata, ma non ditemi che è uno standard minimo. Non prendetemi in giro. Abbiate il coraggio di dirmi che volete sapere se io riesco ad arrivare o no alla sintassi della frase complessa, e che mi pagherete di più se ci arrivo.
Lo studio citato da Boeri è questo:
RispondiEliminahttp://www.dse.univr.it/documenti/Seminario/documenti/documenti516694.pdf
NON certo basato sui test Invalsi, ovviamente,
ma su test "ad hoc" preparati forse dall'Invalsi, come risulta qui
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002322.html
ma che non hanno NULLA a che vedere con i "test Invalsi" dei quali il povero Boeri crede di parlare nel suo "articolo".
non capisco quest'ultimo punto. valutare le eccellenze non è esattamente questo? fare domande più difficili della media e vedere chi risponde bene. in realtà mi pare che tu confonda questo approccio, che a me pare corretto, con la possibile conseguenza di una riduzione del tuo stipendio se la tua classe non risultasse nel percentile giusto.
RispondiEliminaE' un po' fuori tema, ma è una cosa che mi turba da qualche giorno :-)
RispondiEliminaE se qualche dirigente facesse correggere i test agli studenti, invece che agli insegnanti?
a me fa ridere che si facciano gli esami di quinta elementare, terza media e maturità e poi ci sia bisogno del test a crocette per capire se la scuola funziona (o per entrare all'università).
RispondiEliminaFrancamente non vedo nessun possibile miglioramento nella didattica nel far dipendere lo stipendio di un professore da un test a crocette. Se uno è incapace di solito è bravissimo a insegnare i trucchi per passare un esame standardizzato.
L'unico effetto sarà quello di introdurre un ulteriore elemento di controllo da parte dello stato sulla didattica e di togliere fondi alle scuole disagiate per darli a quelle ricche (robin hood all'incontrario).
Inoltre, per l'esperienza che ho avuto nella mia vita, mi fido molto più dei professori che mi hanno cresciuto che delle alte sfere ministeriali.
Leo, complimenti, da parte mia, invece.
RispondiEliminaDunque,
RispondiEliminapremetto che questo commento sarà noioso e pedante. Premetto che dovrò romperlo in più pezzi in quanto lungo. Premetto infine che io non conosco di preciso come vengano svolte le prove invalsi in Italia e perchè ci sia stata una "rivolta": e neanche da quDunque,
premetto che questo commento sarà noioso e pedante. Premetto anche che io non conosco di preciso come vengano svolte le prove invalsi in Italia e perchè ci sia stata una "rivolta": e neanche da questo post mi pare di poterlo capire molto bene. Mi sembra però che si tratti principalmente di una forte riluttanza dei docenti a farsi valutare. Vorrei perciò portare la mia esperienza personale, premettendo che non sono affatto un fan del ministro Mariastella e non ho nemmeno un culto destroide della meritocrazia di cui l'attuale maggioranza si riempie tanto la bocca...partiamo.
Ho insegnato matematica e fisica per diversi anni in Slovenia, nelle scuole pubbliche: sia in scuole medie che in liceo (loro le chiamano elementari e ginnasio ma tant'è).
I testi degli esami di maturità (o di terza media) arrivano ovviamente in busta chiusa dal ministero; nelle classi dove si svolge il test non può essere presente nè l'insegnante della materia oggetto d'esame nè insegnati di materie affini (il prof di fisica non può controllare il test di matematica e viceversa). Ad ogni studente è assegnato un codice numerico, e lo svolgimento del test è anonimo: ogni studente appiccica il proprio adesivo col codice sull'elaborato, il tutto vine richiuso e spedito al ministero, che redistribuisce a caso le buste sul territorio nazionale. I docenti di ruolo vengono mobilitati per la correzione dei test, che avviene sotto la supervisione degli addetti ministeriali: addetti che non sono degli esimi sconosciuti ma insegnanti o ex insegnanti avanzati di ruolo che durante l'anno scolastico seguono la didattica, tengono i corsi di formazione, effettuano delle ispezioni, vengono a seguire le lezioni (con debito preavviso) e danno consigli ai docenti di prima linea, e che spesso hanno collaborato alla stesura dei test stessi. La valutazione degli elaborati non ha praticamente margine di discrezionalità: non solo ad ogni esercizio è assegnato un certo punteggio, esto post mi pare di poterlo capire molto bene. Mi sembra però che si tratti principalmente di una forte riluttanza dei docenti a farsi valutare. Vorrei perciò portare la mia esperienza personale, premettendo che non sono affatto un fan del ministro Mariastella e non ho nemmeno un culto destroide della meritocrazia di cui l'attuale maggioranza si riempie tanto la bocca...partiamo.
Ho insegnato matematica e fisica per diversi anni in Slovenia, nelle scuole pubbliche: sia in scuole medie che in liceo (loro le chiamano elementari e ginnasio ma tant'è).
I testi degli esami di maturità (o di terza media) arrivano ovviamente in busta chiusa dal ministero; nelle classi dove si svolge il test non può essere presente nè l'insegnante della materia oggetto d'esame nè insegnati di materie affini (il prof di fisica non può controllare il test di matematica e viceversa). Ad ogni studente è assegnato un codice numerico, e lo svolgimento del test è anonimo: ogni studente appiccica il proprio adesivo col codice sull'elaborato, il tutto vine richiuso e spedito al ministero, che redistribuisce a caso le buste sul territorio nazionale. I docenti di ruolo vengono mobilitati per la correzione dei test, che avviene sotto la supervisione degli addetti ministeriali: addetti che non sono degli esimi sconosciuti ma insegnanti o ex insegnanti avanzati di ruolo che durante l'anno scolastico seguono la didattica, tengono i corsi di formazione, effettuano delle ispezioni, vengono a seguire le lezioni (con debito preavviso) e danno consigli ai docenti di prima linea, e che spesso hanno collaborato alla stesura dei test stessi.
La valutazione degli elaborati non ha praticamente margine di discrezionalità: non solo ad ogni esercizio è assegnato un certo punteggio,
RispondiEliminama ad ogni passaggio del procedimento è assegnato un determinato punteggio, di modo che un esercizio incompleto possa ottenere almeno parte dei punti: sono contemplati tutti i modi standard per poter svolgere gli esercizi e ci sono le clausole specifiche per i modi non standard. Gli esercizi sono numerosi e relativamente semplici: non si verifica la genialità ma la comprensione dei concetti base. Alla fine, la valutazione è oggettiva, ed i colleghi di materie umanistiche mi garantiscono che anche per queste il margine di discrezionalità è minimo.
L'anonimato garantisce che non vi sia interesse a imbrogliare da parte dell'esaminatore; gli studenti hanno ampie possibilità di esaminare i test una volta corretti e fare ricorso con l'aiuto dei propri insegnanti - mi è capitato perfino di vincerli. Il tutto si svolge durante le ore di lezione normali, con un minimo di riprogrammazione e spostamenti di orario.
Pulito, semplice, con un minimo dispendio di energie e risorse, oggettivo.
Il procedimento è praticamete lo stesso per le scuole medie e per il liceo: con la differenze che per il liceo questo procedimento (assieme ad un altro molto simile per la prova orale) stabilisce il voto di maturità mentre per le scuole medie fornisce due indicazioni: una in base alle quali le scuole superiori, solo in caso di eccesso di iscrizioni rispetto alla propria capacità didattica, possono decidere chi accettare e chi no (ma è uno spauraccho molto teorico), una seconda per valtare il docente. Questa ultima è pesata sulla quantità di anni durante i quali il docente ha tenuto la classe: un anno non conta, due anni inizi ad essere responsabile e dopo tre anni con la stessa classe sei responsabile al cento per cento.
In caso di prestazioni significativamente al di sotto della media nazionale e degli standard previsti dai programmi ministeriali, i docenti non vengono certo licenziati, ma affiancati dai supervisori di cui si è parlato sopra con lo scopo di aiutarli a migliorare la qualità della loro didattica.
Durante il mio primo anno di insegnamento, le prime volte che ho ricevuto le visite dei suddetti esperti, a me cresciuto nella scuola italiana in cui il professore aveva il potere assoluto sembrava di subire un'insopportabile umiliazione ed intrusione, una intollerabile mancanza di fiducia e persecuzione-forse perchè italiano? Forse avevo fatto qualche sgarbo a qualche genitore importante? In seguito ho capito che le ispezioni erano normalissime, che è un sistema ottimo , non concepito per tormentare ma per aiutare, in cui persone di provata esperienza e che hanno insegnato per anni aiutano i novellini ad avanzare lungo i cinque livelli di carriera che un insegnante ha a disposizione: l'ultimo livello riceve una paga quasi doppia rispetto all'insegnante appena arrivato: gli avanzamenti possono avvenire ogni cinque anni e sono attentamente monitorati, comportando la presentazione di tesine, lo svolgimento di lezioni pubbliche e ovviamente il controllo dei risultati ottenuti dagli studenti.
Non dico che tutto sia perfetto, certo il sistema dà meno libertà e si è molto più controllati, ma anche molto più aiutati e valorizzati anzichè lasciati allo sbaraglio. Penso che questo commento possa anche aiutare a dare delle risposte ad alcune domande esposte qui sopra: dove reperire le risorse umane, ad esempio. In generale ritengo che la valutazione degli insegnanti sia un principio corretto e di civiltà e che delle modalità intelligenti si possano trovare. Spero solo che nessuno risponda "ma un sistema del genere può funzionare in slovenia e non certo in Italia", come mi è già capitato di sentire, discorso che non commento nemmeno. A presto,
Luigi
Mi è stato cancellato un doppio commento, forse perchè troppo lungo e sicuramente perchè noioso. Lo riassumo:
RispondiEliminaHo insegnato per anni in Slovenia, e laggiù (anzi, lassù) non servono torme e torme di ispettori ministeriali. Gli insegnanti di materie umanistiche presiedono allo svolgimento delle prove scientifiche, e viceversa. Gli insegnanti di una scuola vanno in un'altra, territorialmente vicina. Il corpo doente basta e avanza: basta usarlo con intelligenza.
I test (che poi sono gli stessi esami di terza media e di maturità) vengono spediti a Lubiana e poi redistribuiti in forma anonima sul territorio nazionale per la correzione, di modo che nessuno sappia di chi sta correggendo il lavoro.
Gli esercizi e la valutazione del punteggio sono tali che la discrezionalità dell'insegnante praticamente non esiste-è nulla per le materie scintifiche e bassissima per le materie umanistiche.
E nessuno si sogna di "non voler essere giudicato": ma stiamo scherzando? Una valutazione seria e standardizzata su base nazionale dei docenti è uno strumento importantissimo. Detto da uno che non ha nessuna simpatia nè per la Mariastella nè in generale per questo orrido governo, eh. Giusto per chiarire.
La logica dei test invalsi mi lascia un po' perplesso. Prima di tutto mi pare che questi test siano la conseguenza di una mania che ormai è dilagata: quella di misurare qualsiasi cosa. Del resto la scuola italiana ha sempre funzionato senza test invalsi, raggiungendo anche delle notevoli punte di eccellenza, come le elementari, non capisco perché ora i test invalsi sarebbero indispensabili per migliorarla.
RispondiEliminaMa al di là di questo sono le conseguenze che si traggono dai risultati dei test a lasciarmi più perplesso. L'idea, se non ho capito male, è che più sono alti i risultati di una classe o di una scuola e più fondi vengono elargiti. Il meccanismo mi pare ottuso e, soprattutto, semplicistico: i test invalsi infatti, anche se fossero un valido metro di valutazione, direbbero soltanto qual è il livello di preparazione degli alunni ma non ne spiegherebbero le ragioni. Facciamo un esempio limite, prendendo in considerazione due scuole pubbliche: una di Scampia e una di Trento. E' facile immaginare che i risultati migliori siano ottenuti dai ragazzi di Trento ma non è detto che la maggior bravura dell'insegnante trentino rispetto a quella del docente napoletano sia l'unica ragione di tali risultati, né la principale. Probabilmente il docente che insegna a Scampia per far bene il suo lavoro deve spendere un bel po' di ore cercando di portare a scuola i ragazzi, spiegando loro che la camorra non è meglio dello stato, che i genitori stipendiati dai camorristi non sono fortunati ma sono succubi di criminali che prima privano loro dei diritti fondamentali e poi glieli restituiscono sotto forma di concessione: non stupisce che gli studenti di Scampia ottengano risultati scarsi rispetto a quelli di Trento. Per migliorare la preparazione dei ragazzi servirebbe una presenza dello stato molto più massiccia e probabilmente sarebbero necessari maggiori investimenti per sostenere il lavoro di questo docente. Tuttavia le misure incentrate esclusivamente su un metodo di valutazione basate sui test invalsi sarà di togliere fondi alla scuola di Scampia e darne a quella di Trento.
Ma lasciamo perdere anche la camorra e i quartieri disastrati di Napoli. Rimaniamo nella teoricamente civilissima e ricca Milano. Ora mi chiedo: come si fa a valutare con lo stesso metro di giudizio la scuola media di via della Spiga (una parallela di Corso Vittorio Emanuele, cioè la via che collega piazza San Babila al Duomo) e una qualunque scuola media nei pressi di via Padova? Nel primo caso probabilmente le classi saranno composte dai figli dell'alta borghesia milanese che, mal che vada, se hanno difficoltà si rivolgeranno a qualcuno che dia loro delle ripetizioni. Nel secondo caso l'obiettivo principale non è certo di sfornare dei geni della matematica o dei poeti, piuttosto in via Padova la preoccupazione principale degli insegnanti sarà di insegnare l'italiano ai loro numerosi studenti stranieri e promuovere l'integrazione tra le diverse etnie.
Insomma penso che se si vuole valutare in modo efficace gli istituti italiani si deve tenere conto degli obiettivi che ogni classe può ragionevolmente raggiungere e, soprattutto, di quelli che è auspicabile che vengano raggiunti, che non è necessariamente il punteggio massimo in un test standardizzato.
Nel caso possa interessare, il lavoro di Battistin, Covizzi e Schizzerotto lo si può trovare all'indirizzo:
RispondiEliminahttp://www.uclouvain.be/cps/ucl/doc/core/documents/IRVAPP_PR2010-01-1.pdf
A margine, della proposizione consecutiva io ne sono ventua a conoscenza alle medie vent'anni fa. Oggi non sono sicura di saperla riconoscere (è la risposta B?), ed è una conoscenza che non ho mai adoperato dopo il liceo (e anche durante...).
Il criterio per stabilire i programmi scolastici non può ragionevolmente essere la maggiore o minore "utilità(pratica e immediata)" di una nozione nella vita adulta, a meno di non volere mettere in discussione il senso tradizionalmente accettato di educazione.
RispondiEliminaIl vero punto di tutta la questione invalsi è se sia legittimo e utile che lo stipendio del corpo docente possa dipendere dai risultati del test.
Luigi ti sei accorto di avere fatto un pasticcio con il copiaincolla? Non credo che nessuno ti abbia cancellato niente.
RispondiEliminano, non mi pare un errore con i copia incolla. però all'inizio i miei primi due commenti li vedevo, poi non li ho visti più e adesso li vedo di nuovo.
RispondiEliminaLascio al proprietario del blog il diritto di cancellarli in ogni caso, sono effettivamente troppo lunghi.
ah sì hai ragione. scusa, sono un po' stanco.
RispondiEliminaMa scusa, tu credi che Boeri (o il 99% degli editorialisti.. non dico il 100% perche' esistono casi come Krugman che scrive di economia) sappia di cosa scrive?
RispondiEliminaTendo a non cancellare nulla, ma effettivamente l'antispam a volte cassa i commenti troppo lunghi. Nel caso è sufficiente scriverne subito uno più corto, così appena mi connetto vado subito a recuperare i commenti (ma può anche passare una mezza giornata, eh).
RispondiEliminaIo credo che nelle proteste dei professori italiani CI SIA molto di ideologico. Basta vedere quel che hanno detto i Cobas, il documento dei docenti del Mamiani e anche i falsi ideologici di Mila Spicola sull'Unità.
RispondiEliminaCiò detto, potrei essermi perso qualcosa per strada: a me non risulta che i test Invalsi siano concepiti per valutare i prof.
Può ben essere che la Gelmini voglia usarli in maniera impropria, però mi pare che la sua sperimentazione sulla retribuzione dei migliori insegnanti sia già stata cassata miseramente (avrei al riguardo delle critiche, tanto alla Gelmini quanto ai cassatori), quindi non vedo tempeste in arrivo.
Le sviste di Boeri, che sembra ignorare il POF, non sapere su cosa si basavano i dati della ricerca da lui citata, che ben poco sa degli ispettori ma si sente in diritto di pontificare...mi confortano in un mio antico coinvincimento: la scuola è come la nazionale, e siamo tutti ct.
FR
Fulvio
RispondiEliminaSono insegnante di scuola superiore, ma anche formatore ECDL. Gli esami ECDL sono composti di quesiti relativi ad abilità strettamente ed inequivocabilmente formalizzate da un "Syllabus" europeo. Come formatore - addestratore ECDL (non certo educatore!) non incontro nessun problema: fin dall'inizio del corso, so perfettamente quali operazioni e/o quesiti potranno venir chiesti ai "miei" corsisti, perciò li addestro su quelli, e controllo se li sappiano risolvere o meno. I corsisti che non superano l'esame sanno benissimo se, quanto e come, io ho trattato o meno gli argomenti che si sono visti somministrare, per cui sanno anche dare un giudizio su se stessi e sul loro addestratore.
Una cosa analoga avviene per l'esame di "teoria" (non so se si chiama ancora così) per la patente di guida: il formatore è anche lì un semplice addestratore in vista di un insieme di quiz predefiniti..
Non so se un modello del genere sarebbe traducibile in un contesto educativo più complesso quale quello scolastico: starebbe a questo punto al Ministero definire un "Syllabus" di competenze e conoscenze minime, rigidamente formalizzate, su scala nazionale, in base alle quali i docenti organizzerebbero il proprio programma. Non vedo altre ipotesi su cui lavorare... Non certo le prove INVALSI come sono adesso, slegate da un quadro delle competenze-conoscenze chiaro e delimitato. E certamente il progetto educativo scolastico non dovrebbe mai ridursi, secondo me, a questo solo aspetto: lo sviluppo culturale delle persone prevede una dimensione molto, ma molto più vasta (almeno credo).
Ho letto l'articolo di Boeri e le qui presenti obiezioni.
RispondiEliminaDiciamo che in teoria Boeri ha molte ragioni, soprattutto quando afferma che ci sono molte resistenze di tipo ideologico, tuttavia capisco che ci sono anche molti problemi pratici reali quando si parla di voler usare questi test non per delle statistiche e valutazioni dell'apprendimento degli alunni, ma come la base della valutazione dei docenti e degli istituti scolastici.
Allora la cosa si fa più seria, ed è assolutamente legittimo che i docenti chiedano una certa serietà, essendo in discussione il loro operato.
Inoltre se dovesse entrare a regime il meccanismo della valutazione delle scuole sui risultati dei test prevedo anche io manovre dei dirigenti scolastici per allontanare gli studenti meno preparati e cose simili, che per essere evitate richiederebbe una specie di stato di polizia scolastica(i test vanno somministrati per ovvi motivi contemporaneamente, quindi gli assenti non possono farli il primo giorno che si ripresentano) poco realizzabile e ancor meno auspicabile.
Con questo non voglio dire che le valutazioni basate sui test siano impossibili, ma occorre pensarle bene certe cose, altrimenti si rischia solo di peggiorare la situazione.
Trovo interessante la testimonianza di Luigi, e sono uno di quelli che pensano che sistemi del genere non siano attuabili solo in Slovenia.
RispondiEliminaProbabilmente la vera, grande resistenza a questo modo di approcciare l'insegnamento scolastico e la sua valutazione in Italia, sta nel fatto che si vede nel concetto di "libera docenza" più un'opportunità ad uso e consumo degli insegnanti che la possibilità di utilizzare peculiari forme di didattica per avvantaggiare gli studenti quando queste siano riconosciute efficienti.
Molti problemi pratici esistono, ma con una sapiente organizzazione si possono superare senza affanno, quello che gli insegnanti devono dire quindi è se vogliono essere valutati per quello che fanno in classe o vanno bene le promozioni per anzianità.
Una domanda per Luigi: ma in Slovenia il sistema che hai descritto è applicato anche alle scuole private?
RispondiEliminaCredo che le prove INVALSI così come sono concepite siano del tutto inadeguate a valutare l'insegnamento e l'apprendimento. Rimane però il problema della valutazione della qualità dell'insegnamento. Mi dispiace dirlo ma credo che oggi nella scuola italiana siano veramente pochi i docenti che fanno il loro lavoro con onestà e passione.....forse anche la sinistra dovrebbe cominciarlo a dire e forse gli stessi docenti che come si dice a Roma "si fanno il mazzo" anche per gli altri dovrebbero far sentire più forte la loro voce. Certo c'è un problema di risorse, di strutture, di immagine sociale della scuola, ma forse (come sanno bene gli insegnanti di frontiera) si tratta anzitutto di "credere" nel proprio lavoro....la scuola migliore non è quella più "scintillante" ma quella che riesce ad appassionare al sapere tutti i propri alunni. Come questo sia misurabile non lo so ed è peraltro un problema su cui tanti esperti a livello internazionale si stanno interrogando da tempo. Il punto però è che la scuola non si valuta per il "prodotto" che fornisce, ma per la relazione educativa che è in grado di creare tra alunno ed insegnante. E su questo, purtroppo, tanto ancora c'è da fare.
RispondiEliminaCinzia
Dietro tutte le saccenti obiezioni si nasconde sempre la solita questione: mai azzardarsi a criticare gli insegnanti. Mai azzardarsi ad entrare nel merito. La mia domanda da semplice genitore è: come fare a cacciare gli insegnanti manifestatamente incompetenti e premiare gli insegnanti veramente bravi.. se qualcuno vuole esempi glieli posso portare.
RispondiEliminaRoberto
Risposta per Enrico: non ho la più pallida idea del sistema di scuole private in Slovenia. Non ne ho mai sentito parlare e non ho mai avuto a che fare con esse. Suppongo che esistano ma non saprei assolutamente dirti in che forma, oserei dire che sono un argomento che nessuno tocca mai, come qualcosa di importanza nulla.
RispondiElimina@Cinzia
RispondiEliminaSe la didattica si deve valutare (ma si può benissimo dire che le cose vanno bene così e amen), un po' mi spiace dirlo, non si può prescindere dal "prodotto", o meglio, dal risultato che un allievo ha raggiunto in termini di conoscenze acquisite e capacità.
È evidente che se si vuole misurare questo si deve introdurre uno standard, che come tutti gli standard contiene arbitrarietà, è perfettibile ed in certe parti opinabile.
Non sovraccarichiamo però, come da tradizione, la scuola e gli insegnanti di compiti secondari che non hanno e che talvolta si assumono anche in modo ammirevole, perché questi non possono essere considerati l'essenza della loro attività, ma se mai un modo per portare a buon fine questa loro attività.
Sarebbe utile però misurare, oltre ai risultati assoluti raggiunti, anche i progressi nel tempo dei singoli allievi, così da non essere penalizzati quando si opera in aree socialmente svantaggiate.
@Enrico
Il problema delle scuole private a mio avviso esiste a prescindere. Per quanto mi riguarda queste possono partecipare ai test (alle stesse condizioni ovviamente), ma a parte l'eventuale prestigio non possono pretendere nessun vantaggio dallo stato che comporti un ulteriore spostamento di fondi pubblici a danno delle scuole statali; al massimo potrebbero ripartirsi i fondi dedicati già esistenti per sgravi fiscali e altre agevolazioni sulla base della selezione operata dai test, così almeno potremmo avere delle scuole private più serie, e non dei diplomifici per ricchi citrulli (eccezioni a parte).
Luigi Pulci
RispondiElimina(UNO)Condivido le critiche di Leonardo.
Le argomentazioni di Boeri e dei sostenitori delle prove Invalsi partono dal presupposto che quest'ultime possano essere il randello atto a punire gli insegnanti fannulloni e a premiare i meritevoli. Ciò è falso: nel primo intervento Enrico fa degli esempi che chiariscono come le scuole hanno retroterra culturali e sociali molto diversi fra di loro:è' come se si corressero i 100 metri, ma con qualcuno che parte con trenta o quaranta metri di vantaggio!Quindi i risultati non possono dare vita a nessun automatismo valutativo del singolo prof!!! A meno che non si voglia fare un'operazione simile a quella fatta con magistrati e giornalisti: manganellare a prescindere per tenere a bada una categoria in cui c'è anche chi è in grado di smontare criticamente lo stupidario televisivo da regime.
Qualcuno lo ha già accennato, ma vale la pena di sottolinearlo: un test valutativo deve, necessariamente, essere costruito in maniera tale che una quota degli esaminati non riesca a completarlo, altrimenti darebbe risultati compressi nella sezione superiore e, di fatto, vedrebbe come uguali elementi che, invece, dovrebbe discernere.
RispondiEliminaLe domande saranno quindi distribuite tra i vari gradi di difficoltà in ragione del livello di granularità (precisione) che si desidera ottenere per ognuno di essi.
Nessuno giudica gli insegnanti? Ma scherziamo? Penso che sia la categoria di lavoratori più sottoposta a giudizi che ci possa essere... Da parte degli alunni, dei genitori, dei colleghi, del DS, dell'opinione pubblica intera. Il guaio è che molti di questi giudizi, sia positivi che negativi, vengono dati a prescindere e senza conoscere il modo in cui lavoriamo, quello che veramente otteniamo da alcuni ragazzi non solo sotto il profilo della preparazione ma anche a livello umano e sociale.
RispondiEliminaE' vero che alcuni insegnanti fanno poco, è vero però che molti fanno tanto, tanto di più di quello che si crede e senza il minimo riconoscimento né economico né di altro genere. Specificando che le cose in più che si fanno (progetti, organizzazione di conferenze ed eventi, spettacoli teatrali, etc.) non vengono fatte per sentirsi dire "bravi" ma perché vogliamo ampliare la mente dei nostri alunni e sviluppare le loro capacità di ragionare e agire nel mondo, non sarebbe male una volta tanto smettere di sparare sulla Croce Rossa perché tanto è di moda ed è facile.
Sono veramente stanca di leggere i soliti luoghi comuni sull'insegnante nullafacente che utilizza la libertà di insegnamento per fare i fatti propri o, peggio, trasmettere ideologie.
Come insegnante convinta di dare il massimo al mio lavoro e ai miei alunni sono davvero amareggiata.
@ Deb: Condivido in pieno. Fare gli insegnanti è uno dei mestieri più psicologicamente provanti che io riesca ad immaginare! Si è sempre sotto osservazione e quasi sempre sotto tiro.
RispondiElimina@ Anonimo: "un test valutativo deve, necessariamente, essere costruito in maniera tale che una quota degli esaminati non riesca a completarlo(...)" Non sono d'accordo. Questo avviene solo se si inserisce un elemento di competizione nel test (il che significa "premiare le scuole migliori", e mette in atto la discriminazione Trento centro storico-Scampia). Ma se invece il criterio è: stabiliamo dei livelli di alfabetizzazione minima che TUTTI devono raggiungere, allora vedi bene che la situazione è ben diversa. Non è affatto sbagliato pensare che anche in una scuola disastrata di un quartiere popolare disastrato TUTTI gli alunni debbano essere in grado di soddisfare determinati standard minimi: se così non fosse sarebbe una ben misera scuola pubblica...il criterio di competizione è deleterio e crea intere zone grigie di insegnanti frustrati che lavorano di malavoglia, il criterio del minimo vitale per tutti è un criterio sano invece.
p.s.: in slo ho lavorato anche in una scuola-bronx e so bene di cosa parlo...
Un'altra cosa. Non sostengo, né nel post precedente, né in generale, che il lavoro dell'insegnante non debba essere valutato, questo sia chiaro. Ma il modo di valutarlo non è un test avulso da tutto. Per valutare davvero il mio lavoro dovrebbe esserci una persona super partes che sta in classe con me e vede quello che faccio, come, quando, quanto, e capisca perché. E possibilmente capisca anche che portare un alunno dal 3 al 5 è per me un gran successo, anche se a livello di numeri e valutazioni quantitative può non sembrarlo!
RispondiEliminaIl livello minimo dovrebbe corrispondere a bocciatura/promozione (perlomeno in un sistema didattico con programmi rigidi – che per inciso sono una discreta sventura) e non avere gran bisogno di test quantitativi con un range valutativo esteso.
RispondiEliminaUna valutazione oggettiva del livello di conoscenza/abilità conseguito dovrebbe, piuttosto che instaurare un sistema competitivo, (e tanto più nella scuola pubblica) servire ad incrementare le risorse negli estremi: per portare almeno ai livelli minimi chi li sta mancando e per, al contempo, promuovere e valorizzare le eccellenze; in considerazione dei palesi ritorni positivi che queste due linee d'azione possono produrre per la collettività.
sono molto d'accordo con te, leo, davvero molto.
RispondiEliminaInsomma, sembra che qualcosa di vagamente analogo all'esperienza slovena di Luigi sia la summa di tutti i mali.
RispondiEliminaCome immaginavo, alla fine nessun metodo di valutazione è mai accettabile e quelli che sarebbero accettabili sono di fatto irrealizzabili (se non ci sono risorse per la scuola figurarsi se è possibile assicurare la presenza fissa di un valutatore durante le lezioni, tralasciando che anche questo potrebbe essere un modo criticabile).
Il problema è che c'è chi lavora bene, con impegno e competenza, e per questo fatto vuole difendere tutta la categoria, cosa profondamente sbagliata e che va contro i suoi stessi interessi.
A mio parere, se da una parte è chiaro che portare un alunno dal tre al cinque è un successo personale importantissimo, dall'altra è chiaro che questo criterio (ossia il miglioramento soggettivo ad iniziare da una data situazione di partenza, contrapposto alla richiesta di raggiungimento di determinati standard) applicato su larga scala non può che portare a disastri. Con "disastri" intendo la situazione attuale in cui il livello dell'insegnamento si abbassa costantemente, i professori devono costantemente umiliarsi di fronte ai propri alunni per far loro stiracchiare una sufficienza con domande facilissime, ed alla fine anche i più motivati e volonterosi si adagiano perchè tanto non fa nessuna differenza impegnarsi costantemente durante l'anno o preparare un'interrogazioncina da nulla negli ultimi dieci giorni di scuola. Risultato: alla fine dell'anno tutti i cinque diventano sei grazie a consigli di classe compiacenti e umanamente comprensivi, e arrivano in terza media ragazzi virtualmente analfabeti che avrebbero dovuto ripetere molti anni prima per il loro stesso bene. Non dico che questo sia quello che fa Deb, dico che questo è quello che succede costantemente nelle scuole.
RispondiEliminaLa scuola deve essere dura, il lavoro dell'insegnante prestigioso socialmente, l'alunno che non raggiunge gli standard minimi deve ripetere l'anno (tranne ovvi problemi di disabilità e affini) e l'insegnante non deve avere problemi a questo proposito nelle sue valutazioni (ed è qui che entra in ballo il prestigio sociale). La bocciatura non è un dramma nè un insulto personale, ma semplicemente l'attestazione che l'alunno non ha raggiunto i livelli richiesti.
Come nota, aggiungo che gli alunni amano e rispettano i professori duri che richiedono molto, e deridono e disprezzano i professori con cui raggiungere la sufficienza è impresa facile dell'ultimo momento...
Infine, il raggiungimento degli standard minimi è l'unico criterio oggettivo attraverso cui possono essere effettuate delle valutazioni. (sono di estrema sinistra, ma sono anche un matematico e forse ho preso un poca di durezza e rigore/rigidità dalla mia materia...)
Io credo che Luigi, in tutta onestà, non abbia molta esperienza di scuola.
RispondiEliminaSe portassimo i nostri 3 a 5 (intendo in termini di miglioramenti reali), la scuola non sarebbe allo sfascio, ma sarebbe il motore sociale che allo stato non mi pare che sia.
E nessuna valutazione intende contraddire questo ovvio dato di fatto, per cui non concordo con il sospettoso pessimismo di Deb.
Il giorno che la Gelmini o chi per lei vorrà equiparare i risultati dei ragazzi con il livello dei prof protesteremo come s'è protestato per la sperimentazione delle "retribuzioni meritocratiche" (io ero favorevole, ma vabbè).
L'Invalsi può fornire il quadro di riferimento scientifico necessario per rendere evidente e visibile i progressi dei nostri studenti (che siano merito nostro o no).
E devo ancora dissentire da Deb: non è vero che siamo valutati. Se un prof non ha voglia di far nulla, che si fa? Niente.
Infine: quando si parla di valutazione, i prof trovano sempre scuse.
Potrebbe essere che molti si sono accorti delle conseguenze più dirette della valutazione dei prof: la fine della loro inamovibilità.
Che una scuola possa valutare i suoi prof, infatti, ha senso soltanto se poi i prof se li può scegliere, al fine di migliorare la propria offerta didattica. Se i prof continuano a girare per le scuole come pacchi in maniera di fatto casuale ai fini della didattica, possiamo risparmiarci di valutarli.
Ma questa apertura, che è un mio sogno, è vista come il fumo negli occhi.
Ah, infine: non è vero che il prestigio sociale dei professori è logorato. E' un luogo comune: sentirete tantissima gente dire "ah, i prof, come sono maltrattati" e pochissimi che li maltrattano (a parte il ministero, che è sadico).
FR
Se porto un bambino che non sa leggere a distinguere almeno le lettere, questo è sicuramente un miglioramento enorme, ma il livello resta insufficiente. Se lo promuovo, passerà ad un livello in cui il dislivello con gli altri diventerà ancora più incolmabile, anche se adesso sa leggere le lettere. Anche perchè la realtà delle classi sappiamo tutti com'è: nessun insegnante in quinta seguirà un programma differenziato per un bambino che è rimasto indietro negli anni precedenti, a meno che il bambino non abbia una "delibera" (in slovenia si chiama così la certificazione di difficoltà particolari, in italia non so.) Mi spieghi perchè questo discorso ti sembra così insensato da dire che ho poca esperienza di scuola?
RispondiEliminaPerche' dovresti sapere che se hai recuperato un ragazzino praticamente analfabeta e l'hai portato alla soglia della sufficienza (che' tale e' il 5, per il 6 uno sforzo in piu'), vuol dire che in classe hai fatto un lavoro superbo, in termini di ambiente di classe, di inclusione, di dialettica, di impegno, di onesta' intellettuale.
RispondiEliminaIn un contesto del genere, chi va bene continua ad andare bene e probabilmente migliora (visto che uno che sa portare un ragazzino da 3 a 5 sa anche portarne altri da 7 a 8), quindi non vedo chissa' che disastri.
Nessuna classe e' perfettamente omogenea, ma non per questo il lavoro va a remengo. Anche perche' l'apprendimento non e' fatto lineare, ma e' fatto di balzi in avanti, scarti laterali e talvolta anche passi indietro, quindi l'immagine di una classe che avanza come un plotone di moschettieri, attardata da chi e' un po' piu' lento, non e' realistica.
Se stiamo poi parlando di 3 passati a 5, tu stai dicendo che il lavoro (intenso, assai intenso) per recuperare insufficienze gravi deve essere ignorato, cavandotela con l'idea che una bocciatura non deve avere risvolti emotivi. Che e' come dire ad un ragazzino che deve mettere la mano nell'acqua bollente, ma non considerarla un'ustione.
Se un ragazzino con forti difficolta' che si e' fatto un mazzo cosi' per recuperare, ed e' vicino al traguardo (era questo il caso che consideravamo) tu lo bocci, l'anno dopo ti prende due e non lo riprendi piu'.
Io approvo in toto il lavoro invalsi, ma questo non risolve tutti i nostri problemi. Bisogna metter insieme la valutazione oggettiva e la necessita' di dare ai nostri studenti il tempo di crescere. Sintesi ce ne sono, ma ora e' lungo dirne.
FR
Non voglio monopolizzare la discussione ma credo che tu abbia letto nei miei commenti delle sfumature che proprio non c'erano, forse proiettando comportamenti che hai visto in altri tuoi colleghi.
RispondiEliminaNon ho mai parlato di classi che vengono fatte ritardare da chi è più lento. Ho parlato di ragazzi più lenti a cui è impossibile recuperare delle conoscenze/competenze macanti perchè nessuno li può seguire e perchè il gap che hanno tra le proprie competenze e quelle necessarie per seguire i programmi dell'anno a cui si trovano è troppo ampio. Accanto a studenti che assorbivano tutto come spugne e con piacere, ho visto ragazzini/e arrivare in terza media praticamente analfabeti, incapaci o quasi di comprendere il testo di un problema o una poesia: e questo da entrambi i lati del confine. Com'era la giornata di questi giovani esseri umani? Quattro o cinque ore seduti in un posto costrittivo ad ascoltare adulti che parlano di cose incomprensibili e fanno disegni alla lavagna di cui non si sa il senso; poi il pomeriggio a rimandare di fare i compiti il più possibile, fino a copiarli dal compagno di banco, e la mattina dopo ricominciare da capo. Imparare a memoria malamente qualche modo magico di maneggiare dei simboli che dovrebbe essere "matematica", oppure tentare senza riuscirci di capire cosa voleva dire un certo autore per poterlo spiegare malamente il giorno dopo con frasi senza capo nè coda. Per mia esperienza, situazioni del genere si formano anche perchè c'è la tendenza a mandare avanti tutti a qualunque costo sulla base di quello che io considero un malinteso spirito umanitaristico.
Non ho mai parlato di classi che avanzano compatte come un plotone di moschettieri, figuriamoci! È chiaro che esiste il sei ed esiste il dieci. Ma a mio parere chi è sotto il sei si ferma, e sono convinto che sia per il suo bene. O se vuoi questa è la definizione che dò di sei: è il livello di competenze che ti permetterà di seguire anche il programma dell'anno prossimo.
La bocciatura può essere vissuta come una sconfitta? Può anche essere, ma ritengo corretto che i ragazzi vengano abituati all'idea che le sconfitte esistono, possono capitare, che un sì è un sì e un no è un no. Nessuno preparerebbe un atleta per la maratona accontentandosi di un suo miglioramento da un chilometro a dieci: o ne corri quaranta, o alla maratona non ci vai: perchè un principio del genere, che tutti (compresi i ragazzi!) accettano come pacifico per una manifestazione sportiva, non dovrebbe valere anche per l'istruzione? (ho scelto la maratona perchè tra tutti gli sport è quello in cui l'aspetto competitivo è meno importante). Ora basta però, non credo che dirò altro, buona giornata a tutt*
Forse non sono stata chiara nel fare il discorso del passaggio dal 3 al 5. Non volevo dire che riuscendo ad ottenere questo ho risolto tutti i problemi e posso mandare avanti tranquilla e serena un ragazzo che non ha i prerequisiti minimi per fequentare la classe seguente; ho due possibilità: mettere 5 fare in modo che d'estate non si limiti a riposarsi, e vedere a settembre se qualcosa è migliorata ulteriormente (cosa che spesso accade), o decidere di dargli fiducia con un 6 parlando con lui e la famiglia facendo loro capire che quel 6 non vuol dire che è tutto a posto.
RispondiEliminaIl mio discorso era legato alla valutazione quantitativa: se in una classe ho molti alunni con livelli di partenza bassi e li porto comunque a migliorarli senza purtuttavia raggiungere la sufficienza, sono una cattiva insegnante secondo un test come quelli Invalsi.
E' questo che contesto. E per questo ero arrivata all'assurdo di dire che vorrei essere valutata da qualcuno che sta in classe con me (a chi mi ha fatto notare che è impossibile: grazie, lo so).
Luigi, non e' che la bocciatura puo' essere vissuta come una sconfitta, e' che la bocciatura viene INEVITABILMENTE vissuta come un'umiliazione (specialmente poi nella nostra scuola simil-ottocentesca). Puoi ridefinirla come vuoi, ma questo non cambiera', ed e' necessario tenerne conto.
RispondiEliminaBisogna anche definire bene cosa vuol dire "ragazzi lenti". Dal punto di vista cognitivo/neurologico, praticamente tutti gli studenti hanno l'intelligenza necessaria per andare a scuola. Non devi essere un genio, basta un'intelligenza media. Il contesto, la didattica, i mezzi possono invece influire moltissimo, e dipendono molto da noi, per cui rivalersi sui ragazzi bocciandoli significa semplicemente fregarsene: a scuola ti annoiavi, non capivi, avevi difficolta'? Fatti un altro anno tale e quale...facile prevedere con quali risultati. Infatti i bocciati sono di fatto i poveri, ancor oggi come ai tempi di Don Milani.
Certo, nascondere tutto sotto un 6 per poi fregarsene e' anche questo disonesto. E' anche per questo che l'Invalsi serve: per evitare di nascondersi i problemi.
In questo ti do' pienamente ragione: non si tratta di abbassare l'asticella dei nostri voti, ma di alzare quelli dei loro risultati. Vedere i loro progressi e valutarli di conseguenza, peraltro, non significa nascondersi quale sia il loro livello assoluto (e l'Invalsi serve proprio a questo).
Io credo che una scuola rigida, povera e malgestita come la nostra (e gia' prima della Gelmini) non sia in grado di alzarli questi livleli. E quindi non abbia l'autorita' di dire: tu non vali. E'come un allenatore che esclude giocatori dopo NON averli allenati.
Anche pero' in una scuola che funziona, ad uno studente che va male bisognerebbe farlo semplicemente uscire con voti bassi, che certificano la scarsa qualita' delle sue conoscenze, piuttosto che tenerlo indefinitamente e inutilmente dentro la scuola (in Inghilterra fanno cosi'). E prima di arrivare a questo bisognerebbe fare i salti mortali per impedirlo. Servirebbe pero' una dose di creativita', impegno, elasticita' e risorse che in Italia nessuno vuole investire.
@Deb
Hai detto meglio di me, e in breve, quel che tendenzialmente penso dei voti, pero' proprio non riesco a seguirti su quest'ossessione Invalsi. Non so come ripeterlo: NESSUNO TI DICE che sei una cattiva insegnante se ai test Invalsi i tuoi studenti vanno male: tu sei un fattore, ma ce ne sono tantissimi altri. E l'Invalsi lo sa.
E come se un medico avesse paura di prendere la temperatura ad un paziente perche' teme che qualcuno gli rinfacci che il paziente ha la febbre.
Se potessimo convincerci di questo, faremmo un gran passo avanti.
FR
@FR: forse è vero, ho la psicosi dell'Invalsi (test che fra l'altro per ora non mi ha riguardato direttamente), è che non posso fare a meno di pensare che dietro ci sia qualcosa, ma voglio anche sperare di sbagliarmi!
RispondiEliminaLa risposta di Boeri (ma risponde?): http://www.repubblica.it/scuola/2011/05/30/news/articolo_boeri-16889963/
RispondiEliminami pare che boeri abbia risposto in maniera convincente a tutte le pretestuose obiezioni che gli sono state fatte.
RispondiEliminala verità è che tutti parlano di merito, ma nessuno vuole essere valutato.
Mah, avrà risposto a qualcuno, ma a quelle che mi pongo in questo pezzo no. Non che io creda che l'abbia letto.
RispondiEliminaIo voglio essere valutato, ma sulla base di criteri chiari e condivisi. E' da tre anni che minacciano di farlo (ma non ne sono capaci), mi allungano un questionario fatto male, e se critico mi dicono che "è perfettibile". Non è ora di entrare nel merito? Boeri ci è entrato?
Io qui sopra mi chiedevo dove pensa di trovarli Boeri gli ispettori da mandare in tutte le scuole della Repubblica. Ha risposto?
Ha mostrato i dati che gli consentono di affermare che il teaching to the test non è efficace?
sì per esempio ha proprio risposto alla tua obiezione sugli ispettori (abbastanza sconclusionata, scusami) dicendo che ovviamente si tratterebbe di ispezioni a campione.
RispondiEliminatutti dite che volete essere valutati, ma quando poi qualcuno tira fuori uno strumento di valutazione vi opponete adducendo il solito benaltrismo.
io credo che in italia vi sia ancora un retaggio pseudoculturale contrario alle valutazioni, ai test, alle semplificazioni in generale. a pratiche che in ogni altro paese sono accettate e consolidate da decenni.
Ma Carlo, io non mi sono opposto a una valutazione che nessuno per ora non mi sta nemmeno facendo. Quanto ai test, li ho sempre usati e li trovo utili.
RispondiEliminaGli ispettori a campione ci sono già, quello che suggerisce di fare l'esperto Boeri lo facciamo già.
Questo "strumento di valutazione" lo usiamo già da tre anni e ancora non si è capito come ci dovrebbe valutare. Non lo dicono gli esperti, non lo spiega il ministero.