Berlusconi, ci scommetto, mi preferisce. |
La prima reazione è uno choc. La Gherardini ringiovanita sembra uscire da una copertina di Visto: come se, esasperata da un secolo di speculazioni sul suo stato di salute (alta glicemia, bruxismo, ecc.) avesse optato per una plastica facciale. Salvo che nessuno riesce a farle così bene. La seconda è un tentativo di esorcizzare un'idea che stravolge tutto quello che sai di un'opera che credi di riconoscere: chi è il folle collezionista che a un certo punto ha deciso di commissionare la versione ringiovanita di un capolavoro? E, viste le premesse di dubbio gusto, com'è possibile che il risultato sia così convincente?
La chiave sta nei dettagli - le colonne, in questo caso. Un falsario non le mette: un allievo di Leonardo sì, perché anche Leonardo in un primo momento ce le aveva messe (Vasari vide colonne e balaustra in una delle versioni più antiche). Le mani sono leggermente più scure del volto, come capita spesso nei suoi ritratti. Anche a non voler dare troppo credito alla perizia di parte che afferma che la tavola è del primo Cinquecento, rimane l'evidenza: la Mona Lisa ritrovata nel primo dopoguerra da un collezionista inglese in una placida villa del Somerset non è un tentativo meccanico di ringiovanire un soggetto adulto. L'ipotesi inversa - che Leonardo abbia cominciato il ritratto molto presto, e lo abbia sottoposto a continue modifiche - combacia viceversa con alcune cose che sappiamo di lui (la sua abitudine a non lasciare mai nulla di finito) e altre che abbiamo cominciato a raccontarci: la Gioconda come ritratto della madre o addirittura autoritratto dell'autore. Forse, più semplicemente, Leonardo sentiva il quadro talmente suo che decise che sarebbero invecchiati assieme. Questo spiegherebbe anche l'evanescenza del velo nella versione del Louvre, dove se non state attenti nemmeno lo notate: nella Gioconda giovane non c'è, ma se decidi di farla crescere devi mettercelo per forza: solo le donne di malaffare posano coi capelli sciolti e scoperti (e senza un anello al dito).
Ce l'ho mica scritto in fronte |
Se ne stava placida da secoli in uno scantinato del museo di Madrid, la classica copia d'autore di fattura pregevole ma di scarso interesse. Finché qualche anno fa qualcuno ha pensato di dare un'occhiata seria sotto lo sfondo nero, che fino ad allora sembrava l'ammissione di inferiorità di un falsario negato coi paesaggi. E' saltato fuori che sotto la mano settecentesca di nero c'era un paesaggio straordinario, non del livello dell'originale, ma meglio conservato: e databile nel primo Cinquecento (le colonne ci sono ancora, benché relegate all'estremità della tela). E' di Leonardo? La pennellata ci dice di no, manca lo sfumato. La riflessografia però ci dice che il pittore, che lavorava su tela, ebbe fino a un certo punto gli stessi ripensamenti che Leonardo nascose nella tavola. La Gioconda del Prado dunque sarebbe stata dipinta in contemporanea con l'originale - qualcuno si è anche ingegnato a calcolare l'angolo tra i due pittori, rispetto al soggetto. Forse l'unico modo di non rinunciare all'originale era lasciare dietro di sé qualche buona copia che testimoniasse una o più tappe del work in progress (e che si poteva anche smerciare facilmente).
Il sorriso della Gioconda del Prado ha una sfumatura ironica che risalta se la accosti all'originale. Sembra dire: io? La Gioconda? Ma figurati.
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Leonardo T. che ci parla di Leonardo D.V. usando come sfondo uno schizzo di Leonardo D.V. che ha avuto successo numismatico... siamo alle raffinatezze :D
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