Banksy? |
Il pezzo di Levy sembra pensato per lenire la delusione degli osservatori esterni, che continuano a non capire dove Netanyahu voglia portare la sue gente. Niente Stato palestinese, nessuna trattativa con l'Iran finché c'è Obama alla Casa Bianca, nessuna concessione, nessuna novità. Tutto questo a Levy e a tanti suoi lettori sembra fuori dalla realtà, eppure fin qui bisognerebbe riconoscere che ha funzionato. È vero, ogni tanto scoppia una guerra a bassa intensità; è vero, molte risorse si spendono in sicurezza, e il costo della vita ne risente. È vero, visti da una certa distanza gli israeliani (e i palestinesi) sembrano bloccati in uno stallo senza uscita. Ma che altro dovrebbero fare a questo punto? Cosa pretendiamo da loro?
Magari li avremmo voluti anche noi più ragionevoli. Ci sarebbe piaciuto che la formazione di sinistra vincesse le elezioni - come se il film non l'avessimo già visto. Abbiamo letto che Herzog era a favore di un processo di pace e tanto ci bastava. Due popoli e due Stati? Ma certo. Un negoziato a tre con Abu Mazen e Obama? anche subito.
E gli insediamenti in Cisgiordania? Ehm, vediamo.
Herzog: My settlement policy first and foremost is based on the famous [Clinton] parameters. I believe in the blocs. I definitely believe in Gush Etzion [a major settlement bloc just outside Jerusalem] being part of Israel. It's essential for its security.
Goldberg: When the U.S. administration tells you to stop building in Gush Etzion—
Herzog: Wait, wait, I haven't finished.
Goldberg: No, no, no, I want to get this in. When the U.S. administration tells you, no building in Gush Etzion, and you're prime minister, what do you say?
Herzog: It will be a mistake that you go in with all these - (continua qui)
http://www.mideastweb.org/palestineisraeloslo.htm |
Lui non ci prova nemmeno più, a far la pace: di Palestina non vuol più sentir parlare. Non è più onesto, almeno? Si può nel 2015 continuare a parlare di Due Stati ma senza toccare gli insediamenti? Si può immaginare un processo di pace come se dall'altra parte ci fosse sempre una leadership palestinese ancora in grado di farla, questa pace? Come se Hamas non si fosse ulteriormente radicalizzata, come se Abu Mazen non avesse smesso di convocare elezioni, come se il treno dei Due Popoli Due Stati non fosse ripartito da un pezzo?
Sono italiano, non faccio testo. A molti miei compatrioti basta un attentato o l'arresto di due marò per perdere la brocca. Non posso permettermi di giudicare la tenuta psicologica di un popolo che vota a qualche centinaio di chilometri dal caos siriano e iracheno. Mi sembrava improbabile che la maggioranza degli israeliani in questa situazione fosse disponibile a ritirarsi da un territorio di vitale importanza strategica - a meno che non si fosse trattato del solito ritiro per finta che è stato offerto ai palestinesi fin qui.
Un errore che facciamo quasi tutti, quando parliamo di Israele e di Palestina, è isolarli in un piccolo mondo a parte - un mondo tutto sbagliato i cui abitanti dovrebbero finalmente trovare un modo per andare d'amore e d'accordo. Ma Israele non è un'isola; non prospera sotto una cupola di vetro o di acciaio. Lo chiamiamo conflitto israelo-palestinese come se da una parte ci fossero soltanto israeliani, e dall'altra soltanto palestinesi. Non è così, non è mai stato così - conflitti del genere di solito si risolvono in molto meno di sessant'anni. C'è una guerra molto più grande intorno, e se per adesso Israele non è la prima linea, non è nemmeno una retrovia. C'è chi dall'altra parte del mondo finanzia i coloni e i partiti; c'è chi da qualche parte nel Golfo ha ancora interesse a nutrire Hamas e altre formazioni che credono nel piccolo e frammentato Stato di Palestina ancora meno di quanto ci creda Herzog. Il torto più grande che facciamo agli israeliani (e ai palestinesi), è pensare che possano fare la pace da soli. Che possano anche soltanto desiderarla, bloccati come sono nell'occhio del ciclone di un conflitto mondiale a intensità nemmeno così bassa. Un giorno finirà - finisce tutto col tempo. Ma non saranno gli israeliani (e i palestinesi) a farla finire: non da soli, almeno. Da loro non possiamo pretenderlo.
Netanyahu ha dichiarato oggi che la soluzione a due stati ci può stare. Dichiarazione fantasma o approccio pratico? che ne dici? in ogni modo sembrerebbe che il post è rimasto in offside...
RispondiEliminaE' il Medio Oriente che qui da noi non riscuote nessuna fortuna.
EliminaI partiti ultra-religiosi sono al minimo storico, i laici sono aumentati di un terzo, esiste ora un partito unito arabo, la soluzione a due Stati e' considerata inevitabile anche dal Likud.
RispondiEliminaInsomma, il risultato delle elezioni conferma che Israele e' un Paese razzista, in preda a una deriva integralista e teocratica.
stei iumanne
I partiti ultrareligiosi sono al minimo storico perché gli ultrareligiosi votano Netanyahu direttamente; la soluzione a due Stati è considerata inevitabile dal Likud che una settimana prima aveva negato per bocca di Netanyahu l'eventualità anche remota di uno Stato di Palestina; Andrea Zanardo passa il tempo a scriversi cose antisemite da solo perché non trova nessuno da denunciare. È un caso molto triste.
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