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lunedì 23 marzo 2015

Il partito passivo (e aggressivo)

Da quel poco che ne ho letto, l'altro giorno la Minoranza del PD si è adunata in assemblea e ha protestato contro Renzi, non tanto per il Jobs Act (del resto lo ha votato); non per la ridicola riforma elettorale (votata); non per l'inquietante riforma costituzionale (idem); non per il Ddl sulla scuola; non per questo e non per quello; ma per l'arroganza. Cioè noi ti votiamo tutto, a volta senza neanche lamentarci troppo: ti votiamo tutto quello che i nostri elettori ci rinfacceranno a vita; tu non potresti almeno usarci un po' di garbo? È molto difficile proseguire questo capoverso senza indulgere in qualche stereotipo di genere: mariti violenti, mogli rassegnate, ecc. Meglio andare subito a capo.

Se c'è una costante nella traiettoria politica di Bersani, da quando ha lasciato la sua tranquilla carriera nell'amministrazione locale, è il trovarsi sempre nel posto più scomodo e nel momento più difficile. Cosa altro dovrebbe fare, se non portare pazienza e mandar giù anche stavolta? Troppo concreto per immaginar scissioni, troppo franco per fingere che il renzismo gli piaccia, Bersani ormai si lancia in acrobazie mirabili ma un po' tristi. Una volta l'ho sentito dire che la riforma costituzionale (da lui votata) andrebbe bene, ma combinata con la riforma elettorale (votata pur'essa) allora no, allora si rischia il totalitarismo o qualcosa del genere. Insomma il renzismo si può accettare un pezzo alla volta, ma tutto insieme fa male. Oppure ci si può lamentare dei modi: Renzi ha i numeri per costringerci a fare di tutto, ma potrebbe farlo più piano.

Tutto questo è imbarazzante? Un po' sì. È evitabile? Non saprei. Ormai mi sono abituato all'idea di un Pd a doppio colore, come le pedine dell'Othello: a seconda della contingenza, del leader e degli avversari, può decidere di essere socialdemocratico o neoliberale, antiberlusconiano o postberlusconiano, salvare la costituzione o farla a coriandoli. Non sono nemmeno sicuro che sia un problema, anzi probabilmente è una delle forze del PD, come della sua grande madre bianca.

Non è una questione di persone diverse, perché il D'Alema che ieri lamentava l'arroganza ai suoi tempi fu il più arrogante di tutti, e ai tempi del correntone i veltroniani gli sfilavano a sinistra. A essere pedine bicolori sono le stesse persone che parlano, discutono, si dividono, si riuniscono. Su Leftwing il presidente Orfini ha fatto sapere che la minoranza ha ragione su un sacco di cose che Orfini ha già detto e scritto, su libri che per adesso restano in alto sulle mensole ma che si potrebbero ripubblicare in qualsiasi momento in cui il renzismo non valesse più il 40% e molte pedine bianche si riscoprissero nere. A questo punto, come chi ha giocato a Othello sa, conviene stare ai bordi e aspettare. La partita si decide in poche mosse e non ha importanza chi ha avuto la maggioranza tutto il tempo: controllare gli angoli, piuttosto.

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