23 giugno: Santa Eteldrude di Ely (636-679), regina, badessa, ma soprattutto vergine
In italiano come le chiamiamo? Cianfrusaglie? No, le cianfrusaglie sono meno decorative, di solito giacciono in scatoloni nel garage. Ninnoli? No, un ninnolo è già bigiotteria, chi ha coraggio e autoironia lo può persino sfoggiare. Paccottiglia? Forse "paccottiglia" si avvicina: però dà una sensazione di nascondimento, è roba chiusa in pacchi che nessuno ha più intenzione di aprire. Carabattola: non so, "carabattola" mi dà l'idea di vecchie suppellettili un tempo utili, e assolutamente non decorative. Ciarpame? Ma no, "ciarpame" mi suona già pattume. In certe zone, almeno in Alta Italia, si usa Tirapolvere, che mi sembra abbastanza eloquente: parliamo di quegli oggetti che ci vengono regalati e che non abbiamo il coraggio di buttar via, per cui in un modo o nell'altro finiscono sopra i comodini, i cassetti, a prender polvere per l'appunto. Per dirla con Gozzano: "Loreto impagliato e il busto d’Alfieri, di Napoleone / i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto)". Ecco, questo genere di cose gli inglesi lo chiamano "tawdry", anche se spesso non sanno il perché. Voi invece avete già indovinato, miei scelti lettori, che ha a che vedere con una santa: bravi, ma in effetti questa è la rubrica dei santi, per cui forse il mistero non era così impenetrabile. Si tratta di una santa dimenticata, come in fondo quasi tutte in quell'isola che a un certo punto ha deciso di farne a meno. Santa Eteldrude di Ely, due volte regina, in quanto sposa di due re: e ciononostante vergine, non per miracolo ma per tetragona ostinazione.
Ne abbiamo già visti, di casi del genere. Per quanto sia facile, e non del tutto sbagliato, accusare la Chiesa di aver fornito alle società patriarcali uno strumento di controllo delle nascite basato sulla segregazione: il chiostro, dove generazioni di ragazze sono entrati per volere dei genitori, e per non uscirne più, abbiamo già più volte registrato la situazione opposta: ragazze che i genitori avrebbero voluto sposate e sistemate, tranne che loro non ci pensavano minimamente e anzi facevano di tutto per entrarci, in quei chiostri. Da Eteldrude (o Eteldreda), figlia di un re degli Angli orientali, ci si aspettava che facesse il suo dovere di principessa, contraendo un matrimonio che fornisse alla casata un vantaggio diplomatico, e sfornando eredi all'altezza. A 18 anni infatti viene infatti data in sposa a Tonberto, principe di una tribù di Angli. Ma Eteldrude (se ne trascrivo il nome in inglese medievale, Æthelthryth, sembrerò di colpo più esperto anche se ho soltanto fatto ctrl+v) riuscì a convincere il marito non solo a vivere in perfetta castità, ma anche a regalarle l'isola di Ely, che a quel tempo spuntava tra le paludi dette Fens, dove fece costruire un chiostro in cui andò a rinchiudersi appena il marito morì, tre anni dopo. Etel era ancora nel fiore degli anni, e vergine, e quindi la famiglia le trovò un nuovo partito: niente meno che il re di Northumbria (l'Inghilterra settentrionale), Ecgfrith o Egfrido. Anche stavolta Eteldrude, (Æðelþryð in antico sassone), accettò il matrimonio soltanto a patto che il fidanzato rispettasse il voto di castità. Egfrido accettò, ma bisogna dire che aveva quattordici anni e forse sottovalutò il problema: solo da lei, infatti, avrebbe potuto avere eredi legittimi. Sappiamo che dodici anni dopo Egfrido chiese a Wilfrido (o Wilfried), vescovo di York, la più alta autorità in zona, di sciogliere Eteldrude dal suo voto. E Wilfried probabilmente avrebbe acconsentito: non fosse che Eteldrude proprio non ne voleva sapere e alla fine riuscì a convincere il marito al ripudio, entrando nel monastero di Goldingham, dove comandava la zia di Egrido, Sant'Ebba l'anziana. Egfrido colse l'occasione per rompere con il vescovo Wilfrido, ma anche per risposarsi.
In seguito sarebbe tornata nella sua isola in mezzo alla palude e lì sarebbe diventata badessa, come le sue tre sorelle Sesburga, Etelburga e Withburga. Sarebbe morta a 45 anni, probabilmente di un tumore al collo la cui escrescenza aveva interpretato come una punizione divina per le collane pesanti che aveva indossato nella sua giovinezza vanitosa. Nel medioevo fu una delle sante inglesi più rinomate, anche grazie all'inno scritto in suo onore da Beda il Venerabile: veniva invocata contro il mal di gola e tutti i problemi relativi al collo; e siccome il nome Æþelðryþe cominciava a risultare ostico anche agli inglesi, divenne più nota come Saint Audrey. Dallo stesso nome deriverebbe il termine "tawdry", che all'inizio designava un girocollo di tessuto che i fedeli portavano a far benedire nel giorno della festa di Santa Audrey, affinché acquisisse poteri curativi; finché non arrivarono i puritani, la tradizione andò persa, e "tawdry" divenne sinonimo di... cianfrusaglia? no. Paccottiglia? no. Ciarpame? no. Chincaglierie, ecco, ci si avvicina. Che forse è il destino dei santi in Inghilterra: non distrutti e raschiati via dalle chiese, come nell'Europa protestante. Gli anglicani non hanno avuto il coraggio di buttarli via, e li tengono ancora lì, su qualche altare secondario, a prendere polvere.
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