Nel settore della politica continua evidentemente a essere molto richiesta una specifica figura professionale: il soggetto che sostiene (A) di essere di sinistra e (B) che la sinistra stavolta abbia perso, e che sia necessario, indispensabile, inderogabile ammetterlo, come in effetti lo sta ammettendo lui. Ne avete tutti presente qualcuno: i feticisti dell'analisi-della-sconfitta, gli artisti dei Concession Speech. Ne sanno scrivere di bellissimi, al punto che ti domandi se non siano stati selezionati apposta per questo; per interpretare il ruolo del bel perdente che accetta nobilmente la sconfitta, affinché noi teppa possiamo capire dal suo esempio che perdere è utile e necessario, ed è molto meglio ammettere subito di aver perso, ancora prima che escano i numeri ufficiali. In un'epoca in cui la politica è un dibattito, ammettere la sconfitta è un atto performativo che si può realizzare anche quando ancora non è sicuro che stai perdendo o no, come capitò ad Al Gore nelle elezioni del 2000 (ma viene il sospetto che questa vocazione suicida sia la ragion d'essere del partito democratico, perlomeno quello USA).
Se gli sconfittisti sono giornalisti, hanno il loro pezzo già pronto una settimana prima della consultazione: i risultati non essendo in effetti che dettagli. Se vogliamo per esempio parlare di questi ultimi referendum, promossi da sindacati e partitini che lottano per la visibilità, quasi ignorati dai media (che comunque stanno perdendo la loro centralità) i numeri crudi ci direbbero che il 30% degli aventi diritto sono andati a votare, malgrado il quorum fosse un obiettivo praticamente impossibile, insomma sono andati a votare soltanto per contarsi e se li contiamo non sono poi così pochi. In particolare in questo 30% ci sono tra dodici e tredici milioni di persone che hanno votato per abrogare leggi difese non solo da questo governo, ma anche da quei centristi liberali che senza riuscire a mandare in parlamento nessun partito continuano a infestare quelli di centrosinistra e centrodestra. È una "vittoria"? No, non lo è: una vittoria era impossibile. Resta un dato molto interessante che spiega come mai a molti rappresentanti del governo siano saltati i nervi: dodici milioni sono più o meno lo stesso numero di voti che nel settembre del 2022 consentirono aa Meloni di formare un governo di maggioranza. Per i due principali partiti che hanno scelto di appoggiare la consultazione referendaria, PD e M5S, è un risultato incoraggiante in linea con quello delle ultime consultazioni amministrative. I numeri dicono più o meno questo, ma se il padrone ha deciso che invece Shlein e Conte hanno perso, i servi non possono che formulare lo stesso originale e coraggioso pensiero, con variazioni sul tema, ma neanche tante. Ha un senso discuterci? Probabilmente no, nella maggior parte dei casi: c'è chi recita a soggetto, e continuerà a recitare finché ci sarà un copione e uno straccio d'ingaggio. La mission è dare addosso all'unica possibile coalizione che abbia chances elettorali contro la destra; la speranza è che da qualche parte tra le macerie sorga finalmente il soggetto centrista e moderato che un sacco di editori evidentemente non smettono di desiderare, e pazienza se agli elettori continua a non interessare. Poi ci sono quelli in buona fede, i mistici della sconfitta, che vedono dodici milioni di voti, e lo chiamano un disastro. E sono loro, soprattutto, che mi fanno pensare a quella pagina di Fenoglio, a quel ragazzo ipnotizzato dalla voce stentorea del nemico.
Pienamente d’accordo, il 30% è un solido punto di partenza, per la prima volta a livello nazionale l’opposizione si è coagulata attorno a temi precisi, sociali, importanti.
RispondiEliminamassimolegnani
Sono tra quelli che hanno votato per contarsi. Consapevole che il quorum su quesiti aventi a oggetto rapporti tra datore e prestatore in aziende private e diritti dei migranti, in un paese di pensionati e dipendenti pubblici (absit iniuria, eh) e intrinsecamente razzista, fosse pura fantasia. Questa cosa dei numeri sbandierata da Schlein, sul momento, mi ha quasi intenerito, tipo "le ho prese, ma gliene ho dette un sacco". Poi ho letto/sentito i vari commenti di noti e meno noti che la perculavano per aver paragonato mele e ciliegie e ho pensato "beh, non hanono torto". Infine leggo qui e mi sento quasi rinfrancato. Sarà la tua prosa che potrebbe convincermi (quasi) della qualunque, o -peggio- la mia insana attitudine a essere d'accordo con l'ultimo che ha preso la parola? Forse Fenoglio saprebbe spiegare.
RispondiEliminaScherzo, ma non troppo. Grazie della riflessione, preziosa come sempre
Lo chiedo senza intenzioni polemiche, in particolare a Wuming7: quando scendete in piazza, se lo fate, vi guardate mai intorno ad osservare i vostri compagni di corteo?
RispondiEliminaPer quel che mi riguarda, non chiedo loro, certamente, a quale categoria lavorativa appartengono, ma l'età si può riconoscere ad occhio nudo e, garantito, tanti sono, come me, dei pensionati che "arrivano da lontano e vorrebbero, ancora, andare lontano". E non sono la minoranza, tutt'altro!
Sono comunque in sintonia con Leonardo e con chi ha scritto i commenti prima di me. Aggiungo, con l'ottimismo della volontà e anche della ragione, che fare battaglie "perdenti" non è un dramma. La rassegnazione lo sarebbe.
A proposito dei commentatori (i saputelli) che dispensano, con voluttà astiosa, le loro sempre più ininfluenti opinioni, mi spingono a farmi una domanda: esistono ancora gli intellettuali organici? Forse hanno cambiato i riferimenti.