8 novembre – Quattro Santi Incoronati
Nanni di Banco ftg Donatello |
Quello dei QSI è il classico caso in cui una leggenda ispira un monumento (in questo caso una chiesa del VI secolo a Roma, sul colle Celio) ma poi viene dimenticata, al punto che qualcuno, di solito un monaco, ritiene necessario inventarne un'altra che spieghi la natura del monumento stesso. E fin qui la matassa non sarebbe così difficile da sbrogliare. Ma in diversi casi, nel giro di qualche secolo, interviene un ulteriore monaco che conosce sia la prima leggenda sia la seconda: e invece di sceglierne una ed eliminare l'altra... cerca di fonderle in una sola. È l'incubo dei filologi moderni: lo scrivano pasticcione, creativo, volenteroso. Come sarebbe tutto molto più semplice se i monaci medievali fossero stati gli aridi copiatori che tutti credono. Magari. E invece no: interpretavano, cercavano di migliorare i testi che avevano sotto mano, li mescolavano ad altri testi... un caos.
I primi cenni sicuri a una basilica dedicata ai Quattro Incoronati dovrebbero risalire al VI secolo. Nessun cronista sente la necessità di spiegare perché, oltre a essere quattro, dovrebbero essere incoronati; ovvero, la corona è un simbolo associato sin dai primi secoli al martirio, per cui forse all'inizio si trattava di un semplice sinonimo per "martiri". Ma non è affatto chiaro, e in linea di massima nessun altro martire è definito ufficialmente "incoronato". La Passio che per prima racconta la loro storia è molto dibattuta: qualcuno la fa risalire addirittura al IV secolo, ma la più parte degli esperti propende per una datazione più tarda (VI o VII) che rende plausibile l'intervento di uno scrivano pasticcione. Costui ci racconta di quattro scalpellini vissuti a Sirmio, in Pannonia (oggi pianura ungherese), straordinariamente bravi nel loro mestiere e per questo invidiati dai colleghi. Questi, avendoli osservati mentre si facevano il segno della croce, deducono trattarsi di quattro stregoni in grado di fare apparire magicamente dalla pietra qualsiasi cosa. I quattro artisti (chiamati Claudio, Castorio, Simproniano e Nicostrato), si difendono dichiarando la loro fede cristiana, e causando la conversione di alcuni colleghi, tra cui un Simplicio che si farà battezzare da Cirillo, già vescovo di Alessandria, condannato ai lavori forzati nella stessa cava di marmo. Nel frattempo la loro abilità ha attirato l'attenzione dell'imperatore Diocleziano, il quale li mette alla prova commissionando loro una serie di raffigurazioni: troni, vittorie, corone, amorini, il sole sul suo carro: non sembra esserci un limite alle capacità di questi quattro scultori. E invece un limite c'è, e Diocleziano lo scopre quando chiede ai quattro di modellare una statua del dio Esculapio; i quattro (che ormai con Simplicio sono cinque) non possono obbedire e dichiarano, col loro rifiuto, di essere cristiani. La leggenda sembra contenere un'eco remota della polemica iconoclastica, perché di solito i santi vengono processati per non aver voluto sacrificare agli dei; solo i Quattro Coronati si rifiutano di ritrarli.
Diocleziano non è quel tipo di imperatore che si faccia sfuggire l'opportunità di uccidere dei cristiani; a malincuore, perché si trattava di ottime maestranze, consegna i Quattro più uno a un magistrato che non perde tempo a condannarli a morte: cinque casse piombate vengono rovesciate nel Danubio. Nicomede, loro discepolo, ne recupererà i corpi. A questo punto l'autore della Passio avrebbe dovuto inventarsi qualche complicata e miracolosa vicenda attraverso cui i resti dei Quattro (più Simplicio) sarebbero giunti a Roma; e invece no: decide di aggiungere una postilla alla storia che la rende molto più tortuosa, e lascia intendere la necessità di giustificare una tradizione diversa, secondo la quale i Quattro del colle Celio sarebbero soldati romani. Ma com'è possibile, se sono annegati in cinque casse piombate sul Danubio? La leggenda prevede che l'anno successivo Diocleziano faccia erigere un tempio a Esculapio a Roma. Durante l'inaugurazione è previsto che i legionari facciano un sacrificio al dio, ma quattro sottufficiali (corniculari) si rifiutano, rivelando così il loro cristianesimo. Diocleziano li fa flagellare a morte proprio nell'anniversario del martirio dei Quattro scalpellini pannonici; san Sebastiano ne recupera i corpi e li fa seppellire al terzo miglio della via Labicana. Il papa Milziade stabilisce che vengano venerati come martiri, e siccome nessuno conosceva i loro nomi, li ribattezza post mortem coi nomi dei quattro scalpellini morti nello stesso giorno: Claudio, Nicostrato, Simproniano e Castorio. Ed ecco spiegato perché i Quattro Coronati sono cinque scultori, ma anche quattro legionari, per un totale di nove martiri.
Senonché, ce ne sono altri quattro: Secondo, Carpoforo, Vittorino e Severiano. Questi ultimi compaiono un un'altra Passio (dedicata a San Sebastiano), e si trovano già raffigurati nelle decorazioni delle catacombe di Albano, risalenti al V secolo. Si tratterebbe di quattro legionari martirizzati sempre da Diocleziano, e sempre per non aver voluto sacrificare ad Esculapio; ma sulla via Appia. Può darsi che si tratti di una leggenda successiva, ma anche di quella originale, che lo scrivano pasticcione avrebbe rielaborato a modo suo.
Il successo dei Quattro Incoronati dipende soprattutto dal fatto che, in quanto scalpellini, in molte zone d'Europa diventano protettori di scultori, intagliatori e artisti in generale: e come tali molto spesso soggetti di ritratti scolpiti e dipinti, anche per orgoglio corporativo. Il sospetto è che parte del mistero intorno ai QSI non dipenda dall'incrostarsi di leggende diverse, ma sia stato in parte alimentato dagli operatori della categoria, che più di altre era gelosa dei propri segreti professionali. Addirittura i Quattro – talvolta raffigurati con scalpello, cazzuola o altri strumenti del mestiere – vengono reclamati come fondatori e protettori della massoneria, perlomeno dalla loggia inglese dei Quatuor Coronati.
Una leggenda più suggestiva che credibile è quella riportata da Giorgio Vasari su Nanni di Banco, l'autore del gruppo marmoreo dei Quattro Coronati in una delle nicchie della chiesa fiorentina di Orsanmichele. Nanni, dopo aver sbagliato le misure delle statue, avrebbe potuto contare sull'aiuto del maestro Donatello, che gliele avrebbe scorciate e ravvicinate in cambio di una cena. Peccato che le due statue riaccostate facciano parte di un unico blocco di marmo.
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