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sabato 27 luglio 2024
Era il rivo strozzato che gorgoglia
Ricapitolando: a metà anni Novanta qualche vocalist da villaggio turistico in Sicilia si mette a recitare versi di poesie nel tentativo di emulare un successo di Fiorello; l'esperimento fallisce, l'estate finisce, i vocalist tornano a Torino o Bologna a studiare boh, ingegneria... ma proprio in quel periodo e in quei luoghi, curiosa coincidenza, prende forma il progetto Ossi di Seppia: ovvero la versione trip hop della prima raccolta poetica di Eugenio Montale, uscita clandestina per l'etichetta Autori Avari. A distanza di trent'anni e più, nessuno ha ancora capito chi fossero gli OdS; chi sa tace, forse perché si vergogna o più probabilmente perché le poesie di Montale sono ancora coperte dal copyright. I pochi che ricordano il progetto stanno ancora aspettando le Occasioni.
venerdì 26 luglio 2024
Sant'Anna e il primo bacio
26 luglio: Santi Anna e Gioachino, nonni di Gesù
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Hai capito i due vecchietti. |
Per molto tempo negli affreschi nessuno ha osato baciarsi; la pratica – pure attestata in letteratura sin dall'antichità – non sembra fosse ritenuta degna di raffigurazione. Troppo oscena? Se così fosse, probabilmente almeno un bacetto lo avremmo trovato sulle pareti dei bordelli di Pompei (in mezzo a scene più esplicite, che non è necessario rammentare ai lettori). Invece per vedere veri baci tra persone adulte bisogna a quanto pare pazientare fino alle soglie del secolo XIV, quando un artista già affermato come Giotto di Bondone passa da Padova per lavorare alla Basilica di Sant'Antonio ed Enrico Scrovegni gli propone di arrotondare affrescandogli una cappella di famiglia. Può darsi che il carattere privato dell'opera abbia contribuito ad allentare certe inibizioni, fatto sta che nella Cappella degli Scrovegni, Giotto piazza lì come se fosse niente i due primi baci della Storia dell'Arte, che sarebbero capolavori anche se non fossero i primi.
Uno dei due è il bacio di Giuda a Gesù nell'orto degli ulivi, il che ci indurrebbe a tutta una serie di considerazioni amarognole sul fatto che il primo bacio noto in pittura sia il suggello di un atroce tradimento; senonché sull'altra parete c'è un bacio ancora più interessante, tra due adulti consenzienti, coniugati e innamorati: Anna e Gioachino, i nonni materni di Gesù. Ancora per qualche secolo gli unici ad avere la licenza di baciarsi nei quadri e sulle pareti saranno loro, anche se non molti pittori mostreranno il coraggio di Giotto, persino nel Rinascimento. Più spesso, invece di dipingerli a labbra accostate, preferiranno fermarsi un attimo prima, quando i due volti non sono ancora troppo vicini; e sopra di loro aggiungeranno un angelo che con le mani li sollecita al gesto. Per quanto questo possa apparire un po' morboso alla nostra sensibilità, l'intenzione era esattamente l'opposta: alludere al concepimento carnale di Maria con un gesto che esprimesse affetto tra i coniugi ma il minimo di concessione alla sensualità. Il primo bacio non è in effetti un bacio qualsiasi. Durante il Medioevo aveva preso forma l'idea che Maria di Nazareth fosse stata concepita "per osculum", attraverso questo bacio.
La leggenda si intrecciava con la questione del peccato originale: secondo alcuni teologi (gli "immaculisti"), Maria era stata creata senza peccato originale, prima donna dai tempi di Eva. Ed evidentemente ad alcuni immaculisti – non a tutti – la sessualità risultava irrimediabilmente intrecciata col peccato di Adamo e di Eva. Dopotutto la punizione inflitta da Dio a quest'ultima prevedeva le doglie del parto ("partorirai con dolore"). Così poteva sembrare appropriato che Maria, in quanto Immacolata Concezione, non fosse stata concepita e partorita nel modo così crudo in cui veniamo alla luce noi peccatori.
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Sacra Famiglia con Sant'Anna e San Giovannino (Bernardino Luini, da un cartone di Leonardo da Vinci) |
L'episodio del bacio, conosciuto come "incontro alla porta d'oro", è narrato nel protovangelo di Giacomo, il testo apocrifo che se non inventa Anna e Gioachino (mai nominati nei Vangeli) di certo li trasforma nei personaggi che per secoli avrebbero riempito lo sfondo delle pale d'altare. Che a Gerusalemme ci fosse una porta d'oro, dove i due coniugi si sarebbero incontrati dopo essersi temporaneamente separati, non risulta agli archeologi, ma non bisogna aspettare Freud per capire quanto sia prezioso per l'uomo quel varco finalmente aperto: è la breccia attraverso cui Adamo ed Eva uscirono dal giardino dell'Eden, la porta che dopo secoli viene riaperta attraverso il grembo di Maria. L'autore del protovangelo ha lavorato molto di fantasia, ma non era un contafrottole qualsiasi; rispetto ad altri pseudoevangelisti capisce la necessità di mantenere una coerenza narrativa col materiale evangelico. Dovendo raccontare l'infanzia di Maria a un pubblico che era curioso di conoscerla, e non disponendo probabilmente di una minima informazione utile sui suoi genitori, decide di riprendere due personaggi dell'Antico Testamento, i genitori del profeta Samuele, senza nemmeno preoccuparsi di cambiare nome al personaggio femminile. Anna e Gioachino sono l'ennesima coppia sterile della Bibbia, cui il Signore promette una discendenza in cambio di una serie di prove. In particolare Gioachino, che aveva sposato Anna già vedova, deve subire un'umiliazione (non gli viene concesso di partecipare a un sacrificio, in quanto considerato sterile) e ritirarsi nel deserto: lì lo raggiunge in sogno l'angelo custode per esortarlo a ricongiungersi con Anna, la quale dopo un sogno molto simile si reca alla Porta d'Oro per incontrarlo. Il bacio suggella quindi l'incontro dopo una separazione, la speranza dopo la disperazione, un patto con Dio e una promessa reciproca: tante cose che secondo Giotto di Bondone richiedevano una raffigurazione esplicita, e non c'è che da essergliene grati; anche se per qualche secolo baciarsi in pubblico continuerà a non essere una pratica così frequente.
Il successo di Anna nelle arti figurative non si limita alla scena del bacio, e dipende probabilmente dall'interesse dei committenti per un certo tipo di quadri che raffigurassero Gesù e altri personaggi evangelici durante l'infanzia o la giovinezza, e in contesti domestici. Siccome questi quadri spesso li pagavano i nonni, era opportuno accostare a alla giovane madre Maria una figura femminile più anziana e autorevole. Essendo uno dei pochi punti fermi del cerchio parentale di Gesù, Anna fu inevitabilmente coinvolta in altri legami da agiografi restii a inventarsi ulteriori personaggi: secondo alcuni dopo la morte di Gioachino si sarebbe sposata altre due volte, mettendo alla luce Elisabetta (madre di Giovanni Battista) e Maria Salomé, madre di Giacomo Minore: un tentativo di ribadire che il cosiddetto "fratello del Signore" ne era in realtà il cugino. Questa leggenda fu severamente censurata dal Concilio di Trento, ma non prima di aver permesso ai pittori di dipingere interni in cui Gesù ragazzino gioca con Giovannino e Giacomino o altri santi bambini, sotto gli occhi attenti di una matrona paziente, di solito vestita di verde.
giovedì 25 luglio 2024
Rifugio d'uccelli notturni
(Non so se ci avete fatto caso, ma persino il livello dei tormentoni radiofonici estivi è in crollo verticale. Le cause possono essere molteplici; il successo dello streaming ha probabilmente determinato un tracollo culturale degli addetti alla programmazione radiofonica, ecc. ecc.. Comunque siamo a un punto in cui il tormentone potrei benissimo scoprirlo persino io, magari pescando tra gli episodi meno noti della discografia dell'ultimo mezzo secolo. Ad esempio:)
Pochi rammentano che nel 1993 Fiorello con la sua versione di "La nebbia agli irti colli" non solo riscosse un travolgente successo, ma scatenò per emulazione una vera e propria sotto-scena della discodance siciliana, i cui vocalist si misero a saccheggiare i versi dei più celebrati poeti italiani nella speranza che funzionassero bene con delle basi techno. Speranza quasi sempre delusa, e in effetti questa vague disco-lirica è passata alla storia per la velocità con la quale riusciva a svuotare le piste alla domenica pomeriggio: i ragazzini schizzavano via, forse in cerca di biblioteche dove approfondire la conoscenza dei classici, ma siccome era difficile che ne trovassero aperte più probabilmente si davano alla droca. Comunque questa rimane l'ineguagliata hit di dj Quasimodo, Rifugio di uccelli notturni.
giovedì 18 luglio 2024
L'accelerazione è percepibile
Cioè no, non è successo, ma non mi spiace dare questa impressione. I santi hanno reso bene, non tanto perché hanno venduto più di quanto mi aspettavo (mi aspettavo pochissimo), ma per lo spazio che mi hanno fatto intorno, quel sentore di muschio e muffa più che consono a un sito internet più vecchio della maggioranza della popolazione umana al mondo. Pensatemi finalmente assorbito in una passione futile, ogni maschio della mia età ne ha almeno una; e non con gli occhi sbarrati davanti a questo schermo mentre vedo il mondo bruciare e mi torco le mani, e pesto i piedi, e dalla cucina qualcuno mi chiede cosa sto combinando, niente, niente, ho chiuso un attimo la Bibliotheca Sanctorum e sotto c'era un tweet da Gaza, bombardano la spiaggia. Vuoi vedere che Hamas ha messo i tunnel anche lì.
A novembre in USA si vota e chi vincerà sarà fuori da ogni giurisdizione, infallibile come il papa salvo che il papa al massimo oggi ti scomunica, laddove i presidenti tendono a bombardare. Sarà il comandante sul ponte di un Occidente che affonda, sarà nervoso e circondato da imbecilli, un'élite liberale che ha fatto tutto il possibile per mandare la nave a scontrarsi contro ogni logica di sopravvivenza. Sarà tante cose, ma a questo punto tenderei a escludere che sarà una persona equilibrata e sana di mente: Trump non lo era neanche quando aveva ancora due orecchie, Biden se lo fosse si sarebbe ritirato mesi fa. Questa persona si ritroverà sulle spalle l'emergenza climatica, il fallimento strategico e morale di tutte le campagne degli ultimi anni, e in mano la valigetta nucleare. Se non sembra un incubo, è perché a sognarlo tutti i giorni dopo un po' ci si sente come a casa.
Qualche fine settimana vado al mare, perché fa davvero troppo caldo; anche se a dirlo passi per un fanatico. Leggo qualcosa, scrivo qualcos'altro, guardo cartoni animati, faccio anche le parole crociate. Se pensassi che il mondo fosse finito, che non restasse più niente da fare, probabilmente mi comporterei nello stesso modo. Quindi forse lo penso.
venerdì 12 luglio 2024
Veronica che fotografò Gesù
12 luglio – Santa Berenice/Veronica, paleo-fotografa.
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Grazie Gesù (e chi ti smacchia più) (Mattia Preti). |
Una fotografia, diremmo noi.
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La Veronica di Hans Memling (1475, notate le due punte della barba). |
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Il Volto di Vienna. |
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La Veronica di Roma |
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Autoritratto in forma di Gesù Cristo (o di rockstar), Albrecht Dürer, 1500 (ecco, questo se non lo conoscessi potrei davvero scambiarlo per una foto). |
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Re Abgar riceve un souvenir dalla Palestina (miniatura). |
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Giovanni Damasceno, l’arabo che amava la Madonna. |
giovedì 11 luglio 2024
La santa che abbatteva le statue
11 luglio: Santa Marciana di Cesarea di Mauritania (III secolo), martire e abbattitrice di statue
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FALSA! SEI FALSA! |
È da un po' che nessuno maltratta una statua – perlomeno i giornali non ne parlano, e considerata la rilevanza che ultimamente davano al fenomeno, do per scontato che se qualche monello avesse maltrattato un nano da giardino ce lo farebbero sapere. O invece no, forse i giornalisti hanno capito di avere esagerato – lo spartiacque potrebbe essere stato quel fondo della De Gregorio di un anno fa, chiamò cerebrolesi dei tizi che avevano buttato giù una statuetta e i cerebrolesi se la presero – ma a quel punto non era nemmeno più chiaro perché le statue avessero tanta importanti, e perché vandalizzarle fosse considerato un gesto così importante e pericoloso.
Anche in questo caso il carattere effimero del fenomeno dipendeva soprattutto dal fatto che avevamo importato una pratica dagli USA, senza capire perché negli USA fosse così importante. Laggiù le statue provocano discussioni perché ogni comunità innalza le sue, senza chiedere il permesso agli altri. È il modo in cui si è sviluppata la società – una specie di guerra fredda tra comunità basate su identità razziali o religiose. Se sei razzista non è che puoi proprio dirlo in giro, ma puoi sventolare una certa bandiera, e/o esibire la statua di qualche vecchio schiavista. Finché qualcuno non prova a tirartela giù. Da noi è diverso, le statue di solito sono esposte in uno spazio considerato pubblico, e in molti casi sono pubbliche anch'esse. Per cui di solito il dibattito sull'opportunità di erigerne una si fa prima, o durante l'erezione. Per avere una statua devi entrare nel pantheon dei venerati maestri, dopodiché di te si parlerà generalmente bene e poco. Le eccezioni di solito segnalano l'originalità di qualche amministratore, o, nel caso di Montanelli, lo smottamento dell'opinione pubblica, che vent'anni fa lo trovava tutto sommato un gran personaggio e adesso no.
Comunque il fatto che l'ultima fiammata iconoclastica sia arrivata di riflesso dall'America non significa che in generale prendersela con le statue non abbia un senso e un'efficacia. È peraltro pratica già antica, dopotutto le statue esistono da che esiste l'umanità (le pietre sono la prima cosa che abbiamo cominciato a scheggiare). E come tutte le pratiche antiche senz'altro esiste un santo del calendario che l'ha praticata, e che si può proporre come patrono degli abbattitori di statue. Potrebbe trattarsi proprio di Santa Marciana di Cesarea di Mauritania, che fu condannata alle belve per aver decapitato una fontana.
La pagina che le dedicano gli Acta sanctorum è insolitamente asciutta: non vengono descritti miracoli, ogni accadimento sembra insolito, ma verosimile. Marciana è presentata come una vergine di grande bellezza e di indubbia moralità, decisa a vivere una vita di penitenza. Invece di ritirarsi nel deserto – pratica che si sarebbe diffusa soltanto nel secolo successivo – Marciana si trasferisce dalla piccola Russucur a Cesarea, capoluogo della Mauritania (oggi più o meno l'Algeria), e qui finisce molto presto nei guai. Durante una festa di quartiere, trovandosi davanti una statua della dea Diana su una fontana, rimane così scandalizzata da vandalizzarla, troncandole il capo. Immaginatevi gli opinionisti a quel punto: gioventù dissoluta, cerebrolesi, con quel che costa il marmo e la manodopera, ai miei tempi le fontane e le Diane si adoravano, altroché. La folla a momenti la lincia sul posto; durante il processo Marciana prende parola solo per dissuadere i cittadini dall'adorare dei di marmo o legno o qualsiasi metallo, e di convertirsi al vero Dio: una linea di difesa abbastanza azzardata, durante le persecuzioni di Diocleziano.
Marciana viene condannata "ad bestias": nel grande anfiteatro di Cesarea viene risparmiata da un leone, incornata e sollevata da un toro, dilaniata da un leopardo. Un tale supplizio può sembrare esagerato: sappiamo che a Roma, contro Perpetua e Felicita, non fu aizzato nemmeno un toro, ma una giovenca. Ma di solito in una storia di santi l'esagerazione serve a introdurre un intervento miracoloso, che qui non c'è. Forse davvero in Mauritania si usavano le fiere anche contro le ragazzine, del resto su quella sponda del mediterraneo era più facile procurarsele.
Se ad altri santi sono attribuiti comportamenti iconoclastici, è abbastanza curioso che in questo caso a distruggere un'immagine pagana davanti a tutti sia una vergine, da cui ci si aspetterebbe una condotta assai più timida. Si potrebbe persino ipotizzare che il gesto inconsulto di Marciana sia stato un raptus causato dal panico: proveniente da un piccolo centro, forse la santa non aveva mai visto una statua di buona fattura a grandezza naturale, qualcosa che per noi è abbastanza normale ma che per lei risiedeva nell'uncanny valley dei simulacri così simili all'umanità da risultare perturbanti. Potrebbe avere provato lo stesso orrore che proveremmo nei confronti di un androide semovente che pretende di parlarci come un essere umano. Non solo, ma il suo orrore nei confronti delle immagini potrebbe indicare la presenza di una corrente iconoclastica nelle piccole comunità cristiane africane, tre secoli prima dell'arrivo dell'Islam e delle guerre delle icone a Costantinopoli. Siamo abituati a pensare che l'avversione per le icone si irradi dalla Mecca, ma non avrebbe avuto il successo che avuto se avesse incontrato un terreno ostile. L'idea che le immagini fossero qualcosa di profondamente sbagliato circolava già, se non altro nelle comunità ebraiche e probabilmente anche in qualche comunità cristiana eccentrica o eretica. Può darsi che Marciana ne avesse fatto parte, prima di arrivare nel grande capoluogo e imbattersi in un idolo di marmo a grandezza naturale. E romperlo. Del resto per lei era una truffa. Fate presto a giudicare voi: vi capitasse l'occasione di sventare una truffa in una pubblica piazza, davanti a tutti, non ne approfittereste? Senza fare male a nessuno, le statue non provano dolore. Sono fredde, dure, non provano e non pensano niente, non l'hanno mai pensato. Sarà forse questo che affascina i giornalisti italiani.
giovedì 4 luglio 2024
A Rainha Santa Isabel
4 luglio: Sant'Elisabetta (1271-1336), regina del Portogallo
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Francisco de Zurbarán |
Un'altra volta la stessa Elisabetta stava portando del pane ai poveri, quando il marito sospettoso (e alquanto avaro) la scoprì: ferma là, cosa stai portando in grembo? E lei: ma niente, un mazzo di rose. Ora, questo miracolo ha molto più senso se è riferito a una santa che svolga una professione più umile, come Santa Zita che era una domestica, o al limite Francesca Romana che era una nobildonna, sì, ma stava a Trastevere e poteva davvero infilarsi un sacco di pane sotto il gonnellone. È appunto a causa della scarsa fantasia degli agiografi improvvisati se verso il Quattrocento questo miracolo comincia a essere attribuito a regine come Elisabetta d'Ungheria, e poi Elisabetta di Portogallo che peraltro era sua nipote. Comunque quando re Dionigi insiste per vedere cosa c'è davvero nel sacco, indovinate: il pane si è trasformato in un mazzo di rose. Per questo motivo Elisabetta è spesso ritratta coronata da rose, e Francisco de Zurbarán la ritrae con la gonna più grande che riesce a mettere nel quadro, perché se una regina deve proprio uscire di palazzo per portare pane ai poveri, sembra giusto che ne porti un'ingente quantità. In seguito viene introdotta la variante per cui a trasformarsi in un mazzo di rose non è un po' di pane, ma un sacchetto di monete che avrebbero finanziato opere di carità più degne di una regina. Ma d'altro canto cosa ci si aspetta da una santa regina?
Diverse cose. Che si sposino volentieri con il sovrano loro destinato; che gli scodellino rapidamente qualche erede maschio ma non troppi (sennò poi tocca combattere le guerre di successione); che sopportino invecchiando i tradimenti del marito e che alla sua morte si ritirino in un convento magari fondato e senz'altro finanziato da loro. Elisabetta non si scosta molto dal modello già incarnato dalla zia, Elisabetta di Turingia e Ungheria. Ci aggiunse comunque l'impegno con cui si dedicò a mettere pace tra i suoi litigiosi congiunti. In tutte le famiglie ci sono elementi così, di solito cucinano per le feste e cercano di far sedere tutti allo stesso tavolo; per Isabel invece si trattava di fermare eserciti già schierati cavalcando lungo la linea del fronte e brandendo un crocefisso, per evitare che suo figlio Alfonso Quarto attaccasse il padre Dionigi re del Portogallo e dell'Algarve.
Cosa metteva contro il padre e il figlio? Ma le solite questioni: Dionigi sembrava preferire ad Alfonso certi fratellastri di quest'ultimo, avuti da altre donne mentre la regina Isabel chiudeva santamente gli occhi. Per quanto i genitori gli assicurassero che lui restava il legittimo primogenito, Alfonso non si fidava del tutto e dando un occhiata al suo assai intricato albero genealogico non possiamo dargli torto. La stessa Elisabetta/Isabel, pur essendo figlia di Pietro III il Grande d'Aragona, era nipotina di Manfredi di Svevia, uno dei famosi figli del grande imperatore Federico II: tutti probabilmente illegittimi (non si è ancora capito se Federico sposò o no la madre di Manfredi sul letto di morte). Quanto a papà Dionigi, era un Borgogna, figlio di Alfonso III re come lui del Portogallo, ma la madre Beatrice era figlia illegittima di un altro re Alfonso, quest'ultimo di Castiglia, e Decimo della sua serie.
Vien da pensare che chiudere un occhio sulla legittimità degli eredi fosse l'unico modo per allargare un poco il pool genetico tra casate regnanti di Spagna, Borgogna e Sicilia, ormai ridotte a una sola famiglia neanche troppo allargata. Nota che tutti questi matrimoni tra consanguinei non impedivano agli Alfonsi e ai Dionigi di farsi comunque qualche guerra ogni tanto. Tanto più meritoria l'impresa di Sant'Elisabetta, che forse avvenne a Coimbra durante un assedio (qui avrebbe cavalcato un cavallo) e forse a Lisbona dove invece avrebbe montato una mula, o magari è capitato due volte. Non capita anche nella vostra famiglia che i litigi si somiglino un po' tutti.
Il marito premiò quest'opera di conciliazione facendola rinchiudere per un po' con l'accusa di tradimento, in quanto avrebbe sobillato il figlio. Una bella faccia, tosta, ma alla prima malattia seria se ne pentì e la riabilitò. Elisabetta, dopo aver accudito al marito malato, ottenendone il pentimento per i peccati quando questi era ormai in fin di vita, sarebbe entrata come terziaria francescana nel convento da lei fondato a Coimbra. Ne sarebbe uscita un'ultima volta per tentare di mettere pace tra il figlio Alfonso IV e il marito della figlia di quest'ultimo, anche lui un Alfonso, ma re di Castiglia e pertanto Undicesimo. Ma stavolta l'opera di pacificazione non funzionò e allora lei disse sai che c'è? Mi sono rotta di tutti questi Alfonsi di Castiglia e d'Aragona e di Borgogna, io torno a Coimbra e tra un po' me ne vado in paradiso, ciao. No, non lo disse (più probabilmente morì di febbre prima di arrivare nel teatro delle operazioni), ma non avrebbe avuto tutti i torti.
martedì 2 luglio 2024
(Non compie gli anni nessuno in particolare)
– Stavo pensando che all'età che mi ritrovo sarebbe anche il caso ogni tanto di scrivere un pezzo che esprima indignazione per il fatto che il mondo vada in direzioni che non avevo previsto e che nel futuro le persone non non vivranno come sono vissuto io, non ameranno le cose che ho amato io, non lavoreranno come lavoro io e forse non lavoreranno proprio nel senso che io do oggi al termine – del resto neanch'io sarei stato probabilmente un lavoratore nel senso che i miei nonni davano al termine (oddio anche mio padre credo che abbia sempre avuto dei dubbi su di me in tal senso).
Alcuni alla mia età preferiscono non affrontare ancora la cosa di petto, magari partire da un segmento più ristretto, ad es. i gusti musicali, c'è gente in tutti gli asili nido del mondo che non ascolterà la musica che abbiamo ascoltato noi e probabilmente svilupperà gusti musicali diversi dai nostri, non trovate tutto questo intollerabile? Alla mia età pare che diventi intollerabile.
Nei commenti di questo pezzo potreste dare il vostro contributo esprimendo solidarietà nei miei confronti e pena per chi viene dopo di noi, poveri esseri usciti da uno stampino a cui sarà per sempre preclusa una vera autentica esistenza, e suggerire anche motivi per cui questo è successo, potrebbe essere stata l'Intelligenza Artificiale o l'enigmatica Dittatura del Politicamente, fatto sta che dopo di noi il diluvio e non è che ci faccia piacere, però non possiamo che constatare che i tempora, i mores, è tutto andato a puttane esattamente nel momento in cui compivamo il 45esimo anno di età e ora ci aggiriamo scrollando la testa tra le macerie di questo disastro morale, ultimi superstiti di un'era di superuomini, sperando di incontrare qualcuno che ci capisca, poi da cosa nasce cosa. Purché non ne nascano bambini! Ci abbiamo già provato ma invece di dare la luce a individui perfetti come noi, maledizione, sono nate queste creature sciocche piangenti e puzzolenti che ascoltano la trep o i moleskin.
lunedì 1 luglio 2024
Bernardino, santo e assassino?
2 luglio: San Bernardino Realino (Carpi 1530 – Lecce 1616), poeta pentito e gesuita
venerdì 28 giugno 2024
L'eresiologo più pacifico
martedì 25 giugno 2024
Prospero di Reggio, ammesso sia esistito
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Con quanto entusiasmo accoglie l'incarico |
E perché poi non dovrebbe essere esistito, Prospero di Reggio? Non c'è una città d'Italia, non c'è un paese o anche solo un accrocchio di case che non possa invocare un santo protettore; perché anche i reggiani non dovrebbero averne uno? Non sono anch'essi esseri umani? Bella domanda.
Come si fa a non volergliene.
Ora, è pur vero che tra le città sulla via Emilia, tutte un po' simili come matrioske, Reggio non è tra le più grandi, ma non è nemmeno la bambolina più piccola; scommetto ad esempio che Fidenza ci starebbe dentro anche comoda. Se Fidenza un santo se l'è trovato (pure cefaloforo), perché non dovrebbe esserci riuscita Reggio? Ma bisogna ammettere che del Prospero reggiano si conosce così poco, e quel poco sembra copiato da altri santi più definiti. Di lui si racconta, ad esempio, che avrebbe steso la nebbia sulla città per difenderla dall'incursione di Attila, il che però si dice di tanti altri santi e soprattutto di Geminiano di Modena. Bisogna comunque postulare un'Attila talmente selvaggio che conduce il suo esercito in mezzo ai campi alla cieca, invece di seguire la comoda strada romana che ti conduce nei centri urbani anche quando la nebbia non ti fa vedere a un metro di distanza. E comunque se dubiti dell'esistenza di Geminiano puoi andare a dargli un'occhiata nella sua cripta, il 30 gennaio di solito è aperta al pubblico, c'è uno scheletro ben conservato che nei suoi paramenti da vescovo fa una certa figura. I resti di Prospero, nella chiesa omonima a Reggio, sono meno spettacolari.
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Cioè questo per loro è un duomo, capite |
Per sostenere che le cose siano andate davvero così non abbiamo nessuna prova, ma una coincidenza intrigante: se invece di continuare a guardare verso Modena, ci voltiamo verso ovest, cosa troviamo? Un'altra discutibile città che in mancanza di un nome ha preso quello del torrente che la percorre: Parma. A differenza dei modenesi e dei reggiani, i parmensi non ci hanno mai nemmeno provato a inventarsi un santo protovescovo; il loro patrono è proprio Ilario di Poitiers, ovvero il compagno di viaggio di Prospero d'Aquitania. Non è nemmeno escluso che un po' di ossa dei due santi gallici siano davvero arrivate nell'Emilia occidentale, al tempo in cui i duchi longobardi effettuavano scorrerie contro i Merovingi; o più tardi, quando i Franchi diventano i nuovi signori della pianura padana e magari portano un po' di ossa famose in dono ai vescovi locali per tenerli buoni. Poi il tempo passa, i legami con la Francia (ma anche solo con Parma) si affievoliscono, Reggio nel basso medioevo comincia a gravitare intorno a Modena e subisce l'influsso del culto locale del protovescovo. È un'ipotesi.
lunedì 24 giugno 2024
La voce che chiama, nel deserto
24 giugno: Natale di San Giovanni Battista (I secolo dC)
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Bottega di Raffaello Sanzio |
Non vorrei mettervi ansia, ma tra sei mesi è Natale, avete già pensato cosa regalare a questo e a quest'altro? (c'è un bellissimo libro della Utet, se lo prenotate adesso arriva di sicuro, si chiama Catalogo dei santi ribelli). Che manchino sei mesi lo si capisce dal calendario, e anche dal fatto che oggi si festeggi Giovanni Battista, che secondo il vangelo di Luca è nato sei mesi prima di Gesù: quindi quando i cristiani cominciarono a osservare il Natale di Gesù nel giorno della festa del Sole Vincitore (tre giorni dopo il solstizio d'inverno, quando le giornate ricominciano ad allungarsi), il Natale di Giovanni andò a cadere tre giorni dopo il solstizio d'estate, ovvero quando le giornate cominciano ad accorciarsi. Non solo, ma essendo nato il 24 giugno, Giovanni dev'essere stato concepito tre giorni dopo l'equinozio di autunno, quando secondo Luca l'angelo Gabriele visita l'anziano Zaccaria e gli promette che sua moglie Elisabetta concepirà un bambino che diverrà un profeta (siccome Zaccaria è scettico, Gabriele gli toglie il dono della parola per tutti i nove mesi). Gesù, invece, si sa, viene concepito tre giorni dopo l'equinozio di primavera, il 25 marzo.
È abbastanza chiaro che i due personaggi evangelici sono stati incastrati in un sistema di ricorrenze basato sul calendario solare, che lascia tracce nel folklore: nella Figlia di Iorio D'Annunzio riprende l'usanza l'abruzzese per cui le donne che vogliono maritarsi entro l'anno, la mattina del 24 devono svegliarsi presto per vedere nel sole nascente la testa (decapitata) di San Giovanni. Lo stesso Giovanni, ai discepoli che gli chiedono ragione del fatto che Gesù si sia messo a battezzare per i fatti suoi: risponde "Egli deve crescere, e io invece diminuire" (Giovanni 3,30), autorizzando una lettura sincretica; Gesù e Giovanni come due opposte polarità, estate e inverno, acqua e fuoco – anche quest'opposizione è messa in bocca a Giovanni, stavolta dall'evangelista Matteo (3,11): "Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco". Sempre in Matteo, Gesù invece definisce Giovanni come nuovo Elia (il profeta rapito in cielo su un carro fiammeggiante), il che potrebbe anche significare che si considera il nuovo Eliseo – il discepolo di Elia che aveva ereditato da lui "il doppio dello spirito". Nel quarto e omonimo vangelo però Giovanni, a domanda diretta dei sacerdoti, nega di essere Elia: uno dei tanti piccoli dettagli dissonanti che i vangeli conservano e che ci fanno sospettare che la situazione fosse molto più complessa. Una cosa curiosa è che quando i sacerdoti gli domandano di definirsi con più precisione, il Battista del quarto vangelo replica con una citazione quasi letterale di un altro vangelo, uno dei rari indizi che abbiamo che il quarto evangelista avesse letto almeno uno degli altri: si definisce infatti "voce di chi chiama nel deserto: preparate la via del Signore". È una citazione da Isaia (40,3), ma è anche il terzo versetto del vangelo di Marco. Diversi commentatori fanno notare che sia Marco sia Giovanni fraintendono Isaia, che non parlava di una "voce nel deserto", ma di una voce che chiede di "preparare la via del Signore nel deserto", ma forse si tratta di commentatori che sanno qualcosa che io non so, di ebraico o di antico greco, perché nella versione latina l'ambiguità c'è, quell'"in deserto" può riferirsi sia a "vox clamantis" sia "parate viam domini"; tutto sta dove metti la punteggiatura, salvo che la punteggiatura l'hanno messa secoli dopo, quindi di che stiamo a parlare.
I vangeli di Giovanni e Marco hanno in comune anche la caratteristica di saltare tutta la narrativa dell'infanzia e cominciare il resoconto degli avvenimenti dal Battesimo di Gesù da parte di Giovanni. Un episodio che forse per alcuni cristiani delle prime generazioni aveva più importanza di quanta ne abbia adesso – sappiamo che a un certo punto tra le eresie fu incluso l'adozionismo, ossia l'idea che Gesù nasca soltanto uomo, e diventi figlio di Dio solo a partire dal battesimo. Bisogna concedere che l'ipotesi adozionista aveva il pregio di dare un senso a un episodio che altrimenti lascia perplessi: Giovanni battezzava i peccatori per purificarli dai peccati, ma se Gesù è già figlio di Dio, peccati non ne ha. Questa perplessità era già diffusa nel primo secolo, al punto che l'evangelista Matteo la lascia esprimere dal Battista stesso, il quale quando vede Gesù in coda per il battesimo afferma: "Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?", al che Gesù risponde: "Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia". Dal che è lecito dedurre che l'episodio del battesimo fosse davvero avvenuto, davanti a testimoni oculari che nessun evangelista poteva smentire, anche se sul significato c'erano interpretazioni diverse. Luca, l'evangelista che più sente la necessità di conciliare le versioni, sostiene che "tutto il popolo" si stesse facendo battezzare, insomma Gesù vi si sarebbe sottoposto non perché ne avesse bisogno, ma per rispetto nei confronti delle usanze e delle leggi del popolo: allo stesso modo sua madre aveva partecipato a una cerimonia di purificazione dopo il parto, benché in quanto vergine non ne avesse realmente bisogno.
Anni più tardi, all'apostolo Paolo capiterà almeno un paio di volte in Asia Minore di imbattersi in predicatori che "conoscono soltanto il battesimo di Giovanni" (Atti 19,2). Siamo ancora in una fase iniziale: i sacramenti non sono ancora stati definiti con chiarezza, eppure appare chiaro che "il battesimo di Giovanni" è qualcosa che gli apostoli di Gesù considerano imperfetto, o perlomeno incompleto: e però qualcuno lo sta diffondendo. Forse quella di Giovanni era una nuova religione, diversa da quella poi rielaborata da Gesù (e in seguito dagli apostoli). Può darsi che Giovanni, descritto dagli evangelisti con l'abbigliamento di eremita del deserto, facesse parte della setta degli esseni: ipotesi che viene spesso buttata lì come se spiegasse tutto, ah sì, gli esseni, laddove a parte il fatto vivessero già nel deserto (forse su suggestione di Isaia) e collezionassero preziosi rotoli noi degli esseni non sappiamo poi tanto. Praticavano il celibato – come Giovanni – e venivano sostanzialmente rispettati (forse persino protetti da Erode) malgrado rifiutassero uno o più testi della Torah. Erano inoltre divisi in sette, e Giovanni avrebbe potuto essere il membro o il fondatore di una di queste. Senz'altro il rito battesimale che praticava nelle acque del Giordano è qualcosa di nuovo, non previsto dai riti giudaici – e questo malgrado il padre Zaccaria appartenesse alla casta sacerdotale dei leviti, anzi fosse discendente di Aronne. La piccola comunità religiosa che ancora oggi si rifà agli insegnamenti di Giovanni – i mandei – pratica il battesimo settimanale per immersione come mezzo di purificazione dai peccati. Sono appena settantamila, sopravvissuti a diverse persecuzioni: vivono in una regione dell'Iran, ma parlano ancora un dialetto aramaico. Che i loro libri riflettano veramente la predicazione originale di Giovanni è un'idea suggestiva, anche se la filosofia di fondo è più simile alla gnosi o al manicheismo sviluppatisi in Medio Oriente nei secoli successivi.
I vangeli ci raccontano come Giovanni accetti di essere un semplice precursore, ma è possibile tra le righe intravedere almeno un momento in cui i battezzati dovettero scegliere: con l’uno o con l’altro. O Giovanni o Gesù. Non dicevano proprio le stesse cose. I discepoli di Giovanni digiunavano, quelli di Gesù no; Giovanni si lascia andare a commenti pericolosi sulla famiglia reale, Gesù cerca di non fare politica (ma poi finisce comunque nei guai). Forse Giovanni era stato il maestro di Gesù (è lui a battezzarlo), ma poi quest’ultimo aveva preso una strada sua, e l’incarcerazione di Giovanni lo mise nella condizione di ereditare un po’ del credito del predicatore rivale, che davvero in questo senso gli aveva aperto la strada. Eppure anche in carcere Giovanni continuò a diffidare del cugino (Luca li considera cugini: ma in nessun altro testo sembrano manifestare alcun tipo di familiarità), mandando i suoi discepoli a chiedere a Gesù se davvero è il Messia. Gesù non si limita a rispondere “sì”, ma invita i giovannei a verificare di persona: come si riconosce un Messia? Cosa dice il profeta Isaia al riguardo? I ciechi recuperano la vista? Fatto. Gli storpi camminano? Fatto. I lebbrosi guariscono? Questo a dire il vero in Isaia non c’è, ma crepi l’avarizia. Eccetera eccetera: i sordi odono, i morti resuscitano…”
“E gli schiavi?”
“Eh?”
“Isaia diceva anche qualcosa sugli schiavi da liberare”.
“Sì, benappunto, vi ho detto che i morti resuscitano”.
“No Isaia non parla di morti, parla di schiavi, schiavi da liberare, insomma la rivoluzione”.
“Siete voi che non capite Isaia, volete sempre buttarla in politica”.
“Sei tu che non vuoi far politica, hai paura di finire come Giovanni, lui sì che si è preso le sue responsabilità…”
“Giovanni lo stimo, ma non avete mica capito, qua si parla di resuscitare i morti, liberarsi dal giogo del peccato originale, altro che schiavi e mica schiavi, questa è un’idea che tra duemila anni ancora ne staranno a parlare”.
“E avranno ancora gli schiavi”.
“E pazienza, i poveri ci saranno sempre…”
“Giovanni non parla così”.
“Che importa di quel che dice Giovanni, tanto la storia la scrivono i vincitori, e il protagonista sarò io, e del vostro Giovanni si parlerà come di uno che non era degno di allacciarmi le scarpe”.
“Noi restiamo con Giovanni”.
“Perfetto, sparite, faccio già fatica a vedervi”.
“Buona resurrezione”.
“Ridete, ridete, ride bene chi ride per ultimo”.
Magari non andò esattamente così, però i giovannei non seguirono tutti Gesù. C’era un formicolio di sette e di bande armate, una vitalità complessa e indisciplinata che i Romani non capirono e che presto o tardi spazzarono via per farci un bel deserto e chiamarlo pace (di Giovanni riparleremo nel giorno in cui si celebra il suo martirio, il 29 agosto).
giovedì 20 giugno 2024
San Luigi è uguale a noi (più o meno)
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Consacrazione di San Luigi, patrono della gioventù (Goya) |
Una cosa bella del cristianesimo è che per la prima volta ha messo all'ordine del giorno l'uguaglianza. Non tanto il fatto che ci fosse un Dio – quello si pensava già prima – ma che davanti a questo Dio risultassimo tutti uguali, come... come davanti alla legge, salvo che questa idea di essere tutti uguali davanti alla legge non esisteva, prima che postulassimo di essere tutti uguali davanti a un Dio. Pensate alla Dichiarazione d'Indipendenza Americana, 1776: "Noi riteniamo certe verità autoevidenti: che tutti gli uomini siano stati creati uguali", insomma se avessimo chiesto a Thomas Jefferson, sì, ma perché dovrebbero essere tutti uguali? Lui non avrebbe avuto altro argomento che puntare verso il cielo, o verso il Vangelo (ne aveva una copia tutta ritagliata a piacere): siamo uguali perché Dio ci ha creato così, è autoevidente. Questo magari spiega l'importanza che ha Dio nella società americana, e le difficoltà che incontrano quando provano a farne meno: come se fosse ancora la chiave di volta di un edificio settecentesco che nessuno in seguito ha ritenuto di ricostruire.
Dunque se qualche autorità ci considera ancora tutti uguali lo dobbiamo a Gesù Cristo... senonché forse questa idea non è nemmeno sua: almeno in qualche passo del Vangelo dà là sensazione che Egli pure facesse qualche differenza, ad esempio tra ebrei e non circoncisi. Il postulato dell'uguaglianza nasce un po' più tardi, forse perché il cristianesimo si stava diffondendo tra gli schiavi e agli schiavi serviva una religione che rimettesse in discussione le gerarchie sociali. Quando iniziate a vederla in questo modo, è una specie di rivoluzione copernicana: Cristo ci avrà messo qualche idea (e il suo sacrificio), ma di messia e di religioni in giro ce n'erano tanti. Il cristianesimo ha vinto perché piaceva agli schiavi, e raccontava una storia di giustizia che serviva agli schiavi. E forse davvero ha messo in crisi la società antica perché gli schiavi erano troppi ed erano stanchi di sentirsi inferiori. Non è che il cristianesimo ha liberato gli schiavi, come si raccontava una volta. È la schiavitù che ha inventato il cristianesimo per liberarsi. Un messaggio di speranza, ma anche di giustizia. Molto bene. Viene quasi voglia di battezzarsi, se uno si era sbattezzato (in realtà lo sbattezzo non funziona).
Poi guardi il calendario, 21 giugno, San Luigi Gonzaga, e ti sale un po' la rogna. Un nobile figlio di nobili fatto santo dai nobili. Cos'ha fatto di importante nella vita? Non tantissimo, è morto quasi subito. Ma è morto Gonzaga, e i Gonzaga ad avere un santo ci tenevano.
Lo so che non ha senso prendersela, perché se c'è un luogo dove per secoli la povertà è stata apprezzata e valorizzata, questa è proprio la Chiesa. C'è fior di poveracci sul calendario cristiano: poveri nati e poveri per scelta. Però, certo, c'è anche un sacco di bella gente, principi conti e regine, perché anche il martirologio è diventato uno status col tempo, come qualsiasi cosa.
Non so dove l'abbia trovata Cattabiani (Santi d'Italia, Bur, 1993), ma una leggenda dice che Luigino Gonzaga, a quattro anni, fu portato da papà Ferrante alle esercitazioni militari per l'imminente spedizione contro i turchi. Luigino vestiva "una corazza in miniatura, un archibugetto a tracolla e un ciuffo di piume bianche", e questo abbigliamento una sera avrebbe confuso le guardie della polveriera, o più probabilmente dormivano, sicché Luigino riuscì a sgraffignare abbastanza esplosivo da caricare una spingarda e ustionarsi, "per fortuna leggermente, mani e guance". Ora, per quanto ai tempi i bambini potessero crescere più velocemente, è difficile immaginare un monello di quattro anni che se ne va in giro di notte da solo per un accampamento. E però se fosse successa davvero, questa che è l'unica bravata mai commessa da San Luigi, non sarebbe senza un senso. Da una disavventura del genere Luigi avrebbe potuto trarre una grande lezione: qualsiasi cazzata avesse fatto nella vita, non importa quanto grande e pericolosa, l'avrebbe fatta franca; perché imbecille o meno era pur sempre un Gonzaga, e i Gonzaga fanno quello che gli pare. Anche quelli dei rami cadetti, come Ferrante suo padre che era marchese, sì, ma di Castiglione delle Stiviere; e però era Gonzaga pure lui, e i Gonzaga hanno parenti in Austria e in Spagna, in cielo e sottoterra. Ecco, forse mentre piagnucolava e le lacrime gli salavano le ustioni sulle guanciotte, Luigi capiva questo: che non c'era nessun gusto nel fare birichinate, quando nessuno ti giudica; e così non ne fece mai più. Il resto della sua breve vita si potrebbe interpretare così: una sfida al bieco familismo del neofeudalesimo rinascimentale. Luigi evade dal suo destino di signorotto impunito nell'unico modo che la società gli consente: trovando Dio. Quattro anni dopo, quando Ferrante torna dalla guerra, constata con orrore che il suo primogenito, oltre alla tubercolosi, ha contratto una spaventosa vocazione religiosa: del resto un cugino della madre era un Dalla Rovere, vescovo di Torino.
Ci fa caso anche il cardinale Carlo Borromeo, che passando da Castiglione scopre che il novenne Luigi si confessa già da tre anni (chissà di che peccati), e decide, potendo deciderlo, di impartirgli subito il sacramento della prima comunione. Forse in Luigino il cardinale si era riconosciuto: anche lui aveva sofferto il dissidio tra vocazione religiosa e il ruolo imposto dalla primogenitura (dopo la morte del fratello maggiore). Il padre però non molla, forse anche perché il secondogenito, Rodolfo, non gli sembra una cima. Nel 1582 la famiglia è ospite a Madrid di re Filippo II; Luigi e Rodolfo hanno l'onore di essere convocati come paggi di un infante di Spagna, ma quando non è impegnato dai doveri mondani, Luigi studia metafisica e teologia. Studiando si avvicina a un ordine di recente formazione, la Compagnia di Gesù, che ha un approccio moderno ma anche rigoroso, a metà tra l'università degli studi e la caserma. Papà Ferrante cerca ancora in vari modi di recuperarlo alla vita mondana; lo manda ospite in tutte le corti dei parenti (Mantova, Parma, Torino, Ferrara), magari sperando che qualche cugina impietosita provi a sedurlo, ma è tutto vano; Luigi ha fatto voto di castità a dieci anni e ormai ha deciso che sarà gesuita. Alla famiglia non resta che raccomandarlo al generale dei gesuiti, a Roma. Luigi arriva con un sontuoso corredo 'da gesuita' di cui si disfa ben presto, preferendo gli abiti comuni: sembrava avercela fatta, tra i gesuiti non era più un Gonzaga, ma un uomo tra gli uomini. A Roma, Luigi resterà dal 1585 in poi, salvo un soggiorno a Napoli per curare la tubercolosi, e uno a Castiglione nel 1589 per risolvere un contenzioso tra il fratello Rodolfo – che aveva ereditato il feudo del padre alla morte di quest'ultimo – e il cugino Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova, che reclamava Solferino.
Luigi riesce a riappacificare i cugini, ma a questo punto scopre un'altra gatta da pelare: lo zio Alfonso Gonzaga preme perché Rodolfo sposi la sua unica figlia, quest'ultimo fa impazzire la famiglia opponendo un netto rifiuto. Luigi scopre che Rodolfo non può sposarsi perché è... si è già sposato, con la figlia di un artigiano della zecca di Castiglione di cui si era invaghito quando lei aveva quindici anni. Cosa faceva un signorotto del Cinquecento neofeudale quando si affezionava alla figlia di un dipendente? Rodolfo era un Gonzaga, faceva quello che gli pareva, e in questo caso l'aveva rapita e messa incinta. Però poi l'aveva sposata, ufficialmente la storia dice questo, anche se non osava dirlo in giro. Luigi riuscì a forzarlo a un imbarazzante coming out e grazie alla sua intercessione, la madre accettò in casa nuora e nipote. Rientrato a Roma, Luigi si tuffa anima e corpo nell'assistenza ai malati dell'epidemia di tifo, svolgendo incombenze decisamente non indicate a uno che aveva già i polmoni tormentati dalla tbc. In questi casi viene il sospetto che il santo abbia inconsapevolmente voluto anticipare i tempi della sua dipartita. Sulla terra, non importa quanti sacrifici e opere di bene, sarebbe rimasto per sempre un Gonzaga, un privilegiato. Solo davanti a Dio siamo tutti uguali, perlomeno in teoria.
In pratica forse no, perché una volta passato all'altro mondo, Luigino fu di nuovo oggetto di un trattamento di riguardo. Una prima richiesta formale di canonizzazione partì da un sinodo convocato a Mantova nel 1604; ora secondo voi come si chiamava di cognome il vescovo di Mantova che aveva convocato il sinodo? esatto, Gonzaga, Francesco Gonzaga, quanto è piccolo il mondo. L'anno dopo Luigino era già proclamato Beato, quattro anni prima del fondatore del suo stesso ordine, Ignazio di Loyola. Canonizzato definitivamente nel 1726, tre anni più tardi Luigi fu proclamato patrono della gioventù cattolica, e in quanto tale era un santo molto popolare ancora per la generazione di mio padre: almeno per lui "San Luigi" era una data importante, un pretesto per far festa. Ma immagino che prima di dar via alle danze il parroco ci tenesse a esortare i giovani fedeli a vivere santamente come San Luigi, che potendo scegliere tra fare il signore e il santo aveva scelto correttamente, meritandosi la santità. Perché il cattolicesimo è meritocratico, a modo suo.