Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi

Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi. Noi no. Donate all'UNRWA.

domenica 11 settembre 2011

Il temino sull'11/9

Io l'11 settembre 2001 ero

[inserire il luogo in cui dov'ero]

e stavo facendo

[descrivere brevemente la mia occupazione in quel momento]

quando all'improvviso [in tv / alla radio / al telefono un amico / su internet, perché modestamente io la usavo già] ho scoperto quello che stava succedendo; ho visto coi miei occhi

[spazio per inserire due o tre immagini toccanti che tutti si ricordano: torri che fumano, persone che precipitano]

e ho pensato: niente sarà più come prima.

Poi ci sono state alcune guerre, ma insomma, i dieci anni sono passati e io sono ancora qua, Bin Laden invece è morto, salire sugli aeroplani è più difficile, però tutto sommato poteva andarci peggio, dai. Ma non dimenticherò, perché chi non ha memoria non ha futuro. Questa è più o meno la traccia tipica del temino sull'11 settembre, purtroppo non a scuola ma sui nostri quotidiani (e sui blog, certo), dove abbiamo cominciato a leggerne già il 12 settembre 2001. A distanza di dieci anni, sarebbe interessante prendere i giornali di domattina e contare quanti pezzi saranno composti ancora con una traccia del genere. Magari neanche uno, chissà, magari si sono stancati di scriverli, come noi (da un pezzo) di leggerli. Sì, appunto, magari.

Chi sa dov'è il Wendy's più vicino?

Tra qualche ora vedremo. Nel frattempo vorrei fermare qui un appunto, una cosa che mi è venuta in mente, da raccontare a chi non c'era. Ma, appunto, il problema con l'11 settembre è che c'eravamo tutti, sicché questa mania di continuare a raccontarcela a vicenda è un po' stucchevole. Tra l'altro, più ce la raccontiamo, più rimescoliamo le nostre memorie, e alla fine sembra davvero che tutti ci ricordiamo le stesse cose.

L'unica speranza risiede nelle giovani generazioni – sperando che non si siano sciroppate troppi documentari e docufiction negli ultimi dieci anni, altrimenti rischiano di avere una memoria a posteriori migliore della nostra (quel fenomeno per cui io mi ricordo la formazione di Italia Germania 4-3). Comunque io quest'anno avrò una classe di ragazzi del Duemila, ormai ci siamo. Anche se è ancora un po' troppo presto per spiegar loro questa cosa che mi è venuta in mente.

Mi è venuta in mente guardando la controversa foto qui sopra (via il Post) che ritrae alcuni giovani in una posa apparentemente spensierata sulla sponda sicura dell'East River, con Manhattan affumicata sullo sfondo. Dico apparentemente perché, quando la foto è diventata famosa, le persone catturate dal fotografo si sono difese spiegando che in realtà erano tutte piuttosto sconvolte. Anche se dallo scatto non appare. Il che potrebbe sembrare strano, a chi l'11 settembre non fosse lì, di fronte a Manhattan. (Ma c'eravamo tutti).

Allora bambini quello che dovrei dirvi, non oggi ma tra qualche anno, è che in realtà non è affatto strano. È la differenza tra fotografia e fiction, forse. Un regista di fiction, se dovesse immaginare un set così, chiederebbe agli attori di assumere espressioni di incredulità, impotenza, rabbia, disperazione, sgomento, panico, insomma una bella spadellata di Urli di Munch. E se gli attori non fossero dei cani, potremmo trovare la scena verosimile. Questa foto però non ha nessuna pretesa di essere verosimile, perché è vera. Io lo posso dire perché ero lì, cioè non proprio lì; a sei fusi orari di distanza, ma avevo davvero davanti la stessa scena: e benché mi sentissi anch'io sconvolto, impotente, incredulo, probabilmente sul viso non avevo un'espressione molto diversa da quella di quei cinque ragazzi. Potrei essermi stiracchiato anch'io, a un certo punto, sul terrazzino che dava sul mio ufficio. Avrò anche sorriso un po', per cortesia o addirittura ascoltando una battuta – sì, ci raccontavamo addirittura le battute. Perché è vero che eravamo preoccupati. Eravamo preoccupatissimi. Ma per il momento eravamo sulla sponda sicura. Nessuno poteva ancora sapere cosa sarebbe successo il 12 settembre 2001: parlare di Terza Guerra Mondiale, in quel momento, non suonava affatto fuori luogo. Nulla sarebbe stato come prima, davvero, nulla, ma nel frattempo eravamo ancora in quel “prima”, non sapevamo bene da che parte quel “prima” avrebbe cominciato a franarci addosso, e più che rabbiosi, più che impotenti, più che sgomenti, io credo di aver trovato la parola che potrebbe definirci.

Eravamo euforici. Nell'occhio del ciclone di un grande cambiamento storico. Comparse di un action movie che non sarebbe finito senza qualche milione di morti. Ma era il nostro film, finalmente. Riguardava noi, e l'unica cosa sicura era che ci avrebbe cambiato la vita. In un modo o nell'altro. E dovete capire, bambini, che la maggior parte di noi faceva già una vita abbastanza di merda. Dicevamo “nulla sarà come prima” e intanto pensavamo “magari”.

Poi la sera arrivò Vespa, Scajola disse che c'erano stati venti, trentamila morti, gliel'avevano detto gli americani, arrivavano agenzie di bombardamenti di Afganistan, Massoud era morto ammazzato, io mi addormentai sul divano davanti a RaiNews.

No, aspetta. Non potevo captare RaiNews.
Ecco, sta succedendo. Sto ricordando quello che è successo a qualcun altro.

15 commenti:

  1. Ecco, euforici!
    Stavo cercando ieri sera, davanti a una birra, a spiegare ad alcuni amici più giovani di me (e che erano in età scolare, dieci anni fa) questa cosa (cioè, che un mio amico - invero piuttosto tossicodipendente - mi tempestava di messaggi dal tono "CAZZO FIGATA!") e non riuscivo a veicolare il concetto.
    Segnalerò loro il tuo post.

    RispondiElimina
  2. Frequentavo il liceo e nonostante la notizia non mi degnai di staccarmi dal mio videogioco... il 12 invece avevo passato la giornata in stato catatonico con qualche pianto qua e là ad ascoltare la radio, incapace di affrontare le immagini in tv. Un vero cliché vivente, ma non posso farci nulla... E al ritorno dalle vacanze il professore ci assegnò il primo temino sull'11 settembre.
    Comunque immaginare la difesa dei ragazzi della foto mi ha fatto ridere.

    RispondiElimina
  3. A me piace più ricordare l'11 Settembre del 1973.

    Dieci anni fa invece mi trovavo in Argentina, erano le 8 del mattino e dormivo. Poi mi svegliai perché i miei guardavano le immagini in TV. Dopodiché, sì, forse sconvolto anch'io, tornai a dormire, per fortuna Argentina non è nei mirini dei terroristi. Se mai il contrario, se prendiamo come terroristi quelli di "Stato", aka Videla&Co, appoggiati dagli Stati Uniti.

    Ah poi mi sono svegliato ancora perché avevano colpito la seconda torre.

    Che dire, bel film, ma è durato un po' troppo.

    [satiric mode off]

    :)

    RispondiElimina
  4. Bravo: per fortuna sei andato fuori tema! Che' del tema non se ne può più: me e l'11 settembre (con l'eventuale aggiunta del perché quell'11 settembre, piuttosto che altri o ricorrenze d'altre date)... Il tema dell'automitopiesi mnemonica non sarà meno battuto, ma almeno è più profondo, elevato, immediato. Saremo più o meno coetanei ma, avessi incontrato un prof come te, sarei felice di poter dire d'aver avuto un maestro...

    RispondiElimina
  5. Quel pomeriggio stavo guardando Ally McBeal su Italia Uno, mentre oggi ho appena prenotato un volo per l'Arabia Saudita. Se anche tu vai a Riyadh il prossimo 25 dicembre, partenza da Milano Malpensa, ricordati di queste poche righe.

    RispondiElimina
  6. E comunque nella foto il tocco lo dà soprattutto la bionda riccia, di cui non a caso è celata l'espressione dagli occhiali, che nell'immaginario è troppo accostabile a pubblicità di merci futili e consumiste. Lo stesso effetto che producono icone incompatbili accostate, più un corto circuito dell'immaginario che dell'immagine.

    RispondiElimina
  7. Ma perchè si ripete questo ritornello che dall'undici settembre è cambiato tutto? A me non pare proprio, non vedo alcuna forte discontinuità. Pensiamo piuttosto al governo della Thatcher e alla sua lotta ai minatori in sciopero, l'evento più emblematico di partenza dell'onda neoliberista. Oppure alla caduta del muro di Berlino, che ha sconvolto gli equilibri di potere del mondo.
    L'undici settembre non mi pare proprio che abbia una rilevanza storica neanche lontanamente paragonabile, l'onda della storia mi pare non abbia cambiato granchè direzione: possibile che dobbiamo sempre fare la parte dei provinciali dell'impero americano?

    RispondiElimina
  8. Neanche io capisco questa cosa Vincenzo,sembra quasi un limite,imposto,non so da chi,mentre invece la Storia è piena di orrori,che si credono superati,ma non lo sono.Credo che sia un aggiustamento del manovratore,far credere questo.
    Amelie.

    RispondiElimina
  9. L'America e l'undici settembre, l'America e l'undici settembre. Di tutte le altre date e nazioni non si ricorda mai nessuno.

    Mi spiace davvero per le persone morte quel giorno ma per me il mondo non è cambiato, nemmeno i controlli all'aeroporto mi danno la sensazione di cambiamento. E mi sono davvero stancata di tutta questa retorica, di persone che devono per forza raccontare cosa hanno fatto quel giorno per dimostrare di provare lo stesso dolore che ha colpito i newyorkesi nelle medesime ore. Noi non possiamo capire, per noi il mondo non è cambiato.

    E questo non è un commento cinico, mi ritengo una persona anche abbastanza sensibile. Ed è per questa sensibilità che mi viene il vomito quando leggo post pieni di ipocrisia che il 12 di settembre verranno subito dimenticati e archiviati.

    PS. Ovviamente il tuo post non rientra in questi ultimi, mi accodavo al concetto del "temino" da scrivere.

    RispondiElimina
  10. Io sto provando a dimenticare, come forma di protesta per il dumping americano, e come forma di vergogna perché mentre a New York due aerei si schiantavano in quella maniera io ero a Calcinato, provincia di Brescia, e giocavo ai Pokèmon da emulatore sul pc.

    RispondiElimina
  11. Io penso sempre a quell'altro, di 11 settembre, quello che nessuno ricorda più, quello di cui non si parla mai. E adesso, ogni anno, mi scatta l'automatismo e quando sento di 11 settembre, racconto di Allende e Pinochet.

    RispondiElimina
  12. Personalmente, non ho la più pallida idea di dove fossi o cosa stessi stessi facendo e tutto sommato della situazione non mi importava molto. A quei tempi ero un ragazzino. So che il me di adesso, in quello che sembrava un cambio di paradigma storico (stuff blowing up!) proverebbe l'entusiasmo descritto egregiamente da Leonardo.

    RispondiElimina
  13. Si puo' dirlo meglio di cosi'? :


    "E' incredibile come finisci per entrare in un tipo di vita, tra i molti che avresti a disposizione, e da li' in poi tutto quello che fai succede in modo quasi automatico. Sei dentro un meccanismo altamente assistito, come il pilota di un aereo moderno che deve solo tenere d'occhio i computer di bordo, e ascoltare i messaggi delle torri di controllo. Non devi fare piu' nessuna vera scelta che metta in discussione il percorso, devi solo valutare le opzioni che ti vengono proposte. Ci vuole una catastrofe o un miracolo, per venirne fuori"
    (Andrea De Carlo, "Di noi Tre", pag. 510)

    RispondiElimina
  14. Infatti, a me non mi pare sia cambiato nulla. Se si voleva un pretesto per invadere l'Afghanistan, lo trovavano in qualche altro modo sicuramente. Sí forse sará cambiato qualcosa per gli statunitensi, visto che è stata disturbata quella loro "pax mediatica", salvo i NewYorkini, immagina un'aereo in piazza...

    RispondiElimina

Puoi scrivere qualsiasi sciocchezza, ma io posso cancellarla.

Altri pezzi