27 settembre: San Vincenzo de' Paoli (1551-1660), ministro della Carità
A un certo punto gli storici si sono accorti che l'uomo più buono del secolo XVII – proprio lui, Vincent de Paul, il fondatore delle Dame di San Vincenzo, delle Figlie della Carità coi loro copricapi così buffi e cinematografici (purtroppo aboliti nel Novecento), che non erano proprio suore, ma infermiere libere di uscire dall'ordine e sposarsi; Vincenzo il fondatore dei missionari lazzaristi; di ospizi e ospedali e seminari e orfanotrofi, al punto che si diceva che di notte vagasse per Parigi in cerca di trovatelli da salvare; Vincenzo che da guardiano di animali era diventato così importante a corte che un giorno suggerì alla reggente Anna d'Austria di licenziare il cardinale Mazzarino; Vincenzo che in quel frangente effettivamente cadde in disgrazia ma poi si rifece e fu nominato, dalla stessa Anna, Ministro della Carità; Vincenzo che in quanto tale a un certo punto amministrava un budget superiore a quello delle Corona e nessuno trovava niente da obiettare perché a metà Seicento, sostanzialmente, Vincenzo de' Paoli era il Welfare State francese, un uomo di così specchiata e indiscutibile virtù; ebbene a un certo punto gli storici si resero conto che anche Vincenzo aveva un segreto nascosto nel suo passato; due anni di gioventù in cui non si sapeva bene dove fosse finito.
Lui stesso non ne parlava volentieri, il che è curioso se si considera che parlare era una parte importante del suo mestiere. Non solo, ma la ricostruzione ufficiale che aveva fornito era materiale per un romanzo picaresco: partito per Tolosa, dove era previsto che conseguisse un dottorato in Teologia, era stato rapito da pirati berberi che lo avevano venduto schiavo a Tunisi. Qui in due anni avrebbe cambiato padrone quattro volte, fino a trovarne uno di origine francese, un frate apostata che per non indossare il saio era scappato in Africa. Con l'eloquenza di cui era senz'altro fornito, Vincenzo lo avrebbe convinto a pentirsi dei propri misfatti e tornare in Europa con lui. In questo modo Vincenzo sarebbe ricomparso in Francia nell'estate del 1607; nessuna sorpresa che non fosse riuscito né a conseguire il dottorato, né a pagare i debiti che già da prima pesavano sul bilancio della sua non ricca famiglia.
Questa era la storia che Vincent Depaul aveva raccontato ai superiori, ma non gli piaceva tornarci sopra. Qualsiasi altro predicatore avrebbe fatto di un'esperienza del genere una miniera di aneddoti per il suo repertorio, e c'è da dire che tra le altre cose Vincenzo dirigeva un ordine missionario che aveva basi nell'Africa del Nord e l'obiettivo primario di riscattare gli schiavi cristiani; ma a quanto pare non gli venne mai in mente di condividere o rivendicare la sua esperienza in quei due anni passati proprio come schiavo laggiù. Questo comportamento ci appare sospetto e ci fa dubitare di un resoconto che, bisogna dire, non presenta contraddizioni o dettagli assolutamente inverosimili; a un viaggiatore per mare dei primi del Seicento poteva capitare davvero nel Mediterraneo di essere fatto prigioniero e venduto a Tunisi come schiavo; era un caso molto sfortunato, ma avveniva.
Il punto più debole di tutta la storia è il rocambolesco viaggio di ritorno: due religiosi su una barchetta a vela che dalla costa tunisina approdano in Camargue senza scalo. Da cui il sospetto: forse quel frate apostata è uno specchio dello stesso Vincenzo? In Tunisia ci era davvero finito come schiavo, o volontariamente, per scappare dai debiti famigliari e da una vita sacerdotale che non lo convinceva del tutto? In fondo fino a quel momento per lui il sacerdozio era stata una scelta obbligata: l'unica che apriva le porte dell'università a un ragazzo dotato per gli studi, ma di modestissima condizione. La vera vocazione religiosa sarebbe arrivata più tardi, insieme con l'intuizione di dedicarsi ai poveri (un settore che non va mai in crisi, come notava già Gesù) e l'incontro con le ricche famiglie che gli avrebbero messo a disposizione i primi ingenti capitali. Ma prima di tutto questo Vincenzo era stato un giovane neolaureato come tanti di noi: anche lui poteva avere sperimentato la vertigine di quel momento in cui sai che la strada che stai per imboccare è quella senza ritorno che porta alla vita adulta. In quei frangenti a chi non capita di vagheggiare vie di fuga: e metti che quel mattino un vascello di pirati tunisini stesse cercando personale anche senza esperienze.
Forse, prima di diventare l'apostolo dei poveri, Vincenzo aveva ceduto alla tentazione di vedere com'era fatto l'altro mondo, quello non cristiano; lui stesso ammette che uno dei suoi quattro padroni gli insegnò un po' di alchimia, qualcosa che in Europa non aveva potuto studiare e che magari sperava fosse più interessante che gestire parrocchie e insegnare latino ai figli di qualche conte o marchese. Forse Vincenzo diventò quel pilastro di carità e rettitudine cristiana proprio perché per un paio di anni aveva voluto provare com'era il mondo senza Cristo; e si vede che alla fine non gli era così piaciuto.
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