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mercoledì 15 gennaio 2025

Il mendicante dal vangelo d'oro

15 gennaio: San Giovanni Calibita (V secolo), finto povero.

Terminato il periodo eroico dei martiri – quando per diventare santi bisognava farsi torturare e ammazzare – si fa strada che l'idea che la santità si possa raggiungere attraverso la povertà. Ci aspetteremmo dunque una serie di santi proletari, e invece no: appena i ricchi si accorgono che la povertà è di tendenza, eccoli pronti a travestirsi da mendicanti, togliendo spazio a chi mendicava per necessità. 

Il più famoso è Sant'Alessio, ma la sua leggenda non è che una variazione di quella di Giovanni Calibita. Quest'ultimo sarebbe vissuto a Costantinopoli nella prima metà del quinto secolo, terzo figlio della nobile Teodora e di Eutropio, senatore e generale. Avendo concluso con successo gli studi di retorica, ad appena dodici anni Giovanni avrebbe diritto di pretendere da cotanti genitori un sontuoso regalo: e invece chiede appena un vangelo. Ricordiamo che ancora per mille anni ogni libro sarà un oggetto scritto a mano, e quindi comunque prezioso; ma Teodora ed Eutropio se ne procurano uno pacchianissimo, tutto crisografato, miniato e ricoperto d'oro e tempestato di pietre preziose, senza sapere che Giovanni lo ha chiesto perché ha sentito la chiamata di Dio: scapperà di casa, attraverserà il Bosforo e si unirà ai monaci acemeti, la cui Regola prevede che si portino appunto un vangelo addosso sempre e ovunque. Per sei anni soggiorna nel monastero chiamato Eirenaion, "luogo di pace"; dopodiché sente una seconda chiamata e decide di tornare a casa, ma travestito da accattone, come Ulisse. Nel caso di Giovanni questa scelta sembra un po' più decifrabile di quella analoga fatta da Alessio; l'impressione è che mettendosi a mendicare proprio davanti alla porta del palazzo di famiglia, Giovanni voglia mettere alla prova i suoi genitori. Forse salvarli. 

A mostrare maggior durezza è Teodora, che più volte chiede ai servi di scacciare il barbone. Il padre, pur non riconoscendolo, mostra più umanità e consente ai suoi servi di costruire un kalybe (καλύβη), una specie di capanna dove Giovanni, detto da qui in poi il Calibita, poteva trovare riparo dalle intemperie, nonché dagli sguardi ostili della padrona di casa. Il che non gli impedì di morire dopo tre anni di privazioni; i famigliari lo identificarono dal vangelo d'oro e di pietre preziose che nascondeva sotto i suoi stracci  – e qui in effetti la leggenda appare più riuscita di quella di Alessio, in cui il riconoscimento avviene attraverso un più banale biglietto. Anche il finale sembra avere un senso che l'autore della leggenda di Alessio non aveva colto: Eutropio e Teodora, dopo il terribile riconoscimento, si pentono della loro inospitalità e trasformano il loro ricco palazzo in uno xenodochio, ovvero un ostello gratuito per poveri e pellegrini. Questo spiega le due chiamate di Giovanni: con la prima ha salvato sé stesso rinunciando alle sue ricchezze; con la seconda (e con la morte) ha salvato i genitori. Tutto questo viene a mancare nella storia di Alessio, che una volta riconosciuto dal padre torna a essere, da morto, un ricco patrizio degno di un funerale glorioso. 

Se la leggenda fosse nata a Roma la figura del mendicante che nasconde un prezioso vangelo potrebbe essere ispirata alla figura storica di Servolo il paralitico, che nel VI secolo mendicava sotto il porticato della chiesa di San Clemente, e coi risparmi si era procurato in effetti un vangelo che doveva essergli costato parecchie ore di lavoro ma che non sapeva leggere, essendo schiavo e figlio di schiavi; mentre Giovanni sembra già un cavaliere medievale che sotto qualsiasi apparenza di sventura cela un tesoro che non può essere ceduto né condiviso. È già una figura di fiaba, e come tale parla di noi, dei magici tesori che nessuno può toglierci anche quando il conto in banca è in rosso fisso. La leggenda originale è ambientata chiaramente a Costantinopoli, che però viene chiamata talvolta "Roma" (come l'avrebbe voluta chiamare il fondatore Costantino Nova Roma). Il che permise ai romani, che per i santi accattoni hanno un debole, di impadronirsene; nell'Isola Tiberina sorse, prima del XIII secolo, una chiesa dedicata a Giovanni Calibita, che ne avrebbe custodito i resti: tutto intorno poi i servi degli infermi di San Camillo de Lellis avrebbero poi costruito l'ospedale Fatebenefratelli.  

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