1893. |
Buongiorno, mi chiamo Leonardo e sono un fuorilegge; non lo faccio certo per vantarmi, ma è appena entrato in vigore un codice della strada che prevede la targa per i monopattini. Targa che nessuna motorizzazione ha ancora prodotto: quando ho chiesto un parere ai vigili del mio comune, mi hanno detto di attendere. Non è chiaro se io debba attendere a piedi o possa farlo in monopattino; detto questo, domattina se non nevica probabilmente salirò sul mio mezzo elettrico preferito, infilando il casco che ho appena comprato e che lascerà passare il freddo d'inverno e il caldo d'estate. Farò più o meno lo stesso percorso che faccio tutti i giorni e che comprende qualche tratto di ciclabile, benché credo che ora sia vietato – ma è così comoda la ciclabile in inverno, completamente vuota – e se incontro un vigile o un poliziotto, beh, sono abbastanza sicuro che capirà la situazione e non vorrà rovinarmi la vita. E sapete perché ne sono sicuro?
Perché sono bianco.
E fino a qualche anno fa mai l'avrei pensato, ma è andata così. Sono bianco, il che riduce di diversi punti percentuali l'eventualità che un uomo d'ordine voglia rompermi i coglioni. Mentre se fossi appena appena un po' meno bianco, beh, sarei molto più nervoso. Ma non credo comunque che lascerei il monopattino a casa, perché il monopattino mica si usa per fare bella figura con gli amici: è uno strumento pochissimo cool, anzi davvero sfigato, che serve per lo più a portarti sul luogo di lavoro. Può darsi che in altre città si sia sviluppata una cultura giovanile del monopattino, ma insomma per adesso da noi è così. Voglio dire, è un mezzo che non fa rumore, che non va forte, che s'impara a condurre in cinque minuti e che frena appena deceleri. Non riesci veramente ad ammazzare nessuno: è davvero il mezzo di locomozione più sfigato del mondo. Chi se lo procura ha evidentemente solo la banale necessità di spostarsi, una necessità che condivido con gente che ha spesso la pelle più scura della mia.
Ora, il nostro governo è quello che è, tutto si può dire salvo che siano coraggiosi. È chiaro che gli piacerebbe tanto implementare la segregazione razziale, ma l'intrepidezza di dircelo non ce l'hanno (e sì che a facce di bronzo non stanno messi male) dobbiamo capirlo da soli. Si possono magari togliere altre risorse al welfare, perché scuole statali e ospedali pubblici sono proprio il posto dove il personale ti cura e ti insegna senza guardare al colore della pelle: per cui meglio privatizzarli. Ma a parte questo, e smantellare il traffico ferroviario, che altro si può fare per rendere difficile la vita a chi ha tutti i diritti di vivere e lavorare in Italia ma ha la pelle un po' più scura degli altri? Bastava guardarsi un po' in giro, e Salvini in giro in questi anni c'è andato, questo dobbiamo riconoscerglielo.
Buongiorno, mi chiamo Leonardo e sissignore, da più di un anno vado in monopattino. Non dico che mi ha cambiato la vita, ma quasi. C'è da dire che vivo in un piccolo centro, che per il monopattino è la dimensione ideale. Quel che mi affascinava da sempre del mezzo era la commutabilità, ovvero l'idea che avrei potuto caricarmelo in macchina e girare in altre città risparmiando sul parcheggio. Qualche volta l'ho pure fatto, ma quel che davvero è successo è che ho assolutamente smesso di girare la mia città in macchina (il che è un bene) e in bicicletta (il che è un male). C'è da dire che negli ultimi anni mi capitava sempre più spesso, la mattina, di alzare gli occhi a un cielo nuvoloso o grigio o boh, e pensare no, non ce la faccio a uscire in bicicletta oggi. Stavo diventando vecchio e inquinante, almeno ho smesso di essere inquinante – anche se ho il fermo sospetto di essere diventato un personaggio da chiacchiera di bar, il professore in monopattino. E pazienza: è così comodo. È veramente il mezzo di trasporto più facile del mondo, una protesi dei propri piedi, a volte non ti accorgi nemmeno che non stai camminando.
Ma è sicuro? Beh, dipende. È chiaro che più lo usi più diventi attento (ma a volte poi è proprio l'eccessiva confidenza che ti frega). In venti mesi diciamo che devo avere rischiato la vita solo un paio di volte, e sempre a causa di automobili che la gente userebbe di meno, se sapesse quant'è semplice e bello andare in monopattino. Ma no, devono inquinare, devono comprare altre macchine e neanche elettriche perché altrimenti l'Occidente tramonta e poi non ha abbastanza soldi per pulire etnicamente il Medio Oriente. Una cosa che ho capito molto presto è che la gente tra cui sfrecciavo alla pazza velocità di 18 km/h aveva paura di me. Non dei ciclisti – che hanno un baricentro molto alto, e su bici elettriche possono raggiungere i 25 km/h senza casco e senza targa; non degli automobilisti che possono schiacciarti con una lieve pressione involontaria del piede, anche in retromarcia, ma dopotutto si sa, la strada è roba loro, siamo in Occidente, vuoi far piangere Rampini? No, la gente ha paura di me e devo ammetterlo: non sono il monopattinatore più prudente del mondo.
In linea di massima credo che un patentino servirebbe, da consegnare dopo un corso minimo (al momento uno può entrare in un negozio, uscire con un monopattino senza nemmeno aver dimostrato di sapere cos'è uno stop). Inoltre un codice stradale serio dovrebbe imporre il tetto dei 15 km/h nei percorsi urbani. Ma toglierci le ciclabili è un puro e semplice dispetto, così come obbligarci al casco. Per il quale casco valgono le considerazioni che negli ultimi trent'anni si sono fatte per i ciclisti (che ripeto, hanno il baricentro molto più alto, e da una posizione seduta possono cascare molto facilmente; mentre dai monopattini si casca in piedi nel 90% dei casi). È chiaro che un casco ti dà una sicurezza in più. Ma in molti casi ti toglie anche la voglia di uscire con un mezzo pulito e pochissimo ingombrante, così che a volte per la fatica di metterti un casco ti ficchi in tasca le chiavi della macchina. Comunque se la legge dice casco, io da domani metto il casco. Spero di non doverlo mettere a lungo, spero che al Ministro degli Interni torni presto una persona sensata – non chiedo molto, qualcuno la cui priorità non sia rendere più complicata la vita ai ne*ri – ma forse chiedo davvero troppo.
Buongiorno, mi chiamo Leonardo e vivo in un piccolo centro. Può darsi che nessuna delle mie considerazioni abbia senso in una grande città. Non ha molta importanza: l'Italia è fatta di piccoli centri. Mi rendo conto che una nazione un tempo trainata dall'industria automobilistica ci metta un po', a capire che i motori a scoppio sono finiti: e d'altro canto le cose stanno così, e lo sappiamo tutti benissimo: infatti altre automobili, per ora, non ne compriamo. Non mi piace fare previsioni, sono rischiose e invecchiano presto e male, per cui non voglio dire che tra dieci anni andrete tutti in monopattino. Ma credo che dovreste. È facile, è sicuro, è pratico, è divertente. Certo, tocca ficcarsi in testa un casco, e poi quando arrivi non sai mai dove infilarlo. D'altro canto forse del casco non c'è così bisogno, se siete bianchi. Se non siete così bianchi, non so cosa dirvi, salvo che mi dispiace. E che mi vergogno, anche.
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