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venerdì 13 settembre 2002

Il periodo sintattico più lungo del 2001 è di Umberto Galimberti, saggista. Da "Repubblica", 8 settembre 2002, pag. 30: I nuovi vizi: il vuoto. Così si brucia la gioventù

Sicché alla fine tutto esplode, la compressione della razionalità mai diluita nell'emozione, la difesa delle buone maniere che ormai, persino a propria insaputa, fanno tutt'uno con l'insincerità, la noia, che come un macigno comprime la vita emotiva, impedendole di entrare in sintonia col mondo, formano quella miscela che sotterra l'Io di questi giovani a cui è stato insegnato tutto, ma non come "mettere in contatto" il cuore con la mente, e la mente con il comportamento , e il comportamento con il riverbero emotivo che gli eventi del mondo incidono nel loro cuore.

La lingua italiana ha i suoi pregi e i suoi difetti – tra questi la straordinaria flessibilità della sintassi, che ci consente di scrivere lunghe frasi aggrovigliate intorno a un concetto senza mai affrontarlo seriamente. Nel 1980 Edoardo Bennato cantava:

Oggi i giovani son tutti uguali
Perché mancano gli ideali


Nel 2002 Galimberti non è che abbia da dire molto di più, ma per dirlo riesce a servirsi di 93 parole, 702 caratteri (spazi esclusi). 22 sostantivi, 10 verbi, 11 virgole.
Si potrebbe obiettare che una sintassi complicata può servire a descrivere concetti complicati. Io ho i miei dubbi. Gli anglosassoni, che al nostro confronto praticamente non hanno sintassi, hanno pure avuto filosofi e scienziati in grado di spiegarsi. Ciò che gli manca, forse, è quel tipo di saggista alla Galimberti, quel genere letterario che consiste nel dibattersi in concetti risaputi per sei colonne del più prestigioso quotidiano nazionale, senza fornire al volonteroso lettore nessun tipo d'informazione. Avesse qualche dato di partenza, Galimberti, su cui ragionare… un indizio, uno straccio di dato ISTAT, anche solo un'osservazione di strada, "ieri ero in metropolitana e ho visto un giovane vuoto, e ho pensato…". No, niente.

D'accordo, non è filosofia, non è giornalismo, ma è almeno letteratura? Un esercizio di stile, un elzeviro come ai vecchi tempi? In fondo la gioventù bruciata è un po' come le foglie secche d'autunno, uno standard senza tempo, soggetto di infinite variazioni sul tema.
Sì, potrebbe essere letteratura – a patto che fosse ben scritta. Galimberti pensa, come certi carabinieri e studenti non proprio brillanti, che la qualità di una frase consista nella sua lunghezza e complessità. Però, a parte certi errori belli e buoni (la virgola dopo "esplode"), il periodo che ho citato è di una goffaggine imbarazzante.

Per esempio: ammesso e non concesso che un periodo di 93 parole possa essere "ben scritto", esso non può iniziare con tutto esplode. Le esplosioni si mettono alla fine, Umberto! E poi: che ci sta a fare l'aggettivo possessivo proprio in una frase il cui soggetto è le buone maniere? Dobbiamo dedurne che le buone maniere agiscono a propria insaputa? E la miscela che sotterra l'Io… In quale poesia della serie B del campionato surrealista si è mai vista una "miscela che sotterra"? Madame, che razza di figura retorica è mai questa? Una brutta figura, sospetto. Come del resto il macigno, che invece di schiacciare la vita emotiva, (troppo scontato?), la comprime, in una sofferta orogenesi esistenziale.
Stupisce che dopo metafore così audaci Galimberti mostri qualche esitazione a scriverne una assai più banale, e la metta tra virgolette ("mettere in contatto" il cuore con la mente), sperando forse che le virgolette non facciano passare la banalità. Speranza delusa.
Il riverbero emotivo, invece, non è male, anche se i riverberi non "si incidono". Al massimo si generano, ma se ammettiamo che il cuore faccia da cassa di risonanza, allora non possiamo più lamentarci del vuoto nei cuori giovanili: niente vuoto, niente riverbero, no?
Desta perplessità, inoltre, il circuito chiuso evocato da Galimberti, che Jung avrebbe potuto rintracciare pari pari in un trattato alchemico: dunque, il cuore entra in "contatto con la mente", la "mente" a sua volta (forse perché spintonata dal cuore) entra in contatto col "comportamento", il "comportamento" col "riverbero emotivo" e il riverbero, buon ultimo, viene inciso sempre nel solito "cuore". A questo punto, temo, il ciclo riparte, ma il riverbero non può che aumentare in modo esponenziale: siamo sicuri che sia una buona idea? È come mettere un microfono davanti al suo altoparlante: feedback, c'è da tapparsi le orecchie.

In controluce, è chiaro che Galimberti si lagna dei giovani, cui rimprovera "la freddezza razionale", "l'ottimismo egocentrico" e l'"inerzia conformistica". Verso la quarta colonna diventa impossibile per il lettore non provare simpatia per questi ragazzi "virtuosi dell'irresponsabilità, senza alcun riguardo per la propria storia personale, senza rispettare impegni e senza temere le eventuali conseguenze bla bla bla…". Verso la quinta la voglia di recarsi a un afterhours e assumere ecstasy si fa insostenibile. Insomma, i giovani avranno tanti vizi, freddi, egocentrici, sì, sì, d'accordo, ma è raro che ti attacchino una pezza come certi editorialisti.
Non è chiaro cosa gli abbiano fatto i giovani, al povero Galimberti, ma sospetto che egli semplicemente non riesca a farsi ascoltare in famiglia: e non c'è da stupirsi, se parla anche solo la metà di quello che scrive. Ma è colpa del vuoto dei giovani o non, piuttosto, del ridondante vuoto teorico e interiore che Galimberti adopera come cassa di risonanza per le sue lamentazioni? Chi lo sa, forse G. trova i giovani "vuoti" perché ha notato che parlano poco. Ma di cosa dovrebbero parlare, se le parole le usa tutte lui (male)? Appartengono a una generazione che ha imparato a economizzare la comunicazione, perché il telefonino costa e gli SMS possono contenere solo tot caratteri. Galimberti, invece, è probabilmente vittima di un prof che dava un voto in più per ogni facciata di foglio protocollo. E poi dicono la cultura dei classici. Molto meglio la telefonia cellulare, per imparare a scriver bene (e poco).

Ma mi accorgo che sto scrivendo anch'io troppo, e chiudo qui. Con un ultimo appunto: se i giovani sono così vuoti, è anche perché le rare volte che si riempiono, arriva la polizia e li disperde col gas e i manganelli. Naturale che ci si sgonfi un po'. Pazienza, ci vuole pazienza.

1 commento:

  1. con 6 anni di ritardo scopro che qualcuno la pensa come me su Galimberti...beh meglio tardi che mai:)

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