Se per caso cadesse il mondo
In fondo siamo tutti un po' vergini – non in quel senso, no, ma è come se compissimo tutti gli anni ai primi di settembre, come il nostro eroe: le scuole riaprono, le ditte si rianimano, si ricarica il telefono e si conta un anno in più – ma è la volta buona che lo metteremo a frutto, più sport e meno alcolici, e anche Internet, lo consumeremo con moderazione. Ma poi questi tramonti così anticipati ci stringono il cuore e andiamo a rifugiarci alla festa dell'Unità.
Anche qui, teoricamente, l'anno in più dovrebbe farsi sentire: non ne passa uno che la mia voglia di birra, divorante lungo tutta l'estate, non vada a placarsi nelle pessime pinte di plastica dello Spazio Giovani. Ora, il problema è che giovane, almeno in teoria, non lo sono più. Temo di essere ormai in età-Florida, lo stand dove dai trenta in su si coltivano i rapporti interpersonali a ritmo di salsa e merengue. (Odio la salsa, ma credo sia inevitabile, come i capelli bianchi o la carie: un bel giorno te la ritrovi dentro te, e non ci puoi fare niente, salvo imparare ad apprezzarla). L'alternativa – il trentenne giovanile che occhieggia le sedicenni allo Spazio Giovani non è altrettanto patetico, oltre che perseguibile per legge?
No, pare di no. Allo Spazio Giovani è pieno di gente che ha la mia età, la mia cosiddetta "generazione", che sembra aver comprato dieci anni fa il copyright della parola "Giovane", e non è ancora intenzionato a separarsene. Tanto che forse le generazioni successive dovranno coniarsi un aggettivo diverso, non so, "post-giovane".
La scaletta del dj dà un po' la misura del fenomeno. Non mi pare di aver sentito un pezzo uscito dopo il '99, si direbbe che i discografici abbiano tutti chiuso col secolo nuovo – e forse gli conveniva. Adesso che ci penso sono due-tre anni che in tutti posti dove vado incontro dj che rifiutano l'attualità: c'è una specie di koiné nostalgica che prevede reggae, funky, disco, i fantastici anni '80 che a viverli c'erano parsi insopportabili, con qualche saltuario scippo di nostalgie altrui, Caterina Caselli e bandiera gialla. Si tratta, probabilmente, di una reazione all'elettronica, ma anche al tempo che passa, o no?
Per di più, non so voi, ma io ho sempre sperimentato che fiore delicato sia la nostalgia, e le cassette degli anni passati le stappo con una certa cura, e poi le rimetto via: fatte le debite proporzioni, anche Proust consigliava di andarci piano con le madeleine, perché dopo l'effetto iniziale ci si rimedia al massimo un'indigestione. Vorrei poter spiegare al dj che mette su Raffaella Carrà di andarci piano, che la prima e forse anche la seconda volta la Carrà mi ricorderà l'infanzia, ma da lì in poi comincerà a ricordarmi altre sere d'autunno in cui un dj metteva su Raffaella Carrà, e a questo punto avrò dato via i miei ricordi in cambio di una canzoncina, è un affare in perdita.
Tanti auguri – patapum! – a chi tanti amanti ha
Tanti auguri – patapum! – in campagna ed in città
"Sei pensoso, a cosa pensi?"
"All'anno scorso, ero qui con una birra in mano ad ascoltare questa canzone".
"Fa pensare, eh?"
"Mah".
Pensavo che invecchiare, finché la carcassa tiene, assomiglia a una caduta nello spazio profondo, dove non c'è attrito: tu sai che stai cadendo, ma non senti niente, non soffri nemmeno. L'unica cosa di cui puoi accorgerti è che i punti di riferimento (l'astronave, il pianeta terra, ecc.) si allontanano da te. Così, l'unico indizio del mio invecchiamento è che intorno a me dovrebbe esserci gente sempre più giovane. Ma questo allo Spazio Giovani non avviene, e credo di aver trovato a chi dare la colpa. Hang the dj!
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