Chiesa di San Nicola a Myra, Licia, oggi Turchia |
Odino cavalca Sleipnir, cavallo a otto zampe. |
Dà la vertigine pensare che, a differenza di altri santi popolarissimi, Nicola è realmente esistito, in un mondo diversissimo dal nostro, un mondo senza coca-cola e panettone, ma un mondo non immaginario. Eppure è abbastanza probabile che ci sia stato un vescovo, contemporaneo dell'imperatore Costantino, che si distinse per la condotta irreprensibile, lo zelo con cui difendeva i bisognosi, e perché no, i regali. Era probabilmente il rampollo di una locale famiglia facoltosa, e la carica di vescovo se l'era guadagnata a suon di donazioni. L'impero romano era una formidabile macchina militare e burocratica senza nessun welfare state, niente mutua, niente assicurazioni, la pensione solo ai militari. La Chiesa nasce anche per colmare questa lacuna: i cristiani più ricchi donano del loro alla collettività, e ricevono in cambio ruoli e titoli di prestigio.
In uno dei miracoli di più antica circolazione, Nicola salva tre fanciulle bellissime che il padre, ridotto in miseria, aveva ormai destinate al meretricio. Nicola risolve il problema con uno stratagemma che ha qualcosa di familiare: nottetempo getta attraverso le finestre dei sacchetti pieni d'oro, e scompare. Da buon cristiano non cerca ricompensa sulla terra per le buone azioni che commette. Dei tanti aneddoti riferiti a lui, non è solo il primo riportato nella Legenda Aurea (libro un po' noioso, la maggior parte dei lettori si ricorda solo le prime pagine di ogni capitolo), ma è anche il primo in cui a Nicola sono associati dei sacchi. Al terzo lancio il padre delle ragazze, rimasto sveglio per curiosità, riuscirà finalmente a sorprendere lo strano ladro all'incontrario. Il vescovo gli ordinerà di non fare il suo nome, i regali devono restare un segreto (qualcosa non deve essere andata per il verso giusto, visto che 1700 anni dopo siamo ancora qui a parlarne)
La statua del patrono di Bari è stata annerita appositamente. |
I motivi dello straordinario successo di Nicola a tutte le latitudini sono probabilmente due. Il primo è un olio. Non sappiamo bene di cosa fosse fatto (probabilmente venivano usate piante del luogo) ma sappiamo che per qualche secolo fu il prodotto di erboristeria più richiesto nel bacino del mediterraneo. Guariva qualsiasi cosa, ma in giro non ce n'era molto, per via che si diceva distillato lentamente dal luogo di sepoltura del santo. Il secondo motivo sono i naufragi. Non importa che Nicola abbia vissuto probabilmente gran parte della sua vita nei pochi chilometri di terraferma tra Myra e Patera: la Licia è una regione esposta al mare, separata dal resto dell'Anatolia dagli alti monti del Tauro; ci si arriva per mare, per mare vi si riparte. È una fermata quasi obbligata di quella trafficata autostrada tardoantica che è il mediterraneo, in una zona complicata e burrascosa. I naviganti minacciati dalle tempeste invocano spesso San Nicola: quelli che sopravvivono gli diventano straordinariamente devoti. Via mare la devozione a Nicola arriva in tutti i porti della cristianità (Nicola diventa il patrono di Amsterdam) e lentamente penetra anche le terre dove il mare è lontano: è il santo più amato di tutte le Russie.
L'immagine archetipica di Thomas Nast per Harper's Magazine |
Nel frattempo la sua cattedrale, a Myra, è seriamente minacciata dalle incursioni dei turchi, che ormai trattano la zona come cosa loro, e nel giro di qualche secolo la Storia darà loro ragione. A un certo punto (1100) i veneziani decidono di salvare le ossa del patrono dei marinai, che loro chiamano Niccolò; inviano una spedizione in Licia... giusto per scoprire che è troppo tardi, a rubare le sante spoglie ci hanno già pensato dei mercanti giunti da Bari tredici anni prima. I veneziani però non demordono: impossibile che i baresi ci abbiano pensato prima di noi, impossibile, di sicuro si saranno presi qualche sòla, il vero santo dev'essere ancora qui, si sente l'odore, diteci dov'è. Mettono sotto torchio gli ultimi quattro canonici della chiesa, fanno lunghe ispezioni nei dintorni cercando col naso quel buon profumo che emanano i luoghi santi... finché non ritrovano sepolto nelle vicinanze un cadavere intriso nell'olio: è lui il vero Niccolò, nascosto provvidenzialmente secoli prima onde evitare che i turchi lo trovassero, ma ai veneziani non la si fa. Quello portato a Bari invece è qualcun altro, perlomeno a Venezia decidono di pensarla così.
A Bari (dove la pensano ovviamente al contrario) nasce anche la strana idea che Nicola sia scuro di pelle: l'equivoco nasce dalla resa cromatica delle icone bizantine, molto più scure delle raffigurazioni occidentali. Sdoppiato a Bari e Venezia, Niccolò-Nicola continua ad attirare pellegrini malati o scampati ai naufragi, in due città finalmente al sicuro dalle invasioni turche. Ma anche dove i turchi arrivano (ad esempio a Famagosta, porto di Cipro, capitale di uno degli ultimi baluardi crociati), l'unica immagine sacra a scampare alla trasformazione del duomo gotico in moschea è un'immagine di un vescovo Nicola. A dire il vero non è il Nicola giusto, non ha la barba ed è più probabilmente l'icona di un vescovo locale: ma è un Nicola è tanto basta, gli abitanti di Famagosta possono essere forzati a convertirsi all'Islam, ma non a rinunciare a un'immagine di Nicola.
Haddon Sundblom (sì, è quello che ha disegnato tutte quelle pinup, sì). |
Questa bizzarra entità che può visitarci nella notte (all'inizio è la notte di San Nicola, quella del sei dicembre, insomma questa), informe e indefinita come è giusto che siano le creature dei sogni, ha un destino notevole. È forse quello che resta dell'antico culto di Odino, il dio guercio che cavalcava nella notte: a un certo punto mentre cavalcava davanti ai suoi demoni deve avere incontrato il nuovo boss, Nicola, che lo ha evangelizzato e ammansito notevolmente. L'ultima parola non è ancora detta, però, perché a partire dal Cinquecento la riforma protestante vibra un duro colpo al culto dei santi. I nostri amici aureolati escono dalle chiese e dai calendari in mezza Europa, e a malincuore devono cedere il passo anche nelle leggende. Il signore barbuto e corpulento che si infila nella cappa del camino, anche se ancora pretende in alcuni paesi di chiamarsi Santa Klaus, è in realtà una contaminazione del vescovo col suo servitore irsuto e diciamolo, un po' demoniaco, che man mano che l'Europa si laicizzava ha preso il sopravvento. Peraltro il vero luogo di nascita di Santa, là dove se ne fissano nel giro di pochi anni i caratteri fondamentali (il pancione, l'abito, il sacco coi regali, ho ho ho! e tutto il resto) è dall'altra parte dell'oceano, a New York. L'immagine elaborata da Thomas Nast per l'Harper's Weekly del 1863 mette definitivamente a fuoco un personaggio che già da quarant'anni popolava la pubblicistica stagionale, e aveva persino fatto un cameo, come "fantasma dei Natali presenti", in un popolarissimo libro del più popolare degli scrittori, Charles Dickens (devo dire quale?)
Nast mette assieme i caratteri di una vecchia allegoria inglese del Natale come personaggio anziano e gaudente, Father Christmas, e qualche lontana reminiscenza di Nicola, l'antico patrono dei primi coloni di New Amsterdam. Nast però secondo me lavorava in bianco e nero: anche se ci viene istintivo immaginare il tizio vestito in rosso, è probabile che all'inizio i lettori potessero pensare piuttosto al verde, il colore del vischio e della foresta da cui la creatura proveniva (prima di essere spostata al Polo, o in Lapponia, o in Finlandia, o a Capo Nord, dipende dalla nazionalità di chi ve la racconta). D'altro canto anche il rosso aveva i suoi argomenti: tanto per cominciare è il colore del manto vescovile di Nicola - che per la verità, essendo un presule del quarto secolo, vestiva in un modo del tutto diverso, ma lasciamo stare. Il rosso però diventerà definitivamente associato a Santa soltanto con le prime campagne invernali della Coca Cola Company. Per fissare un'immagine archetipica non c'è niente come una campagna di affissione di dimensioni continentali. All'inizio degli anni '30 la C-C-C aveva un problema: fatturava soltanto nei mesi caldi. Ci voleva un un'idea per convincere gli americani a bere intrugli frizzanti a base di caramello (i nove milligrammi di cocaina per bicchiere erano già stati eliminati nel 1903). Ci voleva un personaggio giusto, che sprizzasse benessere e autorevolezza. Il Babbo Natale di Haddon Sundblom diventò il testimonial stagionale della coca, e lo rimase per quasi settant'anni - prima di essere quasi ovunque soppiantato dagli orsi bianchi meno religiosamente connotati. Perché sì, è difficile da immaginare, ma in tanta parte del mondo il Babbo è ancora visto non come un emissario del consumismo, ma ancor peggio, come un vecchio vescovo, un tronfio rappresentante dell'imperialismo cristiano.
HO! HO! HO! BENVENUTI IN TURCHIA! |
Eppure, disperso nella nebbia dei secoli, sepolto tra bibite al caramello e orchi e altre leggende, un Nicola, un vero Nicola è vissuto davvero. Immaginate di resuscitarlo - non è escluso che qualche suo osso sia ancora lì sotto, e poi chi l'ha detto che non abbiano preso una sòla sia i baresi che i veneziani - e di spiegargli che il tizio rosso col barbone è lui una sua immagine venerata in tutto il mondo, appena millesettecento anni dopo.
"Ma perché la barba? Io ero una persona importante e un uomo di Dio, ovviamente mi tenevo il volto in ordine".
"Monsignore, sì, ma di lì a poco in ambito orientale si è diffusa questa idea per cui gli uomini di Dio non dovevano curare troppo l'aspetto esteriore, e quindi..."
"E quindi si andava in giro come dei selvaggi?"
"...la barba bianca è diventata l'elemento con cui Lei, monsignore, veniva identificato nelle icone".
"Misericordia. E il sacco?"
"Il sacco contiene dei regali per... per tutti i bambini buoni".
"E a quelli cattivi?"
"Tendenzialmente, carbone. Comunque ci pensa un'altra entità".
"Divertente. Ma perché tutto quel rosso?"
"Quella fu un'idea pubblicitaria, sono i colori dell'etichetta di... di una bibita frizzante".
"Cos'è un'etichetta?"
"Ahem, meglio mettersi comodi".
[È un pezzo del 2012].
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