Onesto Ernesto Galli Della Loggia,
ho letto il suo ultimo editoriale sulla fine dell'Occidente, e devo confessare di esserne stato sopraffatto al punto che per me è davvero difficile sbrigliare il nodo di emozioni che la lettura ha suscitato. Indignazione per le cose che ha scritto (in pratica l'Occidente starebbe declinando perché non accetta che in guerra i civili debbano morire) orrore per ciò che l'articolo sottende, ovvero che chi non si rassegna all'incipiente stato di guerra sia da considerarsi decaduto, un'idea che ultimamente vedo rimbalzare sempre più spesso e a cui mi devo evidentemente rassegnare; smarrimento, paura per i miei famigliari che vivranno molto più a lungo di me e di lei, in tempo per vederlo del tutto concretizzato, questo stato di guerra in cui chi ci bombarda ha il diritto di farlo e lo spazio necessario sui quotidiani per giustificarsi; pena nei confronti dell'intellettuale di turno che queste sordide giustificazioni deve abbassarsi a scriverle, ad esempio ieri lei; disprezzo per chi gliele fa scrivere e gliele pubblica; tutto un nodo di sentimenti che alla fine è facile scambiare per semplice rabbia, visto che è così che si manifesta all'esterno: rabbia, semplice rabbia, per chi a valle di tanti discorsi sulla libertà e la giustizia, un bel giorno ci avverte che il ciclo è finito, la pacchia pure, e siamo di nuovo carne di cannone.
Illustre Ernesto, è così: lei mi ha fatto tanto arrabbiare, ma non vorrei nemmeno per un istante che lei credesse che la rabbia perturbi la mia lucidità: per quanto quel che ha scritto sia orribile, per quanto le sue implicazioni siano luride così come è lurido ogni ragionamento che posa le sue fondamenta non sul sottile strato dei diritti umani, ma un po' più in basso, sulla solida legge della giungla e del mare, il caro vecchio diritto del più forte: l'unico diritto internazionale in cui crede davvero, né se ne vergogna, e questo accresce la pena che provo nei suoi confronti, illustre spudorato. Lei ha avuto almeno non dico il coraggio, coraggio è una parola che va meritata, ma la spudoratezza, di scrivere un po' di cose come stanno. Di additarci il vero fondamento giuridico su cui questo Occidente di cui da qualche mese improvvisamente tutti parlano basa la sua secolare superiorità morale: non la Dichiarazione d'Indipendenza del 1776, né quella dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino, e ovviamente nessuna carta dell'Onu o consimili. No, sfacciato Ernesto, lei ha almeno scoperto l'altare, sicché possiamo vedere di che lacrime grondi e di che sangue: l'Occidente è stato fondato da Roosevelt e Truman, intorno al 1945: non è basato sui "diritti" di qualche comunità di supposti "civili", ma sulla superiorità aerea degli USA e sui bombardamenti assolutamente fuori scala che resero gli USA la potenza egemone che vorrebbe continuare a essere anche nel secolo XXI. Questo è l'unico diritto che ha contato, l'unico motivo per cui in prima pagina del Corriere ottant'anni dopo c'è lei e non qualche altro illustre barbogio a concionarci sulla superiorità della razza italica o sulla dittatura del proletariato; non è mai stata una guerra di idee, e lei lo sa; è stata una guerra di bombe e ha vinto chi le aveva più grosse, per cui Hiroshima e Nagasaki non si processano; viceversa è chi ha ridotto Hiroshima e Nagasaki a cumuli di cenere che ha il diritto di processare noi, se non ci rassegniamo. Proprio così.
Proprio così, svergognato Ernesto, e quindi che senso ha chiederle se non si è vergognato appena un po', mentre confessava (in prima pagina sul Corriere) di non essere esperto di diritto internazionale, proprio lei che tante altre volte ci ha ricordato quanto sarebbe necessario applicare a scuola un po' di sana meritocrazia. Soltanto a scuola, evidentemente: laddove sulle prime pagine dei quotidiani nazionali è meglio che lo spazio sia riservato a cognomi illustri privi di competenza in materia e addirittura orgogliosi di rimarcarlo, affinché sia chiaro anche al più bue dei lettori che le materie non sono competenza di chi le studia, ma di chi è più lesto a suonare la trombetta del più forte, e ieri il più lesto è stato lei, complimenti: e le auguro una vita lunghissima, non solo perché possa vedere almeno un po' della distruzione e della sofferenza che sta auspicando, ma affinché possa vergognarsi di quel che ha scritto, e non solo domani e dopodomani, ma ogni mattino della sua vita, per miliardi di mattine. Si immagini – ne è capace – se qualcuno avesse scritto le sue parole, le sue identiche parole, all'indomani della strage di Bucha, o il 17 marzo del 2023, quando la Corte Penale Internazionale emise un mandato di arresto nei confronti Vladimir Putin. Si domandi – non so se ne sia capace – come mai questa sozza apologia dei bombardamenti sui civili gli è toccato scriverla solo all'indomani di un pronunciamento contro Israele, un Israele che insomma è il figlio viziato dell'Occidente che tutto deve permettersi e di nulla può vergognarsi; Israele di cui ormai è impossibile negare i crimini contro l'umanità, al punto non resta che sollevare il tavolo e stabilire che "crimini contro l'umanità" è una definizione senza senso. Il che ci renderà poi più difficile accusare di questi crimini gli stessi nemici di Israele, Hamas in primis, ma questo giustamente a lei non interessa: sì, la CPI ha emesso mandati di cattura anche per loro, ma non sarà il Diritto Internazionale a metterli fuori gioco, bensì le bombe. Israele deve continuare ad averle più grosse: solo su questo è basato il suo diritto (anche su un libro di leggende un po' vecchiotte, ma che cominciano a essere citate sempre più spesso come fonte giuridica, forse tra un po' inizierà anche lei). Israele dovrà essere sempre più potente, e lo sarà: sempre più cattivo, e lo è diventato: questa è l'unica sua giustificazione, basata non sui torti del passato, ma su quelli che infliggerà ai suoi nemici nel futuro. Sulla guerra: ogni suo ragionamento non porta che a una guerra che non conosce una fine che non sia l'esaurimento delle risorse materiali o umane; spero sia abbastanza onesto per accettarlo, e per vergognarsene.
Nel frattempo noi ci vergogniamo per lei.
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