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martedì 31 dicembre 2024

L'anno che vissi due volte



Si avvicina l'anno nuovo, il che non significa niente: è una scelta arbitraria che abbiamo fatto a un certo punto, di cominciare gli anni in gennaio. Ma nel conteggio che va per la maggiore in Occidente, il prossimo anno è il... 2025. Che per questo blog non è esattamente un anno qualsiasi, vero?

(Perché questo è un blog, ogni tanto va ricordato. Si tratta di un tipo di sito internet a carattere prevalentemente testuale che andava per la maggiore... vent'anni fa. Anzi ormai possiamo dire che ha smesso di andare per la maggiore proprio vent'anni fa).

Si tratta di un anniversario che non posso fingere di ignorare: ma nemmeno posso fingere che non mi causi un certo fastidio. Diciamo che il 2025, su questo blog, è stato già coperto. Vent'anni fa infatti successe questa cosa bizzarra: prima annunciai che non avrei scritto più "per un po'" – una bieca strategia per attirare l'interesse – salutando i lettori con un criptico "Ci si vede tra vent'anni": dopodiché cominciai a scrivere pezzi che erano ambientati vent'anni dopo, in un futuro che al tempo mi sembrava molto lontano. Andai avanti più o meno per tutto il 2005, producendo una specie di narrazione che non funzionava molto (l'aspetto più frustrante della cosa è che me ne rendevo conto mentre la scrivevo). Tuttora, quando mi ritrovo davanti a qualche vecchio pezzo, mi viene la tentazione di cancellare l'intera annata; come se poi fosse così tanto peggio dell'annata precedente, o della successiva... beh, sì. È abbastanza peggio. 

Siccome in quei dodici mesi il blog rimase ambientato in un futuro distopico, sarebbe interessante verificare la differenza tra questo futuro e la realtà. Il problema è che non ho proprio voglia di rileggermi, per cui vado a memoria: l'Italia non era più una penisola, bensì una specie di arcipelago, sorretto da un regime definito Teopop (erano sigle che andavano per la maggiore al tempo, c'erano i Neocon e i Teodem). A capo di questo regime c'era Berlusconi (non riuscivo evidentemente a immaginarlo defunto), un Berlusconi ringiovanito dai prodigi della chirurgia estetica, addirittura capellone, non più Presidente ma Pontefice Massimo (in un primo momento non avrebbe dovuto essere il papa, ma il vicario di un Wojtyla in sospensione criogenica, vittima di un perpetuo accanimento terapeutico; dopodiché in aprile morì anche lui). Il protagonista, cioè io con vent'anni in più, vivacchia di due o tre mestieri (proprio come facevo in quel periodo), tra cui la riscrittura del passato recente (cioè il 2005). Insomma ero una specie di Winston, che invece di tenere un diario continuava ad aggiornare il vecchio blog, cioè questo. L'idea non era così malvagia, ma serviva un'esecuzione più brillante, e soprattutto avrei dovuto sapere sin dall'inizio dove andavo a parare. Invece no, non lo sapevo: mi ero buttato. Già ai tempi mi struggevo di questa cosa, di non essere in grado di costruire un intreccio. È un deficit grave per una persona che vorrebbe scrivere. Se fossi un disegnatore, sarei quello che riesce a disegnare solo oggetti in primo piano ma è incapace di inserirli in un ambiente. È come se mi mancasse un'intera dimensione – se sapessi spiegarmi meglio, probabilmente non soffrirei di questo problema. Ambientare il blog nel futuro, costringermi a diventare un personaggio di una storia, era un modo per forzarmi la mano: avevo un anno a disposizione per scrivere una storia. Tutto il tempo che negli anni passati avevo dedicato al blog, ora ero costretto a dedicarli a una storia. Se non ci fossi riuscito, avrei distrutto il blog, che in quel momento era una delle cose a cui tenevo di più.

Faccio un ulteriore passo indietro. I blog, nei primi anni '00, erano una cosa interessante, quasi alla moda, persino giovane. Io tanto giovane non ero neppure allora, ma quasi per caso ero stato uno dei primi ad aprirne uno in lingua italiana, in un 2001 in cui successero diverse cose interessanti, che ci fecero davvero immaginare di trovarci a una svolta secolare: Berlusconi vinse le elezioni (non sorprendentemente) poi ci fu il vertice G8 a Genova e mi capitò di aggiornare questa paginetta nella sala stampa del Forum Sociale, pochi istanti prima che i poliziotti venissero a sgomberare tutto e a massacrare gente che già si era messa in sacco a pelo. Sembrava già abbastanza, dopodiché in settembre ci fu un attentato che reimpostò completamente la nostra visione del mondo. Io nel frattempo scrivevo le mie cose più o meno come faccio adesso, salvo che al tempo ero persino meno bravo di adesso e soprattutto eravamo molto pochi a farlo in pubblico. Quando un anno dopo il fenomeno prese piede, io mi ritrovai inserito in tante liste di blog importanti, il che mi consentì di accedere al famoso quarto d'ora di celebrità: i giornalisti mi intervistavano, gli studenti volevano scrivere le tesi (giuro), la gente mi invitava alle feste e alle feste le ragazze volevano conoscermi. Nel frattempo Google continuava a rivedere verso l'alto il mio ranking, per cui verso il 2003 un mio pezzo qualsiasi rischiava di girare sull'internet molto più degli articoli di diversi quotidiani italiani. Fu un periodo abbastanza stimolante, ma era chiaro da subito che non sarebbe durato. In effetti i più furbi si stavano semplicemente creando una reputazione che poi avrebbero investito in una carriera più remunerativa. Io già allora non ero tanto furbo: in particolare non riuscivo, e tuttora non riesco, ad astrarmi dalla quotidianità e pensare a un progetto a medio-termine. Il blog per me non era un mezzo, ma un destino: avrei passato la vita a commentare il fatto del giorno. La cosa mi impensieriva già allora. Soprattutto nell'autunno del 2004, quando i contatori smisero di salire: l'internet italiana era completamente saturata, chiunque volesse leggere un blog lo stava già leggendo, non c'era più in giro nessuno spazio nuovo da coprire. Bisognava decidere cosa fare da grande, e io non lo sapevo. Alla fine gli sbocchi per chi scriveva come me erano due: giornalismo o narrativa. Per il giornalismo mi sentivo troppo schierato: quanto alla narrativa, sapevo di avere dei limiti ma pensavo che in un qualche modo li avrei superati. Non avevo forse tenuto conto del fatto che oltre a internet avevo anche una vita fisica, in quel periodo più complicata che in seguito: un dottorato all'università, supplenze alle scuole medie, una specie di famiglia da costruire. 

Così insomma mi buttai. E dopo un paio di mesi mi sembrava di non avere più fiato. In estate presi una pausa, cercai di vedere le cose da un'angolazione diversa, per cui la seconda parte della storia è ambientata in una specie di inferno a pedali in cui una voce narrante mi dispensa il classico "spiegone": il 2025 non esiste, è una simulazione (anzi una simulazione di una simulazione di una simulazione). In questa fase viene anche pubblicata l'unica previsione che si è avverata, ovvero che quando i cinesi fossero passati massicciamente alle fonti rinnovabili (pensavo all'idrogeno), gli occidentali avrebbero trasformato il consumo di idrocarburi in una vera e propria religione. Ci abbiamo messo più di vent'anni ma tutto sommato sta succedendo. Alla fine il mio esperimento si concluse con cinque o sei finali diversi (ogni lettore poteva scegliere il proprio), compreso uno che consisteva in un centinaio di ctrl+z: uno per ogni post scritto nel 2025, ovvero nel 2005. Ero riuscito a scrivere una storia completa? Non mi sembrava. In compenso avevo distrutto il blog, o almeno la sua reputazione e il suo bacino di lettori. Non fu questa tragedia, nei mesi successivi ne recuperai gran parte. E in ogni caso la stagione eroica dei blog era finita: proprio nel 2005 Youtube rivoluzionò internet trasformandolo in un network di immagini, e non più di testi. Gli studenti cominciarono a scrivere tesi sugli youtuber e i blogger divennero nel giro di pochi mesi una minoranza protetta, simpatica ma in via d'estinzione. 

Tra loro c'ero io: oltre a non avere più molto futuro come blogger, sapevo di non essere capace come narratore. Di solito i fallimenti narrativi restano nei cassetti; ma il mio era avvenuto in pubblico, era il rischio che avevo deciso di correre. Vorrei poter dire che ho imparato qualcosa, ma credo di avere imparato tutt'al più di essere scarso. Chi frequenta questa pagina da più tempo sa che l'inattitudine al romanzo è la più grande frustrazione. Ci provo da sempre e non ci sono riuscito mai: nessun trucco fin qui ha funzionato. 

Per cui insomma andò così: se vi imbattete in qualche pezzo mio targato "–2025", non scambiatelo con quelli del 2025 vero. E non siate troppo cattivi: avevo vent'anni di meno, cosa potevo saperne. Un giorno o l'altro davvero cancello tutto. Oppure vado avanti come ho sempre fatto, seppellendo il passato imbarazzante sotto tonnellate di altri scritti che tra vent'anni m'imbarazzeranno, ma a quel punto sarà troppo tardi in ogni caso.

6 commenti:

  1. vabbè, siamo dei dinosauri, qual è il problema?

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  2. Più dinosauri degli scrittori di blog sono i lettori, come me, che vi seguono tramite feed rss...

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  3. I blog sono morti, lo dico sempre io che ne tengo uno e a volte lo aggiorno pure. Ma piuttosto che mettermi a fare lo scemo davanti a una telecamera preferisco estinguermi con calma. Con i romanzi soffro dello stesso problema, aggravato dal fatto che non so scrivere. Ho rimediato con i racconti, almeno so che li finisco.

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  4. E comunque il libro sui Beatles, se letto in un certo modo, è un bellissimo romanzo!

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Puoi scrivere qualsiasi sciocchezza, ma io posso cancellarla.

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