La repubblica fondata sul parcheggio
Se l'Italia fosse così fondata sul lavoro come pretende d'essere, detta Italia oggi traballerebbe su fondamenta sempre più precarie. Per fortuna (fortuna?) l'Italia è da un pezzo fondata su basi un po' più solide: mattoni e cemento, i risparmi di mamma e papà: una vita di fatiche e risparmi per una villetta, anche due, la seconda condonata, e speriamo che l'Italia non smotti nel frattempo. Speriamo anche che la bolla immobiliare sia un modo di dire, uno di quegli ossimori tipo parallele convergenti: avete mai visto due parallele convergere? E la bolla immobiliare, l'avete mai vista? Ecco, appunto.
E il lavoro? Massì, ragazzini, se insistete vi diamo anche il lavoro; ma sia chiara una cosa: voi non siete operai, avete studiato, siete la classe consumatrice, e quando i vostri genitori passeranno a miglior vita sarete la classe proprietaria: nel frattempo niente cantieri e fonderie, per quello ci sono i sommersi. Voi non avete bisogno di produrre: avete bisogno di un parcheggio. Voi cercate un lavoro creativo, stimolante, partime, la necessaria continuazione dei vostri cazzeggianti pomeriggi postscolastici: giocavate ai videogames? Arruolatevi nella new economy. Scrivevate poesie? Provate a fare i pubblicitari. Ascoltavate musica? Ci sarebbe un posto da diggei. Consumavate sostanze? Iniziate a rivenderle ai più giovani.
Tutto questo può sembrare un po' precario, ma non si tratta di una vera scelta di vita. Si tratta solo di non stare mani in mano in attesa dei 45-50 anni, quando finalmente entrerete in possesso del vostro ammortizzatore sociale, l'eredità di mamma e babbo. Se nel frattempo il babbo si è risposato con una tailandese – o la mamma è scappata con un nigeriano – o se entrambi, seriamente preoccupati per il vostro futuro si sono fatti convincere a comprare un bel pacco di bond argentini – sono un po' cazzi vostri, il vongole-welfare-state non può prevedere ogni cosa.
I giovani che si lamentano? I giovani che si lamentano sono quelli che non hanno capito il bello del sistema, che la vita comincia a 25 anni, quando hai ancora davanti a te 20 anni di allegra improvvisazione professionale. Ma pensa solo quanti uffici cambierai, quanti contratti, quanti TFR, quanti incontri con chissà quante commercialiste simpatiche e disponibili, e poi da cosa nasce cosa. Oppure sono i figli dei perdenti, quelli che non hanno nessuna villetta da parte: "i figli degli operai" che, come disse lucidamente il mai abbastanza compianto premier uscente, la sinistra vorrebbe mescolare ai "figli dei professionisti", probabilmente per creare un orrido ibrido antropomorfo trinariciuto.
I giovani che si lamentano di solito si scontrano con un muretto dialettico di di quaranta-cinquantenni opinionisti che li irride: ma come? Volete il posto fisso? La pappa pronta? Boulot-metro-dodo? Dove sono finiti gli ideali libertari della nostra generazione, l'immaginazione al potere vietato vietare e bla bla bla? Prego di notare un paio di dettagli:
(1) questi opinionisti sono, appunto, quaranta-cinquantenni: vale a dire che hanno appena ereditato. Se hanno mai nutrito serie preoccupazioni sul loro avvenire, le hanno appena dimenticate. Se è andata bene a loro, perché non dovrebbero svoltare pure i figli? Il pensiero che una certa fase di espansione economica (quella del trentennio che i francesi chiamano "les trois glorieuses": '50–'60–'70) sia definitivamente terminata – e che quindi i figli possano trovarsi in congiunture nettamente più sfavorevoli – non li attraversa nemmeno per sbaglio.
(2) questi opinionisti sono, di solito, giornalisti (= appartenenti a una casta professionale delle più protette al mondo) e spesso nemmeno freelance. Mi piacerebbe vederli, un bel giorno, ricevere la notizia che il giornale intende licenziarli il 30 luglio e riassumerli in settembre, senza pagare ferie, perché così si risparmiano un bel po' di soldi; e poi pensavamo di ri-licenziarti a Natale, e anche tra Pasqua e il primo maggio, ti fai un bel ponte, e puoi sempre chiedere un sussidio disoccupazione.
"Ma chi mi garantisce che mi riassumete?"
"Eh, che domande! Vuoi il posto fisso? Dove sono finiti gli ideali libertari della tua generazione?"
I giovani che si lamentano vorrebbero essere adulti, in un mondo che di adulti non ha molto bisogno.
– Ha bisogno di vecchi, che tengano al sicuro i beni-rifugio (case); vecchi impauriti che ogni cinque anni votino per la sicurezza e la legalità.
– Ha bisogno di stranieri, senza troppi diritti, che facciano il lavoro duro senza complimenti.
– Ha bisogno di giovinastri dediti al consumo di tutte le merci necessarie.
La legge 30, che qualcuno chiama Biagi, va più o meno in questo senso. La legge 30 non prevede una generazione di ventenni o trentenni già adulti. Li tratta alla stregua di ragazzini, desiderosi di rimanere il più possibile in casa dei genitori. Ognuno, naturalmente, può raccontare la storia che preferisce, sulla legge 30. Io racconto la mia.
Si dia una ragazza A, che abita diciamo a 150 km. da un ragazzo B.
Poniamo che A e B vivano in un mondo di comunicazioni istantanee, un mondo dove non è difficile anche a persone lontane incontrarsi e piacersi, e percorrere più volte in un mese il percorso da 150 km., finché detto percorso non viene a noia, il prezzo della benzina continua a salire (i treni locali sono improponibili) e alcuni orologi biologici stanno scampanando da un pezzo.
A questo punto, in un Paese qualsiasi, A e B dovrebbero mettersi d'accordo su un posto dove vivere. Non ha senso che entrambi abbandonino il posto di lavoro: dunque sarà uno solo a rinunciare. Mettiamo che sia la ragazza A.
A questo punto vi aspettereste che la legge 30, che qualcuno chiama Biagi, intervenga per aiutarla: abbandonare un posto fisso per amore, non è il massimo della flessibilità? E non ci piacciono tanto, i ragazzi flessibili?
Sbagliato. Alla legge 30, che qualcuno chiama Biagi, piacciono i ragazzi flessibili finché stanno a casa dei genitori. Se la ragazza A decide di abbandonare il suo lavoro, non ha diritto a nessun sussidio di disoccupazione, neanche per un mese, niente. Perché non è stata licenziata: se n'è andata lei volontariamente. Non per giusta causa, ma per amore – ergo, non ha diritto a un euro. L'aiuteranno i genitori, non hanno un tesoro da parte i genitori? Ah, non ce l'hanno? Si accomodi allora nell'ufficio interinale più vicino alla dimora del fidanzato, e si attacchi alla svelta al primo cocoprò. Svelta! Che il tempo è denaro.
Secondo voi lo farà? Rinuncerà a un posto fisso da millecinquecento euro più benefits per farsi un bel salto nel buio? Per amore? O se ne resterà a casa dai suoi, in attesa di un amore che richieda meno flessibilità?
Io lo so che tutto questo può sembrare buffo, a chi non c'è dentro. Se l'amore c'è, il lavoro, prima o poi si trova; pazienza se è interinale. Quel che vi posso dire è che una cosa è raccontarle, le storie. Siamo tutti Harrison Ford, quando le raccontiamo.
Un'altra cosa è viverle. Quel salto nel buio, è un salto vero. Magari non è così in alto, e il buio non è così buio: ma il salto c'è, e forse voi non lo fareste.
Oppure l'avete fatto, un salto simile, e vi stimo. Ma non ce l'ho con chi non ce l'ha fatta. Ce l'ho con chi non si è mai trovato davanti a una scelta così, e tuttavia ne parla, ne discute, pretende di giudicare una generazione di precari controvoglia. Ce l'ho con chi discute sui giornali perché, storia vecchia, in Italia scrivere sui giornali è roba da privilegiati – e ogni discorso da privilegiati suona falso: sia gli snob che scambiano il precariato per la bohème, sia i pauperisti di chi dice "non ce la fanno ad arrivare a fine mese". Io, per esempio, ce la faccio.
Fino a giugno. Poi da settembre. Nel mezzo m'inventerò qualcosa, finché c'è amore non mi manca il resto.
Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi
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stima, infinita stima per quanto scritto.
RispondiEliminaE sì, è il senso di disagio che ho sempre avvertito io. Più che altro è che questa flessibilità all'estero (penso solo all'inghilterra) sia accompagnata da una estrema facilità di ricerca del lavoro, e, ad esempio, in Spagna, ci siano sovvenzioni (perfino esagerate!) per chi perde il proprio lavoro. Invece qui abbiamo flessibilità e zero garanzie.
Detto da uno che questo salto nel buio l'ha fatto, e ne è uscito malconcio.
E' vero, ormai siamo a livelli di questo genere:
RispondiElimina-Ciao bello!
-Ciao...
-Guarda qua che bicipiti, senti che flessibilità!
-Hmm: quanto vuoi?
-Ottanta coi contributi, cinquanta senza.
-Il nero ne prende trenta.
-Sì ma coi neri si prendono le malattie. E poi io faccio certi lavoretti...
E' in corso da anni una progressiva puttanizzazione dei rapporti di lavoro. Da quanti anni? Mah, almeno dai tempi del Pacchetto, che qualcuno chiama Treu.
Il governo Prodi dovrebbe averti già deluso per questo, prima ancora delle rottamazioni.
Fortunati voi (invidiamoci un po' a vicenda, va la'), io ho 46 anni, due figli, non riesco a metter via un cazzo e ho una paura di perdere il lavoro che non mi fa dormire. E a 46 anni so che sarei finito, con tanti trentenni disponibili...
RispondiEliminaPensa te. Io sono il ragazzo B, senza un genitore e senza casa da ereditare. "In cerca di occupazione" e contemporaneamente laureando. La ragazza A laureata a 300km di distanza si flette per 400 euro al mese in uno studiolo che non gli ha fatto nessun tipo di contratto.
RispondiEliminaQuando sento parlare della condizione giovanile dai 50enni, politici o giornalisti che siano mi viene voglia di staccargli le mani con le quali scrivono e ficcargliele nella bocca con cui straparlano. Il problema è anche nostro però. In Francia hanno devastato mezza Parigi, non mentre ce lo mettono nel didietro ci guardiamo la fattoria.
Un saluto
Sai già che la pensiamo praticamente cartacarbone.
RispondiEliminaUn'aggiunta. Al telefono, mia madre mi sa far incazzare a bacchetta solo in un modo: io mi lamento del lavoro che sottofaccio, e lei mi risponde "Piano piano, arriverà anche il tuo momento".
E lì m'incazzo parecchio, ché non è sempre dopoguerra né boom. Novità: stavolta, può essere anche che no, non arriva.
Il precariato e' una tragedia globale, molto piu' che europea. Negli States ci convivono da parecchio e la loro societa' ne riflette le ansie e le isterie.
RispondiEliminaIl problema, a mio avviso e' che nel tuo post manca l'interlocutore: chi dovrebbe essere? L'azienda, il Governo, le Associazioni Industriali? O forse il Sindacato...? Follia, il Sindacato. Cioe', quell'istituzione che oggi protegge proprio gli interessi dei lavoratori a tempo indeterminato, i privilegi dei 40 e 50enni... il sindacato che non sa cosa siano i call center e ancora straparla di classe operaia... ecco, quel sindacato. Quello che nel libro di Ichino fa la figura di chi e' rimasto nel Pleistocene... quello che, invece di uscire dal loop delle rivendicazioni impossibili ma cheguevariane (quelle che fanno emigrare le aziende in India e ci lasciano la Caritas), dovrebbe provare ad innovare, a proporsi come soggetto di iniziative...
... ecco, invece, siamo un paese nel quale i Sindacati sono "maggiormente rappresentativi" per legge e propongono solo l'abolizione della Legge Biagi ed un bel po' di "welfare"... che' tanto i soldi si fabbricano.
wile e-coyote: ecco, mi chiedevo se erano davvero i Sindacati a proteggere i 50enni, oppure i 50enni a proteggere sé stessi con cose quali i sindacati.
RispondiEliminaPerché, nel secondo caso, saltano tutte le necessità di avere un interlocutore, di parlare di istituzioni, piove governo ladro, son sempre queli che, eccetera eccetera.
Insomma, forse il discorso voleva essere un po' più ampio e meno "enemyseeker".
Forse, eh, è un'idea.
la mia esperienza di sindacato è un po' meno giurassica della tua, Wile.
RispondiEliminaPerlomeno io il mio l'ho trovato sempre piuttosto ricettivo nei confronti dei tesserati nuovi, precari o stranieri. Senz'altro sanno cos'è un call center, per dire.
Non intendo difenderlo più di tanto, ma il tuo è un po' uno stereotipo.
ahahh ahaha ahahhah hahahah ahahahhah ahahhaa ahhahah ahhhhha ahahhaha ...
RispondiElimina... oddio scusa leo... scusa, eh, davvero, eahh ahahhahah ahahhah...
... Leo... la mia esperienza effettivamente e' "risalente", si' si': effettivamente l'ultimo pranzo con i tre regionali risale ad un anno e mezzo fa.
Come dire... facciamo due lavori diversi. Forse tu parli coi tesserati e la "buona" manovalanza, a me toccano i "dirigenti".
un punto corretto kekule, ma mi sono espresso male: non cerco un nemico, un totem del male. Cerco qualcuno che possa portare avanti questo tipo di discorsi. Ed il sindacato mi sembra il giusto aggregatore di interessi. Il discorso di Leo mi sembrava semplicemente "al vento".
RispondiEliminaa me pare che la legge Biagi dia alcuni diritti in più ai lavoratori atipici rispetto alla precedente legge (del centrosx, ma questo non mi interessa tanto).
RispondiEliminasicuramente si può fare di meglio, ma credo che sia solo una legge a metà.
Il cuore della norma sta in un primo passaggio verso la separazione previdenziale tra il pregresso e i giovani. per pregresso intendo chi è già in pensione e chi ci è andato.
Senza voler levare diritti a nessuno, mi pare che la legge biagi cerchi di favorire i giovani, alleggerendoli del carico dovuto alla politica previdenziale allegra degli ultimi decenni.
questo è un punto fermo assolutamente da preservare
chiedo venia... lungi da me sprofessorare: la legge Biagi (quella approvata, non le intenzioni di chi l'ha scritta) o meglio, la legge Maroni, ha di fatto eliminato tutte le limitazioni all'utilizzo del lavoro interinale che erano state fissate nella legge Treu, creando un limbo infinito nel quale il lavoratore interinale puo' trovarsi per sempre. Inoltre, con l'introduzione dell'interinale indeterminato, di fatto, si crea una figura completamente nuova, quella del lavoratore precario perpetuo.
RispondiEliminaGli altri istituti, elogiabili e, secondo me, da mantenere, sono di fatto inutilizzabili in quanto abbastanza futuristici per le aziende italiane.
I co.pro. infine, sono un modo assai deprecabile di dare continuita' agli odiosi co.co.co, vero mezzo di schiavizzazione.
E bada, chi scrive NON e' sinistra, approva le idee di Biagi e condanna la strumentalizzazione del sindacato che usa la legge Biagi come Totem, senza indicare alternative serie.
Detto questo, nessun favore per i giovani: il contratto di inserimento esisteva gia' sotto altro nome.
Anonimo, appunto, a te "pare" che la legge Biagi dia più diritti. Se vuoi anche fare degli esempi, prego.
RispondiEliminaA me "pare" esattamente il contrario, e ho fatto un esempio: con Treu la ragazza A avrebbe preso un sussidio, con Biagi no.
Anch'io quel salto l'ho fatto.
RispondiEliminaAvevo un lavoro, ma flessibile, precario, appunto - a molti km da casa. Quando mi hanno chiesto di trasferirmi lì, perchè mi volevano in pratica per 10 ore al giorno....ho dovuto scegliere: o l'amore, o il lavoro.
Ho scelto l'amore, e dopo un mese abbiamo concepito un figlio.
Che nascerà con un padre che lavora a nero, e una madre a progetto. Abbiamo fatto bene?Male?
Ma soprattutto: perchè e chi ha voluto, che noi dovessimo fare una scelta come questa?
Ma come, P.G., perché e chi, e c'è da chiederselo? Sono quelli che nello sfruttare i lavoratori ci guadagnano, una volta li chiamavano i padroni, ora sono gli imprenditori, ma la sostanza non cambia. Lo zoccolo duro del berlusconismo, quelli per i quali è giusto fare soldi con qualunque mezzo, senza principi morali, e se ci vanno di mezzo le vite degli altri chissenefrega, e più soldi hai migliore sei, e allora votiamo quello che ne ha più di tutti, il profeta dell'arricchimento e dell'evasione fiscale. Comunque ha ragione Lorenzo, o si fa come a Parigi, oppure non cambierà nulla. I sindacati? Invece di fare qualunquismo, iscrivetevi in massa ai sindacati, e andate a urlare in faccia ai cinquantenni quello che pensate, quelli che sono i vostri bisogni: siete voi il sindacato, se lo volete. Infine, caro wile e-coyote, i soldi non si fabbricano, si prendono (con le tasse, non con la forza) a quelli che ne hanno che gli escono dalle orecchie, a quelli che hanno ville, barche, macchine di lusso, che in italia sono tantissimi, e infatti il divario tra ricchi e poveri continua ad aumentare. Redistribuzione, si chiama.
RispondiEliminacioe', qualcuno lavora e qualcun altro si becca la redistribuzione? Guarda che bertinotti scherzava.
RispondiEliminaSarebbe migliore invece la logica(?) di Berlusconi: lo stato italiano è "una grande azienda" e come tale va gestito. E Berlusconi dicendo questo, invece, non scherzava.
RispondiEliminaIn quest'ottica rientrano il favoreggiare il precariato a vita e la voluta assenza di ammortizzatori sociali o una sorta di previdenza per il lavoratore "atipico". In una azienda cio' che conta non è il benessere del lavoratore, sul quale per ben che vada si riflette una piccola parte del buon andamento dell'azienda. Sono gli utili.
La semplice allegoria introdotto dallo stesso Berlusconi è in grado di far comprendere a qualunque coglione e non l'approccio del passato governo alla gestione dello stato.
Il concetto di redistribuizione NON ha come base logica le cacate che vi sovrappongo Calderoli, Fini e l'addicted La Russa (il nord lavora, il sud e gli impiegati pubblici sono vampiri).
1) quello che pensa berlusconi e' assolutamente irrilevante: non sa di cosa parliamo;
RispondiElimina2) il precariato non e' un bene per nessuno, nemmeno per le aziende, a meno che non abbiamo solo obiettivi di short term (ed in tal caso non sono aziende). E so di cosa parlo.
3) l'utile di un'azienda e' tanto piu' alto quanto piu' il lavoratore che rpesta l'opera e' competente e soddisfatto. Se non sai di cosa sto parlando compita "benenson" su un qualunque motore di ricerca o leggi il libro "first break all the rules": le aziende di cui parli tu esistono solo nella mente bacata dei sinadcalisti cgil che vendono cialde glassate.
Due cose basate sulla esperienza personale.
RispondiElimina1)il sindacato sa anche occuparsi dei precari. Il settore della CGIL che se ne occupa, ad esempio, si chiama NiDIL. Se oggi ho un posto di lavoro non del tutto precario - ma sottoccupato, sottopagato ed esternalizzato sì - lo devo al loro e a una favorevole situazione politica nel luogo dove lavoro. Poi c'è anche il sindacato che ti molla e quello dei dipendenti pubblici che difende situazioni di privilegio parassita da basso impero. Lo vedo tutti i giorni dove lavoro, figuriamoci. Ciò non toglie che resti ancora l'unica seria possibilità di difesa per tanti di noi, ahimé.
2)Cos'è una "vera azienda"? Mah. In Italia, per esempio, settore beni culturali, è una azienda che finisce sull'orlo del fallimento perché i concorrenti sfruttano il lavoro precario in un modo che quella non vuol fare e viene costretta quasi a portare il libri in tribunale e poi ad adeguarsi.
Per il resto... tutte lì felici a "biagiare". Due domeniche fa, bar scicchettoso della città in cui vivo, due vecchi amici "imprenditori" nell'informatica con rispettive donne al seguito. Lasciandosi cadere sulla sedia il più imprenditore dei due, azienda high tech, molte commesse pubbliche ma non solo esordisce: "Se tolgono la Biagi è una tragedia. Noi chiudiamo. Falliamo. ecc. ecc." Questione di soldi, azzardo? "No, è che io, su 90 persone ho due terzi del personale precario. Non posso sapere quanto lavoro avrò da qui a un anno" Esistono i conttratti a tempo determinato, ma d'assunzione, azzardo di nuovo. "Non li vogliono. Perché così sono certi che non li assumerò mai a tempo indeterminato. Invece, col coco sperano che fra sei mesi..." (Alla faccia della libera scelta). "A tempo indeterminato io non li assumo. Perché è come se così ognuno di loro si mettesse in tasca 30mila euro. Licenziarne uno vuol dire pagare queste cifre..."
Mi pareva di vivere dentro "Contessa". Alla faccia dell'ideologia - che sarebbe quella di chi sta a sinistra. Già, pare che in Italia nessuno abbia mai impiantato un'attività o licenziato nessuno prima che arrivasse la cosiddetta Biagi. Il suddetto esemplare di razza padrona sostiene di "odiare" Berlusconi e di votare "a sinistra" ergo Rosa nel pugno, per parlare chiaro. E poi la fidanzata, intelligente, superalaureata, parla quattro lingue, stage all'estero, coltissima, raffinata e ipersfruttata. "Ha ragione. Lo dico dal mio precariato..." Quando si dice l'utile idiota...
Quanto a me esco dal colloquio con la gastrite, la nausea e vi risparmio il resto. Ma anche con una idea: che con la razza padrona piuttosto che conversare è molto meglio contrattare. E possibilmente non da soli, l'unione fa la forza (vedi questione dei sindacati e vedi la legge sul primo impiego in Francia).
Con un po' di tristezza
Camilla
Wile, secondo me tu hai in mente una realtà molto strutturata. Ma la piccola impresa settentrionale non ha la minima idea di cosa sia la qualità della vita del dipendente, te lo stragarantisco.
RispondiEliminaE se tu pensi che non possa funzionare, hai ragione: infatti non funziona. Il dramma del famoso motore economico dell'Italia è che sta battendo in testa e non se ne accorge, perché è nato scemo.
sottoscrivo, leo. Infatti, come dicevo non parliamo di aziende, in quel caso e nemmeno di imprenditori. Basta accordarsi sul glossario
RispondiEliminaLa mia paura è che aziende e imprenditori come li si vorrebbe intendere non ce ne siano, almeno non in misura sufficiente per essere rilevanti e significativi e quindi per rendere possibile una vita decente in questo paese. Purtroppo. Oppure c'erano, molto pochi, e sono falliti davvero, ma non perché non c'era la l. 30 ecc., ma perché chi ha sfruttato il precariato disinvoltamente, e quant'altro è stato possibile sfruttare, li ha mandati a gambe all'aria - e conosco almeno un caso, di cui ho parlato prima. E questo rientra un po'rozzamente nell'adagio "La moneta cattiva scaccia la buona". Purtroppo purtroppo.
RispondiEliminaPer il resto io non li ho mai incontrati sulla mia strada. E di storie ne ascolto tante. Da quel lato però ho trovato solo tante belle parole e un'infinita malafede di fondo.
Forse è ora di stilare un elenco di quali requisiti dovrebbe avere un'"azienda vera" e metterci un po'a confrontarlo con le situazioni concrete che conosciamo. E mettere giù anche un po'di risultati, ben dettagliati. E poi chiedersi: ma questa "azienda vera" cos'è? Un mito? Una roba che si mangia? C'è? Dove? quanta gente può realmente far vivere sui 58 milioni di italiani? E come, soprattutto? E se non c'è, o non basta... beh, forse si tratta di cominciare a ripensare la stella polare che tantissimi hanno sperato di poter seguire nell'ultimo quarto di secolo. Perché neanche quella può portare alla salvezza, o semplicemente a una vita decente. Da sola. Purtroppo purtroppo purtroppo
Camilla
Salve a tutti ragazzi. Sono un ragazzo di Napoli, inoccupato e "ignorante" su molti aspetti dell'odierna politica e del mondo del lavoro. Diciamo che per molto tempo ho trascurato questo mondo, perchè ritenevo più importanti le cazzate che purtroppo molti giovani come me sono soliti preferire alla politica. C'è molta ignoranza tra i giovani, che non sanno come stanno le cose oggi e che si lasciano portar via un voto per un piatto di spaghetti, scegliendo, a loro insaputa, una cosa che li danneggia indirettamente.
RispondiEliminaHo deciso allora di cambiare, di iniziare ad interessarmi di più alla politica, al mondo che determina le mie condizioni di vita, che decide come devo campare...
Sono molto impreparato sulla legge Biagi, e vi sarei molto grato se mi poteste dare un breve quadro della cosa. Chi ha approvato la legge Biagi? La destra, o la sinistra, di cui lo stesso Biagi faceva parte? E in cosa consiste la legge Biagi? Vi ringrazio moltissimo per la vostra disponibilità. Vi saluto tutti
La legge biagi ci hann rovinato il futuro non solo dei operai,ma anche degli invlidi e l'indomani dei nostri figli!..E' un bene per me che l'hanno ammazzato!!..Il pantalone
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