"Con questo esito la sinistra incassa un enorme risultato politico. Per noi è una festa, altro che storie. E lo è anche per me, che non cercavo e non cerco onori personali"Nell'Italia in cui mi sono formato, il Presidente della Repubblica era inutile, ma decorativo.
E andava bene così. Era un mondo fermo, con un solido baricentro: partiti di governo, partiti di opposizione, ben bilanciati anche al loro interno; ovunque centralismo, centralismo democratico. In mezzo a tutto questo immobile equilibrio stava il grande Nonno: fumava la pipa, tifava la nazionale, sciava col Papa, abbracciava persino i bambini. Il Grande Nonno era al di sopra della politica e del protocollo: solo Pertini ha avuto il coraggio e la faccia tosta di improvvisare a braccio i messaggi di capodanno. I leader politici dei primi anni Ottanta erano tutti a loro modo grigi e controllati: ma il Grande Nonno poteva straparlare, anzi, era lo straparlare che lo rendeva impolitico, che lo rendeva nonno. In un certo senso nel Pertini '78-'85 c'era un embrione di politica-spettacolo, come in Portobello c'era un embrione di tutti i format mediasetteschi che sono venuti dopo. (Questo discorso è molto antipatico, me ne rendo conto: non si parla male del nonno, non si analizza il nonno, il nonno si ama, nel nonno ci si riconosce).
In seguito c'è stato un periodo in cui il Presidente non era neanche più decorativo: era solo Cossiga. Attenzione, perché tra il Kossiga Boia che manda i tank a Bologna nel '77, e il picconatore scatenato '89-'92 c'è una zona d'ombra: nei primi quattro anni della sua presidenza, Cossiga sembrava seriamente impegnato a scomparire, le rare vignette lo ritraevano mentre sporgeva timidamente il naso da una davanzale quirinalesco. Poi cambiò qualcosa, e non è chiaro cosa. L'ordine mondiale, l'equilibrio dei poteri forti? Il dosaggio dei farmaci? fatto sta che l'alba degli anni Novanta fu vivacizzata (come se ce ne fosse stato bisogno) da una nuova figura: il Presidente-Mina-Vagante. Non si è ancora capito, non si capirà mai, se Cossiga stesse finalizzando le intuizioni pertiniane sulla politica-spettacolo a un disegno politico, o se stesse semplicemente buttando tutto in caciara. Il mistero rimane. Se lo porterà nella tomba, prima o poi.
Mentre Cossiga vagava e minava, la politica italiana svoltava verso quella logica bipolare che, a ben vedere, resta un mistero. Prima o poi qualche storico, qualche sociologo, qualche antropologo, qualche psichiatra, dovrà abbozzare una spiegazione sensata: com'è che fino agli anni Ottanta eravamo un popolo centrista ed equilibrato, e poi improvvisamente ci siamo separati in casa, il fratello leghista contro la sorella rifondaròla? E se vi sembra normale che un leghista e una rifondaròla non vadano d'accordo, come vi spiegate che per dieci anni un imprenditore leghista di Cadore è riuscito ad andare d'accordo con un postino postfascista di Latina (mentre un sindacalista di Ferrara scopriva affinità elettive con un prete di Licata?) Com'è successo che proprio mentre nel resto del mondo crollava una barriera, una nazione così varia di culture e di dialetti abbia deciso di spaccarsi? Cos'ha causato questa spaccatura così netta e così simmetrica – poche decine di migliaia di voti da una parte o dall'altra, bruscolini – che ha tagliato in due ogni paese d'Italia, ignorando quasi i graffi e le crepe che c'erano prima?
È stato Berlusconi, si dirà. Ma cos'aveva, cos'ha Berlusconi, per unire il postino che vota Fini e il leghista; e il sindacalista e il prete? È stato la causa, Berlusconi, o un semplice effetto di un sommovimento antropologico ben più profondo? Se non ci fosse stato B., forse ci sarebbe stato qualcos'altro. Ma abbiamo avuto B: e l'Italia si è divisa in pro e contro. Il peso della nazione si è spostato sulle estremità, e l'equilibrio si è fatto difficile. Il Presidente della Repubblica ha smesso di essere inutile e decorativo ed è diventato il perno – o l'ago della bilancia, se preferite. I suoi poteri effettivi restano pochi, ma oggi in Italia basta poco per essere indispensabili – come sa bene Mastella.
E tuttavia l'Italia scissa continuava ad avere un disperato bisogno di nonni in cui riconoscersi: e così ha avuto il nonno Scalfaro e il nonno Ciampi. Sul piano della nonnità, direi che Ciampi, col suo bricabrac risorgimentale è stato un po' meno noioso del baciapile precedente. I discorsi di fine anno si sono quasi dimezzati, per la gioia degli sponsor. Ma se dal Nonno passiamo al Presidente, dobbiamo pur riconoscere che i sette anni di Ciampi sono stati sette lunghi anni di offese alla Costituzione. Può essersi trattata di una coincidenza: ma mi pare che Scalfaro esca dal confronto a testa alta. Nonno per nonno, io avrei rieletto lui. In un periodo di oscurità e lampi, credo che sia stato uno dei pochi concreti salvatori dell'Italia, ecco, l'ho detto.
Adesso, per quel che ho capito, potrebbe toccare a D'Alema. Berlusconi lo considera ancora il migliore dei peggiori, l'unico con cui può seriamente patteggiare (probabilmente si sbaglia, e in realtà su D'Alema ha cambiato opinione più e più volte: ma non stiamo parlando di una persona lucida, stiamo parlando di B). Il suo obiettivo è farlo eleggere soltanto al centrosinistra, al quarto scrutinio: in seguito, se i negoziati non porteranno a nulla, potrà sempre gridare al regime per cinque anni. E avremo altri cinque anni di bipolarismo isterico, coi rappresentanti del partito della legge e dell'ordine che vanno a Rebibbia a visitare l'avvocato di B., colpevole soltanto di aver corrotto dei giudici. Se i comprimari del centrodestra fossero in grado di sottrarsi a questa trappola, l'avrebbero già fatto. Ma comprimari è una grossa parola, per Fini o Casini e persino per Bossi.
Toccava al centrosinistra cercare di smarcarsi, e con Napolitano ci hanno provato. Ma la tentazione di D'Alema fuori dai piedi al Quirinale è molto forte, per uno schieramento che negli ultimi tempi sembra ossessionato dal tentativo di trovare a D'A. una posizione adeguata all'alta considerazione che egli ha di sé stesso. Potrebbero rifarsi vivi i franchi tiratori del Senato, quelli che votarono D'Alema alla camera due settimane fa. Insomma, oggi come oggi se dovessi giocare dei soldi direi D'Alema al quarto. E dico anche che mi starebbe bene.
Proprio così. Su questo blog, negli ultimi cinque anni, sono comparsi più post esplicitamente critici nei confronti di D'Alema che nei confronti di Berlusconi – del resto B. non mi ha mai deluso, il deputato di Gallipoli sì. Eppure nonostante questo (e nonostante i finanziamenti di Glaxo e Philip Morris alla fondazione Italianieuropei, la tangente di venti milioni di lire dal mafioso Cavallari, la Missione Arcobaleno, l'appartamento in centro a Roma, la Banca 121, il sostegno alla cordata Telecom, eccetera), credo che D'Alema potrebbe essere un degno Presidente della Repubblica. Non penso che farà accordi sottobanco con Berlusconi, perché converrebbero solo a B., non più a lui. Non credo che sia effettivamente ricattabile, come sostiene per esempio Travaglio (Berlusconi sarebbe in possesso del testo integrale delle intercettazioni del caso Unipol: non a caso, cinque mesi fa, sulla graticola ci finì solo Fassino). Non credo nemmeno che sia il nonno ideale, ma forse è ora di piantarla, con questa storia dei nonni.
Credo che D'Alema possa funzionare perché tutto sommato non gli manca il senso delle istituzioni. Quello che gli manca è una certa simpatia, quello che gli rimprovero è di essere uno stratega disastroso. Ma al Quirinale non si fa più strategia – e in ogni caso, se riesce a farsi nominare a 57 anni, forse non era così disastroso.
Ma se non ce la fa? Se dopo aver perso la presidenza della Camera si fa soffiare pure il Quirinale da uno di seconda fila? Ci sarà ancora qualche diessino disposto a giurare sul suo fiuto, sulla sua abilità, sulla sua astuzia? Ci sarà ancora qualche seguace della volpe zoppa, del nobiluomo che scansa le poltrone perché le trova troppo acerbe? In altre parole: quante battaglie deve perdere, questo condottiero, prima di un generoso prepensionamento?
evviva il presidente della Repubblica che puzza un po', insomma. Fila il discorso: se fobbiamo tornare al decorativo, effettivamente la barchetta di baffino fa al caso nostro... e se tutto il pesce puzza (bertinotti presidente della camera, un vecchiaccio della Primissima repubblica al senato, un dc-ex-iri-iper-imbelle presidente del consiglio) perche' non la testa? ci mancherebbe solo bindi alla sanita' di nuovo...
RispondiElimina... rimango romanticamente e stupidamente legato al pertini che s'incazza per la strage terroristica.
HACK FOR PRESIDENT (come lo scriverebbe un troll qualunque).
in realtà il discorso non fila così tanto.
RispondiEliminaMa mi sfuggono le cose orribili che la Bindi deve aver fatto alla sanità.
ti riassumo come vedo io la riforma Bindi: lo Stato decide di avere presso di se', in forma esclusiva, alcuni lavoratori dell'ambito medito. Cioe', pur se fuori dall'orario di lavoro, un medico deve scegliere tra l'essere dipendente dello Stato a prezzi stracciati oppure fare il privato e diventare ricco... dubbio: lo Stato ha la copertura per giocare sul libero mercato ed accaparrarsi i medici migliori, oppure, puo' mettere loro a disposizione le strutture piu' avanzate che diano soddisfazione e pregio al loro lavoro, magari in ambito internazionale?
RispondiEliminaNIET: nessuna copertura. Prendiamo i medici che ci possiamo permettere (cioe' gli scalzacani o i giovanissimi) e li mandiamo in corsia. Chi puo', paghi il privato, chi non puo', preghi.
Un bel taglio netto alla Che Guevara cattolico: chi vuole servire la carita' cristiana sotto le insegne degli ospedali pubblici, lo facesse come una fede, come una missione. Mission o ER, fai te.
Non credo sia stata una Riforma, quanto un segno del pressapochismo riformista della sinistra moderata. insomma, tra bindi e veronesi c'e' un abisso, leo. e io non capisco perche' mi tocca rivederla al governo ad ogni vento biancoscudato che tira.
Quindi meglio i medici che non prescrivono cure gratuite ma se le auto-dirottano al proprio studio privato, giusto? Spero che tu sia medico, altrimenti la cosa è preoccupante, per te.
RispondiEliminaPreferisco veder D'Alema che Napolitano come presidente.
RispondiEliminaCi servono seggi al senato e al Colle D'Alema probabilmente farà meno danni.
ah, ok, quella riforma.
RispondiEliminaBeh, tutto sommato non vedo come fare diversamente. Si creerebbe, si era creato, un conflitto d'interessi pauroso.
Detto questo, ho scritto il pezzo più involuto e contraddittorio del 2006. Credo che il problema sia nell'inconscio, vale a dire: io so che D'Alema non merita l'incarico, ma inconsciamente tifo per lui, per lo stesso motivo di Berlusconi: perché dopo per sette anni ho argomenti di cui lagnarmi.
Mentre Napolitano non mi dice nulla. E' stato il primo ministro degli interni di sinistra e a momenti si faceva soffiare gli scatoloni top secret sotto il naso.
leonardo, te lo devo dire, ai tempi delle vignette, quando veniva da cantargli in faccia bella ciao, a 'sti fasci barbuti che voglion toglierci la libertà, e tu invece a fare il collaborazionista, t'avevo considerato un po' perso.
RispondiEliminaoh, ho ripreso a rileggerti solo da poco, è un piacere.
ps: non è che sulle vignette hai cambiato idea?
no, perché avevo ragione.
RispondiEliminaIl discorso del nonno presidente probabilmente viene anche dal fatto che gli unici disposti a difenderla questa benedetta costituzione sono quelli che hanno contribuito a scriverla, agli altri, D'Alema compreso gliene importa ben poco. Napolitano mi piace poco e sembra addirittura più vecchio di Ciampi il cui unico pregio è stato il cerchiobottismo dei suoi discorsi che si prestavano ad essere interpretati come si interpretano dei quadri astratti.
RispondiEliminaMa non sono d'accordo sul fatto che D'Alema al quirinale sarebbe il male minore per l'unione. Secondo me sarebbe una bella cappa sul governo Prodi e inoltre sarebbe un'assicurazione a vita sulla permanenza della leadership di Berlusconi nel centro destra.
A me D'Alema piace solo nei dibattiti e nei comizi proprio per la sua "cattiveria" e antipatia ma non ho mai capito quale fosse la sua strategia. Forse è colpa mia che non sono abbastanza lungimirante.
Un saluto