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mercoledì 6 agosto 2025

I martiri compagni di giochi

6 agosto: Santi Giusto e Pastore, compagni di giochi (III secolo). 

Giusto, Pastore e la vergine
delle Meraviglie, a Madrid
Non si chiamavano né Giusto né Pastore, e probabilmente non stati martirizzati sotto Diocleziano; però sono esistiti, e sono morti molto giovani, lasciando due piccoli scheletri, rinvenuti nel 391 da Asturio, vescovo di Complutum (oggi Alcalá de Henares, fuori Madrid). Non è un evento del tutto fortuito: ritrovamenti di questo genere stavano avvenendo un po' dappertutto in Occidente. Il momento era cruciale: da pochi anni il cristianesimo era diventato religione di Stato, il che stimolava i presuli a progettare nuovi e più degni luoghi di culto, da intitolare a martiri che avrebbero dato più lustro agli edifici, testimoniando il radicamento del cristianesimo in quei luoghi – salvo che di questi martiri, a volte, non c'era proprio traccia. Non restava che scavare in zone storicamente abitate, sperando di trovare qualche osso umano: fu probabilmente così che Ambrogio ebbe l'illuminazione che gli consentì di trovare i resti dei misteriosi Gervaso e Protasio. Anche Asturio avrebbe ricevuto istruzioni su dove scavare da un sogno, o da una visione. Anche lui riesce a trovare una coppia di martiri, il che per qualche motivo doveva sembrare più adeguato a una cattedrale: molte città cercavano di dotarsi di una coppia di patroni, forse semplicemente perché due protettori è meglio che uno; o forse si tratta di un'usanza anteriore al cristianesimo trionfante, perché ad esempio molto prima di adottare Pietro e Paolo, Roma aveva avuto i Dioscuri (e Romolo e Remo). Chissà, forse Asturio avrebbe preferito trovare scheletri più maturi, attribuibili a valorosi soldati come Fausto e Giovita, o guaritori come Cosma e Damiano, insomma martiri compiuti: mentre di due bambini cosa vuoi raccontare? Senz'altro non ispirano eroismo; al limite tristezza. Ma tra i Santi c'è posto per tutti, anche per due bambini. 

A valorizzarli sarà un episodio luttuoso, avvenuto poco tempo dopo. Therasia, la nobile moglie del senatore Ponzio Paolino che sta soggiornando in zona, partorisce un bambino, Celio, che muore dopo appena otto giorni, forse per complicazioni gastriche. La coppia, segnata dal dolore, concepisce un'idea che al tempo doveva ancora apparire irrituale: seppellire il neonato accanto ai due martiri bambini di Complutum. Anni dopo, scrivendo a un amico che aveva anch'egli perso un bambino, Paolino spiegherà in distici forbiti di averlo fatto per ottenere un'intercessione, un aiutino da parte del figlio che è già in paradiso, per accorciare le pene dell'oltretomba ai genitori: "affinché attingesse dal vicino sangue dei santi e lo spargesse sulle nostre anime nel fuoco, perché forse anche per noi, peccatori, un giorno una goccia di quel nostro sangue sarà luce" (Carmen XXXI). Il che dimostra se non altro come il senatore, che a quel punto era diventato il vescovo Paolino di Nola, avesse già un'idea dell'oltretomba coerente con quella ufficializzata dalla Chiesa secoli dopo: oltre al paradiso e all'inferno, una condizione intermedia di sofferenza (Paolino non lo chiama ancora purgatorio) che può essere alleviata dall'intervento dei santi. E però anni prima, quando avevano chiesto al vescovo Asturio di aprire la tomba dei martiri per aggiungere il corpo di suo figlio (una richiesta che Asturio aveva evidentemente ritenuto giusto soddisfare), forse Paolino e Therasia avevano obbedito a una suggestione più semplice e meno ortodossa: perché di martiri ce n'erano ormai in tante città, ma i genitori di Celso avevano scelto proprio Complutum, dove erano custodite le ossa di altri due bambini: come a cercare per il loro figlio due compagni di giochi. È una mia ipotesi, prendetela con le molle, e trae una vaga conferma da un altro distico che Paolino scrive all'amico, in cui il paradiso è intravisto come un grande campo di gioco (Paolino usa proprio il verbo ludere): 

Credimus aeternis illum tibi, Celse, viretis
Laetitiae et vitae ludere participem

("Noi crediamo, o Celso, che egli con te nei verdi eterni stia giocando, partecipe della gioia e della vita").

Paolino, come ha notato tra gli altri Peter Brown, è una figura cruciale per l'evoluzione del culto dei Santi in occidente. Non è stato certo lui a inventarlo, e nemmeno si può dire che lo abbia formalizzato; ma dalle sue opere possiamo assistere quasi in diretta al formarsi di una nuova religiosità che si affida a queste nuove figure, emerse dai racconti popolari (come Felice da Nola) o dai tumuli scoperchiati dai cantieri. Il mio sospetto è che il senatore romano – che pure con la latinità classica vorrebbe operare un taglio netto – recuperi inconsapevolmente suggestioni della tradizione pagana: Celso, che dalla culla è volato direttamente in cielo e ora può osservare i genitori e intercedere per loro, non è in un qualche modo un Lare? San Felice, che attende fedelmente Paolino presso il suo tempio a Nola, non è a suo modo un genius loci, un penate? In ogni caso, l'idea di venerare i parenti morti avrà una grande fortuna. Quando Paolino fa seppellire Celso accanto ai due martiri, nel 392, il ritrovamento è così recente che essi non hanno ancora una propria leggenda, e nemmeno i nomi; né Paolino si cura di inventarli. Per trovare una passio su di loro bisogna aspettare l'arrivo dei secoli bui, e di qualche scrivano meno ispirato e sofferto di Paolino ma più incline a inventarsi scene di martirio. Il primo a nominarli Giusto e Pastore sarebbe in realtà stato un grande poeta, Aurelio Prudenzio Clemente, di poco più giovane di Paolino; ma i versi del Peristephanon in cui li nomina potrebbero essere stati aggiunti da qualche scrivano nel Medioevo. In effetti "Giusto Pastore" ha tutta l'aria di essere un'iscrizione paleocristiana male interpretata (come "Perpetua Felicitas"): magari nella cripta si trovava un'iscrizione riferita al giusto pastore, ovvero Gesù Cristo, che qualcuno in mancanza di meglio ha deciso di usare per battezzare i due morticini. Oltre ad affibbiargli questi due nomi poco probabili, gli agiografi decidono che si trattava di due giovani studenti: avendo sentito dire in classe che in paese arrivava il governatore Daciano a processare e condannare i cristiani, i due avrebbero gettato i libri e si sarebbero precipitati al loro martirio come se fosse arrivato l'autoscontro. Confessata immediatamente la loro fede, sarebbero stati straziati con la spada, senza processo. Sempre meglio di farsi interrogare sulla perifrastica, avranno pensato. 

1 commento:

  1. A volte mi ci chiedo se la religione avrebbe mai potuto avere seguito senza tutte queste storie a corredo, infiniti collegamenti tra noi ed un aldilà ricchissimo di storie, leggende, significati, certezze.
    E mi rispondo, no. L'uomo non gliel'avrebbe mai fatta.

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