6 agosto: Santi Giusto e Pastore, compagni di giochi (III secolo).
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Giusto, Pastore e la vergine delle Meraviglie, a Madrid. |
A valorizzarli sarà un episodio luttuoso, avvenuto poco tempo dopo. Therasia, la nobile moglie del senatore Ponzio Paolino che sta soggiornando in zona, partorisce un bambino, Celio, che muore dopo appena otto giorni, forse per complicazioni gastriche. La coppia, segnata dal dolore, concepisce un'idea che al tempo doveva ancora apparire irrituale: seppellire il neonato accanto ai due martiri bambini di Complutum. Il vescovo non trova nulla da obiettare – Paolino non è ancora diventato né sacerdote né santo, ma è già una personalità potente, da non contrariare. Anni dopo, scrivendo a un amico che aveva anch'egli perso un bambino, Paolino spiegherà in distici forbiti di averlo fatto per ottenere un'intercessione, un aiutino da parte del figlio che è già in paradiso, per accorciare le pene dell'oltretomba ai genitori: "affinché attingesse dal vicino sangue dei santi e lo spargesse sulle nostre anime nel fuoco, perché forse anche per noi, peccatori, un giorno una goccia di quel nostro sangue sarà luce" (Carmen XXXI). Il che dimostra se non altro come il senatore, che a quel punto era diventato il vescovo Paolino di Nola, avesse già un'idea dell'oltretomba coerente con quella ufficializzata dalla Chiesa secoli dopo: oltre al paradiso e all'inferno, una condizione intermedia di sofferenza che può essere alleviata dall'intervento dei santi. Non lo chiama purgatorio, ma semplicemente "fuoco": però c'è già l'idea che da questo fuoco ci si possa salvare. E però, anni prima, quando erano soltanto due genitori sconvolti dal dolore, forse Paolino e Therasia avevano obbedito a una suggestione più semplice e meno ortodossa: perché di martiri ce n'erano ormai in tante città, ma i genitori di Celso avevano scelto proprio Complutum, dove erano custodite le ossa di altri due bambini: come a cercare per il loro figlio due compagni di giochi. È una mia ipotesi: prendetela con le molle. Trae una vaga conferma da un altro distico che Paolino scrive all'amico, in cui il paradiso è intravisto come un grande campo di gioco (Paolino usa proprio il verbo ludere):
Credimus aeternis illum tibi, Celse, viretis
Laetitiae et vitae ludere participem
("Noi crediamo, o Celso, che egli con te nei verdi eterni stia giocando, partecipe della gioia e della vita").
Paolino, come ha notato tra gli altri Peter Brown, è una figura cruciale per l'evoluzione del culto dei Santi in occidente. Non è stato certo lui a inventarlo, e nemmeno si può dire che lo abbia formalizzato; ma dalle sue opere possiamo assistere quasi in diretta al formarsi di una nuova religiosità che si affida a queste nuove figure, emerse dai racconti popolari (come Felice da Nola) o dai tumuli scoperchiati dai cantieri. I santi non sono più soltanto gli eroi caduti nelle persecuzioni: diventano amici invisibili, che da un mondo ultraterreno sorvegliano quotidianamente Paolino, lo assistono nelle difficoltà, lo sostengono nelle scelte. Il mio sospetto è che il senatore romano – che pure con la latinità classica vorrebbe operare un taglio netto – recuperi inconsapevolmente suggestioni della tradizione pagana: Celso, che dalla culla è volato direttamente in cielo e ora può osservare i genitori e intercedere per loro, non è in un qualche modo un lare? San Felice, che attende fedelmente Paolino presso il suo tempio a Nola, non è a suo modo un genius loci, un penate? In ogni caso, l'idea di venerare i parenti morti avrà una grande fortuna. Quando Paolino fa seppellire Celso accanto ai due martiri, nel 392, il ritrovamento è così recente che essi non hanno ancora una propria leggenda, e nemmeno i nomi; né Paolino si cura di inventarli. Per trovare una passio su di loro bisogna aspettare l'arrivo dei secoli bui, e di qualche scrivano meno ispirato e sofferto, ma più incline a inventarsi scene di martirio. Il primo a nominarli Giusto e Pastore sarebbe in realtà stato un grande poeta, Aurelio Prudenzio Clemente, di poco più giovane di Paolino; ma i versi del Peristephanon in cui li nomina potrebbero essere stati aggiunti da qualche scrivano nel Medioevo. In effetti "Giusto Pastore" ha tutta l'aria di essere un'iscrizione paleocristiana male interpretata (come "Perpetua Felicitas"): magari nella cripta si trovava un'iscrizione riferita al giusto pastore, ovvero Gesù Cristo, che qualcuno in mancanza di meglio ha deciso di usare per battezzare i due morticini. Oltre ad affibbiargli questi due nomi poco probabili, gli agiografi decidono che si trattava di due giovani studenti: avendo sentito dire in classe che in paese arrivava il governatore Daciano a processare e condannare i cristiani, i due avrebbero gettato i libri e si sarebbero precipitati al loro martirio come se fosse arrivato l'autoscontro. Confessata immediatamente la loro fede, sarebbero stati straziati con la spada, senza processo. Sempre meglio di farsi interrogare sulla perifrastica, avranno pensato. Giusto e Pastore sono i protettori di tutti gli studenti che piuttosto di restare seduti un'altra ora si farebbero ammazzare.
A volte mi ci chiedo se la religione avrebbe mai potuto avere seguito senza tutte queste storie a corredo, infiniti collegamenti tra noi ed un aldilà ricchissimo di storie, leggende, significati, certezze.
RispondiEliminaE mi rispondo, no. L'uomo non gliel'avrebbe mai fatta.
Mah, ci sono religioni senz'altro meno incrostate di mitologia del cattolicesimo, però nel lungo periodo non mi sembrano altrettanto resistenti
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