Di Carlo avrete probabilmente sentito parlare, perché è stato canonizzato sulla fine dell'estate. Carlo, per farla breve (ma tanto lunga non è) era un bravo ragazzo, orgoglio dei suoi facoltosi genitori, appassionato di informatica e di miracoli eucaristici, forse tentato da una precoce vocazione sacerdotale, che un giorno d'autunno si mise a letto col mal di testa: sembrava un'influenza ma era una leucemia fulminante che lo uccise nel giro di pochi giorni. Aveva quindici anni. Sono maledette cose che succedono, ed è inutile chiedersi il perché – ma ce lo chiediamo lo stesso, non avremmo inventato le religioni altrimenti.
Quando morì il loro unico figlio, il senatore Paolino e la moglie Therasia ebbero l'idea di seppellirlo accanto alle ossa di due bambini, ritenuti martiri (Giusto e Pastore). Era la fine del IV secolo, l'oltretomba cristiano non era ancora stato minuziosamente codificato; ma se quei due bambini erano in paradiso, forse anche anche il figlio di Paolino e Therasia avrebbe meritato un simile destino. Nel XXI secolo la procedura è più complessa; il dolore invece sembra mantenersi costante. Per includere il figlio nel canone dei santi, i coniugi Acutis hanno istituito, tra le altre cose, una Fondazione che finanzia progetti di assistenza al Cairo, in Camerun, in Brasile, e presso l'Ospedale di Torino. Tanta beneficienza può realmente accorciare i tempi di un processo di canonizzazione perché, come spiega per esempio Roberto Paura su Lucy, il punto critico di questi processi sono, oggi più che mai, i miracoli. Per proclamare un santo ne serve almeno un paio; il problema è che con i progressi della scienza è sempre più difficile constatarli. Oggi più che mai l'osservazione di un miracolo è diventata un paradosso: deve trattarsi di una guarigione inspiegabile secondo la scienza, salvo che la scienza non funziona così; di fronte a un fenomeno inspiegabile non si mette a gridare "miracolo!", ma comincia a modificare i propri paradigmi per trovare una spiegazione.
Se la ricerca scientifica ha ristretto i margini entro i quali si possa constatare un miracolo, la crescita demografica li ha in parte riallargati, perché se siamo otto miliardi prima o poi qualche guarigione inspiegabile può davvero avvenire: si tratta semplicemente di registrarla con tempestività, prima che qualche medico si metta a studiarla meglio per farci un paper che rovinerebbe l'incanto – e poi c'è questo passaggio, che qualcuno troverà discutibile e scabroso, in cui sul miracolo va messa la bandierina. Ovvero, il paziente miracolosamente guarito deve raccontare ai sacerdoti che prima di guarire ha invocato il tal Beato, il tale Testimone della Fede. Nel caso di Carlo Acutis, per esempio, un bambino brasiliano un giorno l'avrebbe invocato, ottenendone immediatamente la guarigione da una malformazione congenita al pancreas. La cosa più curiosa non è tanto che un pancreas guarisca all'improvviso: sono casi rari, ma su otto miliardi di pancreas può succedere. Ma perché il bambino invocò proprio il ragazzo italiano Carlo Acutis? Come faceva a conoscerlo? E la signora costaricana che andò a pregare sulla sua tomba dopo che la figlia era caduta dalla bicicletta a Firenze e si trovava in coma irreversibile? Perché, con tanti santuari a disposizione, decise di andare proprio sulla tomba di un ragazzo ancora non canonizzato?
Se per definizione i miracoli sono eventi rarissimi, può darsi che noi siamo vittima del bias del sopravvissuto. Facciamo caso all'unico pancreas guarito, non a tutti i pancreas che sono rimasti malformati. Alla ragazza che si è svegliata da un coma irreversibile, non a quelle che non ce l'hanno fatta. Ma il fatto che la memoria dello stesso ragazzo sia stata evocata prima di due guarigioni inspiegabili resta comunque una coincidenza interessante, che in parte può essere spiegata dagli sforzi della Fondazione Carlo Acutis per diffondere il nome del ragazzo. E voi, proprio voi che leggendo ora sbuffate, possiate non trovarvi mai nella situazione di provarci con tutti i santi del calendario e fuori, che di solito è una cosa che si fa quando si esauriscono le medicine e le altre opzioni. E se poi vostro figlio si salvasse, e qualcuno venisse a chiedervi: non è per caso che hai invocato anche il tal ragazzo in corso di beatificazione? Voi che gli rispondereste: no, mi dispiace, per salvarlo ho tirato giù dagli altari Cristo, la madonna e tutti i santi da Abacuc a Zosimo, ma lui no? Vostro figlio si è salvato, il loro figlio non ce l'ha fatta: non gli volete negare un'umanissima consolazione? Certo, è una cosa irrazionale, e forse è persino ingiusta, che chi è ricco possa lobbizzare pure per i posti in paradiso, ma volete sapere cosa è ingiusto davvero? La vita, tutta la vita è ingiusta, da quando nasciamo a quando moriamo, tutti con un destino diverso, nessuno uguale davanti a nessuna giustizia – tranne quella imperfetta ed eroica che prova a simulare l'uomo. Chi nasce ricco, chi povero, chi scemo, chi malato, è terribile questa cosa che non possiamo rimproverare a nessuno. Carlo nacque in un certo modo, e chissà cosa sarebbe poi diventato: forse un sacerdote, forse un ingegnere, forse no. È morto all'improvviso, e a quel punto l'unica cosa che poteva più fare era il santo; l'unico aiuto che potevano dargli i genitori era raccomandarlo per un posto in cielo: e i mezzi li avevano, non avrebbero dovuto? Non avreste fatto qualcosa del genere? È una pratica che si fa dai primi secoli, davvero, tutte le famiglie nobili hanno messo qualcuno in prima fila: molto spesso un ragazzo che non aveva fatto in tempo a realizzare qualcosa – o a diventare uno stronzo. È una cosa che vi può dare fastidio, lo capisco, ma col vostro fastidio non si finanziano gli ospedali in Brasile, per cui fatevene una ragione, e San Carlo Acutis preghi per voi.
Il giorno che scoprirono l'America, le ciurme di Cristoforo Colombo stavano festeggiando la Vergine del Pilar, prima Madonna di Spagna? Non ne siamo sicuri, ma non ci scommetterei. Tra i vari motivi, il santuario della Vergine del pilastro è a Saragozza, in Aragona; mentre i marinai di Colombo erano per lo più castigliani e un po' di frizione c'è persino oggi, figurarsi a fine quindicesimo secolo quando aragonesi e castigliani erano popoli diversi, con lingue diverse (non che adesso) e due sovrani che sì, si erano sposati, ma non avevano ancora unificato i loro territori. Non solo, ma sappiamo che il culto per la vergine del Pilar riprese vigore appunto quando la Spagna cominciò ad assumere una dimensione unitaria, sotto il regno di Filippo II, nella seconda metà del Cinquecento. Vero che il santuario esisteva anche prima della sua incarnazione barocca; e che probabilmente ne esisteva uno anche prima della dominazione araba, forse già nell'ottavo secolo. La leggenda addirittura pretende che quella del Pilar sia la prima apparizione della Madonna in assoluto, così precoce che Maria di Nazareth non era nemmeno morta quando apparve a San Giacomo maggiore per confortarlo sulla sua missione apostolica nelle terre iberiche, fino a quel momento abbastanza infruttuosa. Maria gli avrebbe chiesto di far costruire in quel luogo un santuario a Lei dedicato, esattamente intorno al pilastro di alabastro su cui era apparsa. Millenovecentottant'anni dopo il pilastro è ancora lì, anche se quasi completamente ricoperto di bronzo e oro. La vera popolarità della Vergine però arriva soltanto dopo il 1640, con un miracolo spettacolare; a un questuante, Miguel Juan Pellicer, ricresce una gamba amputata (ecco, questo è il tipo di miracoli che negli ultimi secoli non si riesce più a osservare). Nel Novecento la Vergine è diventata la patrona dei popoli ispanici, su entrambe le sponde dell'oceano attraversato da Colombo.
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