A questo punto credo che non uscirò mai davvero dalla scuola media, e alla scuola media nel 1985 mi hanno fatto vedere il Gandhi di Richard Attenborough.
Il Gandhi di Richard Attenborough contiene la scena con più comparse della Storia del cinema (il funerale), ma non è quello che mi è rimasto impresso.
Il Gandhi di Attenborough prosegue con la scena più comica del film, quella in cui Ben Kingsley interpreta ancora un giovane avvocato indiano fresco di studi con tutti i capelli, che è appena arrivato in Sudafrica e pretende di viaggiare in prima classe, avendo pagato il biglietto. Ma per i sudafricani bianchi non importa cos'abbia studiato, è solo un cafro e deve portare il suo culo nero in terza classe. Questa scena di solito rimane impressa, ed è il motivo per cui dopo tanti anni ho capito che bisognava tornare al Gandhi di Attenborough.
Da lì in poi, il film è per lo più composto da scene in cui Gandhi disobbedisce e gli inglesi lo imprigionano. Più e più volte. Finché anche lo studente più di coccio capisce che c'è un metodo, che questo metodo presuppone che lì intorno ci siano giornalisti liberi e intelligenti, e che questo metodo ha già liberato una nazione di centinaia di milioni di persone, e potrebbe forse, chissà, proviamoci, salvare l'umanità in generale. Anche se il film non finisce bene, non illude nessuno; però proviamoci.
Nel Gandhi di Attenborough c'è quella scena in cui sdraiato su un enorme baldacchino, vestito come un paria, Ben Kingsley chiede ai suoi connazionali di bruciare i vestiti made in England, perché è quella la vera lotta: non gli attentati, non la guerriglia, ma un po' di orgoglio e un po' di sano boicottaggio, quello che gli israeliani temono più del nazismo; del resto sei un nazista, se non compri i loro prodotti.
Il Gandhi di Attenbourough è il film che due ore e mezza dopo mostra due colonne di profughi disperati, che finiscono per ammazzarsi a vicenda, perché sono sempre gli anelli più deboli della catena a spezzarsi. È la minaccia inglese che si concretizza, la profezia che si autoavvera: quando noi ce ne andremo, voi vi ucciderete a vicenda. Il Gandhi di Attenbourough si è opposto per tutta la vita a questa a profezia, ed è stato sconfitto. Quella sequenza mi è rimasta impressa e mi ha finalmente svelato, quando avevo quindici anni, perché di fianco all'India esiste il Pakistan – una nozione che in seguito si è rivelata preziosa, perché mi è capitato molti anni dopo, sempre alla scuola media, di avere tanti alunni pakistani e qualche indiano, spesso nella stessa aula: e a tutti ho cercato di mostrare il Gandhi di Attenborough. Anche se Muhammad Ali Jinnah, padre della nazione pakistana, non è che ci faccia una grandissima figura, eh? Ma almeno è in scena, e ha qualche cosa da dire, e alcune, per quanto antipatiche, si rivelano più vere di quelle che pensava Gandhi.
Il Gandhi di Attenbourough è un film invecchiato meno di altri che mi mostrarono alle medie (Torna a casa Lassie! The Day After, mamma mia), ma è comunque invecchiato. Probabilmente tra qualche anno diverrà inguardabile. Questa pretesa tutta anglosassone di poter fare i conti col proprio passato coloniale, di ergersi a giudici e giuria di sé stessi – l'ultimo rantolo dell'imperialismo: prendersi anche Gandhi, anglizzarlo, internazionalizzarlo. Per cui ultimamente, se avevo tempo, ci aggiungevo anche qualche sequenza dall'unico film indiano che ho visto davvero, una baracconata sublime in cui gli inglesi sono cattivissimi. Perché in futuro tutte queste sfumature non ci saranno – forse che perdiamo tempo con le sfumature, quando raccontiamo i nazisti? Sarà tutto un po' più semplice: gli inglesi erano prepotenti, e li abbiamo giustamente cacciati. Se dico "abbiamo", è perché per me è normale pensare che in futuro mi sentirò un po' più indiano che inglese. Se non sarò più io, saranno i miei nipoti. Lavorando nella scuola media dopo un po' uno comincia a vederla così.
Nel frattempo però ho continuato a mettere davanti agli occhi dei miei studenti il Gandhi di Attenborough. Non è il film più eccitante che si possa programmare: bisogna punzecchiarli continuamente, un'ora la taglio sempre, però credo, in coscienza, che la salvezza dell'umanità passi di lì. Come posso spiegarmi? È come se fosse lui a guardare me. È come un faro: non il migliore, il più alto o il più brillante, ma quello che mi è stato più utile. Nell'oscurità, ogni tanto mi illumina, e in quel momento posso vedere dove mi trovo e chi ho intorno. Potete fare i gandhiani da una vita, ma quando passa quella luce, è possibile che vi fotografi mentre state dalla parte dei potenti, dalla parte di chi spara sulla folla perché non ha più altri strumenti per capire, per reagire. Potete esservi masturbati per tutta la vita con le libertà e i diritti civili, e però nel momento in cui il Gandhi di Attenborough, ecco che vi scopre su twitter mentre tifare per gli sterminatori, per i razzisti, per i coloni. Avete assistito alla più spettacolare iniziativa nonviolenta mai organizzata: un convoglio di barchette da diporto che ha sfidato le forze armate più morali e psicotiche del mondo: e avete riso, avete preso in giro gli attivisti, avete scambiato la pirateria per giustizia.
Allora, mi dispiace, ma questo è quello che siete veramente, questo è quello che resterà di voi, ammesso che resti qualcosa: magari è meglio di no, che dite? Non so se lo facciate per interesse o per fede o perché siete rimasti invischiati nella compagnia sbagliata. Forse è una questione genetica, sì, semplicemente siete nati stronzi; o forse alle medie non vi hanno fatto vedere il Gandhi di Richard Attenborough in una classe rumorosa, su un televisorino 4:3 in fondo all'aula magna, e metà della classe chiacchierava e/o limonava. Vi siete persi un faro importante, questo è un fatto. Ma magari potete ancora farcela. Uno di questi giorni, invece delle vostre solite serie serie, provate a guardare il Gandhi di Richard Attenborough. E quando Gandhi si fa arrestare, pensate a tutti i post irridenti che avreste scritto su quel cafro fanatico che fa le smorfie e si beffa dell'ordine costituito, quello screanzato che si prendeva le vacanze invece di lavorare, quel poco di buono, quel ladro di sale che sobillava i giovani e gli onesti lavoratori. Non so, magari funziona ancora. Non dico sia un capolavoro, ma potrebbe essere il film che vi salva la vita. A me è servito tanto, poi certo, ero giovane. Che fortuna ho avuto, a fare la scuola media.
Ma infatti: non perdiamo tempo con le sfumature. Diamo agli alunni i loro sacrosanti cinque minuti d'odio.
RispondiElimina(Le sfumature ci vogliono sempre, anche con i nazisti, altrimenti si insegna solo a mettere una qualche Gerusalemme al di sopra di ogni gioia)