Se a Gaza si è arrivati a una tregua, forse davvero è perché Trump sperava nel Nobel per la pace; un qualche merito lo avranno avuto anche i manifestanti che in tante parti del mondo sono riusciti a mantenere alta l'attenzione, e l'indignazione per quello che stava succedendo. Ora, un fatto singolare che ha stupito molti osservatori è che in Italia tra questi manifestanti vi siano molti studenti. Com'è possibile che un'intera generazione che fino a quel momento sembrava in pieno “letargo politico”, per dirla con Baricco, si sia ritrovata in prima fila con idee molto nette? Proprio mentre i media tradizionali (ma anche i social network) sembravano molto più interessati a riflettere la propaganda israeliana? Se devo essere sincero, non so come sia andata. Ma mentre mi interrogo sulla questione, la maggioranza di governo ha già trovato il colpevole: sono io. Cioè noi – insomma, gli insegnanti. Il teorema è elementare: dal momento che gli studenti non possono maturare idee proprie, e sicuramente non possono essere diventati propal leggendo i giornali, o guardando la tv, o scrollando i telefoni... devono per forza essere stati indottrinati a scuola, da diabolici insegnanti antisemiti. È l'opinione, evidentemente autorevole, del presidente del tempio ebraico di Monteverde, Riccardo Pacifici, che trovandosi qualche giorno fa a rendere conto del fatto che alcuni suoi correligionari adulti fossero usciti dalla sua sinagoga per picchiare degli studenti che manifestavano, avrebbe affermato: “Ci sono alcuni professori delinquenti che sobillano gli studenti”. Caso risolto, e anche la soluzione è semplice, talmente semplice che la sta presentando il senatore Gasparri: un disegno di legge “per il contrasto all’antisemitismo”.
Questo disegno prevede che gli insegnanti e studenti partecipino d'ora in poi a “corsi annuali di formazione”... “al fine di favorire il dialogo tra generazioni, culture e religioni diverse”: insomma visto che gli anziani giornalisti filoisraeliani fin qui non sono riusciti a interessare gli studenti, non resta che obbligare questi ultimi ad ascoltare le loro concioni, grazie alle quali gli studenti impareranno a “contrastare le manifestazioni di antisemitismo, incluso l’antisionismo”. Viene messo così nero su bianco una volta per tutte che l'antisionismo è una forma di antisemitismo, un obiettivo a cui la macchina propagandistica israeliana tiene molto da sempre. Questi corsi di formazione annuale, chi li pagherà? Il senatore Gasparri ci ha pensato. “All’attuazione del presente articolo si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente”. Traduciamo: pagheranno le scuole con le risorse che hanno già; ne resteranno meno per organizzare altri corsi e visite d'istruzione. Dunque gli esperti che insegneranno agli studenti a non criticare Israele, li pagheranno gli stessi studenti.
L'altro strumento con cui Gasparri spera di stroncare l'antisionismo è la cara vecchia delazione, o per meglio dire “tempestiva segnalazione di atti a carattere razzista o antisemita nell’ambito scolastico e universitario”. Non solo chi si lasciasse sfuggire una critica a Israele si troverebbe accusato di un reato, ma il collega che non lo avesse segnalato rischia la sospensione dall'insegnamento per sei mesi. Tutto questo dopo che per anni ci siamo sentiti dire dai pedagoghi di area governativa quanto fosse importante recuperare l'autorevolezza della figura del Maestro, ebbene, no: c'è una cosa persino più importante dell'autorevolezza magistrale, ed è il buon nome di Israele: per evitare che sia infangato anche al Maestro tocca lavorare nel timore che gli studenti fraintendano un discorso e facciano rapporto. Si domanderà, lo stesso maestro, se non sia proprio il caso di saltare tutte quelle pagine di Storia che lasciano intendere come la relazione tra gli ebrei e la loro Terra Promessa non sia un destino divino, ma il risultato di una serie di circostanze umane, fin troppo umane – e se qualche studente capisce male e denuncia?, meglio saltare il capitolo intero.
Il decreto a firma Gasparri non fa che recepire la risoluzione del Parlamento europeo che chiedeva di adottare “l’integrale definizione operativa di antisemitismo approvata nell’Assemblea plenaria dell’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto” (IHRA). L'adozione di quella definizione fu in effetti un grande successo per la propaganda israeliana – sulla carta: perché nella pratica capita spesso che i propagandisti per eccesso di zelo si rovinino da soli. In particolare quella Definizione Operativa è un disastro, che con l'obiettivo evidente di estendere l'etichetta “antisemitismo” a qualsiasi critica nei confronti di qualsiasi cosa possano fare gli israeliani in qualsiasi situazione, finisce per denunciarsi da sola. Non ci sarebbe nemmeno bisogno del parere di tanti esperti, pure autorevoli che l'hanno già da anni demolita (persino un gruppo di accademici israeliani!), perché davvero: basta leggerla. Nella Definizione è scritto, tra l'altro, che è antisemitico anche soltanto “accusare i cittadini ebrei di essere più fedeli a Israele o a presunte priorità degli ebrei nel mondo che agli interessi della loro nazione”: dobbiamo insomma presumere che tutti i cittadini ebrei nel mondo, in qualsiasi momento e in qualsiasi periodo, non stiano anteponendo la fedeltà a Israele agli interessi di qualche altra nazione. Possibile? Vi immaginate se fosse vietato affermare che non tutti gli italiani mettono al primo posto l'Italia, ebbene per gli italiani di fede ebraica questo non si può più assolutamente sostenere: secondo la Definizione è già antisemitismo.
Prendiamo un ebreo a caso, che so, Theodor Herzl. Per quanto potesse essere un buon suddito dell'Impero Austroungarico, senz'altro Herzl, mentre fondava il movimento sionista, manifestava l'esigenza di anteporre alla fedeltà per la propria nazione di provenienza un progetto diverso... ebbene, secondo la Definizione Operativa anche questa affermazione sarebbe già antisemita. In pratica non si potrebbe riconoscere ai sionisti di aver perseguito un progetto nazionale: se lo facciamo, non solo qualche studente potrebbe denunciarci per antisemitismo, ma qualche collega potrebbe essere sospeso perché non ci ha denunciato prima: insomma sarà opportuno saltare anche la pagina del manuale che parla di Herzl e della nascita del Sionismo. Non so se questo aiuterà gli studenti a diventare meno antisionisti, ma a questo punto non è più un problema mio. Vedetevela con Gasparri.
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