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sabato 13 dicembre 2025

Visto qualche bel film di recente (2025)? (prima parte)

Infatti l'ho visto su una piattaforma
Io sono la fine del mondo (Gennaro Nunziante, che quando dirige Checco Zalone è efficacissimo e qui invece proprio non ce la fa).

Dio mio. Dio mio che imbarazzo, che sofferenza. Duro non è che non sappia semplicemente recitare; dà l'impressione di non saper vivere, di vestire a disagio un costume da essere umano senza avere ricevuto un training adeguato. Gli occhiali scuri servono a mascherare l'incapacità di manovrare le pupille o aggrottare le sopracciglia; la cadenza palermitana occulta l'incapacità di esprimere sentimenti attraverso la modulazione della voce. Tutti noi quando parliamo possiamo usufruire di vari registri: possiamo urlare, sogghignare, sibilare, ecc. Duro non lo sa fare, ha solo il suo tono metallico standard e, se proprio il copione lo richiede, un'altra vocina fastidiosissima che dovrebbe ripetere i rimbrotti che gli facevano da piccolo i genitori ("non bere la coca cola"), ma è talmente acuta fa farci ipotizzare che sia la voce interiore del bambino che quei rimbrotti li subiva, ed evidentemente non li ha mai superati.

Così un film che dovrebbe agitare lo strale del politically uncorrect, alla fine lo rivolge per lo più contro sé stesso, fornendoci l'immagine più impietosa possibile dell'autocoscienza di una personalità nello spettro autistico. Il motivo per cui allo spettatore è richiesta una sospensione della credulità fortissima (nel mondo reale Duro sarebbe stato menato a sangue al minuto 3, titoli di coda) è che tutto avviene in una realtà immaginata da lui, in cui tutti dovrebbero per qualche motivo lasciarsi manipolare da questo tizio che non sa nemmeno dire le bugie. Tutti gli credono, tutti lo perdonano, tutti recitano in modo esageratamente teatrale (o forse è il contrasto con la sua fissità terribile), perché probabilmente è così che lui vede il mondo: un posto dove tutti recitano e fanno un sacco di smorfie, che lui non sa fare, e nemmeno capisce a cosa servano.


Sly Lives! (aka The Burden of Black Genius) (Questlove)

È morto D'Angelo, proprio pochi giorni dopo che lo avevo rivisto mentre cercavo tutt'altro, in un docufilm dedicato a Sly Stone che è sottotitolato Il fardello del genio nero. D'Angelo veniva intervistato non tanto per parlare di Sly (ovvio che ne parlerebbe benissimo), ma per rinforzare la tesi contenuta nel sottotitolo, ovvero una peculiare difficoltà che avrebbero gli artisti afroamericani a gestire la propria genialità. Un senso di colpa ancestrale, la necessità di affrancarsi da un contesto sociale misero e problematico, senonché appena ti affranchi appena un po' ti senti un traditore, ecc. Una tesi abbastanza convincente, e però io stavo guardando il docu su Sly Stone per un altro motivo: cioè pur dando per scontato che aveva avuto tanti problemi a gestire la sua genialità, io dopo tanti anni faccio ancora fatica (è imbarazzante ammetterlo) a capire in cosa questa genialità consista.

Sly & the Family fa parte di quell'esiguo insieme di artisti che mi devo far piacere con la forza, perché se dovessi essere davvero sincero con me stesso, ecco, no, mi sembra sempre che nelle sue canzoni manchi qualcosa. Non so mai cos'è – di sicuro non il groove – però a volte mi sembrano sorrette soltanto dal groove, come se fosse un male. Ma non è vero, ci sono anche le melodie, eppure oh, non so spiegarmelo, non c'è niente da fare, a me Sly Stone sembra un autore incompleto. E per quanto milioni di dischi venduti stiano lì a dirmi che mi sbaglio, niente riesce a togliermi dalla testa l'idea assurda che anche Sly condividesse questa sensazione, e che il suo fardello personale si sia ingrossato man mano che il pubblico riconosceva in lui un genio, una pressione crescente a esprimere una genialità che nessuno sa esattamente in cosa consista ma a un certo punto c'è un popolo intero che la pretende, e tu che fai, non ti droghi? Magari drogarsi aiuta, ma poi invece si scopre che è l'esatto contrario, ah, troppo tardi. La sua prima canzone di successo (Sing a Simple Song) partiva proprio dall'ammissione della propria impostura, cioè insomma come faccio a scrivere una canzone facile, una canzone che funzioni, dunque ci mettiamo il ritmo, poi la melodia, poi i battimani, e piacerà? E dopo questa, cosa mi dovrò inventare? Qualche sostanza mi potrà aiutare? Vasodilatatori, autoreclusione, farsi odiare dal pubblico e dai collaboratori arrivando puntualmente in ritardo ai concerti, autosabotaggio, autotrasformazione in macchietta televisiva, e tutto sommato non gli è andata nemmeno così male, è sopravvissuto a Michael Jackson e a Prince.

Qualche mese dopo l'ha seguito D'Angelo, e io non ho molto da aggiungere. Avrete già indovinato che fa parte dello stesso esiguo insieme di artisti che, per quanto mi ci sia sforzato, non riesco a capire. Anche lui così raffinato, eppure così incompleto, perlomeno alle mie stupide orecchie. Non mi sembra che sia molto chiaro il perché abbia fatto due dischi in vent'anni, e forse è giusto così, non è che il vissuto degli artisti deve per forza far parte del pacchetto. Ma se davvero era, come a volte sembrava, perennemente insoddisfatto del suo lavoro, se tutti questo vociare di genialità intorno a lui gli ha creato più problemi che vantaggi, ecco, posso capirlo, e forse questo mi può aiutare un poco a decifrarlo.


L'Eternauta (Bruno Stagnaro, 2025)

Mi sento praticamente in dovere di guardare l'Eternauta, però se devo essere sincero tutta questa voglia di vedere gente per strada che muore all'improvviso senza un motivo, ecco, no: è angoscia, è disagio, non ne traggo nessun piacere emotivo, già la vignetta del padre che si accascia al suolo rantolando "i bambini", ripresa in qualche libro scolastico come esempio di narrazione a fumetti, non dico che mi traumatizzò la preadolescenza, ma insomma è proprio una cosa che mi rende triste senza motivo e di motivi ne avrei pure.

Poi penso che ok, nessuno mi costringe a vedere l'Eternauta, anche da un punto di vista culturale mi sono già abbondantemente coperto col fumetto, la storia più o meno so già dove andrà a sbattere e se ci sono variazioni importanti le recupererò in venti minuti su wikipedia, tra l'altro l'Eternauta è uno di quei capolavori in un certo senso seminali, ovvero che quando escono lasciano sgomenti perché mostrano qualcosa a cui nessuno aveva ancora pensato (un'apocalisse urbana! Superstiti che lottano contro mostri di casa in casa!) dopodiché vengono ripresi da centomila epigoni, alcuni dei quali, è statistica, finiscono per produrre contenuti più aggiornati, più interessanti, per cui alla fine uno può anche dire sì vabbe' ma prima di tutte queste apocalissi zombie c'è stato l'Eternauta, ma se poi va a rileggerselo, l'Eternauta, non lo trova necessariamente migliore di tutto quello che è successo dopo. È semplicemente il primo, anche se dal suo punto di vista non lo era affatto perché in fondo riproponeva la wellsiana Guerra dei mondi; a dargli quello scatto in più fu appunto l'ambientazione contemporanea urbana, il survivalismo, l'angoscia senza requie, la disillusione latina per l'apparato statale. Un altro scatto importante lo fece nel decennio seguente un regista, anche lui d'origine latina, sostituendo agli alieni i cadaveri: trovata geniale non solo perché i cadaveri spaventano di più, ma perché da un punto di vista dei trucchi e degli effetti speciali sono davvero più convenienti, e questo credo sia il vero motivo per cui da Romero in poi gli zombie hanno fatto il botto e le invasioni aliene sono relativamente passate di moda (anche lo scenario tipicamente sf "i robot prendono il potere" cinematograficamente non aveva molte speranze, rispetto alla possibilità di conciare un centinaio di comparse da cadaveri).

Alla fine non credo che al mondo freghi un granché se ho voglia o non ho voglia di guardare l'Eternauta, ma forse il problema è un altro: che invece un sacco di gente sì – magari si sentono anche loro un po' obbligati – ma evidentemente c'è mercato per le apocalissi urbane, per alieni assassini o cadaveri antropofagi, per gente innocente che muore all'improvviso e pochi superstiti angosciati che si arrabattano come possono. A me questa roba, lo dico sinceramente, dà una grande angoscia, ma a milioni di persone no, o comunque è un'angoscia che trovano piacevole, rassicurante. Probabilmente Lopez e Oesterheld con quell'idea della neve assassina scoprirono una miniera d'oro che ancora oggi macina dollari, euro, pesos, alla gente piace vedere gli innocenti morire e immedesimarsi, suppongo, nei sopravvissuti. È una considerazione che mi mette sempre un po' a disagio, esco di casa la mattina e intorno a me c'è gente che magari si diverte con The Last of Us, come impedire loro di immaginare di farmi fuori con un fucile a pompa. Vivono tra noi, magari sono la maggioranza, un giorno forse prenderanno l'iniziativa, forse è meglio se faccio provviste, mi procuro armi di difesa, mi studio la situazione, magari alla fine me lo guardo anche, questo Eternauta.

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