(Il disco precedente: Real Live
Il disco successivo: Biograph)
ABBASSATE-QUELLA-CAZZO-DI-BATTERIA-ELETTRONICA.
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Where the charity is supposed to cover up a multitude of sins... Nel gennaio del 1985, mentre stava già disordinatamente mettendo da parte incisioni per il nuovo album, Dylan atterrò nella base segreta californiana in cui gli USA for Africa stavano lavorando al singolo benefico We Are the World. Il video in cui cerca di incidere la sua parte è un documento toccante. Dylan è circondato da musicisti immensi – a spiegargli lo spartito c'è Lionel Richie (coautore del brano con Michael Jackson); ad accompagnarlo al piano c'è appena appena Stevie Wonder. Mentre cerca di non steccare troppo sull'attacco, come può Dylan non pensare: che ci faccio qui? Chi voglio prendere in giro? La tonalità è troppo alta per me, io non posso cantare a questi livelli, io sono solo Bob Dylan. Quincy Jones lo incoraggia: vai, questa era ottima. “Se lo dici tu”... QJ probabilmente aveva messo a fuoco il problema: Dylan avrebbe potuto anche cantare meglio di così, ma non sarebbe sembrato più Dylan. Dylan più che un cantante è un funambolo: la gente non vuole sentirlo cantare bene, la gente vuole vederlo oscillare sulle corde non solo vocali; la gente vuole e non vuole vederlo precipitare.
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La prima cosa che pensi quando tiri fuori Empire Burlesque è: che razza di giacca, che razza di anni.
La prima cosa che senti quando premi play: un coretto. Sono tornati i coretti. Usciremo mai da questi anni Ottanta?
Dopodiché parte quel CAZZO DI BATTERIA ELETTRONICA.
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Sono il Dritto di Miami, Mister Bob. |
Gli studiosi-bot lo hanno ricostruito in base a una serie di congetture, nello stesso modo in cui si ricostruisce un tempio greco a partire da un capitello: hanno preso qualche scarto dai due dischi precedenti e dai due successivi e lo hanno rimontato tenendo conto del sound che andava in quel momento storico (quella CAZZO DI BATTERIA ELETTRONICA). Hanno anche creato una copertina, ottenuta sovrapponendo a un'immagine di Dylan nel 1985 un outfit che poteva andare di moda in quel periodo – la giacca l'hanno presa da un telefilm. Il risultato è stato molto criticato dagli altri studiosi-bot. “Bob Dylan non è una funzione matematica”, sostengono. “Non è che puoi fissare sulla retta x lo Zeitgeist, sulla retta y la sua vita personale, e pensare di incontrarlo all'incrocio delle coordinate”: un'obiezione tutto sommato sensata, anche se è buffo che provenga da dei bot.
Altri hanno obiettato che sì, probabilmente il vero Empire Burlesque era molto diverso – ma non necessariamente migliore; che immaginare come avrebbe potuto suonare un disco di Dylan a metà anni Ottanta è un esercizio utile a capire la nostra idea di Dylan e degli anni Ottanta, ma che più di tanto non cambia la traiettoria complessiva: se fosse stato un disco davvero importante avrebbe lasciato più segni di sé. Invece doveva essere uno di quei dischi che nessuno ascoltava più di tre volte – tranne i dylaniti all'ultimo stadio, alla ricerca disperata di qualche motivo per sostenere che non fosse un brutto disco, dai, che fosse sottovalutato. Ma anche solo per sottovalutarlo bisognava ascoltarlo.
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Never gonna be the same again. Riconosciamoglielo: tra tanti difetti, Dylan non ha mai avuto quello della prevedibilità. Anche Empire Burlesque (quello vero?) a suo modo è una sorpresa. Già dalla copertina, con quella grafica. E poi gli arrangiamenti, con QUELLA CAZZO DI BATTERIA ELETTRONICA. Eppure in un qualche modo Empire non è imprevedibile come dovrebbe essere. Sembra davvero simile al risultato di un esperimento mentale: che disco avrebbe potuto realizzare BD se nel 1985 avesse ceduto di schianto alle tendenze del momento? Vediamo. Per quanto riguarda i testi, suggerirei di ripartire da Infidels togliendo quello sciovinismo che ai fan non era andato giù (a questo punto della sua carriera Dylan non può permettersi di perdere quello zoccolo duro di fan che gli è rimasto); ridurre di un 60% le reminiscenze bibliche, riempire i buchi con qualche battuta da film di Bogart, dopotutto l'immaginario di Dylan è quello di vostro padre se vostro padre aveva 40 anni negli anni '80... aumentare un po' il tasso di Apocalisse, e spolverare di zucchero sentimentale, ché alle porte c'è un secondo matrimonio. Il sound? Raccogliere un po' del r'n'b messo da parte ai tempi di Shot of Love, aggiungere qualche spruzzo di Sly e Robbie che erano ancora nei dintorni, anche Mick Taylor perché no (Knopfler no perché sai che hanno litigato), non lesinare coi synth e puntellare il tutto con QUELLA CAZZO DI BATTERIA ELETTRONICA che il quasi-produttore, Arthur Baker, prende in prestito dai New Order.
(Per quanto possa sembrare irresponsabile l'idea di affidare il suono di un disco di Bob Dylan al produttore dei New Order, beh, sono i tipici esperimenti che si facevano in quel periodo. I Talking Heads che vanno a cercare Brian Eno, i Ramones che si accollano Phil Spector, David Bowie con Nile Rodgers, era un periodo in cui rimescolare le carte era quasi obbligatorio e molto spesso funzionava. Indovinate qual è l'unico grande artista con cui non ha davvero funzionato).
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I'm gonna get my coat, I feel the breath of a storm. Persino la giacca, quella giacca ha un senso. Immagina Bob Dylan, quarantenne negli anni Ottanta, che decide di aggiornarsi al gusto dei tempi: che giacca si sarebbe messo indosso, almeno per il tempo di un videoclip e di una posa? Qualcosa che avrebbe potuto indossare il protagonista di un serial che Bob Dylan avrebbe potuto seguire in tv nel 1985 – capisci che non può essere che Miami Vice. Nel 1985 tutti i duri della musica volevano recitare in Miami. Frank Zappa fa un cameo. Little Richard! Miles Davis! Dylan probabilmente era troppo timido per fare una telefonata, figurati se Michael Mann non gli avrebbe trovato un ruolo da boss taciturno. O da pappa scorbutico. O da ispettore della narco – marcissimo ovviamente.
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Primo timido tentativo di coreografia. |
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